Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di:
E-text
Web design, Editoria, Multimedia
(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)
QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Istoria civile del Regno di Napoli, volume primo
AUTORE: Giannone Pietro
TRADUTTORE:
CURATORE:
NOTE: Il testo è presente in formato immagine sul sito The Internet Archive (http://www.archive.org/).
Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (http://www.gutenberg.net/) tramite Distributed Proofreader (http://www.pgdp.net/).
CODICE ISBN E-BOOK: n. d.
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/
TRATTO DA: Istoria civile del Regno di Napoli / di Pietro Giannone - Milano : per Nicolò Bettoni, 1821-1822 - 9 v. ; 20 cm ., primo volume XII – 487 pp.
CODICE ISBN FONTE: non disponibile
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 3 febbraio 2014
INDICE DI AFFIDABILITA': 1
0: affidabilità bassa
1: affidabilità media
2: affidabilità buona
3: affidabilità ottima
DIGITALIZZAZIONE:
Distributed proofreaders, http://www.pgdp.net/
REVISIONE:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
IMPAGINAZIONE:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
PUBBLICAZIONE:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
Informazioni sul "progetto Manuzio"
Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito Internet:
Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"
Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradimento, o se condividi le finalità del "progetto Manuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni:
http://www.liberliber.it/online/aiuta/
ISTORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI
DI
PIETRO GIANNONE
VOLUME PRIMO
MILANO
PER NICOLÒ BETTONI
M.DCCC.XXI
AL POTENTISSIMO E FELICISSIMO
PRINCIPE
CARLO VI IL GRANDE
DA DIO CORONATO IMPERADORE DE' ROMANI
RE DI GERMANIA, DELLE SPAGNE, DI NAPOLI, D'UNGHERIA
DI BOEMIA, DI SICILIA, EC.
Avventurosa , e non men di queste Province fortunata deggio reputar io l'Istoria Civile del Regno di Napoli, che ora umilmente, e coll'animo, il più ch'io possa, riverente e divoto alla Cesarea e Cattolica Maestà Vostra presento; non sol tanto per aver ella la sorte d'uscire alla luce del Mondo sotto un Principe non meno eccelso e poderoso, che magnanimo e benigno; e di così rara e maravigliosa bontà, ch'essendo le sue grandezze maggiori della fama, non isdegna di prender in grado le più basse ed umili cose, allorchè da ossequiosa mano se gli porgono in dono; ma ancora per esser venuta a terminarsi ne' vostri innumerabili e segnalati beneficj, de' quali avete colmo questo Regno, e nelle vostre sublimi e gloriose azioni, di cui avete riempiuto il Mondo tutto; onde la beneficenza, e la fama di tutti gli altri Principi, che lo dominarono, di gran lunga sopravanzando, lo splendore stesso de' vostri Augusti Antecessori avete certamente oscurato.
Se mai, per effetto di vostra natural cortesia, tra la moltitudine delle occupazioni gravissime, che nel governamento di sì numerose Province, ed ampj Regni, onde il vostro grande Imperio si compone, tengono debitamente la divina vostra mente occupata, dall'altezza del supremo grado delle mondane cose, dove non men per retaggio de' vostri Maggiori, che per vostri meriti e virtù siete elevato, degnerà la Maestà Vostra abbassar l'occhio a riguardare ciò, che 'n questa Istoria si narra, per lo corso di presso a quindici secoli; potrà quindi chiaramente comprendere, non pur questo suo fedelissimo Regno, per dignità e per grandezza, non cedere a quanti ora ubbidiscono al suo gran nome; ma, che sotto tanti e sì varj Principi di nazioni diverse, onde e' fu dominato, dopo tanti, e sì varj cambiamenti del suo governo civile, veduto mai non fu nella più alta ventura, ed in tanta tranquillità e splendore, come ora, che riposa sotto il di Lei giusto e clementissimo dominio.
