Degli Ufficiali, a' quali era commesso il governo delle nostre province.
Ciò che dunque ora noi appelliamo Regno di Napoli, o si riguardi la disposizione d'Adriano, o quella di Costantino, era diviso in quattro sole province: anzi la Campania non è ora tutta intera dentro a' suoi confini; ma parte di quella è rimasa fuori, ed occupa molto altro paese ch'ora è dello Stato della Chiesa romana. Queste Province erano: I. la Campagna: II. la Puglia, e la Calabria: III. la Lucania, ed i Bruzj: IV. il Sannio. Una Consolare: due Correttoriali: e l'altra Presidiale. Tutte del Vicariato della città di Roma, e perciò tutte Suburbicarie appellate.
Richiede per tanto l'ordine di quest'opera, che partitamente di ciascheduna di queste province si ragioni, de' Magistrati a' quali ne fu commesso il governo, delle leggi e de' loro ordinamenti; perchè si vegga qual forma di politia avessero ne' tempi di Costantino fin agli ultimi Imperadori d'Occidente.
§. I. Della Campagna, e suoi Consolari.
Quella regione, che al dir di Paolo Warnefrido, per gli ubertosi e piani campi, che intorno a Capua sono, Campania fu detta, ebbe già in varj tempi ora più ristretti, ora più spaziosi confini di quel, ch'oggi non sono. Si distese in alcun tempo dal territorio romano insino a Silaro fiume della Lucania; abbracciava Benevento, e dilatò per altra parte i suoi termini fino ad Equo Tutico oggi appellato Ariano. Fu perciò riputata una delle più celebri ed illustri province d'Italia, e per l'ampiezza e vastità de' suoi confini, e per le molte e preclare città, che l'adornavano, ma soprattutto per Capua, suo capo e metropoli, cotanto chiara, ed illustre; perciò al governo ed amministrazione di questa provincia non furon mandati Correttori, o Presidi, ma Consolari: Magistrato, come s'è detto, se bene inferior al P. P. ed al Vicario di Roma, sotto la cui disposizione reggevasi, era nondimeno ornato di più grandi prerogative di quelle dei Correttori, e de' Presidi. La loro sede era Capua: e fu tanta la stima ed il lor grado appresso gl'Imperadori, che sovente venivan loro indirizzate molte costituzioni, e mandati imperiali.
Costantino il Grande, dopo avere sconfitto e morto Massenzio (che fattosi acclamar in Roma Augusto, per sei anni con vera tirannide avea signoreggiata l'Italia) trionfando in Roma, e sottomettendosi volentieri al suo dominio l'Italia, e tutte l'altre province dell'Occidente, come prima avean fatto le Gallie, la Spagna, e la Brettagna, mentre nell'anno 313 risedeva in quella città, cominciò a ristorar l'Italia dei passati danni, ed a provvedere a' di lei bisogni. Promulgò quivi a tal fine molte utili e salutari costituzioni, che dirizzò al Popolo romano, e che ancor oggi abbiamo nel Codice di Teodosio; ed indi passato in Milano, per mezzo d'altri editti, che pubblicò in quella città, ristabilì, come potè il meglio, le cose d'Italia. Passossene da poi nella Gallia, e nella Pannonia; e quindi fatta la pace con Licinio, nuovamente in Italia si restituì, e nell'anno 315, in Aquileja fermatosi, passò poi in Roma, ed a Milano: e dopo altri viaggi ne' seguenti anni fatti nella Dacia, e nella Gallia, ritornò in Roma nel 319 ove per li seguenti quattro anni si trattenne, nè ad altro intese, se non per mezzo di varj editti a restituire quanto più fosse possibile nell'antica forma le cose di Roma, e d'Italia.
Ma passato da poi in Oriente, e vinto nell'anno 325, e spento Licinio, fattosi già Monarca di tutto l'Imperio, cominciò (secondo che contro la comun credenza prova Pagi a gettare i fondamenti della nuova Roma; ed ancorchè nel seguente anno 326 tornando in Italia, da Aquileja passasse a Milano, e quindi a Roma, partissi nondimeno da poi da questa città, nè mai più fecevi ritorno, ma nell'Oriente trasferì per sempre la sua sede, dove nell'anno 338 volendo ridurre a fine la gran mole di Costantinopoli, adoperovvi tutta la sua cura e tutto lo studio, consumandovi il resto della sua vita, contento di mirar da lontano le cose di queste nostre parti. Quindi nacque il principio d'ogni male in Occidente, che in progresso di tempo portò la ruina di Roma, e la dissoluzion dell'Imperio. Quindi le tante querele de' Romani: onde Porfirio nel Panegirico a Costantino dirizzato, scongiurandolo gli dice:
Et reparata jugans moesti divortia mundi
Orbes junge pares: det leges Roma volentes
Principe te in populos.
Per la qual cagione alcuni lo riputarono più tosto distruttore dell'antica Roma, che facitor della nuova: poichè avendo egli commesso il governo d'Italia ai suoi Ufficiali, cominciò a venir meno ogni buona disciplina: e stando egli lontano, questi abusando l'alta potestà a lor conceduta, si videro in breve declinar le forze ed il vigore di queste nostre province. Lasciò l'amministrazione al Prefetto P., a' Vicarj, e nell'ultimo luogo a' Consolari, a' Correttori, ed a' Presidi, a' quali immediatamente era commesso il governo di ciascuna provincia.
Ebbe l'Italia per Prefetto P. sotto questo Principe nell'anno 321, Menandro. Negli anni seguenti 334, 335 e 336, ebbe Felice, quegli, che da Preside, che fu di Corsica nell'anno 319 fu poi in quest'anni inalzato da Costantino a cotal sublime dignità. Questi per suo successore ebbe nello stesso anno 336 Gregorio, di cui sovente ragiona Ottato Milevitano nei suoi libri. De' Vicarj di Roma, che ressero sotto Costantino, non s'ha altra notizia, se non che d'un tal Gennaro, ovvero Gennarino , nell'anno 320.
