LIBRO TRENTESIMO

Trasferito il Reame di Napoli al Re di Spagna Ferdinando, e governato in nome del medesimo dal Gran Capitano, fu, durante il Regno suo, libero da straniere invasioni: poichè il Re Luigi di Francia alienato dalle cose del Regno, rivolgeva tutte le sue cure per la conservazion sola del Ducato di Milano: e la morte della Regina Elisabetta accaduta a' 26 novembre di quest'istesso anno 1504, ancorchè turbasse non poco il riposo della Spagna, e sopra ogni altro affliggesse il Gran Capitano, dalla quale riconosceva ogni grandezza, nulladimanco quest'istesso cagionò, che nel Regno non vi accadesse mutazione alcuna.

Apparteneva a questa Regina (donna d'onestissimi costumi, ed in concetto grandissimo ne' Regni suoi di magnanimità e di prudenza) propriamente il Regno di Castiglia, parte molto maggiore e più potente della Spagna, pervenutale ereditaria per la morte d'Errigo suo fratello, ma non senza sangue e senza guerra; perchè se bene era stato creduto lungamente, ch'Errigo fosse per natura impotente alla generazione, e che per ciò non potesse essergli sua figliuola la Beltramigia, partorita dalla moglie, e nutrita molti anni da lui per figliuola e che per questa cagione Elisabetta, vivente Errigo, fosse stata riconosciuta per Principessa di Castiglia, titolo di chi è più prossimo alla successione; nondimeno levandosi in tempo della di lui morte, in favore della Beltramigia molti Signori della Castiglia, ed aiutandola con l'arme il Re di Portogallo suo congiunto, venute finalmente con le parti alla battaglia, fu approvata dal successo della giornata per più giusta la causa d'Elisabetta, conducendo l'esercito Ferdinando d'Aragona suo marito, nato ancora esso della Casa de' Re di Castiglia, e congiunto ad Elisabetta in terzo grado di consanguinità; ed il quale essendo poi socceduto per la morte di Giovanni suo padre nel Regno d'Aragona, s'intitolavano Re e Reina di Spagna, perch'essendo unito al Regno d'Aragona quello di Valenza ed il Contado di Catalogna, era sotto l'imperio loro tutta la provincia di Spagna, la quale si contiene tra i monti Pirenei, il mare Oceano e 'l mare Mediterraneo; e sotto il cui titolo, per essere stata occupata anticamente da molti Principi Mori, ciascun de' quali della parte occupata essendosi intitolato Re, viene per ciò a comprendere il titolo di molti Regni; eccettuato nondimeno il Regno di Granata (che allora posseduto da' Mori, fu da poi gloriosamente ridotto da loro sotto l'Imperio di Castiglia) ed il picciol Regno di Portogallo, e quello di Navarra molto minore, che avevano Re particolari.

Ma essendo il Regno d'Aragona con la Sicilia, la Sardegna e l'altre isole appartenenti a quello, proprio di Ferdinando, si reggeva da lui solo, non vi si mescolando il nome o l'autorità della Regina. Altrimenti si procedeva in Castiglia, perch'essendo quel Regno ereditario d'Elisabetta e dotale di Ferdinando, si amministrava col nome, con le dimostrazioni e con gli effetti comunemente, non eseguendosi cos'alcuna, se non deliberata o ordinata, e sottoscritta da amendue. Comune era il titolo di Re di Spagna: comunemente gli Ambasciadori si spedivano: comunemente gli eserciti s'ordinavano, le guerre comunemente s'amministravano, nè l'uno più che l'altro si arrogava della autorità e del governo di quel Reame.

