CAPITOLO I.

Cagioni onde Napoli divenisse capo del Regno, e Sede regia.

I primi fondamenti della magnificenza e grandezza di questa città, onde con prosperi avvenimenti surse poi a quello stato in cui oggi si vede, furono gettati da Federico II Imperadore. Primieramente lo studio generale, che questo Principe vi fondò, tirò a quella gli scolari non pur di questo Reame, ma anche di Sicilia e d'altre più remote parti. Il non essersi da poi Federico fermato in Palermo, come gli altri Re normanni suoi predecessori, ma avere scorso più città di queste nostre province, ed essersi spesso fermato in Napoli colla sua Gran Corte e con gli altri Ufficiali del Regno, servì anche per scala a tanta altezza; e l'aver ancora in magnifica forma ridotto il Castello capuano, e quel dell'Uovo vi conferì molto.

L'altra cagione di tanta elevatezza furono Innocenzio IV e 'l suo successore Alessandro, i quali in Napoli lungamente colla loro Corte dimorarono; ma coloro, che vi diedero l'ultima mano furono i novelli Re angioini, Carlo I e II, e più la separazione della Sicilia per quel famoso vespero siciliano: donde sursero due Reggie e due Re, cioè l'antico di Sicilia, e 'l nuovo di Napoli. Palermo antica Reggia restò per gli Aragonesi in Sicilia. Napoli nuova Reggia restò per li Franzesi in Puglia e Calabria.

§. I Edificj.

Cominciò prima Carlo ad ampliarla con magnifici e superbi edificj: non ben soddisfatto del Castel capuano fatto alla tedesca, appena sconfitto Manfredi, ed entrato con trionfi e plausi in questa città, che fece edificar il Castel Nuovo, dove è oggi, al modello franzese, per farlo abile a ricever soccorso per mare, ed a difendere il porto, riputato allora una delle opere più notabili d'Italia, ingrandito poi e reso più forte ed inespugnabile dagli altri Re suoi successori. Narrasi ancora, che nell'antico Molo di questa città per maggior sicurtà de' vascelli e per maggior difesa di questo castello vi avesse fatta edificare quella Torre, che ancora oggi ritiene il nome di S. Vincenzo, per Chiesetta, che in questo luogo v'era dedicata a quel Santo.

L'adornò anche di magnifiche chiese e monasterj, ed una chiesa de' Frati di S. Francesco, che era in quel luogo ove edificò il Castel Nuovo, la trasferì, come si disse, dove è oggi Santa Maria della Nuova in forma più magnifica, e vi fece un comodo monastero capace di molti Frati Minori, il di cui numero ne' seguenti anni fu notabilmente accresciuto. L'antico palazzo della napoletana Repubblica, ove solevano convenire per pubblici affari il Popolo e la Nobiltà, per tenergli divisi, proccurò che si disfacesse, e fecevi edificare quella magnifica chiesa che ritiene ancora il nome di S. Lorenzo, (che poi Carlo II suo figliuolo ridusse in più ampia forma) a cui unì un ben grande convento di S. Francesco.

L'antico Duomo di Napoli, che prima era la chiesa di S. Restituta, lo cominciò in altra più grande e magnifica forma a ristorare, ciò che non potendo perfezionare, Carlo II poi lo fece riedificare nella forma che oggi si vede, benchè nell'anno 1456 per un gran tremuoto cadde, e fu in quella guisa che stava prima ristorato dal Re Ferrante I d'Aragona e da molti altri signori del Regno, che tolsero ognuno da per se una parte a ristorare, de' quali si vedono oggi l'insegne sopra i pilastri.

L'esempio del Principe mosse anche i suoi famigliari e domestici a far il medesimo, i quali d'altre Chiese l'adornarono; ma sopra tutti si distinsero tre Franzesi che si crede fossero stati tre cuochi del Re Carlo, i quali ottenuto dal medesimo nell'anno 1270 per donazione quel luogo, v'edificarono un ben grande Ospidale e una chiesa dedicata a tre Santi Vescovi Eligio, Martino e Dionigi: che in decorso di tempo si è resa una delle opere più notabili della pietà cristiana.

