CAPITOLO VII.

Carlo Principe di Salerno governa il Regno come Vicario, mentre il padre è in Roma, e va poi a battersi in Bordeos con Pietro Re d'Aragona.

Il Re d'Aragona, ancorchè fosse certo, che le sue preghiere al Pontefice Martino niente doveano giovargli, essendo il Papa alle preghiere di Carlo già risoluto di dare a costui ogni aiuto per la ricuperazione dell'isola; nulladimanco perchè Carlo non fosse solo a querelarsi col Papa, e potesse, con frapporre qualche trattato di pace divertire la guerra, mandò a Roma suoi Ambasciadori ad iscusarsi con Martino e col collegio de' Cardinali, ponendo loro in considerazione, che volendo ricovrare quel Regno dovuto alla moglie ed a' suoi figliuoli, non avea potuto con aperte forze levarlo di mano a Carlo, ch'era il più potente Re dei Cristiani; e però avendo veduto, che quelli dell'isola, disperati per gli atrocissimi portamenti de' Franzesi, erano stati sforzati di fare quella uccisione, avea voluto pigliare quella occasione, e cercare di salvar insieme la vita a' Siciliani e racquistare alla moglie il perduto Regno: e che conveniva alla Santità del Papa ed al decoro di quel sacro Collegio di spogliarsi d'ogni passione e giudicare quel che ne fosse di giustizia: che se si fosse sentenziato per lui, avrebbe egli così ben pagato il censo alla Chiesa romana, e sarebbe stato così buon feudatario di quella, com'era stato Re Carlo, e quando, udite prima le sue ragioni, fosse sentenziato contra di lui, egli avrebbe lasciata la possessione dell'isola in man della Chiesa.

Ma furono ben tosto conosciuti, e dal Papa e da Carlo questi artificii di Pietro, onde ne furono rimandati gli Ambasciadori, non riportando altro da Roma, se non che il Papa avea conosciuto, che queste erano parole per divertire la guerra, e che era risolutissimo di dar ogni aiuto e favor possibile al Re Carlo, il quale senza dubbio alla nuova campagna verrebbe sopra l'isola con grandissimo apparato per mare e per terra.

Allora fu, che Re Pietro lasciate ordinate alcune cose in Sicilia, come fu consigliato da Ruggiero di Loria e da Giovanni di Procida, passò in Aragona per provvedere di mandare in Sicilia nuovi soccorsi. Gli Aragonesi, che prima aveano avuta a male quella impresa, come pigliata senza volontà e consenso dei Popoli, e con ciò d'esser altresì rotte e violate l'ordinanze e privilegi di quel Regno; nulladimanco vedendola succeduta prospera, e guadagnato un Regno, nel quale, da poi, molti del Regno di Aragona e di Valenza ebbero Stati e Signorie, cominciarono a pensare d'aiutare il Re quanto potevano, e nel Consiglio gli persuasero, che cercasse in ogni modo di placar il Papa; onde l'indussero a mandare di nuovo Gismondo di Luna per Ambasciadore, il quale avesse d'assistere a Roma, e pregar uno per uno i Cardinali, che vedessero d'addolcir l'animo del Papa. Ma ecco, che ciocchè Re Pietro con tanto studio non avea potuto per innanzi ottenere, fortunatamente gli avvenne; poichè mentre il suo Ambasciadore va per Roma, è incontrato da Carlo, il quale subito che 'l vide, come era impaziente e soggetto all'ira, gli disse: che il Re Pietro avea proceduto villanamente e da traditore, con avergli, essendogli cugino, occupato il Regno suo, nel qual Manfredi non era stato mai Re legittimo, ma occupatore e Tiranno; e ch'egli sarebbe per sostenerlo in battaglia a corpo a corpo, o con alcuna compagnia di soldati. Gismondo, ch'era persona accorta, rispose, ch'egli era venuto per trattar altro, e non per disputare se 'l Re avea fatto bene o male, ancora che fosse certo, che avea fatto ottimamente, ma ch'egli avrebbegli scritto, e che sarebbe venuta da lui risposta, quale si conveniva al grado, al sangue, ed al voler di tal Re; nè indugiò molto a scriver al suo Re quel ch'era passato. Re Pietro gli rescrisse subito, che accettasse per lui il duello e che offerisse al Papa, che per evitare tanto spargimento di sangue di Cristiani, e' si contentava non solo combattere quella querela, ma con esso ancora il dominio di tutta l'isola.

