Al cominciare del XX secolo noi vediamo il movimento geografico in Italia prender la miglior parte delle iniziative o delle sue manifestazioni, come sempre, intorno alla Società Geografica Italiana, che a succedere al Dalla Vedova come segretario generale aveva nominato fin dal 1896 il comandante Giov. Roncagli, un «uomo d'azione» che fu già il valoroso idrografo della «Spedizione antartica» di Giacomo Bove, alla quale avevano pure preso parte Decio Vinciguerra e Domenico Lovisato come naturalisti. Ed altre iniziative ed altre manifestazioni del nostro movimento geografico, più specializzate nella forma pratica dell'esplorazione e dei viaggi, troviamo sviluppate con intento economico: in Milano, nella Società Italiana di Esplorazioni Geografiche e Commerciali e nel suo Bollettino mensile «L'Esplorazione Commerciale»; in Napoli con tendenze più spiccatamente «coloniali» nella Società Africana, che pubblica pure un suo pregevole Bollettino. La terza fra le «consorelle minori» della Società Geografica di Roma è la Società di Studi Geografici e Coloniali che, fin dal 5 giugno 1895 fu, per opera del suo illustre presidente, prof. Giovanni Marinelli, la necessaria trasformazione della benemerita, ma oramai decadente «Sezione Fiorentina della Società Africana in Napoli». Organo della nuova Società doveva essere necessariamente la Rivista Geografica Italiana, diretta fin dal 1894 dallo stesso Giovanni Marinelli con intenti esclusivamente scientifici.
Ho detto a suo luogo che la Società Geografica di Roma, auspice il Doria, «trasse dal suo seno» un nuovo Istituto di cui l'Italia mancava, il Congresso Geografico Nazionale, da tenersi, di regola, ogni tre anni. Sappiamo che i primi tre furono tenuti a Genova (1892), a Roma (1895), a Firenze (1898), i due primi organizzati direttamente dalla Società G. I., il terzo dal Marinelli e dalla Società Fiorentina.
Anche nel secondo decennio del periodo storico di cui si occupa specialmente questa relazione, i Congressi si seguirono con tutta regolarità, ma sempre con minore dipendenza diretta dalla Società Geografica, per diventare un Istituto autonomo. Il Congresso di Milano del 1901, presieduto da Pippo Vigoni, viaggiatore africano e presidente della «Società Italiana di Esplorazioni Geografiche e Commerciali» ritrae l'indole specifica di quel sodalizio e dell'ambiente costituitosi nella grande capitale lombarda, a tipo commerciale. Il Congresso di Napoli presieduto da Filippo Porena nella primavera del 1904 e organizzatosi con un'azione più vicina della Società Geografica e del suo presidente Dalla Vedova, risente l'influsso della Società Africana e delle tendenze coloniali proprie di quel gran centro della vita meridionale che aspira all'espansione politica. Il Congresso, infatti, su proposta dei professori Porena e Millosevich, «acclamando Venezia come sede del VI Congresso geografico italiano per l'anno 1907» non escluse l'iniziativa di un Congresso geografico coloniale all'Asmara, per il settembre-ottobre 1905, proposto dai signori Falzone e Penne nell'intento di promuovere largamente la conoscenza geografica ed economica della Eritrea e di stringere vieppiù i rapporti che la legano alla madrepatria.
Notevole il voto della Sezione commerciale del Congresso di Napoli per la istituzione di una Facoltà coloniale nelle nostre Università, ciò che potrebbe dar luogo alla proposta più larga di una Facoltà di Geografia, cui sembra aver voluto alludere nel suo bel discorso il ministro Orlando, presente all'inaugurazione del Congresso. Una Facoltà di scienze geografiche e coloniali, bene organizzata in una almeno delle Università del regno, potrà forse apparire cosa più accessibile e pratica.