Fece ancora delle pietre quadrate, ch'erano per le ruine della via Appia, lastricare in bella forma le strade della città, e rifare le mura della medesima in miglior modo di prima. E per renderla più abbondante di viveri e di traffichi, fece quel gran mercato, che oggi si vede, in luogo più ampio e capace, poichè allora era fuori della città; onde Napoli ebbe due mercati, questo nuovo fatto da Carlo, ove fu decapitato l'infelice Corradino, ed il mercato vecchio che era prima vicino alla chiesa di S. Lorenzo.

§. II Ristoramento degli Studj.

Imitando questo Principe le vestigia di Federico II per render più rinomata ed illustre questa città, ampliò lo Studio generale da Federico fondato, e l'arricchì di molte altre prerogative e privilegi. Re Roberto suo nipote tra' suoi Capitoli, che aggiunse a quelli fatti dall'avo e dal padre, rapporta un ampio privilegio a quest'Accademia conceduto da Carlo nel primo anno del suo Regno 1266 che fu istromentato da Roberto da Bari suo Protonotario in Nocera, nel quale mostra essergli stato sommamente a cuore la grandezza e decoro di questa Accademia. Perciocchè per maggiormente privilegiare i Dottori e gli scolari di quello, costituisce loro un proprio e particolare Giustiziero, avanti di cui ordina, che tutte le loro cause civili o criminali, attori o rei che fossero, debbano agitarsi; nè che possano esser tirati a piatire altrove avanti altro Giudice o Tribunale, se non se volessero a loro arbitrio per via di compromesso andare avanti l'Arcivescovo della città, ovvero ad un Dottore dell'istessa Accademia, affinchè determinassero le loro cause. Stabilì per ciò al Giustiziero, se sarà napoletano, 20 once d'oro l'anno per sua provisione, e se sarà forastiero 30. Ed il Summonte da' libri dell'Archivio dell'anno 1269 rapporta, che fu da Carlo costituito in quell'anno per Giustiziero Landolfo Caracciolo con 20 once d'oro l'anno per suo salario. Statuì a questo Giustiziero per la retta amministrazione della giustizia tre assessori: uno oltramontano da eleggersi dagli scolari oltramontani, che venivano quivi a studiare; l'altro Italiano, che doveasi eleggere per gli scolari d'Italia; ed il terzo Regnicolo, la di cui elezione apparteneva ai scolari del Regno; li quali dovevano da tre in tre mesi successivamente mutarsi.

Diede anche facoltà a questo Giustiziero (acciocchè gli studenti non fossero defraudati del prezzo de' commestibili) che coi consiglj degli Assessori e dei Dottori e maestri degli scolari mettesse egli l'assisa alle cose venali, moderata però e giusta, affinchè non riuscisse grave ed iniqua a venditori e compratori. Che potessero anche costituire, col consenso degli scolari, uomini probi, i quali dovessero assignare a' scolari gli ospizi e stabilire la giusta mercede per li medesimi e per le case, che serviranno per l'abitazione de' medesimi. Perchè non fossero distratti da' loro studj, proibì a tutti gli Ufficiali della sua Corte di non gravare i medesimi d'angarìe, esazioni, servigi personali, anche se la sua Corte medesima o la città ne avesser bisogno. Nè che i Baglivi ed altri Ufficiali esigessero per le Merci e robe, che saranno a' scolari mandate per loro sostentamento o necessità, dritto alcuno di pedatico, fondaco o dogana, esimendogli affatto dalla loro giurisdizione e potestà.