Alcuni scrissero, che Carlo per la fiducia, ch'avea nella persona sua ed in molti altri Cavalieri del suo esercito, si fosse rallegrato di questa offerta di Pietro, e che con assenso del Papa si cominciò a trattare del modo, che aveano da tenere per combattere, nel che i due Re convennero di scieglier ciascuno dodici Cavalieri per regolare il tempo, il luogo e le condizioni del combattimento. Questi essendosi ragunati formarono alcuni articoli, che furono ratificati da' due Re. Fu in quelli determinato, che si sarebbero battuti a Bordeos città della Guascogna, ch'era allora sotto il dominio del Re d'Inghilterra: la giornata fu stabilita, per lo dì primo giugno 1283 nel quale s'avessero da presentare in quella città ciascuno accompagnato da cento Cavalieri.

Negli atti d'Inghilterra ultimamente fatti imprimere dalla Regina Anna, si leggono questi articoli, e come quelli che non eran pubblici, nè se non per questa edizione si sono esposti alla luce del Mondo, sono stati cagione d'alcuni abbagli a' migliori Istorici, con gran pregiudizio della riputazione del Re d'Aragona; poichè credettero, che nella formazione de' medesimi v'avesse avuto anche parte il Re d'Inghilterra, il quale come ugualmente parente d'ambedue questi Re, avesse loro assicurato il campo, e che perciò non poteva scusarsi Re Pietro d'aver avuto timore di comparire in pubblico, come fece in secreto; imperocchè da questi articoli e da alcune lettere dello stesso Re d'Inghilterra si convince, che tanto fu lontano, che v'avesse avuta egli parte ed avesse egli assicurato il campo, che più tosto egli fece ogni sforzo per disturbare il combattimento. Gli articoli furono accordati solamente da' Cavalieri eletti da ambedue i Re, ed alcuni anche scrissero, che nemmeno il Papa vi assentisse.

(Nel Codice Diplomatico di Lunig , si legge il Diploma del Re Pietro, nel quale s'inseriscono le Capitolazioni accordate inforno al duello col Re Carlo nella città di Bordeos in Guascogna, firmato da' suoi Cavalieri. Siccome alla pagina 1015 si legge un consimile Diploma spedito dal Re Carlo, dove promette di comparire nel luogo stabilito del duello, firmato parimente da' suoi Cavalieri. E che il Papa facesse ogni sforzo per impedirlo, è manifesto da due Brevi di Martino IV che rapporta il cit. Lunig, uno alla pag. 1014 dove inibisce al Re Carlo il duello concertato col Re Pietro; l'altro alla pag. 1022 drizzato ad Odoardo I Re d'Inghilterra, nel quale esorta quel Re ad usar ogni studio per impedire, che siegua ne' suoi Stati).

Gli articoli, come si legge in quegli atti, furono i seguenti:

I Che il combattimento si farà a Bordeos, nel luogo, che il Re d'Inghilterra giudicherà più convenevole, il qual luogo sarà circondato di barriera. II Che gli due Re si presenteranno avanti il Re d'Inghilterra per far questo combattimento il dì primo giugno 1283. III Che se il Re d'Inghilterra non potrà trovarsi in persona a Bordeos, li due Re saranno tenuti di presentarsi avanti colui, che il medesimo Re avrà deputato per ricever la loro presentazione in suo luogo. IV Che se il Re d'Inghilterra non si trovasse in persona nel medesimo luogo, nè inviasse alcuno in sua vece, i due Re siano tenuti di presentarsi avanti colui, che comanda a Bordeos per lui. V Egli è stato ancora convenuto, che il detto combattimento non si farà avanti a chi che sia delle genti del Re d'Inghilterra, a meno che il detto Re non vi si trovasse attualmente presente in persona: salvo a' due Re di convenire tra di loro, per un consenso reciproco, di fare il detto combattimento di questa maniera, cioè a dire in assenza d'Odoardo. VI Che se il Re d'Inghilterra non si trovasse di persona nel luogo e nel tempo accennato, gli due Re siano tenuti di aspettarlo trenta giorni. VII Affinchè si possa in tutte le maniere proccurar la presenza del Re d'Inghilterra, li due Re promettono e giurano di fare il lor possibile di buona fede e senza frode, per ottenere dal detto Re, che si trovi al luogo notato, ed al giorno detto, e di fare in maniera che le loro lettere gli sian rese. Dopo alcuni altri articoli, che riguardano la tregua e le sicurezze, che li due Re si danno reciprocamente, egli è convenuto. VIII Che quegli de' due Re che mancherà di trovarsi nel luogo e giorno suddetto, sia riputato vinto, e spergiuro, falso, infedele, traditore, che non possa giammai attribuirsi nè il nome di Re, nè gli onori dovuti a questo grado; ch'egli resti per sempre privato e spogliato del nome di Re e dell'onor regale, e sia incapace di ogni impiego e dignità, come vinto, spergiuro, falso, infedele, traditore ed infame eternamente.

