CAPITOLO IV.

Origine ed istituzione del Tribunale del S. C. di S. Chiara, ora detto di Capuana.

Fra i molti fregi che adornarono la persona del Re Alfonso, il più celebrato sopra ogni altro fu quello d'avere avuto in somma stima, non meno gli uomini d'arme, che quelli di lettere e di consiglio. Egli ammiratore della grandezza de' Romani, delle loro magnanime imprese e della loro saviezza e prudenza non meno civile che militare, non avea altro diletto che leggere le loro istorie; e la sua ordinaria lezione era sopra Livio, di cui fu tanto adoratore che da Padova, ove giaceano le sue ossa, proccurò da' Veneziani che in memoria di sì grande Istorico gli dassero un osso del suo braccio, il qual fece con gran religione trasferire in Napoli. Conferiva ciò che vi leggeva con uomini dottissimi, che tenne sempre appresso di se, favorendogli con molti segni di stima e di onore.

Essendo a' suoi dì caduta Costantinopoli sotto il giogo de' Turchi, ed estinto l'Imperio greco, molti grand'uomini, che fiorirono in quella città, per iscampare dalla loro barbarie, fuggirono in Italia dove portarono le lettere e la greca erudizione. Si videro perciò fiorire Gaza, Argiropilo, Fletone, Filelfo, Lascari, Poggio, Valla, Sipontino, Campano, Bessarione e tanti altri: tanto che alla caduta di Costantinopoli si deve, essersi in Italia restituite l'erudizione e le lettere più culte e tolta la barbarie. Alfonso nella sua Corte n'accolse molti, in guisa che quella fioriva non meno d'eccellenti professori Latini che Greci. Tenne presso di se il famoso Trapezunzio, Crisolora, Lascari e dei Latini il celebre Lorenzo Valla, Bartolommeo Facio, Antonio da Bologna detto il Panormita, Paris de Puteo e tanti altri. Ebbe pur anche presso di se uomini di fina prudenza e consiglio, e fra gli altri il famoso Alfonso Borgia Vescovo di Valenza: questi nato in Xativa nella diocesi di Valenza, coltivò nell'Università di Lerida i suoi studj, dove avendo fatti mirabili progressi, prese il Dottorato e ne divenne eccellente Cattedratico. Fu poi eletto Canonico di quella città, e per la fama della sua dottrina entrato in somma grazia del Re Alfonso, fu da costui creato suo intimo Consigliere e Cappellano; non molto da poi fu eletto Vescovo di Valenza; e mentre reggeva questa chiesa, avendo Alfonso intrapresa l'espedizione del Regno di Napoli, lo condusse seco, della di cui opera, come si è detto, molto giovossi, quando mandato in Roma, fu impiegato nel gravissimo affare della pace col Pontefice Eugenio, la quale felicemente condusse a fine.

Quando Alfonso, dopo tanti travagli si rese pacifico possessore del Regno, e voltò i suoi pensieri a ristabilirlo, ad introdurvi miglior forma di governo e a riordinare i nostri tribunali, il suo principal Ministro e Consigliere era il Vescovo di Valenza: costui nelle deliberazioni più gravi v'avea la maggior parte, ed il Re da' suoi consigli pendea più che da qualunque altro. Diedero occasione all'erezione di questo Tribunale del S. C. gli abusi, che si vedeano introdotti in Napoli per cagion de' ricorsi, che dalle determinazioni del Tribunale della Gran Corte della Vicaria si facevano al Re. Questo Tribunale composto, come s'è detto, di quello della Gran Corte e dell'altro del Vicario, era in Napoli e nel Regno il Tribunal supremo, ed i suoi Giudici che lo componevano, erano i Magistrati ordinarj: dalle determinazioni di quello non vi era appellazione, poichè sopra di lui non si riconosceva altro Tribunale superiore ove potesse ricorrersi per via d'appellazione. Non avea la retrattazione, che ora appelliamo reclamazione, e la quale presso i Romani era solamente del Prefetto Pretorio; onde per riparare alle gravezze non vi restava che un rimedio, fuori dell'ordine de' giudizj ordinarj, e questo era ricorrere al Re per via di preghiere e di memoriali. Il Re soleva alle volte destinar certe persone, alle quali rimetteva i memoriali ad esso portati, perchè gli riconoscessero, e fattogliene informo, di sua autorità emendassero le gravezze; e queste persone erano chiamate Giudici d'appellazioni della Gran Corte, ond'è, che prima dell'erezione di questo Tribunale, nelle scritture di quei tempi spesso di questi Giudici fassi memoria. Più frequentemente però i Re, senza legarsi a certa persona, mandavano i memoriali ora ad uno ora ad un altro Giureconsulto per sapere il lor parere, i quali da poi ch'aveano inteso il lor consiglio e letto il voto, determinavano essi, e la decisione usciva sotto il nome regio. Questo costume portava degli abusi e de' disordini; poichè sovente affari importantissimi erano risoluti secondo il parere d'un solo. Crescevano ancora i ricorsi, venendo non pur da' Tribunali della città di Napoli, ma ancora dalle province del Regno; onde si vedea gran disordine, che senza una particolar ragunanza di più savj, avessero da emendarsi le tante gravezze per voti di particolari Giureconsulti.

