XVIII L'EPISCOPATO OCCIDENTALE

Quella pleiade di vescovi cristiani che fra il secolo quarto e il sesto danno l'ossatura non soltanto alla Chiesa gallica, ma possiamo dire ben piú giustamente a tutta la Cristianità occidentale, costituisce di fatto, senza possibilità di contestazione, la gloria piu alta della Gallia cristianizzata.

Da San Martino di Tours e da Germano di Auxerre e da Sant'Ilario fino a Cesario di Arles è tutta una serie di dignitari ecclesiastici che portano nel loro ministero apostolico una probità spirituale ed una sensibilità religiosa che fa di essi altrettanti costruttori dell'edificio cristiano medioevale.

Come disse già ai suoi tempi Amedeo Thierry, «i grandi vescovi di quei secoli militanti non si facevano imprigionare dai limiti di una giurisdizione, ma si recavano senza scrupolo là dove il grido di guerra li chiamava». È necessario cosí ricollegare anche la conversione e l'organizzazione ecclesiastica dell'Irlanda all'azione dell'episcopato gallico.

Non è qui il caso di dare una bibliografia minuta. Segnaliamo di proposito soltanto quelle monografie che ci sembrano meglio adatte a dare profili convenientemente spiccati delle principali figure da noi menzionate nel capitolo.

Per San Martino la biografia di Sulpicio Severo è quella che ha offerto il materiale grezzo di opere come quella di Leroy de la Marche, Saint Martin de Tours, 1890 e di Adolfo Règnier, Saint Martin, nella collezione «Les Saints» della libreria Lecoffre di Parigi.

Per Sant'Ilario, il Largent ha dato una biografia sommaria nella medesima collezione, la quale potrà essere completata dalla vecchia ma sempre apprezzabile biografia del Gazenove, Saint Hilary of Poitiers (London, 1883).

Fondamentali in materia sono gli studi di A. L. Feder, Studien zu Hilarius von Poitiers: 1, Die sog. Fragmenta historica und der sog. Liber 1 ad Constantium imperatorem: «Sitzungsberichte der k. Akad. der Wiss, in Wien», Philos-hist. Kl., Bd. 162, Abhandl, 4, 1910; 2, Bischofsnamen und Bischofssitze bei Hilarius, «Kritische Untersuchungen zur Kirchlichen Prosopographie und Topographie des 4. Jahrhunderts» ebd. Bd., 166, Abhandl, 5, 1911.

Su Germano d'Auxerre, eccellente profilo quello di L. Prunel nella già menzionata collezione «Les Saints». Poiché il nome di Germano d'Auxerre è strettamente collegato all'apostolato in Irlanda, è qui il caso di menzionare le opere classiche sulle origini del cristianesimo celtico e precisamente quella dello Zimmer, Pelagius in Irland (Berlino, 1901), del Bury, The life of Saint Patrick and his place in history (Londra, 1905); Gougaud, Les Chrétiens celtiques (Paris, 1911).

Avremmo dovuto in questo capitolo, uscendo dal suo ambito topografico, ma non da quello cronologico e restando sempre aderenti al nostro programma di ricostruire le tappe che hanno portato, alla caduta del mondo antico, alla organizzazione disciplinare e soprattutto culturale della società uscita dalla predicazione del Vangelo, dedicare quanto meno un accenno a figure che, mentre hanno contribuito con il loro atteggiamento di fronte alle autorità politiche all'attuazione concreta di quella intima differenziazione di valori politici da valori religiosi che è nelle tavole di fondazione del cristianesimo, hanno in pari tempo offerto preziosa opera alla formazione di quella cultura filosofica apologetica, che preannuncia da lungi la costituzione della scolastica.

Alludiamo in maniera particolarissima alla figura di Severino Boezio console nel 510, avversario degli Ostrogoti, condannato da Teodorico, prigioniero a Pavia, giustiziato nel 525. Si sa come le opere di Boezio rappresentarono nel Medioevo la fonte piú largamente consultata in fatto di conoscenze logiche, aritmetiche, geometriche, musicali. Si sa come Boezio avesse nutrito il proposito di portare a conoscenza dei latini l'intiero Platone e l'intiero Aristotele.

La sua traduzione della Isagoge porfiriana fu il testo classico della dialettica medioevale. Del suo De consolatione philosophiae si è avuta testè l'edizione critica nel Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum».

Nella valutazione dell'opera poetica di Prudenzio ci siamo largamente avvalsi del lavoro di Concetto Marchesi, Le Corone di Prudenzio, tradotte e illustrate (Roma, Ausonia, 1917).

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