Il principio del quarto secolo dell'umana redenzione, ed il decorso de' seguenti anni, vien a recare nel romano Imperio sì strane revoluzioni, che mostruosamente deformato nel suo capo e nelle membra, prendendo altri aspetti e nuove forme, più non si riconosce per quello che già fu. Ecco, che mancato ogni generoso costume, i Romani dati in preda agli agi ed alle morbidezze, da forti e magnanimi, renduti effeminati e deboli: da gravi, severi ed incorrotti, pieni d'ambizione e di dissolutezza. Vedesi perciò snervata e scaduta la militar disciplina; e quell'armi, che prima avean portato il terrore e le vittoriose insegne fin a gl'ultimi confini del Mondo, divenire cotanto vili ed imbelli, che non vaglion più a reprimer le forze di quelle medesime Nazioni, delle quali esse tante e tante volte avevan gloriosamente trionfato; ma con eterna lor ignominia cedendo, e lasciandosi vergognosamente vincere, ne vien in brieve l'Imperio tutto fracassato e miseramente trafitto. Vedasi la Pannonia, la Rezia, la Mesia, la Tracia e l'Illiria soggiogate dagli Unni; le Gallie perdute; le Spagne da' Vandali, e da' Goti manomesse; l'Affrica già occupata da' Vandali; la Brettagna da' Sassoni; e l'Italia, Regina delle province, dai Goti già debellata e vinta; e Roma stessa saccheggiata e distrutta. Nè miglior fortuna ebbero col correr degli anni le cose de' Romani in Oriente. Vedesi la Siria, la Fenicia, la Palestina, l'Egitto, la Mesopotamia, Cipro, Rodi, Creta, e l'Armenia occupate da' Saracini. Ecco perduta l'Asia minore. Ecco finalmente tutte debellate e vinte le province dell'Imperio romano.
Vedesi nel cader dell'Imperio declinare ancor le lettere e le discipline tutte: comincia la giurisprudenza a perder quel suo lustro e quella dignità, in cui per sì lungo corso d'anni l'avevan mantenuta e conservata tanti preclarissimi Giureconsulti, il favor de' Principi, la sapienza delle loro costituzioni, la prudenza de' Magistrati, la dottrina de' Professori, l'eccellenza dell'Accademie. Più non s'udiranno i nomi di Papiniano, di Paolo, o d'Africano: tacquero questi oracoli, nè altri responsi per l'avvenire ci saran dati da' loro successori; i quali, d'oscura fama essendo, maggior peso non s'addossarono, che d'insegnare nelle Accademie ciò, che que' maravigliosi spiriti avean lasciato delle loro illustri fatiche. E pure di queste (tanto calamitosi e lagrimevoli tempi succederono) appena una rada ed oscura notizia a' posteri n'era pervenuta, la quale sarebbesi eziandio in tutto certamente spenta, se la prudenza di Valentiniano III. non fosse opportunamente con le sue costituzioni accorsa al riparo. E vedesi ancora la scienza delle leggi che prima era solamente professata da' maggiori lumi della città di Roma, vilmente maneggiata, e ridutta ad esser mestiere de' più vili uomini del Mondo.
Non si leggeranno più con ammirazione e stupore quelle prudenti e savie costituzioni de' Principi con tanta eleganza e brevità composte; ma da ora avanti prolisse e tumide, e più convenienti ad un Declamatore, che ad un Principe, da non paragonarsi di gran lunga colle prime, nè per eloquenza, nè per gravità, nè per prudenza civile.
I Magistrati, perduta quella severità e dottrina, prenderanno altri nomi e co' nuovi nomi, nuovi costumi ancora: da incorrotti, venali: da sapienti e gravi, ignoranti e leggieri: da moderati, ambiziosi: ed alla fine ripieni di tanta rapacità e dissolutezza, che se la prudenza di Costantino, di Valentiniano, e d'alcuni altri Principi di quando in quando non avesse repressa la loro venalità ed ambizione per mezzo di molti editti, che pubblicarono a questo fine, più gravi ed enormi disordini avrebbon infallibilmente partorito.
L'Accademie già per l'ignoranza de' Professori, e per li pravi costumi de' giovani rendute inutili e piene di sconcerti. I giovani dati già in braccio a' lussi, agl'intemperati conviti, a' giuochi, agli spettacoli, alle meretrici, ed a mille altre scelleratezze, di rado le frequentavano; tanto che sarebbon affatto mancate, se la providenza di Valentiniano il vecchio non fosse stata presta a darvi riparo con quelle sue XI. leggi Accademiche, che in Roma ad Olibrio Prefetto di quella città dirizzò nell'anno 370.
Tante e sì strane mutazioni, non solamente alla corrotta disciplina ed a' depravati costumi deon attribuirsi, ma ancora a quella nuova divisione e nuova forma, che a Costantino piacque di dare all'Imperio romano. Egli fu il primo, che volle recare ad effetto, ciò che Diocleziano avea primo tentato, di divider l'orbe romano in due principali parti, e di uno far due Imperi. Imperocchè quantunque fossero stat'innanzi più Imperadori talora a regnare insieme; nientedimeno non feron fra di loro giammai divisione alcuna, nè l'Imperio, o le province, nè le legioni furon a guisa d'eredità mai partite. Costantino fu il primo, che, come dice Eusebio, divise tutto l'Imperio romano in due parti, quod quidem nunquam antea factum esse memoratur. Perciò pose tutto 'l suo studio a fondar nell'Oriente Costantinopoli, ed impiegò per quest'opera tutta la sua magnificenza e tutto il suo potere, acciocchè emula di Roma fosse, come questa Capo nell'Occidente, così quella nell'Oriente. Divise per tanto l'Imperio in Orientale ed Occidentale, assegnando a ciascuno le sue province. Tutte quelle province Orientali oltramarine, che sono dallo stretto della Propontide insino alle bocche del Nilo, l'Egitto, l'Illirico, Epiro, Acaja, la Grecia, la Tessaglia, la Macedonia, la Tracia, Creta, Cipro, tutta la Dacia, la Mesia, e l'altre province di quel tratto, all'Imperio Orientale, ed alla città di Costantinopoli suo Capo le sottopose, e sotto più Diocesi comprese. All'Imperio Occidentale ed alla città di Roma lasciò le Spagne, la Brettagna, le Gallie, il Norico, la Pannonia, le province della Germania, la Dalmazia, tutta l'Affrica, e l'Italia; disponendole in guisa, che due Imperadori potessero regger l'Imperio, l'uno nell'Occidente, l'altro nell'Oriente. Divise parimente il Senato, e que' Senatori, ch'eran eletti dalle province dell'Imperio occidentale, volle, che rimanessero in Roma; quelli d'Oriente in Costantinopoli: e lo stesso stabilì de' Consoli. Diede a Costantinopoli, come a Roma, il Prefetto con uguali preminenze e privilegi; e tutte le parti dell'Imperio in altra guisa distinse. La qual nuova divisione è di mestiere qui distintamente rapportare; poichè gioverà non solamente per ben intendere la spezial politia e stato temporale di queste nostre province; ma servirà ancora in appresso per capire con maggior chiarezza la politia ecclesiastica, e come siasi in quella maniera, che oggi si vede, introdotta nell'Imperio ed in questo nostro Reame.