In altra guisa praticavasi nel Regno di Valenza, dove vi era particolar Consiglio assistente presso il Re, di cui egli era capo, dove i ricorsi che da tutti i Tribunali ordinarj di quel Regno erano al Re portati, s'esaminavano in quel Consiglio, da cui procedevano le ammende e le retrattazioni. A somiglianza dunque del Consiglio di Valenza, il Re Alfonso, guidando ogni cosa il Vescovo Borgia, pensò stabilirne un consimile in Napoli, il quale si componesse di più insigni Giureconsulti e di più gravi e savj uomini, che assistendo presso la sua regal persona conoscessero sopra tali ricorsi, e volle dichiararsene egli capo, siccome ne fu autore.

Il Cardinal di Luca portò opinione, che il Vescovo Borgia, poi Cardinale e Papa, formasse questo Consiglio non pure secondo l'idea di quello di Valenza, ma anche essendo egli dimorato lungo tempo in Roma, molti istituti e modelli prendesse dal Tribunale della Ruota romana, che allora era in fiore e che alla formazione di questo Senato vi ebbe parte, non meno il Consiglio di Valenza, che la Ruota di Roma; ed in effetto, siccome questo Tribunale da quello di Valenza prese il nome di Consiglio, così ancora il luogo ove si tenne, prese da Roma il nome di Ruota; e siccome nella Ruota romana non v'è uso di libelli, o come ora diciamo d'istanze, ch'è de' Magistrati ordinarj, ma di preci o suppliche o memoriali, che si drizzano al Papa, il quale per mezzo del Prefetto della Signatura di giustizia, le segna e commette; così ancora in questo Tribunale non vi han luogo libelli, siccome negli altri Tribunali inferiori della città e del Regno, ma le suppliche che si drizzano al Re, il quale per mezzo del Presidente del Consiglio, le segna e commette.

Fu adunque questo Tribunale del Consiglio eretto in Napoli principalmente per li ricorsi, che al Re portavansi dalle determinazioni della Gran Corte della Vicaria e delle altre Corti inferiori, non meno della città che delle province del Regno. Fu detto perciò il Tribunale delle appellazioni; poichè costituito supremo a tutti gli altri, poteva in conseguenza da questi a lui appellarsi. Questo Tribunale riconoscendo per suo capo il Re istesso, e le sue membra essendo di persone per nobiltà e dottrina illustri, venne ad acquistare le maggiori prerogative e preminenze sopra tutti gli altri. Quindi, come s'è detto, non cominciano in esso le cause per via di libelli, ma di suppliche che bisogna indirizzare al Re, le quali poi segnate e commesse acquistano forza di libelli. Quindi nasce, che dalle sue determinazioni non si dà appellazione, ma solamente retrattazione, ovvero come chiamiamo reclamazione, a somiglianza del Prefetto Pretorio. Quindi acquistò il nome di Sacro per la sacrata persona del Re, che se ne dichiarò capo, e per esser suo proprio e particolar Consiglio presso la sua regal persona assistente: onde avvenne, che per consimil cagione all'Audienza d'Otranto si diè anche il nome di Sacra Audienza, perchè un tempo presedè a quella il Re Alfonso II d'Aragona; e perocchè questa provincia fu poi divisa in due, cioè d'Otranto e di Bari, quindi anche quella di Bari si disse Sacra . Quindi le sentenze si promulgano sotto il nome del Re, e si veggono ancora molte sentenze sottoscritte dall'istesso Re Alfonso; onde se accade in quelle nominarsi il Vicerè e alta persona illustre, non altro titolo se gli dà, se non quello con cui dal Re vien chiamata. Quindi in questo sacro Auditorio non è permesso, nè tampoco a' Nobili entrare cinti di spada o d'altre arme, nemmeno a coloro, che possono portarle sin dentro il gabinetto del Re. Quindi egli solo tien la campana, e conosce delle cause di tutti i Tribunali della città e del Regno; le sue sentenze s'eseguono manu forti et armata; e vien adornato di tante altre prerogative e preminenze, di cui il Tassoni ed il Toppi ne tesserono lunghi cataloghi: e a' dì nostri il Dottor Romano ne compose un ben grosso volume.

Ma infra l'altre sue prerogative, la maggior fu quella di conoscere per via d'appellazione delle cause di tutti i Tribunali della città e del Regno, ed in questi principj a quello s'appellava, anche de' decreti interposti dalla Regia Camera della Summaria, siccome testificano Marino Freccia, e Giovan Battista Bolvito in un breve discorso latino, che compose sopra questo Tribunale, che M. S. si conservava nella Biblioteca de' SS. Appostoli di questa città, il qual fu dal Summonte trascritto nella sua Istoria; ed apparisce ancora da una lettera del Re Alfonso rapportata dal Toppi, il quale Autore fa vedere ancora, che qualora nel Tribunale della Summaria dovea decidersi qualche articolo di ragione, s'avea ricorso al Consiglio di S. Chiara, che vi giudicava per via d'appellazione.

Ma ciò, che deve riputarsi degno d'ammirazione, si è il vedere, che questo inclito Re pose in tanta eminenza questo Tribunale, che ordinò, che anche le cause degli altri suoi numerosi Regni e province, potessero riportarsi a quello per via d'appellazione. Ecco ciò, ch'egli dice in una sua regal carta de' 13 agosto del 1440 rapportata dal Toppi, parlando di questo Consiglio e de' suoi Ministri: Quibus decrevimus omnes causas Regnorum nostrorum Occiduorum et Regni nostri Siciliae ultra Pharum, esse remittendas. E siccome si è veduto, possedeva questo gran Re in quel tempo i Regni d'Aragona, di Valenza, di Majorica e di Sardegna, possedeva la Corsica, il Contado di Barzellona, e 'l Rossiglione e la Sicilia di là dal Faro; e finch'egli visse, avendo fermata la sua sede regia in Napoli, insino da sì remote parti si portavano per via d'appellazione le cause in questo Consiglio; e ci restano ancora i vestigj di molti processi, donde appare questo Tribunale essere stato in quel tempo Giudice d'appellazione di tutti que' Regni e Signorie. Donde si convince quanto sia vano il credere, che questo Regno sin da' tempi d'Alfonso fossesi reso dipendente dalla Corona d'Aragona. Si perdè poi questa prerogativa, quando succeduto Ferdinando figliuolo d'Alfonso nel solo Regno di Napoli, non ebbe più che impacciarsi negli altri Regni di Spagna, ne' quali succedè Giovanni d'Aragona fratello d'Alfonso.