Ma de' Consolari di questa nostra provincia di Campagna, è di mestiere che dal lungo obblio, ove fin'ora sono stati sepolti, qui se ne sottragga la memoria.
Il primo Consolare, del quale possa da noi aversi contezza, che sotto Costantino M. avesse immediatamente governata e retta la nostra Campagna, fu Barbario Pompejano. Tenne questi, siccome tutti gli altri Consolari di questa provincia, la sua residenza in Capua, la quale n'era capo e metropoli. A costui, che ne fece richiesta, dirizzò Costantino M. nell'anno 333, mentre risedeva nella Tracia e propriamente in Apri: luogo non molto distante da Costantinopoli, quella cotanto celebre e famosa costituzione, per la quale s'impone a' Magistrati, che debbiano inchiedere della verità delle preci ne' rescritti ottenuti dal Principe, in guisa che non possano eseguirgli, se l'esposto dalle parti non sia conforme al vero: della quale si compiacque tanto Giustiniano, che volle inserirla anche nel suo Codice. Ciò che poi vollero eziandio imitare i romani Pontefici, inserendola nelle loro decretali.
L'altro Consolare della nostra Campagna, che governò sotto questo stesso Principe, fu Mavorzio Lolliano, per la testimonianza che ce ne dà Giulio Firmico. A costui dedicò Firmico, sotto l'imperio di Costantino, i suoi libri astronomici, celebrando nella prefazione dell'opera gli alti meriti d'un tal sublime spirito, il quale dopo aver deposte l'insegne di Consolare di Campagna, fu da Costantino innalzato a' più eccelsi onori, dandogl'il governo di tutto l'Oriente e finalmente l'insegne d'ordinario Console; e morto Costantino, fu poi nell'anno 342, sotto Costante, rifatto Prefetto della città di Roma, e sotto Costanzio suo fratello fu anche Prefetto P. d'Italia. Di lui fassi eziandio memoria presso ad Ammiano Marcellino, appo il qual Autore ne' gesti dell'anno 356, si legge anche il di lui elogio.
Nè d'altri Consolari di questa provincia, del tempo di Costantino abbiam noi notizia, se non che in un marmo trovato nell'anno 1712, nel tenimento della terra di Atripalda, ov'era l'antica città d'Avellino, si legge la seguente iscrizione, nella quale fassi memoria di un tal Taziano, che fu Consolare della Campagna.
TATIANI
C. JULIO RUFINIANO
ABLAVIO TATIANO C. V. RUFI
NIANI ORATORIS FILIO FISCI PA
TRONO RATIONUM SUMMARUM
ADLECTO INTER CONSULARES JUDI
CIO DIVI CONSTANTINI LEGATO PRO
VINCIAE ASIAE CORRECTORI TUSCIAE
ET UMBRIAE CONSULARI AE
MILIAE ET LIGURIAE PONTIFICI
VESTAE MATRIS ET IN COLLE
GIO PONTIFICUM PROMA
GISTRO SACERDOTI HER
CULIS CONSULARI CAM
PANIAE HUIC ORDO SPLEN
DIDISSIMUS ET POPULUS
ABELLINATIUM OB INSIGNEM
ERGA SE BENIVOLENTIAM ET RELI
GIONEM ET INTEGRITATEM EJUS STATUAM
CONLOCANDAM CENSUIT.
Questa iscrizione maggiormente conferma ciò, che fu da noi dimostrato, che anche dopo Costantino Magno non fu presso noi affatto abolita l'antica religione pagana, leggendosi quivi, che questo Consolare era del Collegio de' Pontefici, e Sacerdote d'Ercole: dei quali pregi gli Avellinesi non vollero fraudarlo in una sì pubblica iscrizione, riponendogli fra gli altri suoi titoli, come furon quelli di Correttore della Toscana, di Consolare dell'Emilia, e della nostra Campagna. La Toscana fu pure provincia Correttoriale, e la sede de' Correttori era Fiorenza, siccom'è manifesto da più leggi del Codice Teodosiano: di che è da vedersi Giacomo Gotifredo; onde ben si legge nel marmo Correctori Tusciae.
Nè di Costantino si leggono nel Codice di Teodosio altre costituzioni dirizzate ad altri Consolari della nostra Campagna. Non mancan però in quello altri suoi editti indirizzati al Prefetto Pretorio d'Italia, o al Vicario di Roma, a' quali non solamente la cura delle diocesi a lor commesse generalmente s'incarica, ma particolarmente per questa provincia in più sue leggi altri particolari provvedimenti si danno.
Tolto intanto a' mortali nel mese di Maggio dell'anno 337 questo Principe, le cui alte e magnanime imprese gli portaron il soprannome di Grande, succedè all'Imperio d'Occidente Costante suo figliuolo, al quale nella divisione fatta cogli altri fratelli toccò l'Affrica, e l'Illirico, la Macedonia, la Grecia, e l'Italia, ed in conseguenza queste nostre province. Per tal cagione molte costituzioni si leggono di questo Principe nel Codice di Teodosio, che riguardan il governo di quelle, e particolarmente della Campagna; e se non sappiamo quali Consolari avesse questa provincia sotto Costante, si veggon però sue leggi, per le quali appare aversi presa di essa particolar cura e pensiero. Di questo Principe è quella legge registrata nel suddetto Codice sotto il titolo de Salgamo, letta ed accettata in Capua, metropoli di questa provincia, promulgata da Costante nell'anno 340 per reprimere l'insolenza de' soldati, che coll'occasione della guerra, che allora faceva in Italia con Costantino suo fratello (il quale in questo stess'anno presso Aquileja fu vinto e morto) inquietavano la Campagna, e per li fastidiosi lor tratti e licenza militare l'onore e le sostanze de' provinciali malmenavano; e forte argomento di credere, che Costante in quest'anno avesse per qualche tempo fatta dimora in Capua, ce ne dà Atanasio per quel che scrive nella sua Apologia a Costanzo.