Ora per la morte di Elisabetta senza figliuoli maschi, apparteneva la successione di Castiglia per le leggi di quel Regno (che attendendo più alla prossimità che al sesso, non escludono le femmine) a Giovanna figliuola comune di Ferdinando e di lei, moglie dell'Arciduca Filippo, perchè la figliuola maggiore di tutte ch'era stata congiunta ad Emanuello Re di Portogallo, ed un piccolo fanciullo nato di quella, erano molto prima passati all'altra vita; onde Ferdinando, non aspettando più a lui, finito il matrimonio l'amministrazione del Regno dotale, avea da ritornare al piccolo Regno suo d'Aragona: piccolo a comparazione del Regno di Castiglia per la strettezza del paese e dell'entrate, perchè i Re aragonesi non avendo assoluta l'autorità regia in tutte le cose, sono in molte sottoposti alle costituzioni ed alle consuetudini di quelle province, molto limitate contra la potestà de' Re. Ma Elisabetta quando fu vicina alla morte, nel testamento dispose che Ferdinando, mentre vivea, fosse Governadore di Castiglia: mossa, o perchè essendo sempre vivuta congiuntissima con lui, desiderava si conservasse nella pristina grandezza, o perchè, secondo diceva, conosceva essere più utile a suoi popoli il continuare sotto il governo prudente di Ferdinando, non meno che al genero ed alla figliuola; a' quali, poichè alla fine aveano similmente da succedere a Ferdinando, sarebbe beneficio non piccolo, che insino a tanto che Filippo nato e nutrito in Fiandra (ove le cose si governavano diversamente) pervenisse a più matura età ed a maggior cognizione delle leggi, delle consuetudini, delle nature e de' costumi di Spagna, fossero conservati loro sotto pacifico ed ordinato governo tutti i Regni, mantenendosi in questo mezzo come un corpo medesimo, la Castiglia e l'Aragona.

Rimosse adunque la morte di questa Regina tutte le difficoltà che prima aveano impedita la pace tra 'l Re di Francia e Ferdinando; ma partorì nuovi accidenti tra Ferdinando e Filippo suo genero. Rimosse il rispetto dell'onore del Re di Francia, e 'l timore di non alienare da se l'animo dell'Arciduca; perchè il Re di Francia, essendogli molestissima la troppa grandezza sua, era desideroso d'interrompergli i suoi disegni; ed il Re di Spagna, avendo notizia che l'Arciduca, disprezzando il testamento della suocera, aveva in animo di rimuoverlo dal Regno di Castiglia, era necessitato a fondarsi con nuove congiunzioni; però si contrasse matrimonio tra lui e Madama Germana di Fois, figliuola d'una sorella del Re di Francia, con condizione, che il Re gli desse in dote la parte che gli toccava del Reame di Napoli, obbligandosi il Re di Spagna a pagargli in diece anni 700 mila ducati per ristoro delle spese fatte, ed a dotare in 300 mila ducati la nuova moglie: col qual matrimonio essendo accompagnata la pace, fu quella conchiusa in Bles a' 13 del mese d'ottobre di quest'anno 1505 in cotal maniera.

Che i Baroni angioini e tutti quelli ch'avevano seguitata la parte franzese, fossero restituiti senza pagamento alcuno alla libertà, alla patria ed a' loro Stati, dignità e beni, nel grado medesimo che si trovavano essere nel dì, che tra Franzesi e Spagnuoli fu dato principio alla guerra, che si dichiarò essere stato il dì, che i Franzesi corsero alla Tribalda.

Che s'intendessero annullate tutte le confiscazioni fatte dal Re di Spagna e dal Re Federico.

Che fossero liberati il Principe di Rossano, il Marchese di Bitonto, Alfonso ed Onorato Sanseverini, Fabrizio Gesualdo e tutti gli altri Baroni ch'erano prigioni degli Spagnuoli nel Regno di Napoli.

Che il Re di Francia deponesse il titolo del Regno di Gerusalemme e di Napoli.