Teniamo l'origine, il nome e l'occasione per cui fu questo Tribunale istituito; teniamo ancora il tempo e l'Autore; ma intorno a quest'ultimo, pare, che la prammatica 2 collocata sotto il titolo de Ufficio S. R. C. ce ne metta in dubbio. Il Surgente su tal appoggio credette, che non già Alfonso ne fosse stato l'autore, ma Ferdinando I suo figliuolo: ma questa prammatica o è apocrifa o scorretta; ripugnando ciò alla testimonianza degli Autori contemporanei e ai pubblici documenti.

Michiel Riccio celebre Giureconsulto ed Istorico, Autor prossimo ad Alfonso, che fiorì nel Regno di Ferdinando I, e fu Presidente e Viceprotonotario di quest'istesso Tribunale, lo testifica nella sua grave e dotta Istoria, che compose de' Re di Napoli e di Sicilia; ecco le sue parole: Alphonsus, etc. reddendi juris adeo studiosus, ut Consilium constituerit, quod omnes appellarent ex toto suo Regno; cui praefecit Episcopum Valentiae (qui postea Nicolao V successit, et Calistus est appellatus) cum prius ad Vicariae Tribunal, aliosque minores Regni Judices confugere cogerentur, et inde jus petere.

Il nostro famoso Matteo d'Afflitto che fiorì nei medesimi tempi, e che sotto l'istesso Ferdinando fu Consigliere di questo Consiglio pur dice: Sic fuit sententiatum in Sac. Consilio tempore immortalis memoriae Regis Alfonsi I de Aragonia, tempore quo praesidebat Episcopus Valentiae, qui postea fuit Papa Calistus III. Marino Freccia colle stesse parole di Michiel Riccio rapporta il medesimo: e così tennero i più appurati Scrittori delle nostre memorie, il Summonte, il Chioccarello, il Reggente Tappia, il Tassone e tutti gli altri insino al Toppi, che fu l'ultimo, che scrisse dell'istituzione di questo Tribunale.

I diplomi d'Alfonso I inseriti nelle loro opere da questi Autori, ne' quali questo Re fa menzione di questo Tribunale da lui instituito, convincono il medesimo: il Chioccarello ne rapporta tre, due in novembre e dicembre dell'anno 1449, l'altro in febbrajo del 1450; il Summonte due altri, uno de' 23 novembre del 1450, l'altro de' 2 agosto dell'anno 1454, e molti altri possono vedersi presso Toppi ne' luoghi allegati.

La prammatica, che s'attribuisce a Ferdinando I, Toppi credette che fosse apogrifa e supposta; poichè in niuno degli antichi volumi impressi delle Prammatiche si vede, e sol si legge senza giorno ed anno nell'ultime edizioni; testificando in oltre quest'Autore, che per esatta diligenza ch'egli avesse fatta in Cancellaria, ove sono notate tutte le prammatiche del Regno, non la ritrovò mai. Comunque ciò sia, egli è più tosto da credere, che questa prammatica per errore de' compilatori o degl'impressori, in vece di portar in fronte il nome d'Alfonso, se gli fosse dato quello di Ferdinando. E veramente chiunque considera le parole di quella, non possono a patto veruno convenire a Ferdinando, ma sì bene tutte acconciamente si adattano ad Alfonso. Questo Re poteva nominare i Re d'Aragona suoi predecessori, non già Ferdinando, il quale non fu mai Re d'Aragona, nè succedè ne' Regni paterni di Spagna, ma solo nel Regno di Napoli per ragion d'investitura, della legittimazione fattagli dal padre e per l'acclamazione de' Napoletani. Molto meno possono a lui convenire quelle parole: Igitur cum Neapolis Siciliae Regnum, jure quodam legitimo, et haereditario nobis debitum nostrae nuper ditioni restitutum sit, idque non armis tantum nostris, quantum immortalis Dei beneficio, etc. Ciò che s'avvera d'Alfonso, che più per le arme, che per lo titolo d'adozione se ne rese padrone. Ferdinando ebbe a guerreggiare co' suoi Baroni più tosto che con nemici stranieri, e mal si godette il Regno acquistato colle armi e sudori di suo padre. Non è dunque da dubitare, che Alfonso fosse stato l'Autore di sì illustre Tribunale, e che tutta la sua disposizione e forma si debba al Vescovo di Valenza, a cui meritamente Alfonso ne diede la cura e sopraintendenza.

I. Del luogo ove fu questo Tribunale eretto; della dignità e condizione delle persone, che lo componevano, e del lor numero; e come fosse cresciuto tanto, che in conseguenza portò la multiplicazion delle quattro Ruote, delle quali oggi è composto.

