Litigi, ch'ebbe l'Imperador Errico con Papa Gregorio, il quale ricorre al Duca Roberto, che lo libera dall'armi dell'Imperadore.
La pace che Desiderio proccurò tra il Papa ed il Duca Roberto fu sì opportuna per ambedue, che ciascuno ne ricavò per quella molti vantaggi, ma sopra tutto Gregorio, che in altra guisa sarebbesi trovato in angustie più gravi ed insuperabili; poichè certamente senza gli ajuti di Roberto, sarebbe stato da Errico oppresso. Le discordie tra lui e l'Imperadore erano esacerbate in maniera, che prorompendo in manifeste contenzioni, finalmente terminarono in sedizioni, guerre e scismi ostinati. I primi semi di tante discordie furono le impedite investiture, ed il vedersi escluso l'Imperadore nell'elezione del Papa; s'aggiunse ancora il dispetto, che la Contessa Matilda gli fece, per aver donate molte terre e castelli della Liguria, e della Toscana alla Sede Appostolica. Gregorio all'incontro accagionando Errico, che per denaro, e con privata autorità investiva i Vescovi ed Abati, lo riprese prima acremente, ma da poi nell'anno 1076 venne alle censure. Errico essendo stato ancora offeso per una superba ambasceria, che Gregorio gli avea mandata, fece tosto ragunar un Concilio in Vormazia, nel quale accusato Gregorio di molti delitti ed enormità, fu deposto; da poi mandò egli in Roma i suoi Ambasciadori con lettere piene di disprezzo e di contumelia, per le quali se gli notificava di dover deporre il Ponteficato. All'incontro Gregorio ragunato in Roma un altro Concilio scomunicò tutti i Vescovi, che alla sua deposizione in Vormazia avean consentito: depose Errico del Regno di Germania e di quello d'Italia, ed assolse tutti i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà, che gli avean dato, proibendo loro di prestargli più ubbidienza, ed esortando tutti i Principi a prendere l'armi contro Errico. I Principi d'Alemagna considerando, che per la guerra che i Sassoni allora aveano mossa ad Errico, non era punto tempo da nudrire queste contese, persuasero all'Imperadore di proccurar la pace col Papa, e nell'istesso tempo proccurarono, che il Papa venisse in Alemagna, ove si sarebbero riconciliati, e accordato il tutto. Simulò Gregorio di volervi andare, ma essendo giunto a Vercelli, ritirossi a Canossa ch'era un castello posto nel distretto di Reggio. Errico premuto da' Sassoni voleva ad ogni suo costo aver pace col Papa, onde tosto passando l'Alpi venne ivi a trovarlo, e chiedergli perdono. Gregorio non volle prima ammetterlo; ma dopa averlo fatto per tre giorni aspettare scalzo alla porta di quel castello, essendosi interposti li familiari del Papa, e' Principi dell'Imperio, finalmente gli concedette il perdono.
Ma comprendendo, che per la sua acerbità, Errico maggiormente si sarebbe irritato, ed avendogli ancora Matilda avvertito, che l'Imperadore gli tendeva insidie per averlo in sue mani, tosto se ne tornò in Roma, ove nell'anno 1080, con maggiore celebrità, di nuovo scomunicollo, lo depose della Corona dell'Imperio, sciolse i suoi vassalli dal giuramento, vietò a tutti i Cristiani il prestargli ubbidienza: e diede il Regno di Alemagna a Rodolfo Duca di Suevia, esortando tutti i Principi di Germania ad eleggerlo Imperadore. Quando Errico riseppe che i Sassoni aveano eletto Rodolfo Imperadore per opporlo a lui, lasciò l'Italia, e passato in Francia presentò a Rodolfo la battaglia; pugnossi la prima volta ferocemente da ambedue, e fu fatta strage infinita, ma non bastando il tempo, si riserbò ad un'altra giornata: si tornò a combattere, e finalmente cedendo la parte di Rodolfo, venne fatto ad Errico di disfarlo. Restò in questa pugna Rodolfo miseramente ucciso, il quale in presenza de' suoi Capitani mostrando la sua mano tutta bruttata di sangue per le ferite, avanti di morire sì gli disse: Vedete questa mia mano tutta bruttata di sangue; con questa io giurai al mio Signore Errico di non insidiare alla sua vita, ed alla sua gloria; ma il Pontefice romano mi ridusse a trasgredire i giuramenti dati, e ad usurparmi quell'onore che a me non era dovuto. Qual fine io n'abbia conseguito voi già il vedete: lo vedranno ancora quelli che m'hanno istigato a questo.