Ma, morto in appresso Costante nell'anno 350, dieci anni dopo Costantino suo fratello, rimase solo Imperadore l'altro suo fratello Costanzo; onde queste nostre province coll'Italia caddero sotto il di lui Imperio. Regnando dunque Costanzo, furono Prefetti al P. d'Italia negli anni 352 e 353 Merilio Ilariano; a cui succedè Mavorzio Lolliano nell'istesso anno 353 quegli, che fu Consolare della nostra Campagna, e negli anni seguenti, Tauro; a' quali da Costanzo furono indirizzate molte sue costituzioni. Governò anche in questi medesimi tempi per Vicario di Roma Volusiano, al quale parimente Costanzo indirizzò alcune sue leggi. E quantunque sotto questo Principe sian ignoti i Consolari della Campagna, nè si sappiano i loro nomi, in modo che non si leggono editti indirizzati a coloro da Costanzo, vi sono però molte di lui costituzioni dirette a' P. P. d'Italia per le quali si prende cura di questa provincia. In fatti nell'anno 355 dirizzò una sua costituzione a Mavorzio Lolliano allora P. P. d'Italia, la quale perchè toccava i bisogni di questa provincia fu letta e pubblicata in Capua, come porta la sua soscrizione. E questo Principe fu colui, che per torre le contese giurisdizionali, che sovente sorgevano fra i Prefetti P. d'Italia, ed i Prefetti di Roma, intorno all'appellazioni, separò le province; e mentre egli risedeva a Sirmio, città assai illustre della Pannonia, dirizzò nell'anno 357 a Tauro P. P. d'Italia quella celebre costituzione ove stabilì, che tutte l'appellazioni, che dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla nostra Campagna, dalla Puglia e Calabria, dalla Lucania e Bruzj, Piceno, Emilia, Venezia, e dall'altre province d'Italia, si riportavan in Roma, non già dal Prefetto di Roma, ma da quello d'Italia, si dovessero conoscere e giudicare.
Resse Costanzo l'Imperio undici anni, avendo finito suoi giorni nell'anno 361, e gli succedè Giuliano, al quale perciò ricaddero queste nostre province. Fu sotto lui Prefetto Pretorio d'Italia Mamertino, e Vicario di Roma Imerio; a costoro Giuliano, e particolarmente al primo, dirizzò molte leggi. Quali fossero stati i Consolari della Campagna ne' tempi di Giuliano, Simmaco chiaramente ce l'addita nel libro decimo delle sue epistole. Quivi volendo dimostrar la congiunzione, che in questi tempi era fra i Pozzolani e' Terracinesi, poichè stendendosi allora i confini della Campagna infino a Terracina, erano gli uni, e gli altri sotto un sol Moderatore, ch'era il Consolare, dice Simmaco che Lupo, essendo sotto Giuliano Consolare della Campania, ben s'avvide e considerò l'angustie, nelle quali vivevano i Terracinesi. Di questo Lupo Consolare della Campania ancor oggi in Capua se ne serban le memorie in una iscrizione di marmo attaccata alla chiesa de' Frati del Carmelo, dove si leggono, benchè alquanto tronche, queste parole:
. . RIUS LUPUS
. . . . V. C
. . ONS. CAMP
. . URAVIT
Da quest'istessa epistola di Simmaco si raccoglie eziandio, che a Lupo in quella carica fosse succeduto Campano. In Napoli, come città al Consolare di Campagna pur sottoposta, serbasi ancora la memoria d'un altro Consolare chiamato Postumio Lampadio: il marmo si vede oggi prostrato in terra avanti la chiesa della Rotonda, dove si legge
POSTUMIUS
LAMPADIUS
V. C. CONS. CAMP
CURAVIT
Ma nel Codice di Teodosio non vi è alcun vestigio, che da Giuliano, o dal suo successore, fosse stato a costoro indirizzato editto, o mandato alcuno imperiale.
Morto Giuliano nella guerra de' Persi nell'anno 373, ed indi a poco anco Gioviano, non durando più l'Imperio di questo religiosissimo Principe, che otto mesi, se vogliamo prestar fede a Zosimo e Sozomeno, ovvero dieci, secondo Filostorgio, fu assunto all'Imperio Valentiniano, il quale creò Augusto Valente suo fratello, e fra di loro fu in cotal guisa diviso l'Imperio.
Valentiniano serbossi l'intero Occidente, cioè tutto l'Illirico colla Macedonia, l'Affrica, le Gallie, le Spagne, la Brettagna, e l'Italia. Ed a Valente si lasciò tutto l'Oriente.
Valentiniano adunque, a cui l'Italia fu sottoposta, dopo avere scorse l'altre regioni del suo Imperio, e date a quelle i provvedimenti opportuni, venne in Italia, e prima in Aquileja, ove in due soli mesi, settembre ed ottobre di quest'anno 364, dieci costituzioni pubblicò, ed allo stato d'Italia ed al governo della medesima attese, e varj editti e per la Campagna diretti al Consolare, e per la Lucania e Bruzj e Toscana a' Correttori, ed a Mamertino allora Prefetto d'Italia, furon da questo savissimo Principe promulgati.
Governarono nel suo Imperio come Prefetti Pretorj d'Italia Mamertino cotanto rinomato nell'opere d'Ammiano Marcellino, Rufino, Probo, ed ultimamente Massimino. Vicarj di Roma furono nell'anno 364 Severo, nell'anno 367 Magno, nell'anno 372. Probo, e nell'anno 373 Simplicio . Si leggono ancora più Consolari della nostra Campagna, a' quali varie leggi furono dirizzate.