Essendo già per lungo tempo Napoli stabilita Sede Regia, e costituita metropoli e capo di tutto il Regno, non in altra città che in quella dovea collocarsi un Tribunal sì supremo, ove doveano riportarsi tutte le cause del Regno, e del qual il Re istesso se n'era dichiarato capo, e che fosse suo Consiglio Collaterale. Quindi Alfonso nella riferita prammatica disse: Sacrum eodem in Regno, supremumque Consilium ordinavimus, cui sedem, locumque in Urbe Neapolitana, et Regni Urbium omnium suprema, ac Metropoli constituimus. Le contrade della città, nelle quali questo Tribunale fu retto non furon sempre le medesime, ma si variarono secondo la condizione de' tempi e de' Presidenti, che lo ressero. Sovente Alfonso lo tenne nell'ospizio di Santa Maria coronata, chiesa regia, ove i Re suoi predecessori con solenne pompa solevansi coronare. Alcuna volta nel castel Capuano, e più frequentemente nel Castel Nuovo, e vi sono lettere del 1449 del Re Alfonso riferite dal Toppi, nelle quali si prescrive, che si dovesse congregare nel Castel Nuovo, essendo egli in Napoli: ed in sua assenza nelle case del suo Vicecancelliere, ovvero in altro decente luogo a suo arbitrio. Spessissime volte si ragunava nelle case de' Presidenti di quello: così leggiamo, che nel 1457 fu retto nelle case del Patriarca d'Alessandria Vescovo di Urgello, che n'era Presidente, poste nella regione di Porto. Altre volte nel Palazzo Arcivescovile, siccome fu in tempo d'Oliviero Caraffa Arcivescovo di Napoli, e poi Cardinale che fu parimente Presidente di questo Tribunale: nel 1468 sendone Presidente D. Giovanni d'Aragona figliuolo di Ferdinando I, perchè questi teneva il suo palazzo nel Monastero di Monte Vergine, di cui n'era Abate Commendatario, si vide questo Tribunale anche nella di lui casa essere stato retto. Matteo d'Afflitto ci testifica ancora, che ai suoi tempi questo Tribunale soleva anche reggersi nel convento di S. Domenico Maggiore di questa città. E così trasportato in varj luoghi, che piacque al Toppi troppo sottilmente ricercare, finalmente nel 1474 fu trasferito nel monastero di Santa Chiara, ove sino all'anno 1499 fu tenuto. Ma da poi il Cardinal Luigi d'Aragona Luogotenente del Regno lo volle nel suo palazzo; fin che nell'anno 1501 restituito di nuovo in Santa Chiara, quivi lungamente durò insino all'anno 1540. Per questa lunga dimora fatta quivi acquistò il nome di Consiglio di S. Chiara, che lungo tempo ritenne. Finalmente nel suddetto anno 1540 trasferito da D. Pietro di Toledo con tutti gli altri Tribunali nel Castel capuano, lungamente quivi durando, ed ove ancor oggi s'ammira, acquistò presso noi il nome di Capuana.

Diede Alfonso a questo Gran Consiglio un Presidente, al quale diede la soprantendenza del Tribunale. L'adornò, tanto egli, quanto i suoi successori Re aragonesi, di molte prerogative, delle quali il Tassoni ed il Toppi ne fecero lunghi cataloghi. Trascelse sempre a tal carica uomini insigni non meno per dottrina, che per gravità di costumi, per chiarezza di sangue e d'eminenti posti adorni. Vi furono de' Vescovi ed Arcivescovi ed altri insigni Prelati della Chiesa. Il primo fu il famoso Alfonso Borgia Vescovo di Valenza, che lo resse insino al 1444, nel qual anno fu creato Cardinale, e poi nel 1455 Papa, chiamato Calisto III. In suo luogo fu rifatto Gaspare di Diano Arcivescovo di Napoli, Giureconsulto di quei tempi, prima Vescovo di Tiano, indi Arcivescovo di Consa, e finalmente nel 1437 di Napoli. Fu costui da Alfonso creato Presidente nel 1446, e durò il suo Presidentato fin che morì nell'anno 1450. A costui succedette Arnaldo di Roggiero Patriarca d'Alessandria e Vescovo di Urgell. Fuvvi ancora creato da Ferdinando I nel 1465 il famoso Oliviero Caraffa Arcivescovo di Napoli, il quale ancorchè da Paolo II fosse stato nel 1467 creato Cardinale, non lasciò la presidenza di questo Tribunale, finchè, chiamato dal Papa, non gli convenne andare in Roma. Ad Oliviero succedette Don Giovanni d'Aragona figliuolo di Ferdinando I Arcivescovo di Taranto, Commendatario perpetuo de' monasteri di M. Cassino, della Cava e di Monte Vergine, e poi Cardinale ed Arcivescovo di Salerno. Fuvvi ancora nel 1499 Don Lodovico di Aragona nipote del Re Ferdinando I Vescovo d'Aversa e poi Cardinale.

Ma ciò, che ridonda in maggior splendore di questo Tribunale, è il vedersi essere stati eletti Presidenti di quello i propri figliuoli de' Re ed i primi Baroni del Regno.

Il Duca di Calabria Primogenito del Re Alfonso fu Presidente del S. C. col titolo di Luogotenente generale del Re suo padre nell'anno 1454, siccome vi furon Giovanni d'Aragona figliuolo di Ferdinando I poi Cardinale, Lodovico d'Aragona suo nipote già detti, e Ferdinando d'Aragona figlio di Ferdinando, fratello del Re Federico. De' primi Baroni vi fu nel 1550 Onorato Gaetano Conte di Fondi e Ferdinando d'Aragona nel 1479 figliuolo naturale di Ferdinando I Conte di Nicastro: oltre tanti altri di chiarissima stirpe nati.

