XV AMBROGIO ED AGOSTINO

Abbinando nel medesimo capitolo la trattazione consacrata a Sant'Ambrogio e quella consacrata a Sant'Agostino, noi non abbiamo fatto altro che uniformarci alla tradizione ecclesiastica formatasi sul racconto delle Confessioni agostiniane.

In quel poema agostiniano che con la sua mirabile virtú di ritrattista Benozzo Gozzoli ha tracciato sulle pareti della chiesa di Sant'Agostino a San Gimignano, una delle scene salienti è quella che raffigura Sant'Ambrogio in atto di versare l'acqua lustrale sulla testa di Sant'Agostino, naturalmente con la chierica degli agostiniani del tempo del pittore, che ha voluto proprio in quella scena apporre la data del suo lavoro. Sullo sfondo, che è dietro la cappella battesimale, si leggono le parole con cui si inizia il canto di ringraziamento che la medesima tradizione leggendaria ecclesiastica immagina intonato a vicenda dai due santi nell'ora solenne del rito: Te Deum laudamus, te dominum confitemur.

La critica storica ha dimostrato oggi come quel canto di ringraziamento erroneamente sia stato attribuito ai due santi. L'inno fu composto dal vescovo dacico Niceta di Remesiana. La critica storica ha fatto molto di piú. Essa oggi ha messo in piena luce quel che v'è di comune e quel che v'è di differenziale fra Agostino ed Ambrogio.

Iniziatosi tardi alla letteratura ecclesiastica precedente, Ambrogio è un origeniano mitigato. Sant'Agostino non ha nulla di origenistico, essendo il suo pessimismo antropologico, storico e sociale, di derivazione piuttosto manichea. Rampollo di una vecchia famiglia romana, da lungo tempo addestrata alla pratica dell'amministrazione civile, Sant'Ambrogio è l'uomo che introduce nel governo ecclesiastico la sapienza giuridica romana e nella pratica dei costumi le idealità stoiche.

Una raffigurazione perfetta e integrale dell'opera episcopale, sermonistica, ascetica del vescovo milanese, la si potrà trovare nell'opera di Hans Campenhausen, Ambrosius von Mailand als Kirchenpolitiker (Berlin, de Gruyter, 1929, «Arbeiten zur Kirchengeschichte»), a cui potrà servire di complemento, per la parte strettamente etica dell'insegnamento ambrosiano, la vecchia, ma sempre viva opera di Raymond Thamin: Saint Ambroise et la morale chrétienne au IV siècle. «Études comparées des traités Des Devoirs de Cicéron et de Saint Ambroise» (Paris, 1895).

Quanto sia vasta e varia la letteratura critica intorno all'opera di Sant'Agostino occorre appena ricordarlo. In questi ultimi anni questa letteratura si è andata straordinariamente arricchendo, mercè soprattutto il vasto ritrovamento di quella letteratura manichea che ha portato, lo si capisce, di rimbalzo, ad una piú appropriata valutazione degli elementi dualistici, persistenti nella antropologia e nella sociologia dell'ipponese.

Data la natura di questi nostri rimandi bibliografici non vogliamo affatto dilungarci qui in una registrazione delle opere piú meritevoli di conoscenza in materia. Rimandiamo per indicazioni piú precise ai capitoli che noi abbiamo dedicato a Sant'Agostino nel volume: Il cristianesimo nell'Africa romana. Ci limiteremo a ricordare per quanto riguarda la conversione agostiniana, l'opera di W. Thimme, Augustin geistige Entwicklung (Berlin, 1908, «Drittes Stück der neuen Studien zur Geschichte der Theologie und der Kirche»).

Preziosissimo saggio sulla struttura del pensiero trinitario di Sant'Agostino è quello recente di Irénée Chevalier O. P., S. Augustin et la pensée grecque: les relations trinitaires (Fribourg, Suisse, 1940).

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