Era in quest'anno 364 Consolare della Campagna Buleforo, al quale, risedendo Valentiniano in Altino città di Venezia, furono dirizzate due costituzioni, che si leggono nel Codice di Teodosio, una sotto il titolo, Quibus equorum usus, l'altra sotto il titolo, usus interd, per le quali, affinchè da questa provincia s'estirpassero i ladronecci e molt'altri disordini, fu proibita severamente l'asportazione de' cavalli e dell'armi, comandando, che niuno senza sua licenza potesse quelle movere. A quest'istesso Buleforo, mentr'era Consolare della Campagna, dirizzò nell'anno seguente 365 quell'altra costituzione, che si legge sotto il titolo de Cursu publico, risedendo egli in Milano. Diede ancora questo Principe opportuni provvedimenti, perchè fossero esterminati i ladroni, che allora grandemente infestavano la Campagna, proccurando che fosse restituita la pace e tranquillità a questa provincia. Sue parimente furono la l. 1. de Pascuis, ed alcune altre costituzioni, per le quali alla quiete d'Italia, e precisamente di queste regioni, ch'oggi forman il Regno, con somma applicazione e studio intese. Egli ancora in quest'istess'anno 365 mentre era in Verona, provvide a' bisogni del comune d'Avellino, città posta dentro a' confini di questa provincia, comandando con sua particolar costituzione, ch'ancor leggiamo nel Codice di Teodosio, che s'abolisse tutto ciò, che dall'ordinario Giudice erasi fatto in pregiudicio di quel comune, contra l'antica lor consuetudine.
Succedè a Buleforo in quest'anno 365 per Consolare Felice, a cui parimente in quest'anno, risedendo Valentiniano in Milano, indirizzò quella costituzione, che si legge nel C. Teod. sotto il tit. ad S. C. Claudianum, della quale fece anche menzione l'Autore di quell'antica consultazione inserita da Cujacio tra le sue nel cap. 10. E se bene quell'Autore in vece di Campaniae legga Macedoniae: nondimeno, siccome notò il diligentissimo Gotifredo, si convince d'errore per la soscrizione che porta, donde è chiaro essere stata soscritta da Valentiniano Imperadore d'Occidente, mentr'era in Milano, e per conseguenza dover quella appartenere all'Occidente, non già all'Oriente, nel quale è posta la Macedonia.
A Felice sotto Valentiniano stesso succedè nella carica di Consolare della Campagna Anfilochio. A costui nell'anno 370, stando Valentiniano in Treveri, fu indirizzata quella legge, che sotto il tit. de Decurionibus ancor si vede nel Codice di Teodosio.
Resse Valentiniano l'Occidente, e con tanta prudenza l'Italia, e queste nostre province, che niente era da desiderare: ristabilì l'Accademia di Roma, e molto riparò la giurisprudenza già inchinata, e quasi affatto caduta dal suo antico lustro e splendore: represse per varj editti la rapacità e venalità de' Giudici. Principe religiosissimo, al quale dopo Costantino Magno molto dee la cristiana religione, e maggiori utilità certamente n'avrebbe l'Italia ritratte, se dopo soli dodici anni d'Imperio non fosse stato tolto dal Mondo.
Morì Valentiniano nell'anno 364, e fu dopo sei giorni nella Pannonia fatto Imperadore il figliuol Valentiniano, il quale con Graziano suo fratello in questa guisa si divise l'Imperio d'Occidente (poichè l'Oriente era retto da Valente lor zio): a Graziano toccarono le Gallie, le Spagne e la Brettagna: a Valentiniano l'Illirico, l'Affrica e l'Italia .
Sotto Valentiniano II. e Graziano furono Prefetti Pretorj d'Italia, Massimino, Antonio, Esperio, Probo, Siagrio, Ipazio, Flaviano, Principio, Eusignio, e Pretestato. Sotto Valentiniano solo, Trifolio, Polemio, Taziano, Apodemio, Destro, ed Eusebio. I Vicarj di Roma furono, Potito, Antidio, Ellenio, ed Orienzio .
Ma quali fossero sotto questo Imperadore i Consolari della Campagna non se ne trova alcun vestigio. Non mancan però di Valentiniano II. moltissime costituzioni, come quegli, che resse l'Imperio diciotto anni, colle quali al governo ed amministrazione di queste province, e dell'Italia generalmente provvide. Quella legge, che sotto il tit. de Extraord. leggiamo nel Cod. Teod. è di questo Principe, che l'anno 382 dirizzò a Siagrio Prefetto Pretorio d'Italia, per la quale si prende cura della Campania, Puglia e Calabria, Lucania e Bruzj; in questi tempi molto turbate ed afflitte.
Morì Valentiniano II. presso a Vienna l'anno 392 dopo aver regnato diciotto anni; e tennero dopo lui l'Imperio Teodosio M. ed Arcadio, ed Onorio suoi figliuoli. Ad Onorio toccò l'Occidente, onde l'Italia, e queste nostre province a lui si sottoposero. E morto Teodosio nell'anno 395 pur Onorio ritenne l'Occidente, avendo Arcadio suo maggior fratello regnato in Oriente. Molti furono i Prefetti Pretorj d'Italia sotto Onorio, come colui, che lungamente visse, tenendo l'Imperio d'Occidente trentun'anno: e quelli furono Messala, Teodoro, Adriano, Longiniano, Senatore, Curzio, Teodoro II, Ceciliano, Giovio, Giovanni, Faustino, Palladio, Melizio, Liberio, Felice, Faustino, Giovanni, Selevio, Adriano, Palladio, Giovanni, e Proculo. I Vicarj di Roma, che ressero in tempo d'Onorio, furon Varo, e Benigno . E de' Consolari della Campagna, pur sotto di lui si legge Gracco. A costui, mentre risedeva Onorio in Milano dirizzò nell'anno 396 quella costituzione, che leggiamo nel Codice di Teodosio sotto il tit. de Collegiatis . A questa provincia ancor provvide Onorio, concedendole qualche indulgenza nel pagare i tributi, com'è manifesto da quella sua Costituzione, che dirizzò a Destro Prefetto Pretorio d'Italia. E molte altre sue leggi abbiamo, per le quali governò queste nostre province, nel medesimo tempo, che in Oriente imperava Teodosio il Giovane figliuolo d'Arcadio.