Furonvi ancora eletti i migliori Giureconsulti e letterati di que' tempi, che o colle opere o colla gravità de' costumi, o colla prudenza civile se l'aveano meritato. Michiel Riccio famoso Giureconsulto ed Istorico, Giovan Antonio Caraffa gran Dottore di que' tempi, cotanto celebrato da Matteo d'Afflitto; Luca Tozzoli, di cui presso lo stesso Autore fassi sovente onorata memoria; il famoso Antonio d'Alessandro, Andrea Mariconda, Antonio di Gennaro, Francesco Loffredo, Giacomo Severino, Tommaso Salernitano, Gio: Andrea di Curte, Antonio Orefice, Gio: Antonio Lanario, il cotanto rinomato Vincenzo de Franchis, Camillo de Curte, Marc'Antonio de Ponte, Pietro Giordano Ursino, Andrea Marchese, Francesco Merlino, ed altri, de' quali il Summonte, e poi più accuratamente il Toppi fecero distinto e minuto catalogo.

Oltre il Presidente, tenevano il secondo luogo in questo Consiglio due gran Baroni del Regno, che da Alfonso furono aggiunti a' Consiglieri Dottori per Assistenti a questo Tribunale; poichè sovente in quello non pur dovea trattarsi di cose appartenenti alla Giustizia, ma di cose di Governo e di Stato. Questi erano per lo più eletti dell'Ordine di Baroni, non eran Giureconsulti, ma militari, de' quali il maggior soldo era di ducati mille l'anno, quando agli altri Consiglieri Togati non era più, che di cinquecento. Eran chiamati Consiglieri Assistenti; e finchè durò il Regno degli Aragonesi, il S. C. si vide anche adorno di questa prerogativa, e ne' suoi Consiglieri vide il pregio della nobiltà migliore.

Furonvi ne' tempi d'Alfonso per Consiglieri Assistenti, oltre Onorato Gaetano Conte di Fondi, che ora come Gran Protonotario, ora come Presidente, ed ora come Consigliere Assistente illustrò questo Tribunale; il famoso Petricone Caracciolo Conte di Burgenza; Niccolò Cantelmo Conte d'Alvito e di Popoli e poi Duca di Sora; Marino Caracciolo Conte di Sant'Angelo, e Giorgio d'Alemagna Conte di Pulcino, li quali furon creati Consiglieri Assistenti da Alfonso nell'anno 1450.

Nel 1458 a' 23 gennaio leggiamo ancora Francesco del Balzo Orsino Duca d'Andria, figliuol del Principe di Taranto, essere stato creato da Alfonso Consigliere Assistente , e nel medesimo anno a' 5 novembre fu da Ferdinando I fatto Consigliere Innico d'Avalos. Orso Ursino de' Conti di Nola fu parimente da Ferdinando nel 1473 fatto Consigliere Assistente, e per ultimo Pietro Bernardino Gaetano Conte di Morcone figliuolo del Conte di Fondi nel 1485 dei quali lungamente ragiona Toppi nel suo secondo volume dell'Origine de' Tribunali.

Tra le persone, che componevano questo gran Tribunale, vi era ancora il Viceprotonotario. Questo è un punto d'Istoria molto intrigato e tanto difficile, che il Toppi non se ne seppe sviluppare. Il Re Alfonso nell'erezione di questo Tribunale e nella scelta che fece de' Consiglieri, che dovean comporlo, si protestò sempre, che egli per questo nuovo Consiglio non intendeva recare alcun pregiudicio alle preminenze del Gran Protonotario del Regno: ecco come egli dice in un diploma rapportato dal Chioccarelli e dal Toppi spedito a' 20 novembre dell'anno 1449. Postquam reformationi nostri Sacri Consilii debito libramine moderavimus, in quo salva praeminentia officii Logothetae, et Prothonotarii Regni huius, et praesidentiae Rev. in Christo P. Gasparis Archiepiscopi Neapolitani ejusdem S. C. Praesidentis, nonnullos famosissimos U. J. D. fideles nostros elegimus, et deputavimus, ec. Ed altrove in un altro diploma de' 12 agosto del medesimo anno: Salva tamen in omnibus, et per omnia praerogativa, et praeminentia Officii Logothetae, et Protonotarii hujus citra Farum Siciliae Regni, vel Reverendo Archiepiscopo Neapolitano, cum in Curia praesentes fuerint. Il Toppi pien di maraviglia dice, che cosa avea che fare in questo nuovo Consiglio il Gran Protonotario, ovvero il suo Luogotenente, e che vi era di comune fra di loro? ma gli nacque tal maraviglia, perchè il Toppi riguardava questo ufficio secondo l'aspetto, che teneva ne' tempi, ne' quali scrisse e che ancor oggi ritiene, non già ne' tempi d'Alfonso e degli altri Re aragonesi suoi successori. Presentemente il Gran Protonotario è un nome vano e senza funzione: ed al suo Viceprotonotario, che nè meno è creato da lui, ma a dirittura dal Re, delle tante prerogative che teneva, non gli è rimaso altro, come fu detto altrove, che la potestà di crear i Notari ed i Giudici a' contratti, chiamati dal dritto de' Romani, Giudici cartularj: di visitare i loro protocolli, ed invigilare a tutto ciò, che appartiene al loro ufficio: aver la cognizione delle loro cause, così civili come criminali: e legittimare i figliuoli naturali, secondo che per le nostre novelle prammatiche fu stabilito.