Accordati questi Articoli, ambedue i Re s'affrettarono di dar provvedimenti a' loro Reami, perchè, dovendo intraprendere sì lungo viaggio, ed esporsi ad una sì pericolosa azione, la loro assenza o mancanza ad essi non nocesse. Re Pietro raccomandò a' Siciliani l'ubbidienza, che doveano prestare alla Regina Costanza: diede allora il titolo di Vicerè di quell'isola a Guglielmo Calzerano: creò Giovanni di Procida Gran Cancelliere: diede l'Ufficio di Gran Giustiziere ad Alaimo di Lentino, ed a molti altri benignamente fece grazie, e concedè molti privilegi; e volle che tutti giurassero per legittimo successore ed erede, e futuro Re D. Giacomo; il che fu fatto con magnifica pompa e buona volontà di tutti.

Dall'altra parte il Re Carlo lasciò nel Regno per suo Vicario il Principe di Salerno, e gli diede buoni Consiglieri, che assistendolo l'avessero da governare; stabilendo, come fu detto, un nuovo Consiglio, che fu chiamato la Corte del Vicario; ed affrettandosi più del suo Competitore, tolta che ebbe la benedizione dal Papa, marciò con le sue genti, e si presentò nel giorno destinato con li cento suoi Cavalieri al campo avanti Bordeos; e cavalcando per lo campo aspettò fino al tramontar del Sole, facendo spesso dal suo Araldo chiamare il Re Pietro; ma questi non comparendo, alcuni rapportano, che Carlo si portasse avanti il Siniscalco del Re d'Inghilterra, che comandava la città di Bordeos, e 'l richiedesse, ch'avesse da far fede di quello, ch'era passato: e che avendo novella, che il Re d'Aragona era ancora lontano, si ritirasse lo stesso giorno.

Re Pietro dall'altro canto, dappoichè s'ebbe eletti i suoi cento Cavalieri, lor comandò, che s'avviasser subito verso Guascogna, ed egli mandò avanti Giliberto Gruiglias per intendere se 'l Re d'Inghilterra era arrivato a Bordeos, o se ci era suo Luogotenente, che avesse assicurato il campo; ed egli con poco intervallo gli andò appresso con tre altri Cavalieri valorosi: ma scorgendo, che niuno era che assicurava il campo, narrasi, che si fosse travestito e nascosto dentro la città di Bordeos sotto nome d'un de' Signori della sua Corte, e che da poi, che Re Carlo fu partito, la stessa sera andasse a presentarsi al Siniscalco di Guienna, facesse atto della sua presentazione, e gli lasciasse le sue arme in testimonianza: e che dopo ciò avesse ripigliato frettolosamente il cammino verso i suoi Stati temendo l'insidie e gli aguati che Re Carlo susurravasi avergli preparati.

Questa condotta ha dato luogo agli Istorici franzesi di accusarlo di poltroneria, e di non aver avuto animo di misurarsi col suo nemico. Ma l'error nacque dall'avere tutti gli Istorici, così franzesi ed italiani, come spagnuoli, creduto costantemente, che Odoardo avesse assicurato il campo a' due Re, ingannati per essersi presentato Re Carlo a Bordeos co' suoi cento Cavalieri; imperciocchè non hanno potuto comprendere, come questo Principe fosse venuto colla sua truppa pronto a combattere, e si fosse trattenuto a Bordeos dal levar del Sole fino alla sera del giorno appuntato, se egli non avesse creduto d'essersi assicurato il campo e di combattere.