Morto finalmente Onorio in Ravenna l'anno 423, ancorchè Teodosio il Giovane per un anno reggesse solo l'uno e l'altro Imperio, nulladimeno nell'anno seguente 424 creò in Occidente per Augusto Valentiniano III. al quale coll'Italia furono sottoposte queste nostre province. Furon sotto di lui Prefetti Pretorj d'Italia Volusiano, e Teodosio. E quantunque non si leggano di questo Valentiniano costituzioni dirizzate a' Consolari della Campagna, fu non però egli un Principe, a cui molto dee non solamente l'Italia, e queste nostre province per la particolar cura e provvido governo, che ne prese, ma anche la nostra giurisprudenza, che già vacillante fu da lui ristabilita in Occidente, nell'istesso tempo, che Teodosio suo collega avea posto tutto il suo studio a ripararla in Oriente; di che a più opportuno luogo ci toccherà distesamente ragionare.
Questi dunque sono stati gli Ufficiali per li quali da' tempi di Costantino M. infino a quest'ultimi di Valentiniano III. fu amministrata e retta la nostra Campagna. Per questa cagione osserviamo noi alcuni marmi d'antichi edifici, che nelle città di questa provincia, per opera de' Consolari della Campagna, dirizzavano i Campani, i Napoletani, i Beneventani, ed altri, che possono vedersi in quella laboriosa opera di Grutero dell'iscrizioni dell'orbe antico romano; ed in Capua, ed in Napoli ancor oggi, come s'è veduto, si serba di lor memoria. Capua fu la lor sede, siccome quella, che in questi tempi era capo e metropoli della Campagna, come la chiamò anche Atanasio, il quale favellando nell'Epistola ad Solitarios del Concilio di Sardica, e de' Legati da lui spediti, fra i quali Vincenzo Vescovo di Capua, acciocchè l'Imperador Costanzo facesse ritornare alle loro sedi que' Vescovi, che avea discacciati, dice; Missis a Sancto Concilio in legationem Episcopis Vincentio Capuae, quae Metropolis est Campaniae etc. E per questa cagione ancora s'osservano molte costituzioni del Codice di Teodosio lette, ed accettate in Capua, perchè il Consolare, che faceva sua residenza in questa città, doveva pubblicarle ed aver cura, che si spargessero per l'altre città di questa provincia, acciocchè fossero note a tutti i provinciali.
§. II. Della Puglia e Calabria, e suoi Correttori.
Alla Campagna siegue la Puglia accompagnata con la Calabria, nella quale è la regione Salentina, che unite insieme, secondo il libro della Notizia dell'uno, e dell'altro Imperio, formavano la nona provincia d'Italia, e secondo il novero di Paolo Diacono, la decima quinta. Si distendeva quest'ampia provincia da Oriente fino al mar Adriatico, ch'ebbe per confine, e verso Occidente e Mezzo dì; i suoi termini furono il Sannio, i Bruzj e la Lucania. Le sue più celebri ed abbondanti città furono Lucera, Siponto, Canosa, Acerenza, Venosa, Brindisi, e Taranto, e nel sinistro corno d'Italia, che si distende per cinquanta miglia, ebbe Otranto, città assai comoda ed adatta a qualunque traffico, e che suo emporio meritamente potè nomarsi.
I Pugliesi adunque ed i Calabresi eran governati e retti da un solo Moderatore. L'ampiezza ed estensione di questa provincia meritò, che non fosse Presidiale, ma Correttoriale; cioè, che l'amministrazione di essa si commettesse a' Correttori, non a' Presidi, Ufficiali a coloro inferiori. Ma quali fossero stati i Correttori di questa provincia, ed ove avessero fermata la lor sede, niente può affermarsi di certo. Nel Codice di Teodosio non si legge alcun imperial editto, che a questi Correttori fosse stato indirizzato: in Venosa solamente città della Puglia, fra gli antichi monumenti, che serba, si legge un'iscrizione, nella quale d'un tal Emilio Restituziano, Correttore della Puglia e della Calabria, fassi memoria con queste parole:
LUCULLANORUM. PROLE. ROMANA
AEMILIUS. RESTITUTIANUS
V. C. CORRECTOR. APULIAE. ET. CALABRIAE
IN HONOREM
SPLENDIDAE. CIVITATIS. VENUSINORUM
CONSECRAVIT
Simmaco fa anche menzione de'Correttori della Puglia, i quali impropriamente chiamò anche Rettori. Soleasi ancora in luogo di Correttore mandarsi talora alle province Magistrato d'ugual potere, che appellavasi Juridicus. E di questo nella nostra Puglia ne serbano ancora la memoria due iscrizioni rapportate da Gutero; in una si legge:
HERCULI. CONSERVATORI
PRO SALUTE. L. RAGONI
JURIDIC. PER. APULIAM
PRAEF. J. D.