Nello scadimento del Romano Impero, sotto quegli ultimi Cesari, fu da straniere nazioni miseramente combattuto ed afflitto. I Longobardi, pugnando co' Greci e co' Normanni, e sovente tra lor medesimi, il renderon teatro miserabile di guerre e di rapine. Gli Svevi l'avrebbon certamente rilevato, se non fosse lor convenuto, quasi sempre colle armi in mano, dalle altrui intraprese coprirlo e difenderlo. Gli Angioini, che dal favore de' Romani Pontefici ne riconobbero l'acquisto, il posero in mille soggezioni e servitù; e dopo la morte dell'inclito Re Roberto, essendo caduto sotto la dominazione di femmine, e tra le competenze di più Reali di quella stirpe, da più parti combattuto, streme miserie ebbe a sofferire. Fu poi dal magnanimo Alfonso Re d'Aragona restituito nel suo antico lustro; ma avendolo in morte separato dagli altri suoi paterni Regni, e lasciatolo a Ferdinando suo natural figliuolo, non tanto sotto costui, quanto sotto i suoi discendenti, ritornò nelle primiere calamità e disordini. Il savio Re Ferdinando il Cattolico restaurollo dalle passate sciagure, e sotto l'imperio del vostro gran Zio, dell'invitto e glorioso Carlo V, videsi portato anche a maggior fortuna. Ma Filippo II di lui figliuolo, abbagliato da altre sue vastissime idee, poco ne curò la dechinazione, e molto meno i suoi discendenti. Ma essendosi a' nostri felicissimi tempi avventurosamente restituito sotto il vostro alto e potente imperio, a tanta grandezza con la vostra benefica mano l'avete sollevato là dove non fu veduto giammai. Stolta cosa mi parrebbe a dover credere, che i vostri immensi beneficj a quelli degli altri Re vostri predecessori comparar si potessero. Voi spinto dalla fedeltà e dall'amore de' nostri cuori, e più dalla grandezza e generosità del proprio, che non saprebbe donare, senza arricchire; non pur l'antiche degnaste di confermare, ma di nuove e copiosissime grazie, e tutte considerabili fregiarne. Onoraste la città nostra, e i suoi Eletti, di nuovi e più ragguardevoli titoli. Antiponeste i nativi del Regno nelle cariche, beneficj, e negli uffizj, escludendone i forestieri. Severamente vietaste, non più per utile del vostro erario, che de' vostri sudditi l'alienazione de' fondi dell'entrate regali. Imponeste, che per niun modo nelle cause appartenenti alla nostra S. Fede procedessero, se non gli Arcivescovi e gli altri Ordinarj di questo Regno, come Ordinarj, e con la via ordinaria che si pratica negli altri delitti, e cause criminali ecclesiastiche. Con più vostri regali editti comandaste, che in tutti i Beneficj, Vescovadi, Arcivescovadi, ed altre Prelature del Regno, ne fossero esclusi gli stranieri. Accresceste i privilegj a' Baroni, oltre a' gradi già stabiliti la succession feudale stendendo. Vostro ordinamento fu, che la ruota del Cedulario si togliesse: contro del regio fisco la prescrizion centenaria si ammettesse, anche nelle regalie, nelle cose giurisdizionali, e nell'altre vostre fiscali ragioni. E non minor beneficio è quello che ritrae il Regno, oggi che vive sotto le vostre temute insegne, dal venir compreso nelle tregue, che si fanno tra l'Imperio e 'l Turco; e dal commerzio, il quale Vostra Maestà è tutta intesa ad aprire, ed allargare nei nostri Porti colla Germania, e con altre più remote regioni. Cose tutte, di cui, in altri tempi, vano sarebbe stato il desiderio, non che la speranza.