Ma nel Regno de' Normanni, de' Svevi, Angioini ed Aragonesi, l'Ufficio e potestà del Gran Protonotario era pur troppo ampia: la principal sua cura era non già della creazione de' Notai e Giudici, ma, come altrove si disse, di ricevere i memoriali e le suppliche che si davano al Re: per le sue mani passavano tutti i Diplomi, ed egli gl'istromentava: tutte le nuove leggi, Costituzioni, editti e prammatiche, che si stabilivano, eran da lui formate ed istromentate: ciocchè il Principe, o nel suo Concistoro o in ogni altro suo Consiglio sentenziava o statuiva, egli riduceva in forma o di sentenza, o di diploma, o di privilegio: ed in mano del famoso Bartolommeo di Capua si vide quanto quest'Ufficio fosse ampio ed eminente.

Per questa cagione avvenne, che avendo Alfonso istituito questo nuovo Tribunale, ove di molte cose dovea trattarsi, che toccavano l'Ufficio del Gran Protonotario, come di riceversi le preci, ch'erano drizzate al Re, d'istromentar le sentenze, che da sì alto Pretorio uscivano, e di molti affari al suo ufficio appartenenti; ancorchè Alfonso avesse conceduta al Presidente ugual potestà di poter egli da se solo spedirgli, nulladimanco non volle, che perciò si pregiudicassero le preminenze del Gran Protonotario o suo Luogotenente, quando interveniva nel Consiglio: talchè trovandosi in quello presente il Gran Protonotario ovvero il Luogotenente, non loro s'impediva che far non potessero tutto ciò ch'era della loro potestà ed incumbenza. Quindi è che sovente negli antichi diplomi leggiamo Onorato Gaetano Conte di Fondi aver preseduto a questo Tribunale, come Gran Protonotario, o come Presidente di quello, e sovente ancora esservi intervenuto come Consigliere Assistente. Quindi eziandio leggiamo, che nel proferirsi delle sentenze v'eran presenti insieme co' Consiglieri il Gran Protonotario o suo Luogotenente. Così, secondo la testimonianza che ce ne dà l'istesso Toppi, in una sentenza del S. C. proferita a' 29 gennaio del 1452 v'intervennero Onorato Gaetano Conte di Fondi Gran Protonotario del Regno e Giorgio d'Alemagna Conte di Pulcino Consigliere Assistente; anzi l'istesso Conte di Fondi, come Gran Protonotario, non già come Presidente, che non lo era allora, nel 1474 commise una causa a Lucca Tozzoli suo Viceprotonotario. Parimente nel 1485 il Conte di Morcone Gran Protonotario col suo Viceprotonotario e Consiglieri intervenne nelle sentenze profferite in questo Tribunale nel dì 20 settembre del medesimo anno.

Da questo costume nacque ancora, che quando il promosso all'Ufficio di Gran Protonotario dovea prendere il possesso della sua carica, poichè i Gran Protonotari nel S. C. facevano le loro maggiori e più solenni funzioni, in questo Tribunale pigliavano il possesso con intervenire nelle sentenze, che dal medesimo si profferivano: e questo era l'atto del loro possesso. Così leggiamo, che Don Ferdinando di Toledo essendo stato creato Gran Protonotario dall'Imperador Carlo V, ne prese il possesso a' 22 maggio del 1537 nel S. C., ed in quella giornata intervenne a tutte le sentenze, che profferì il Tribunale; ed Antonio di Gennaro, che si trovava allora Presidente del Consiglio fece una molto dotta ed elegante orazione in sua commendazione. Parimente Don Ferdinando Spinelli Duca di Castrovillari e Conte di Cariati, quando dall'Imperador Carlo V fu fatto Gran Protonotario nell'ultimo di Giugno del 1526, come rapporta il Passero, ovvero a' 26 aprile, come dice il Rosso, ne prese il possesso nel S. C. ed intervenne insieme col Presidente e tutti gli altri Consiglieri in tutte le sentenze, che si profferirono quella giornata.

Quindi nacque ancora il costume che ora abbiamo, e che fu introdotto fin da' tempi de' nostri Avoli, che nella persona del Presidente del S. C. siasi ora indissolubilmente unito il posto di Viceprotonotario; poichè i Gran Protonotari, personaggi d'alta gerarchia, non volendo più intervenire di persona a risedere nel S. C. come ad altri affari implicati, e che cominciavan a sdegnarlo, mandavano i loro Viceprotonotari al Tribunale, i quali così bene che il Presidente adempivano le sue veci, tanto che il Consigliere Matteo d'Afflitto in più sue decisioni ci assicura, che il famoso Antonio d'Alessandro, ancorchè allora non fosse Presidente, come Viceprotonotario interveniva nel Consiglio, ed insieme con gli altri Consiglieri votava nelle cause, e reggeva il Tribunale. Michiel Riccio non ancor Presidente, come Viceprotonotario commise varie cause a' Regj Consiglieri. Di Luca Tozzoli pur si legge il medesimo, e così di molti altri. Quindi avvenne, che potendosi da un solo ciò adempire, essendo nel S. C. pari d'autorità, l'ufficio di Viceprotonotario venga ora sempre unito nella persona del Presidente.