in un'altra ch'è in Roma:
C. SALIO. ARISTAENETO. C. V.
JURIDICO. PER. PICENUM. ET
APULIAM
S'incontrano ancora bene spesso nel Teodosiano Codice molte leggi, per le quali a' bisogni di questa provincia si diede particolar provvedimento. Era quella posta (oltre del Correttore, dal quale immediatamente veniva governata) sotto la disposizione del Prefetto P. d'Italia, al quale, per via d'appellazione, potevasi aver ricorso; e se mancano costituzioni dirette a' Correttori, non mancan però di quelle, che al Prefetto P. d'Italia per lo governo della medesima si mandavano. Sotto l'Imperio di Valentiniano il Vecchio fu travagliata ed infestata da' ladroni; in guisa che a quel prudentissimo Principe fu uopo con severe leggi darvi riparo e proccurarne sollecitamente lo sterminio, indirizzando a tal fine quella sua costituzione a Rufino allora P. P. d'Italia in luogo di Mamertino, a cui apparteneva ancora tener cura di questa provincia, come dell'altre d'Italia, per la quale costituzione a' mali sì gravi di questa provincia fu dato opportuno rimedio.
Osservasi parimente in questo Codice un'altra legge dello stesso Valentiniano data in Lucera nell'anno 365 che porta questa soscrizione: VIII. Kal. Octobris. Dat. Luceriae ad Rufinum (in locum Mamertini) PF. P. Italiae. Giacomo Gotofredo suspica, che questa Lucera non fosse quella di Puglia, ma l'altra che nella Gallia Circumpadana, fra Milano, Verona, ed Aquileja è posta, oggi detta Luzara: ma dall'argomento di quella legge, e da quanto in essa si contiene intorno a' pascoli, per più veementi conghietture dobbiamo creder'esser questa di Puglia, siccome quella che tiene i più ubertosi e piani campi, che altra regione non ebbe giammai, per la pastura degli armenti e delle gregge assai celebri e considerabilissimi presso a' Romani, ed appo tutti i Scrittori delle cose rusticane e pastorali, e che anche tengono il vanto presso di tutte le regioni d'Europa. Ma ciò che sia di questo, egli è certissimo, che non minore dell'altre, fu la cura di questa provincia appo gli altri Imperadori occidentali, a' quali il governo dell'Italia s'apparteneva.
Era la Puglia e la Calabria ne' tempi d'Onorio molto infestata da' Giudei, i quali licenziosamente vivendo, di non poca confusione eran cagione, e non piccol detrimento da essi si recava alla religione cristiana: ritrovavasi in questo medesimo tempo Prefetto P. d'Italia Teodoro, uomo religiosissimo, appo il quale pari era l'abbominazione a questa nazione, che l'amore ardentissimo verso la religione cristiana; tanto che meritò quella stima, che della di lui persona ebbe S. Agostino, dedicandogli quel suo libro intitolato de vita beata, com'egli stesso testifica. Per dare a tanti mali qualche compenso proccurò Teodoro, che si reprimesse in questa provincia tanta insolenza e licenziosa vita de' Giudei; onde nell'anno 398 ottenne da Onorio quella cotanto laudevole, e non mai a bastanza celebrata costituzione, colla quale fu repressa la lor insolenza ed a ben dure condizioni gli sottopose.
Da Onorio eziandio fu a questa provincia nell'anno 413 conceduta l'immunità e qualche indulgenza de' tributi, come si legge in una sua costituzione, di cui a più opportuno luogo ragioneremo: e non mancan ancora altre costituzioni riguardanti il governo e retta amministrazione che gli altri Principi presero di sì vasta e considerabile provincia, a' Prefetti d'Italia indirizzate, delle quali secondo l'opportunità farem parola.
§. III. Della Lucania e Bruzj, e suoi Correttori.
La Lucania stese i suoi ampj confini molto più, che oggi non si mirano: incominciando dal fiume Silaro abbracciava non pur quel ch'ora appellasi Basilicata, ma dall'altra parte si dilungava infin a Salerno, anzi questa stessa città era dentro a' suoi confini, poichè i Correttori della Lucania anche quivi solevano risedere. A lei in quanto all'amministrazione furon congiunti i Bruzj, che s'estendevano oltre a Reggio fino allo stretto siciliano nell'ultima punta d'Italia.
Erano i Lucani, e' Bruzj sotto un solo Moderatore. Il Correttore, che dagl'Imperadori si mandava al governo di queste regioni, reggeva con piena autorità amendue queste province. La sua dignità ancorchè non tanta quanto quella de' Consolari, era di gran lunga superiore al grado de' Presidi, e solamente eran dipendenti e sottoposti a' Prefetti d'Italia, ed a' Vicarj di Roma, a' quali potea aversi ritorso.
La loro sede era collocata nella città di Reggio, capo e metropoli di questa provincia, avvegnachè talora solessero i Correttori trasferirla anche in Salerno nella Lucania, secondo richiedeva il bisogno de' pubblici affari. Quindi è, che in queste due città ancor oggi si veggano gli avanzi d'alcuni marmi, che a' Correttori erano stati dirizzati: in Reggio nella chiesa della Cattolica si legge, ancorchè dal tempo in qualche parte rosa, questa iscrizione.
CORRECTORI. LUCANIAE
ET. BRITTIORUM. INTE
GRITATIS. CONSTANTIAE
MODERATIONIS. ANTI-
STI. ORDO. POPULUSQUE
RHEGINUS
E nella città di Salerno in un arco, che prima era, ove oggi è il sedile di Portaretese, vi s'osservavano alcune statue di marmo sopra le loro basi, in una delle quali si leggevano queste parole.