Errico, sconfitto il suo rivale, memore degli oltraggi ed ingiurie ricevute da Gregorio, tosto ritornò in Italia; ed avendo fatto convocare prima in Magonza, e da poi in Breslavia un Concilio di Vescovi, fece deporre Gregorio, ed in suo luogo eleggere per Papa l'Arcivescovo di Ravenna, che Clemente III appellossi: indi calando in Roma con una potente armata, discacciato Gregorio, collocò Clemente in quella sede, dal quale volle anche ricevere la Corona imperiale. Gregorio intanto erasi ritirato nel castello di S. Angelo co' suoi, ove non potendo ricevere aiuto da' Romani, nè volendo altri soccorrerlo, essendo le forze dell'Imperadore pur troppo grandi, può credersi in quanta costernazione vivesse. S'aggiungeva ancora che Giordano Principe di Capua co' suoi Normanni, temendo che Errico da formidabili eserciti circondato non gli discacciasse dal Principato, proccurarono unirsi con lui contro Gregorio, onde le cose del Papa erano ridotte in istato pur troppo lagrimevole.
Non vi restava altro, che il ricorrere agli aiuti del famoso Roberto. Ma questi trovavasi molto lontano per soccorrerlo. Avea questo Principe ne' precedenti anni collocata in matrimonio una delle sue figliuole chiamata Elena, col figliuolo dell'Imperador Michele Ducas, appellato Costantino, Principe di tanta bellezza e sì ben disposto, che la Principessa Anna Comnena non fa punto di difficoltà di chiamarlo una principale opera della mano di Dio. Costei ancora non può trattenere il suo sdegno contro dell'Imperador Michele, per aver dato un figliuolo sì bello alla figliuola d'un uomo come Roberto, cui ella tratta, secondo il fasto ed alterigia de' Greci, qual miserabile ladrone, ed indegno d'imparentarsi con gl'Imperadori d'Oriente; ma Elena infelice Principessa era caduta pochi anni da poi in uno strano eccesso di miseria; poichè Niceforo Botoniate avendo discacciato Michele dall'Imperio d'Oriente, avea confinata tutta la sua famiglia in un monastero, e con inaudita inumanità avea fatto castrare Costantino marito della Principessa Elena. Un'ingiuria sì crudele ridondava in molto disprezzo ancora del Duca Roberto, il quale non poteva far di manco di non sentirla; ma d'altronde riguardava con occulto piacere l'occasione di portare le sue armi in Oriente.
Per la qual cosa egli ascoltò benignamente un Greco, che comparve alla sua Corte, e si spacciava per l'Imperadore Michele stesso, il quale per dar credenza all'impostura, minutamente narrava il modo, col quale era scappato via dal monastero, in cui era stato racchiuso in odio solamente, come e' diceva, dell'alleanza che avea contratta co' Normanni. Il Duca fece fare a questo personaggio onori straordinari, come se effettivamente fosse stato l'Imperadore; contuttochè molti Signori, ch'erano stati a Costantinopoli, ed aveano veduto Michele, confessavano che non lo ravvisavano per desso, o che bisognava che fosse molto cangiato. Ma Guiscardo non voleva entrar in questo dibattimento, se questi fosse il vero, o il falso Michele: tutto eragli una cosa per giugnere al suo intento. Egli pretendeva solamente ricondurlo a Costantinopoli alla testa d'un'armata, e di restituirlo al Trono imperiale, disegnando forse d'innalzarvisi egli medesimo, se si trovasse che questi non fosse il vero Michele. In fatti non si dubitò, che fosse un giuoco per allettare più facilmente i Greci, e per aver un pretesto più plausibile d'intrigarsi negli affari dell'Imperio d'Oriente: qualunque si fosse il supposto Michele, che Anna Comnena dice essere stato un Monaco greco, appellato Rettore, non lasciò Roberto di profittare del carattere, che gli fece sostenere.