Egli è però ancor vero, che prima non era così, poichè portando il posto di Viceprotonotario la creazion de' Notari e Giudici, funzione totalmente distinta ed independente dal S. C. e per conseguenza grandissimi emolumenti, alcuni, ancorchè non Presidenti, se lo proccuravan per essi, e molti Reggenti l'ottennero. Così il Reggente di Cancellaria Girolamo Colle ottenne, non essendo Presidente, nel 1540 questo ufficio, che l'esercitò fin che nel 1549, creato Vicecancelliere in Ispagna, ivi si portasse. E vacato in cotal guisa questo posto, fu poi provveduto nella persona di Girolamo Severino, che allora era Presidente. Ma avendo questi per la sua vecchiaia e continue indisposizioni deposta la carica di Presidente, si ritenne quella di Viceprotonotario, come più utile e men faticosa, la quale ritenne finchè visse nel 1558, dopo la di cui morte fu provveduta in persona d'Alfonso Santillano allora Presidente, che la ritenne finchè morì nel 1567.

Ma morto Santillano, il Duca d'Alcalà allora Vicerè la provide per interim al Reggente Villano; ed essendo stato rifatto Presidente del S. C. in luogo del Santillano Tommaso Salernitano, questi vedendo che l'Ufficio di Viceprotonotario era esercitato dal Reggente Villano, mandò in Ispagna al Re sue allegazioni, colle quali studiossi fondare, ch'essendo il Viceprotonotariato ufficio unito e congiunto a quello di Presidente, non dovesse da quello separarsi, e nella sola persona del Presidente dovesse sempre unirsi. Mentre egli aspettava dal Re la determinazione, venne a morte il Reggente Villano, ed egli ottenne il posto; ma poi da Presidente essendo stato creato Reggente della Cancellaria, si ritenne il Viceprotonotariato, lasciando Gio. Andrea de Curte, che gli succedette nel Presidentato l'anno 1570 senza quello. Il Presidente de Curte ebbe ricorso in Ispagna valendosi dell'allegazioni istesse formate dal Salernitano suo competitore; e dal Re ottenne la riunione, avendo l'allegazioni suddette al Consiglio di Spagna fatta gran forza, sicchè reputò doversi questi due ufficj unire; ond'è, che fin da quel tempo insino ad ora si siano veduti sempre congiunti in una medesima persona. Egli è vero, che il Re nel regal diploma gli concede ambedue al provisto, non bastando, che se gli spedisca il privilegio di Presidente per potersi dire, che vada in quello inchiuso anche il Viceprotonotariato. Sono due ufficj che s'uniscon sì bene insieme in una persona, ma fra di loro sono distinti, avendo diversa natura e varia funzione, almeno per quel che riguarda la creazione dei Notai e Giudici: ond'è, che negli ultimi nostri tempi, essendosi dalla nuova Cancellaria dal Re spedito privilegio di Presidente al Reggente Aguir, senza in quello nominarsi l'ufficio di Viceprotonotario, fu d'uopo al medesimo ricorrere di nuovo al Re, che glie lo concedette.

Abbiamo adunque In questo nuovo Tribunale il Presidente, due Consiglieri militari Assistenti, e sovente ancora il Viceprotonotario: sieguono ora i Consiglieri Dottori, che per la maggior parte lo componevano, dei quali il numero era maggiore. Si trascelsero sempre per Consiglieri di questo Senato i migliori Giureconsulti, che fiorissero in ogni età. Alfonso, Ferdinando suo figliuolo e tutti gli altri Re loro successori in questa elezione vi usavan ogni scrutinio e diligenza. Vollero che fossero i più dotti Giureconsulti: Viri juris insignibus decorati, docti, graves, severi, insontes, mites, justi, faciles, lenique, qui in judicibus exercendis, non precibus, non pretio, non amicitia, non odio, neque denique ulla re corrumpantur, come sono le parole d'Alfonso. Quindi è, che fin dal tempo della sua istituzione leggiamo, che vi sedettero uomini dottissimi e savissimi, un Michiel Riccio, un Francesco Antonio Guindazzo, un Nicol'Antonio de' Monti, un Paris de Puteo, un Antonio d'Alessandro, un Gio. Antonio Caraffa, un Matteo d'Afflitto, un Giacomo d'Ajello, un Antonio Capece, un Loffredo, un Salernitano, un Tappia, un Gamboa, un Miroballo e tanti altri, dei quali presso Toppi si legge numeroso catalogo, e de' quali, secondo che ci ritornerà l'occasione, faremo ne' tempi che fiorirono, onorata memoria.

In questi principj, sino al Regno degli Austriaci, non eran perpetui, ma ad arbitrio del Re, il quale fidando nella loro dottrina, integrità e prudenza civile nel medesimo tempo ch'eran Consiglieri, gli creava Presidenti di Camera, adempiendo con molta esattezza ambedue le loro cariche. Severino di Diano, Pietro Marco Gizzio, Bartolommeo di Verico, Andrea e Diomede Mariconda e moltissimi altri, siccome osservò Toppi, nell'istesso tempo ch'erano Consiglieri, furon creati Presidenti di Camera, ed esercitavano amendue queste cariche. Ciò che non deve parere impossibile, poichè in questi tempi solamente tre dì della settimana, cioè il martedì, giovedì e sabbato si reggeva Consiglio.

Sovente i pubblici Cattedratici eran creati Consiglieri; ma non perciò lasciavano le loro Cattedre, ed i loro talenti gl'impiegavano non meno nell'Università degli Studj, che nel Senato. Tale fu il Consigliere Matteo d'Afflitto, tale Camerario e moltissimi altri, che possono vedersi presso Toppi.