ANNIO. VITTORINO, V. C
CORRECTORI. LUCANIAE
ET. BRUTIORUM. OB
INSIGNEM. BENEVOLEN
TIAM. EJUS. ORDO. POPU-
LUSQUE. SALERNITANUS
Solevano gl'Imperadori eziandio a questi Correttori indirizzare le loro costituzioni, che per utilità delle province, e per dar compenso a' disordini, che ivi nascevano, sovente eran costretti di promulgare; e può pregiarsi questa provincia sopra l'altre, che le prime leggi, che Costantino M. dopo sconfitto Massenzio promulgasse per Italia, fossero quelle, che a' Correttori della Lucania, e de' Bruzj si mandarono: tanto che a noi è più antica la memoria de' Correttori di questa provincia, che de' Consolari della Campagna.
Il primo, che ne' primi anni dell'Imperio d'Italia di Costantino reggesse questa provincia, fu Claudio Plotiano, al quale fin dall'anno 313 poco dopo la sconfitta di Massenzio dirizzò Costantino, stando in Treveri, quelle due costituzioni, che si leggono nel Codice di Teodosio, per le quali diede nuova forma e modo alle consulte, che solevan i Giudici dubbiosi fare all'Imperadore nelle cause de' privati.
Succedè a Claudio nell'anno 316 Mechilio Ilariano, a cui da Costantino in quest'istesso anno fu mandata quella legge, che nel Codice di Teodosio vedesi sotto il tit. de Decur., e che dal nostro Giustiniano portando l'istessa iscrizione d'Ilariano Correttore della Lucania e de' Bruzj, fu inserita nel suo Codice sotto il medesimo titolo. Ed a quest'istesso Correttore s'indirizzò l'altra costituzione di Costantino, che si legge sotto il tit. ad l. Corn. de Falso nel Teodosiano.
Ad Ilariano succedè nel 319 alla dignità di Correttore di Lucania, Ottaviano, al quale, risedendo egli in Reggio, dirizzò Costantino M. la l. 1. de Filiis Milit. apparit. che fu letta ed accettata in Reggio, poichè quivi era la sede de' Correttori.
Ma niun'altra memoria è sì chiara ed illustre, che faccia vedere in quanta stima ed eminenza fossero i Correttori della Lucania, quanto quella famosa e celebre costituzione di Costantino, che si legge nel Codice di Teodosio sotto il tit. de Episcopis, che a questo Ottaviano Correttore nella Lucania in quest'anno 319, dirizzò; per la quale rendè i Cherici immuni da' pesi civili, affinchè non si distogliessero dagli ossequj delle cose sacre e divine. Costantino una consimile legge dettata coll'istesse parole, aveva dirizzata sette anni prima ad Anulino Proconsole dell'Affrica; e come accuratamente notò Gotofredo, quella costituzione era simile, non però la stessa, che poi mandossi ad Ottaviano: quella fu proferita molti anni prima, cioè nell'anno 315 ovvero nel fine dell'anno 312; questa nell'anno 319; quella fu indirizzata ad altro Magistrato, cioè ad Anulino: questa ad Ottaviano; quella apparteneva ad altra parte del suo Imperio, cioè all'Affrica, della quale allora Anulino era Proconsole; questa alla Lucania, ed a' Bruzj, della quale Ottaviano era Correttore. Fu tal rinomata costituzione pretermessa da Giustiniano nel suo Codice, perchè in esso molte consimili lessi s'inserirono: ma ben dal Cardinal Baronio vien riferita, e nell'istesso anno 319 fu puntualmente notata.
Quali fossero i Correttori di Lucania sotto l'Imperio di Costante, di Costanzo, e di Giuliano, non vi è di loro memoria alcuna; non potendo noi mostrare alcun editto, che da questi Principi fosse stato a costoro indirizzato: ma non mancan però loro costituzioni spedite a' Prefetti d'Italia, le quali mostrano quanta cura e sollecitudine avessero delle cose d'Italia, e di questa provincia in particolare.
Ma de' Correttori della Lucania, che sotto Valentiniano ebbero il governo e l'amministrazione di questa provincia, ben possiamo dal lungo e profondo obblio trar fuori i loro nomi. Artemio fu il primo, quegli, di cui sovente s'incontrano memorie nell'istoria d'Ammiano Marcellino: a costui, risedendo Valentiniano in Aquileja, indirizzossi nel 364 quella costituzione che sotto il tit. de privil. Apparit. Magistr. leggiamo. E dall'iscrizione di questa legge si vede, che quest'Artemio trasferisse sovente la sua residenza in Salerno, poichè in Salerno fu quella letta ed accettata. A quest'Artemio stesso furono da Valentiniano, permanendo ancora in Aquileja, indirizzate in questo medesimo anno la l. 6. de privileg. eor. qui in sacr. palat., e la l. 21. de Cursu publico.
Ma da niun'altra apparirà meglio la dignità e la stima appo gl'Imperadori, de' Correttori della Lucania, e di questo Artemio, quanto da quella costituzione non abbastanza celebrata di Valentiniano I. che sotto il tit. de officio Rectoris Provinciae si vede. Fu quella, quando ancora questo Principe risedeva in Aquileja, nell'anno 364 indirizzata ad Artemio. I più ragguardevoli e chiari titoli, che dalla generosità e magnanimità d'alcun Principe possono sperarsi, eran profusamente a questo Correttor della Lucania conceduti: Carissime nobis: Gravitas tua: Sublimitas tua, ed altri consimili, eran i più frequentati. A costui indirizzò quella costituzione, nella quale inculcava ai Giudici l'integrità e la diligenza nella spedizione delle liti: che dovessero conoscere e deliberar nelle cause, o si trattasse della vita, o delle sostanze degli uomini, pubblicamente e nel cospetto e sotto gli occhi di tutti, non privatamente e ne' secreti delle case, ove davasi luogo a' negoziati ed a' traffichi: che le sentenze una volta proferite, dovessero pubblicarsi e leggersi al cospetto di tutti, perchè sotto gli occhi d'ogn'uno si ponesse ciò che i Giudici faceano, e se secondo le leggi e l'ordine della verità avesser giudicato, ovvero perversamente e per gratificare l'una delle parti; ond'è che ne' Tribunali di questo Regno fu sempre, ed ancor oggi dura lo stile di leggersi e pubblicarsi le sentenze, ancorchè ridotto ora a pura cerimonia e formalità. Proibì a cotali Giudici i pubblici spettacoli ed i giocosi trattenimenti, acciocchè non si allontanassero e trascurassero la cura dalla pubblica e privata utilità, e si sottraessero perciò dagli atti serj e gravi.