(Questo articolo dimostra, quanto fosse stravagante la nuova interpretazione, che il P. Arduino sognò sul motto PERDAM BABILONIS NOMEN, che il Re Ludovico XII fece imprimere nelle sue monete, per rintuzzare l'alterigia di Papa Giulio II, nelle quali, oltre il titolo di Re di Francia, si legge anche Regnique Neap. Rex, sul falso supposto, che post annum certe 1503 nunquam inscripsit se Ludovicus XII Regem Neapoleos, come sono le sue parole in Oper. select. pag. 905, e per conseguenza che non poteva intendere delle brighe avute con Giulio II, le quali non cominciarono, se non all'anno 1509. Lodovico anche dopo perduto il possesso di Napoli nel 1503, e dopo questa pace del 1505 (che il primo a violarla fu Ferdinando stesso) insino all'ultima pace fatta col medesimo Re pure a Blois nel primo di decembre dell'anno 1513 non abbandonò mai questo titolo, dopo quest'ultima pace che si legge nel Tom. 2 della Raccolta de' trattati stampata in Amsterdam sotto il titolo: Recueil des Traités de Paix, pag. 35, nella quale Lodovico tornò assolutamente a rinunciare il titolo e le ragioni sopra il Regno di Napoli. Non si legge che nel restante di sua vita avesse continuato di porlo fra gli altri suoi titoli. Leggasi sopra questa moneta la dissertazione, ultimamente impressa nel Tomo VII dell'ultima edizione di Londra dell'Istorie di Tuano con tanta accuratezza e magnificenza data fuori da Samuel Buckley. L'autor della quale è lo stesso, che lo Scrittore di questa istoria; e perciò si vede ora inscritta nel V Tomo di questa nuova edizione in idioma italiano, siccome l'Autore la distese tradotta poi in latino e mandata a Mr Buckley).

Che gli omaggi e le recognizioni de' Baroni si facessero respettivamente alle convenzioni sopraddette, e nell'istesso modo si cercasse l'investitura dal Pontefice.

Che morendo la Regina Germana in matrimonio senza figliuoli, la parte sua dotale s'intendesse acquistata a Ferdinando, ma sopravvivendo a lui ritornasse alla corona di Francia.

Che fosse obbligato il Re Ferdinando ad aiutare Gastone Conte di Fois fratello della nuova moglie, al conquisto del Regno di Navarra che pretendeva appartenersegli, posseduto con titolo regio da Catterina di Fois e da Giovanni figliuolo d'Albret suo marito.

Che il Re di Francia costringesse la moglie vedova del Re Federico ad andare con i due figliuoli che erano appresso a se in Ispagna, dove le sarebbe assegnato onesto modo di vivere; e non volendo andare la licenziasse dal Regno di Francia, non dando più nè a lei nè a figliuoli provvisione, o intrattenimento alcuno.

Che all'una parte ed all'altra fosse proibito di fare contra ciò, che i nominati da ciascuno di loro stabilissero: i quali nominarono amendue in Italia il Pontefice ed il Re di Francia nominò anche i Fiorentini.

Per ultimo, che in corroborazione della pace, tra i due Re s'intendesse essere perpetua confederazione a difesa degli Stati, essendo tenuti a soccorrersi vicendevolmente, il Re di Francia con mille lancie e con seimila fanti, e Ferdinando con trecento lancie, duemila giannettarj e seimila fanti.

Conchiusa in cotal maniera questa pace, della quale il Re d'Inghilterra promise per l'una parte e per l'altra l'osservanza, i Baroni angioini ch'erano in Francia, licenziatisi dal Re andarono quasi tutti con la Regina Germana in Ispagna: ed Isabella stata moglie di Federico, licenziata dal Regno dal Re di Francia, perchè ricusò di mettere i figliuoli in potestà del Re Cattolico, se n'andò a Ferrara.

