IX CRISTIANESIMO E IMPERO

Può darsi che la farraginosa letteratura esistente sul problema storico di vastissima portata concernente i rapporti teorici e concreti fra la Cristianità primitiva e l'organizzazione statale romana, sia stata sempre poco conclusiva per la indeterminatezza con cui il problema è stato affrontato. Noi riteniamo che bisogna invece tenere ben distinti l'uno dall'altro i vari aspetti di questo problema. Esiste innanzi tutto un problema di natura strettamente e tipicamente teoretica. E il problema è questo: come si trovano di fronte l'uno all'altro il cristianesimo e l'Impero, nel modo di considerare gli istituti politici e le forme statali?

Gli altri aspetti del problema invece sono di natura del tutto pratica. In virtú di quali principi e in base a quali determinazioni legali le comunità dei credenti nel Cristo si sono potute costituire e moltiplicare nell'ambito dell'Impero romano? E, infine, quando, come, sotto lo stimolo di quali pressioni e in base a quali norme giuridiche o in base a quale prassi poliziesca, i cristiani sono stati perseguitati?

Per definire il primo aspetto del problema noi rimandiamo all'eccellente lavoro di Luigi Salvatorelli, Lo Stato e la vita sociale nella coscienza religiosa d'Israele e del cristianesimo antico (vol. I, «Israele, Gesù e il cristianesimo primitivo», Pavia, Mattei, 1913, Estratto dagli «Studi storici», voll. XXI - XXII - XXIII).

C'è poi il problema della veste giuridica con cui le comunità cristiane si son potute costituire e disseminare sul territorio dell'Impero romano, come associazioni. Senza registrare qui tutte le opere attraverso le quali si è svolta una nutrita polemica in argomento, noi rimandiamo unicamente all'opera conclusiva e definitiva di Gerda Krüger, Die Rechtsstellung der vorkonstantinischen Kirchen (Stuttgart, Enke, 1935, «Kirchenrechtliche Abhandlungen» begründet und herausgegeben von U. Stutz und J. Heckel, 115 und 116, Heft).

Sul problema della genesi e della giustificazione legale delle persecuzioni anticristiane la letteratura critica vastissima non si può dire ancora che sia giunta ad una pacifica soluzione. La polemica fu sollevata da Teodoro Mommsen con il suo memorando articolo, Der Religionsfrevel nach römischem Recht (nella «Historische Zeitschrift» LXIV, pagg. 389 e ss.; anche nelle «Gesammelte Schriften» III). Del Mommsen si deve consultare anche l'opera Römisches Strafrecht (1899).

Meritano poi di essere consultati in argomento i seguenti lavori: A. von Harnack, Der Vorwurf des Atheismus in den ersten drei Jahrhunderten («Texte und Untersuchungen», Leipzig, Hinrichs, 1905); K. J. Neumann, Der römische Staat und die allgemeine Kirche bis auf Diokletian, (Bd. I, 1890); W. M. Ramsay, The Church in the Roman Empire before A. D. 170, (London, Hodder and Stoughton Limited, 1893); W. Hüntemann, Die juristische Basis des Christenverfalls im alten Romerreich, «Theologische Quartalschrift», CXIII, 1932, 27 e ss.

I momenti nei quali il cristianesimo si è trovato piú duramente a conflitto con l'autorità statale romana sono segnati dai nomi degli imperatori Nerone, Domiziano, Decio e infine degli imperatori della tetrarchia dioclezianea, Diocleziano, Galerio, Massimino.

Una chiara sintesi della questione concernente la genesi e lo sviluppo della politica persecutrice romana con la migliore bibliografia affiancata, la si può trovare nella Kirchengeschichte del Müller (I. B. pagg. 133 e segg.).

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