Sotto Valentiniano I. ancora resse la Lucania e' Bruzj Simmaco, che succedè ad Artemio nel seguente anno 365. Quella costituzione che sotto il tit. de Cursu publico, si legge nel C. Teod. fu, mentre questo Principe era in Milano, mandata a Simmaco allora Correttore di questa provincia. Nè d'altri Correttori della Lucania più innanzi trovasi vestigio in quel Codice, e non pur sotto questo, ma nè anche ne' tempi degli altri Imperadori, che seguirono: poichè, se bene sotto il tit. de contr. empt. si legga una costituzione di Teodosio M. che porta anche il nome di Valentiniano II. accettata e pubblicata in Reggio nell'anno 384, ed un'altra pur accettata in Reggio sotto il tit. de operib. publicis, non dee però intendersi di Reggio città posta ne' Bruzj, ma, come nota il diligentissimo Gotofredo, d'un altro Reggio posto nell'Oriente dodici miglia lontano da Costantinopoli. Il che si rende manifesto, non solamente perchè all'Imperio di Teodosio M. non fu assegnata l'Italia, ma quella, essendo toccata coll'Occidente a Valentiniano II. veniva da costui retta ed amministrata; ma ancora perchè quelle leggi da Teodosio furono indirizzate, la prima a Cinegio, l'altra a Cesario amendue Prefetti P. dell'Oriente, di cui Teodosio fu Imperadore. Ed in questo luogo non dee tralasciarsi di notare il costume degl'Imperadori di questi tempi, i quali, ancorchè diviso fra loro l'orbe romano, ciascuno reggesse la sua parte, nè dell'altra s'impacciasse, con tutto ciò le leggi, che da essi ne' loro dominj si promulgavano, portavan il nome di tutti que' Imperadori, che allora reggevano l'Imperio, avvegnachè da uno solamente fosse stata ordinata: siccome ne' pubblici monumenti s'osserva, che quantunque l'opera ad un solo fosse stata eretta, porta nondimeno il nome di tutti gl'Imperadori regnanti. L'ignoranza del qual costume fu cagione a molti Scrittori di gravissimi errori, e che le leggi d'un Principe riferissero ad un altro; di che secondo l'opportunità se ne vedranno gli esempj.
Occorrono ancora nello stesso Codice di Teodosio molte altre costituzioni de' Principi, le quali (se bene non dirette a' Correttori di questa provincia, ma o a' Prefetti d'Italia, ovvero ad altri Magistrati) mostrano de' Lucani, e de' Bruzj aver somma cura e providenza tenuta. Dovevano questi Popoli, come tutti gli altri di queste province, portare il vino in Roma per provvedere all'annona di quella città: ma come che da questa eran alquanto lontani, fu loro conceduto, che potessero soddisfare in danaro ciò ch'essi eran tenuti in vino.
Onorio concedè loro anche l'immunità de' tributi e gabelle, come si vede da quella sua costituzione, che sotto il tit. de indulg. debit. leggesi nel Codice di Teodosio. E fin qui sia detto abbastanza della Lucania e de' Bruzj, e suoi Correttori.
§. IV. Del Sannio, e suoi Presidi.
Tiene l'ultimo luogo il Sannio, provincia ancorchè assai nota ed illustre presso agli antichi Romani per la ferocia e valore de' suoi Popoli, e per la felicità delle lor armi, che spesso ebbero il vanto d'abbatter quelle de' Romani stessi, non fu però decorata ne' tempi più bassi d'altri Magistrati, che de' Presidi, inferiori in dignità a tutti gli altri Moderatori di province. Sortì per tanto la condizione di provincia Presidiale, e perchè rade volte solevan gli Imperadori indirizzar le loro costituzioni a' Presidi, perciò di essi, e de' loro nomi è a noi affatto incerta ed oscura la memoria. Varj furono i suoi confini, secondo il variar de' tempi. Paolo Diacono la ripone fra la Campagna, il mare Adriatico, e la Puglia; e fuvvi tempo, nel quale abbracciava molto più di ciò ch'ora comprendon l'Abbruzzi, il Contado di Molise, e la Valle Beneventana. Le sue più rinomate città furon Isernia, Sepino, Theate, oggi Chieti, Venafro, Telesia, Bojano, Afidena, e Sannio, che diede il nome all'intera provincia.
Era questa provincia, oltre del Preside, da cui immediatamente reggevasi, sotto la disposizione e governo del Prefetto P. d'Italia, e del Vicario di Roma. Nè fu trascurata da Valentiniano il Vecchio, il quale, essendo pervenuto a sua notizia, che veniva infestata da' ladroni, pensò tosto al riparo, mandando per quest'effetto al Prefetto suddetto d'Italia quella costituzione, che oggi ancor si legge nel C. Teodosiano.
Non fu eziandio trascurata da Onorio, il quale nell'anno 413 concedè a questa provincia non mediocremente aggravata, alcun rilascio di tributi, come dalla costituzione di quest'Imperadore che dirizzata al Prefetto suddetto d'Italia leggiamo nel Codice di Teodosio. Nè mancan altre leggi, per le quali diedesi dagli altri Imperadori providenza a gli affari di questa provincia, dirette a' Prefetti d'Italia, a' quali era sottoposta.