Disse bene il ministro allorchè volendo additare le cause della persistente deficenza della cultura geografica nel nostro paese, mise in rilievo l'errore fondamentale di un insegnamento di Geografia nelle nostre scuole mezzane, non autonomo, ma fuso con altre discipline, colpa il vecchio pregiudizio che non vedeva nella «scienza della Terra» se non un'ausiliaria della storia. Egli affermò solennemente la «rigorosa autonomia» della nostra disciplina, pur notando con giusto criterio i molteplici ed intimi nessi che la collegano da un lato con le scienze fisiche e naturali, dall'altro con le discipline sociali ed economiche. Messo così l'insegnamento della Geografia su questa nuova base, e largamente indirizzato allo studio della natura tellurica e della vita economica dei popoli, deve senza dubbio esercitare un ufficio benefico e squisitamente moderno su tutte le manifestazioni della nostra vita pubblica, facendo capo ad un più coerente e sicuro indirizzo politico, a tutela efficace della nostra emigrazione e delle nostre colonie.
In quel Congresso il prof. Francesco Musoni diede notizia del nobile disegno dell'Istituto tecnico di Udine di pubblicare «le opere minori di Giovanni Marinelli» raccogliendole in quattro volumi secondo un piano organico e mettendole in corrente coi progressi più recenti della scienza.
Nel 1905 ebbe luogo il Congresso coloniale di Asmara, che diede risultati scientifici importanti per opera specialmente di Lamberto Loria, di Olinto Marinelli e di Giotto Dainelli: il Loria, che già tanto si era reso benemerito della Geografia etnologica col suo lungo soggiorno nella Paupasia; O. Marinelli, a cui la seria preparazione scientifica e la meravigliosa operosità in vari campi della nostra disciplina, valsero, proprio in quei giorni, la cattedra di Firenze, già illustrata dal padre suo; Giotto Dainelli, un giovane geologo, che di Geografia fisica trattò con sicura dottrina e la Geografia professò poi, per alcuni anni, nell'Università di Pisa. Dei resultati ottenuti dal Marinelli e dal Dainelli in ordine alla Geologia e alla Morfologia dell'Eritrea, dopo le memorie speciali, è fatto largo posto con apposita illustrazione cartografica, nell'Atlante d'Africa del Ghisleri.
Il VI Congresso Geografico Italiano, tenuto in Venezia nella primavera del 1907, ebbe uno straordinario concorso di soci, e valse ad accentuare, sotto l'azione esercitata più direttamente dal gruppo scientifico dei giovani geografi italiani, la tendenza analoga, associata a quella dell'erudizione storica, che in Venezia, accanto alla Geografia, ha una tradizione gloriosa. Così sorse, per iniziativa del prof. Pier Liberale Rambaldi, che fu già tanta parte dell'organizzazione sapiente di quel riuscitissimo Congresso, la «Società Ramusiana» la quale ha già reso utili servigi alla storia della Geografia.
A Palermo, col 1° maggio 1910, inauguravasi il VII di questi Congressi pure con un eccezionale numero di iscritti (589) di cui 219 presero parte ad una escursione organizzata in Tunisia. Anche in questo, come nei Congressi precedenti, ebbe la sua parte il tema sull'autonomia dell'insegnamento geografico nelle scuole medie, già sostenuto a Genova dallo scrivente, a Roma con novità di vedute dal Ghisleri, a Milano dal Bellio, e finalmente dal Revelli a Napoli e a Venezia, dove finì per trovare un solo dissenziente. A Palermo lo stesso voto, già tante volte ripetuto, ottenne di nuovo l'unanimità dei geografi italiani. Nè il suo adempimento, almeno nelle scuole secondarie superiori, offrirebbe alcuna difficoltà dal punto di vista didattico, e neppure dal lato amministrativo, ove veramente volesse chi può.
Nel Congresso di Palermo si accentuò l'indirizzo regionale, senza escludere naturalmente, come si poteva vedere dal largo programma, i temi e le discussioni di Geografa generale, i quali però – in massima – trovano posto più adatto nei Congressi internazionali. La «Geografia di casa nostra» doveva però costituire la parte principalissima del programma, fissata regione per regione, con intento scientifico e pratico. In quel Congresso dovevano mettersi in luce i materiali esistenti sulla storia della Geografia e della Cartografia siciliana, e tutto quanto poteva contribuire ad illustrare la Geografia fisica ed economica dell'isola. E ciò nell'intento di promuovere una concorde e larga opera di studio su quella interessantissima regione, che la terza Italia non ha ancora saputo mettere in valore.
L'ottavo Congresso Geografico Italiano che venne fissato in Bari per l'anno 1914, costituirà, ne siam certi, un analogo e ben gradito impegno per la Regione pugliese.