Ma il maggior pregio, onde dobbiamo gir alteri nel suo felicissimo regno, è l'aver Ella col decoro dell'Imperial Maestà sostenute, e fatte valer tra noi, ed a nostro pro i suoi legali diritti, e le sue alte e supreme Regalie: affinchè più non si confondessero, come già fu, i confini tra 'l Sacerdozio e l'Imperio. Sotto i vostri auspicj furon queste due potenze ridotte ad una perfetta armonia e corrispondenza; e prendendo lodevolmente la cura dell'esterior politia ecclesiastica, vi mostrate tutto volto a restituir la disciplina nella Chiesa, di cui per instituzion Divina siete protettore ed avvocato; tal che oggi ammirasi la giustizia e la giurisdizione ecclesiastica nel suo giusto punto, lasciandosi al Sacerdozio quel, ch'è di Dio, ed all'Imperio quel, ch'è di Cesare.
Se adunque questa Storia non si troverà degna d'altro pregio, sì n'avrà ella d'assai, nè potrò io pentirmi di avervi logorati in faticose vigilie molti anni, coll'aver manifestato al Mondo, quanto Voi nel beneficarci e nell'illustrarci, e negli atti di magnanimità e di valore, avete superati i beneficj e l'opere di tutti altri Re vostri predecessori; e che per rendervi per fama immortale ed eterno, immortali ed eterne cose operando, ogni umana grandezza addietro vi lasciate.
Il vostro grande e sublime intendimento ben comprenderà quali, e quanti debban essere i nostri obblighi per sì rari e stupendi beneficj, la cui dolce memoria non si estinguerà se non col Mondo. E se le grazie, e doni non altronde sogliono, che da dilezion provenire, quali più chiari segni, e più certi potrà mai darne il vostro paterno amore? E perchè essendo Voi ottimo, e nel più sublime grado di vera virtù, non potete amare se non se 'l buono, e ciò che maggiormente a quel s'avvicina; dovrem noi sempre più studiarci d'esser buoni e grati, almeno per le stesse massime de' cattivi, cioè per proprio interesse, per non interromperci il corso favorevole delle vostre benignissime grazie.
Vengono, Principe eccelso, in quest'Opera, dove l'opportunità l'ha richiesto, sostenute le vostre regalie e preminenze, e le ragioni di quelle con ischietta e pura verità messe in chiaro; non già con intendimento, che s'abbia punto da scemare altrui ciò, che dirittamente se gli dee, che questo alla santa sua mente non s'affarebbe; ma perchè possan riformarsi con modi legittimi quegli abusi, a' quali la debolezza umana, in processo di tempo, ha potuto abbandonarsi; e per quell'affezione ed ardore, che ciascun vostro fedel vassallo è tenuto d'avere, non men per amore della verità, e per l'obbligo dovuto al proprio Signore, che per l'interesse che noi medesimi ci abbiamo. E quindi fia, se non m'inganno, che non solamente non abbia a dispiacer altrui, se vedrà d'averle io con franchezza cristiana difese; ma che questa Storia si renda meritevole dell'alta protezione della vostra potente mano: il che reputerò io degna mercede di queste mie lunghe fatiche, le quali portando in fronte la gloriosa scritta del vostro Imperial Nome, ed uscendo alla luce, come dono, ancorchè basso e mal conveniente a tanto Principe, sotto l'ombra de' vostri temuti allori, saranno sicure di non esser percosse dagli ardenti fulmini della maledica invidia, nè pur crollo veruno, o scossa dovran temere d'ingiuriosa fortuna.
La vostra sola benignità mi fa ragion di sperare, che siate per accettarle con lieto e favorevol viso, onde le obbligazioni, ch'insieme con questo comune io porto, me con particolar maniera costringano a pregare con incessabili voti la Divina Bontà, che lungamente e sempre più prosperandola, conservi la sua eccelsa Persona, in guisa, che non ce n'abbiano a portar invidia i nostri nipoti: largamente concedendole ciò, che tanto si sospira, e che sol manca per compimento della universal tranquillità e contentezza.
Napoli 12 febbraio 1723.
Di V. S. C. e C. M.
Umiliss. devotiss. ed ossequiosiss. Vass. e Serv.
Pietro Giannone.