Ma negli atti d'Inghilterra ultimamente dati alle stampe, si legge al foglio 239 una lettera di Odoardo a Carlo, per la quale gli fa sapere, che quando egli potesse guadagnar i due Regni di Aragona e di Sicilia, non verrebbe ad assicurar il campo a' due Re; nè permetter che questo duello si facesse in alcun luogo del suo dominio, nè in alcun altro dove fosse in suo potere l'impedirlo. In un'altra lettera, ch'egli scrisse al Principe di Salerno (pag. 240) gli dice, che era ben lungi dal vero di aver accordato a suo padre ciò che gli avea dimandato intorno a questo combattimento, anzi egli l'avea rifiutato tutt'oltre (tout outre) questo è il termine di cui egli si serve; perchè queste lettere sono in franzese.

Egli dunque non vi è luogo di credere, che Odoardo abbia autorizzato questo combattimento, nè per la sua presenza, nè con inviarvi alcuno, che avesse rappresentata la sua persona, nè in dando salvocondotto a' due Re, nè in fine con far loro preparare il luogo; e nientedimeno gli Istorici lo suppongono come certo, quando dicono che Carlo venne a Bordeos, ch'entrò nel campo, e che vi si trattenne dal levare fino al tramontar del Sole, senza veder comparire il suo nemico.

Quel che abbiamo di certo è, che Carlo venne effettivamente a Bordeos il giorno appuntato: ch'egli vi si trattenne fino verso la sera, e che avendo novella, che il Re d'Aragona era ancora lontano, si ritirò lo stesso giorno. Ma appena fu egli partito, che Pietro, il qual era nella città travestito sotto nome d'un de' Signori della sua Corte, andò a presentarsi al Siniscalco di Guienna, fece atto della sua presentazione, e gli lasciò le sue armi in testimonianza: fatto questo si ritirò in diligenza verso i suoi Stati. Se si considera il tenor degli articoli aggiustati tra' due Re, questa condotta non potrà accusarsi di poltroneria; poichè la presentazione di questi Principi avanti il Siniscalco di Guienna non era, che per soddisfare al quarto articolo, e non per battersi; perchè per lo quinto, non dovea esservi punto di combattimento, se il Re d'Inghilterra non vi era presente, e che per le lettere di Odoardo qui sopra rapportate, non vi era cosa più lontana dall'intenzione di questo Principe, che l'assistere a questo combattimento. Che voglia accusarsi il Re d'Aragona di aver avuta paura, non è da dubitare; ma la paura ch'egli avea non era di battersi contro il suo nemico; poichè per le loro convenzioni non era a ciò obbligato, se non in presenza del Re d'Inghilterra, dopo avergli assicurato il campo. Che dunque ha egli temuto? Gl'Istorici franzesi, che per altro sono stati ben attenti di trovare una occasione d'avvilir questo Principe nemico della Casa di Francia, non si sono curati di spiegare il soggetto del suo timore; ma gli Siciliani ed i Napoletani l'hanno fatto in dicendo, ch'egli era informato non solamente, che Carlo avea portati i suoi cento Cavalieri con lui in Bordeos, ma ch'egli aveva, altri dicono 3000 altri 5000 cavalli una giornata distanti da quella città; ed alcuni anche aggiungono, che il Re di Francia suo nipote era alla loro testa. Ciò che Mezeray non ha potuto interamente dissimulare, quando egli dice, che Pietro si ritirò, fingendo di aver paura di qualche sorpresa dalla parte del Re di Francia; perchè se il Re di Francia non avesse avute truppe vicino Bordeos, come Pietro, trovandosi ne' Stati del Re d'Inghilterra, avrebbe potuto fingere d'aver paura di qualche sorpresa del Re di Francia?

Si devono adunque esaminar due cose per giustificazione del Re d'Aragona: la prima, se egli ha eseguite le convenzioni; e di ciò non si può dubitare dopo aver letti gli articoli di sopra rapportati: la seconda, se ha avuto soggetto di diffidarsi di Carlo e del Re di Francia. Quanto al primo di questi Principi, gli Istorici di Napoli e di Sicilia dicono, ch'egli si era vantato pubblicamente di fare assassinare il Re d'Aragona, ciò che bastava per dare un giusto soggetto di timore a quest'ultimo, che si trovava in un paese lontano da' suoi Stati, vicino a quelli del Re di Francia, e senza salvacondotto del Re d'Inghilterra nè alcun'altra sicurezza, che la parola d'un nemico; sopra la buona fede del quale egli non poteva appoggiarsi, perchè si era vantato di farlo assassinare. Quanto al Re di Francia, gl'Italiani assicurano che avea un corpo di 5000 o di 3000 cavalli a una giornata di là. Mezeray e gli altri Istorici franzesi, che non hanno potuto ignorare ciò che gl'Italiani han detto, non lo negano, e si contentano di non parlarne; di maniera che egli è altrettanto dubbio, che la cosa sia vera, quanto è dubbio che sia falsa. In somma quando anche Re Pietro fosse stato preso da un timor mal fondato di qualche sorpresa del Re di Francia, non meritava perciò quelle accuse e quegli scherni, che han fatto i Franzesi su la sua condotta.