Finalmente invita tutte le Nazioni a mandar i loro giovani a studiare in Napoli, a' quali sarà libero e sicuro l'accesso, e 'l recesso a loro arbitrio e volontà, e saranno benignamente accolti, e liberalmente protetti e favoriti dal presidio e regal munificenza. Della Corte di questo Giustiziero degli Scolari istituita da Carlo l fassi anche memoria nel Regal Archivio; e ne' Registri di Carlo II si leggono altri Giustizieri, come Marino del Duca Giustiziero degli Scolari, e da poi Pietro Piscicello, detto Ortante, e dopo costui Gualtiero Caputo di Napoli Milite; e finalmente Matteo Dentice Milite. Ed il Summonte rapporta, che dalle carte di que' registri si vede, che l'assisa de' pesci e delle altre cose commestibili conceduta da Carlo I, e poi confermata da Carlo II suo figliuolo allo Studio di Napoli, si faceva nella Chiesa di S. Andrea a Nido, insieme col Giustiziero, Dottori e Studenti, conforme al solito; di che ora n'è pur a noi rimaso vestigio; poichè sebbene l'Ufficio del Giustiziero degli Scolari si vegga a' tempi nostri molto ristrettamente passato nel Cappellan Maggiore, il quale come Prefetto degli studj tiene giurisdizione, ma molto ristretta e differente da quella, che teneva il Giustiziero, stendendosi solamente sopra gli Scolari delinquenti nello Studio: e la potestà di metter l'assise fosse rimasa al Giustiziero, ed a' suoi Catapani, con giurisdizione molto differente dall'antica, e ristretta solo sopra i venditori delle cose commestibili nulladimanco dura ancor ora, che gli emolumenti della Catapania per tre mesi dell'anno si appartengano al Lettor primario di Legge civile di quest'Università, il quale senza nuova provvisione, gode di quegli emolumenti, come attaccati e dependenti dalla cattedra primaria del jus civile.

Perchè ancora questo Studio fosse più florido e numeroso, invitò i più insigni Dottori forastieri de' suoi tempi con grossi stipendi, perchè venissero ad istruire la gioventù di buone lettere e discipline. Fioriva a questi tempi lo Studio di Bologna, e fra gli altri Professori era rinomato per la legge civile Giacomo Belviso. Fu costui invitato da Carlo a venir in Napoli ad insegnare jus civile, con stabilirgli di salario cinquanta once d'oro l'anno. Invitò ancora nell'anno 1269 per la legge canonica Maestro Girardo de Cumis, con salario di 20 once d'oro. Per la teologia Maestro Tommaso d'Aquino Frate Domenicano, colui che adoriamo ora per Santo, con salario di un'oncia d'oro il mese. E per leggere medicina Maestro Filippo de Castrocoeli, con salario d'once dodici d'oro l'anno. Le di cui vestigia, come diremo, furono da poi calcate da Carlo II e da Roberto suoi successori.

Questo ristabilimento dell'Accademia napoletana (la quale dopo la morte di Federico per le continue guerre, che durarono per più di venti anni, era alquanto decaduta da quello splendore, nel quale Federico lasciolla) fu pure una delle cagioni fortissime perchè Napoli si rendesse più numerosa di gente concorsavi da paesi vicini e lontani, e perchè s'inalzasse sopra tutte l'altre città del Regno.

L'aver ancora Carlo deliberato di non trasferire la sua sede regia in Palermo, siccome i predecessori Re normanni e svevi fecero, fu poi la principal cagione dell'ingrandimento di Napoli. Riputò questo Principe Palermo, come città lontana, esser men adatta per poter accorrere a' bisogni del Pontefice e de' Guelfi in Italia, e per non allontanarsi tanto dagli altri suoi Stati di Provenza e di Francia, colla quale tenne continuo e stretto commercio; di che a torto si lagnavano i Siciliani, non altrimenti che a torto si dolevano i Romani d'Onorio, il quale per reprimere l'inondazioni de' Barbari, che per quella parte venivano ad infestar l'Italia, traslatò la sua sede da Roma, e la collocò prima in Milano e poi a Ravenna. Fermossi per ciò Carlo in Napoli; e se bene non sempre quivi dimorasse, avendo sovente dovuto ricorrere per li bisogni del Reame, e per renderlo più quieto e pacato sotto la sua ubbidienza, ora in una città, ora in un'altra, siccome si vede dalle date de' suoi Diplomi, ed anche de' suoi Capitoli, li quali si leggono istromentati ora in Nocera, ora in Trani, Foggia, Aversa, Venosa, Brindisi ed altrove; non è però, che in Napoli col Principe di Salerno suo figliuolo primogenito e successore del Regno, non facesse la sua maggior dimora con gli Ufficiali della Corona e della sua Corte, ed attendesse ad ingrandirla e ad adornarla di tanti seggi che non fece a niun'altra città del Regno.

Questa sua dimora in Napoli, e l'aver insieme adornata la sua regal persona di molte altre illustri prerogative, come d'aversi reso tributario il Regno di Tunisi, e fregiato del titolo di Re di Gerusalemme, quanto più estolsero la sua regal persona, altrettanto ingrandirono Napoli sua Sede regia.

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