Questa pace, che fu ratificata dal Re Cattolico in Segovia a' 16 ottobre del medesimo anno 1505 ancorchè avesse lasciata speranza, ch'estinte già le guerre nate per cagione del Regno di Napoli, la quiete d'Italia avesse a continuare; nondimeno apparivano dall'altra parte semi non piccioli di futuri incendj, perchè Filippo, che già s'intitolava Re di Castiglia non contento, che quel Regno fosse governato dal suocero, si preparava a passare contra la volontà sua in Ispagna. Veniva incitato a ciò da' più principali Signori di Castiglia, i quali stimavano con maggior licenza di poter godere della loro grandezza sotto un fioritissimo Re giovane, che sotto un austero, e com'essi dicevano, poco liberal vecchio Catalano. Pretendeva ancor Filippo, non essere in potestà della Regina morta prescrivere leggi al governo del Regno finita la sua vita; ed il Re de' Romani preso animo dalla grandezza del figliuolo, trattava di passare in Italia.

Ferdinando veduta la resoluzione di Filippo di passar in Ispagna, nè potendola impedire, pensò (simulando essergli grata) di promover trattati con lui del modo, come doveano convenirsi insieme a governar la Castiglia; e dall'altra parte Filippo, temendo pure che 'l suocero non gli facesse con gli aiuti del Re di Francia resistenza, governandosi con le medesime arti spagnuole accettò la mediazione, e mostrò che si sarebbe nella maggior parte delle cose rapportato al suo governo; onde fra di loro fu convenuto che avessero comune il titolo di Re di Spagna com'era stato comune tra lui e la Regina morta, e che l'entrate si dividessero in certo modo: il perchè Ferdinando, ancorchè non bene sicuro dell'osservanza, gli mandò in Fiandra per levarlo molte navi. Partì per tanto Filippo da Fiandra a' 10 gennajo del nuovo anno 1506, ed imbarcatosi con la moglie e con Ferdinando suo secondogenito prese con venti prosperi il cammino di Spagna, dove appena giunto concorsero a lui quasi tutti i Signori di Castiglia; e Ferdinando non potendo resistergli, rimanendo abbandonato quasi da tutti, nè avendo se non con molto tedio e difficoltà potuto vedere il genero, bisognò, disprezzato il primo accordo fatto tra loro, che accettasse le leggi e le condizioni, che con altro nuovo gli furon date.

Fu pertanto nuovamente convenuto, che Ferdinando cedendo all'amministrazione lasciatagli per testamento dalla moglie, ed a tutto quello che per ciò potesse pretendere, si partisse incontanente di Castiglia, promettendo di più non vi tornare.

Che Ferdinando avesse per proprio il Regno di Napoli: sopra di che vi fu grande altercazione: poichè se bene Ferdinando pretendesse sopra di ciò non potervi essere alcun dubbio, essendo quel Regno suo proprio, e come Re d'Aragona a lui dovuto, e poi acquistato e con le arme e colle forze d'Aragona; nulladimanco non mancò chi mettesse in considerazione, che più giustamente questo reame s'appartenesse a Filippo, per essere stato ultimamente acquistato con le armi e con la potenza del Regno di Castiglia, poichè le spedizioni furono fatte da Ferdinando ed Elisabetta comunemente, e come Re di Spagna, ed il titolo e le investiture fur comuni non meno all'uno che all'altro, e non particolari a Ferdinando come Re d'Aragona. Comunque si fosse, per facilitare la partita di Ferdinando non pur da Castiglia, ma anche da tutta la Spagna, gli fu accordato, che il Regno di Napoli l'avesse come proprio.

Che i proventi dell'isole dell'India rimanessero riservati a Ferdinando durante la sua vita.

Che i tre Maestralghi di S. Jacopo, Alcantara e Calatrava fossero parimente a lui riservati.

E che dall'entrate del Regno di Castiglia avesse ciascun anno venticinquemila ducati.

Firmata questa capitolazione, Ferdinando, che qui innanzi chiameremo o Re Cattolico o Re d'Aragona, se ne andò subito in Aragona, con intenzione d'andare quanto più prestamente potesse per mare a Napoli.

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