Dall'altra parte alcuni Istorici spagnuoli furono soverchio millantatori, e fra gli altri Garibay, il quale senza dubbio non sapeva le convenzioni passate tra' due Re; e pure fu così ardito, che scrisse, che il Re di Aragona si presentò a Bordeos, e che se ne ritornò perchè Carlo non vi si trovò: Despues que el Rey D. Pedro se apoderò del Reyno de Sicilia, viviò cinco annos, y dando orden en las cosas del nuevo Reyno, tornò à Espanna, y tuvò rieptos y desafios con el Rey Carlos, y disfrazado passò por la Provincia de Guipuscoa, para la Ciudad de Burdeos, que por ser en esto tiempo de Ingleses era el lugar de la batalla, a la qual por no acudir el Rey Carlos, tornò el Rey D. Pedro en Aragon, y Catalunna.

Non è da tralasciare quel, che tra queste diversità d'opinioni credette il Costanzo nostro gravissimo Scrittore, aiutato ancora da un'annotazione antica scritta a mano, che dice aver trovato: cioè che Re Pietro, il qual confidò sempre più nella forza, non ebbe mai volontà d'esporre un Regno a quel cimento, e che dopo la giornata, ragionando di questo fatto si fosse dichiarato, dicendo, ch'egli intrigò con tante condizioni e patti quel combattimento, per far perdere al Re Carlo una stagione, ed egli aver tempo di più fortificarsi, e far pigliar fiato a' Regni suoi; anzi si facea beffe di Carlo, che avesse creduto, ch'egli voleva avventurare il Regno di Sicilia, che già era suo, senza volere, che Carlo avesse da promettere di perdere all'incontro il Regno di Puglia, quando succedesse, che restasse vinto.

In fatti risoluto a questo modo il combattimento, Papa Martino ben s'avvide d'essere stato il Re Carlo beffato, e che Re Pietro avea evitata la guerra; onde pieno di stizza lo scomunicò con tutti i suoi Ministri ed aderenti. Scomunicò ancora, e di nuovo interdisse i Siciliani, dichiarandogli ribelli di S. Chiesa con tutti quelli, che gli favorivano in secreto, o in palese: lo privò e depose del Regno d'Aragona e di Valenza, scomunicando ancora chi l'ubbidisse, o chiamasse Re; e concedè questi Regni a Carlo di Valois, figliuolo secondogenito di Filippo III Re di Francia; mandando il Cardinal di S. Cecilia Legato Appostolico in Francia, con l'investitura di questi due Regni, ed a trattare col Re, ch'avesse da movere un potente esercito in Aragona, per discacciar Pietro dalla possessione di que' Regni. Fu ricevuto il Legato in Francia con grand'onore, e tosto si pose a predicar la Crociata, ed a conceder indulgenze a ciascuno, che prendesse l'armi contro Re Pietro, e non tardò il Re di Francia poner in punto un grandissimo esercito, col quale andò a quell'impresa. E Carlo dall'altra parte tornato da Guascogna in Provenza, glorioso per aver cavalcato il campo, ma deriso d'aver perduto il tempo, si mosse da Marsiglia con 60 galee e molte navi, e navigò di Provenza verso Napoli, con intenzione d'unirsi con l'altre galee ch'erano nel Regno, e passar in Sicilia innanzi l'Autunno.

Re Pietro all'incontro tornato in Aragona mandava tutto giorno validi soccorsi in Sicilia di navi e genti a Ruggiero di Loria suo Ammiraglio; e poco curando delle maledizioni e deposizioni del Papa, per ischerzo si faceva chiamare: Pietro d'Aragona, padre di due Re, e Signore del mare.

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