Intorno al lor numero, fu fin dal suo nascimento sempre vario ed incerto, da poi si stabilì certo e determinato. Alfonso I quando istituì questo Tribunale, oltre del Presidente, scelse nove Dottori per Consiglieri. Poi nell'anno 1449 riformandolo in miglior forma, istituì due Titolati per Consiglieri Assistenti, e riformò il numero de' Dottori; ordinando che non fossero più che sei. Poco da poi, rivocando tal proibizione, v'aggiunse il settimo. Ma in decorso di tempo, nel 1483 ed 84 il lor numero era di diece e sovente arrivò a dodici. S'univan tutti in una Sala; onde è, che spesso nelle decisioni del Consigliere Afflitto, leggiamo essersi talora qualche causa concordemente decisa per totum Sacrum Consilium.

Carlo V fu il primo che con suo diploma, spedito in Bologna, sotto li 26 febbrajo dell'anno 1533, ordinò, che si dividesse in due Ruote, in ciascheduna delle quali, oltre il Presidente, dovessero assistere quattro Dottori Consiglieri, determinando in cotal guisa il lor numero ottonario: ciò che nel castel di Capuana fu eseguito dal suo Vicerè D. Pietro Toledo. Ma crescendo tuttavia il numero delle cause, fu dal medesimo a preghiere della città e Regno conceduto a' 2 marzo del 1536, che vi s'aggiungessero due altri Consiglieri, da dovere assistere cinque per ciascheduna Ruota. Ne furon poi aggiunti due altri, i quali dovessero assistere a' Giudici criminali della Vicaria, mutandosi a vicenda in ogni biennio, con rimaner sempre nelle due Ruote del Consiglio cinque per ciascheduna.

Da chi da poi fosse stato accresciuto il lor numero, ed aggiunta la terza Ruota, niente può recarsi di certo. È verisimile, che ciò accadesse nel Regno di Filippo II, giacchè egli in sue regali carte, spedite a Madrid li 24 decembre del 1569, fa menzione di questa terza Ruota.

Ma chi avesse aggiunta la quarta, è troppo chiaro che fu il Re Filippo II, il quale alle preghiere fattegli ne' Parlamenti dell'anno 1589 e 1591 dalla città, per lo maggior disbrigo delle cause, con sue regali lettere spedite a' dì 7 settembre del 1596, accrebbe il numero de' Consiglieri, ed ordinò che alle tre s'aggiungesse la quarta Ruota, dove parimente dovessero assistere cinque altri Consiglieri. In guisa che restò il numero de' Consiglieri a ventidue, de' quali venti si dovessero distribuire per le quattro Ruote del Consiglio, e due assistere nella Ruota criminale della Vicaria, per raddolcire il rigore di quel Tribunale, come ora tuttavia si osserva. Ve ne sono due altri, che non risiedono in Napoli, uno è preposto al governo di Capua che di biennio in biennio si muta; l'altro, o è destinato in Roma per assistere in quella Corte per affari di giurisdizione, o al governo di qualche provincia, ovvero per altre incombenze, che al Re piacesse di altrove loro commettere. Questo al presente è il numero ordinario de' Consiglieri, due parti de' quali doveano esser Regnicoli, e la terza ad arbitrio del Re. Ma ora per le novelle grazie sei solamente sono riservati al beneplacito Regio. I Re alcune volte gli han tolti e ridottigli al numero ordinario, secondo che han portato le contingenze, il favore o il merito di qualche eminente soggetto.

Questi sono i Ministri, che compongono un tanto Tribunale. Ebbe ancora, siccome ancor ritiene, i suoi Ufficiali minori, un Secretario, un Suggellatore, tredici Mastrodatti, molti Scrivani, sedici Esaminatori, un Primario, nove Tavolarj e quattordici Portieri.

Da questo Tribunale, che fu quasi sempre composto di Giureconsulti assai celebri, nacquero quelle tante decisioni, delle quali ora abbiamo tanti Compilatori. Le sue decisioni, fin dal suo nascimento ebbero tanto applauso ed autorità, che non pur appo i nostri, ma anche presso i Giureconsulti stranieri acquistarono somma stima e venerazione, di che ne può essere buon testimonio infra gli altri, Filippo Decio. Il primo, che le compilasse, fu il famoso Matteo d'Afflitto, il quale per questo solo merita essere sopra tutti celebrato; perchè egli fu il primo in Italia che introducesse questo instituto di notare le decisioni de' Tribunali, e farne particolari raccolte. Il Cardinal de Luca portò opinione, che questo Giureconsulto avesse in ciò imitato lo stile della Ruota romana, le di cui decisioni prima dell'erezione di questo nuovo Tribunale del S. C. eransi rese già celebri, ed erano allegate da molti Scrittori. Ciò che ne sia, non può dubitarsi ch'egli fu il primo che introducesse questa nuova maniera di scrivere, e queste private collezioni. Il di lui esempio seguiron da poi, non meno gli altri nostri Autori regnicoli, che i Giureconsulti d'altre nazioni. Fra' nostri i più vicini a lui furono, Antonio Capece, due Tommasi, Grammatico e Minadoi, ed il famoso Vincenzo de Franchis. Seguiron poi gli altri, de' quali il Toppi tessè lungo ed acculato catalogo. Onde dopo gli antichi Glossatori, dopo i Commentatori, i Repetenti, gli Addenti, i Trattanti ed i Consulenti, surse fra noi un'altra classe di Scrittori chiamati per ciò Decisionanti: di che altrove ci tornerà occasione di ragionare.

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