Ma mentre che il Duca avea apparecchiato tutto ciò, ch'era necessario per una spedizione tanto importante, ebbe avviso, che in Costantinopoli era nata una nuova revoluzione, che avea messo fuori la Principessa Elena dallo stato miserabile, in cui ella prima si trovava; poichè Alessio Comneno essendo stato poc'anzi dalle Legioni proclamato Imperadore in Tracia avea deposto dal trono, e fatto tosare Niceforo Botoniate; ed egli era entrato trionfante in Costantinopoli ove avendo fatto uscire dal monastero la Principessa Elena la trattava con grand onore, disegnando così guadagnarsi il Duca Roberto, cui grandemente stimava e vie più temeva, che non gli contrastasse sì be' principj.
Ma tutto ciò non bastava per arrestare i disegni di Roberto, il quale avendo già tutto all'ordine per quella spedizione, non volle perder tempo a darvi principio; ond'essendosi a tal effetto portato in Otranto, ove dovea imbarcarsi con tutta la sua armata, provide prima al governo de' suoi Stati ch'e' lasciava in Italia. Lasciò il governo de' medesimi nelle mani di Ruggiero soprannomato Bursa suo figliuolo secondogenito, che egli avea generato da Sigelgaita sua seconda moglie, dichiarandolo erede in presenza del Popolo del Ducato di Puglia, di Calabria e di Sicilia. Questi era un Principe di tutto garbo, e di estremo valore; e gli lasciò per Ministri il Conte Roberto di Loritello suo nipote ed il Conte Girardo persona di somma esperienza, e di conosciuta integrità.
Egli s'imbarcò insieme colla Duchessa Sigelgaita, che volle seguire suo marito come un'Eroina alla testa delle sue truppe. Portò seco ancora il valoroso Boemondo suo figliuolo avuto dalla prima moglie Adelgrita, ed alquanti Baroni normanni. Giunti che furono nell'anno 1081 nell'isola di Corfù cominciarono ad invadere quelle Piazze per ridurre quell'isola sotto la loro dominazione: Alessio Imperadore avvisato della mossa di Roberto, tosto fece apparecchiar un'armata per reprimerlo; e quindi cominciò fra questi due Principi una guerra sì crudele, che ebbe avvenimenti sì grandi che spinsero la Principessa Anna Comnena figliuola dell'Imperadore Alessio a tesserne l'istoria, nella quale, con tutto che cercasse ingrandire le gesta di suo padre, non potè però parlare di Roberto, se non con elogi d'estremo valore e fortezza. E condennandomi il mio istituto a tralasciare sì illustri avvenimenti, rimetto i curiosi all'istoria di questa Principessa, ed a ciò che Malaterra e Guglielmo Pugliese ne scrissero. In breve dopo aver Roberto espugnata la città di Durazzo si rese padrone di quell'isola, ed aspirando a cose maggiori, spinse da poi le sue conquiste nella Bulgaria, facendo tremare tutto quel paese del suo nome fino alle porte di Costantinopoli.
Mentre che questo glorioso Eroe era intrigato in questa guerra con Alessio Comneno, ebbe pressanti e calde lettere dal Pontefice Gregorio, il quale nell'istesso tempo, che si rallegrava delle sue vittorie che riportava in Oriente, gli esponeva l'urgente bisogno che avea la Sede Appostolica del suo soccorso, e lo stato lagrimevole in cui trovavansi per le forze d'Errico. Il Duca era stato fin da che partì da Otranto avvisato de' sforzi d'Errico, il quale non essendo ancor partito da quella città, gli avea mandati Ambasciadori per tirarlo dalla sua parte; ma Roberto rimandatine tosto gli Ambasciadori, n'avea anche avvisato il Papa, con sentimenti sì obbliganti, sino a dichiararsi, che se non fosse già seguito l'imbarco delle sue truppe, l'avrebbe egli medesimo condotte alla volta di Roma; ma con tutto che lo stato de' suoi affari lo chiamassero necessariamente altrove, non perciò lasciava di raccomandar gl'interessi della Santa Sede al Conte Roberto suo nipote, ed al Conte Girardo suo grande amico.
Ma ora ch'erasi disbrigato dalla conquista di Corfù, e che in Bulgaria avea portate le sue vittoriose armi, avendo intesa l'urgenza del bisogno, con tutto che si trovasse nel colmo delle sue conquiste, le interruppe per girne a prestar al Papa quell'aiuto, che gli avea promesso: e lasciando il governo della armata al suo figliuolo Boemondo ed al Conte di Brienna, ripassò in Italia sopra due vascelli con un piccolo numero delle sue genti, e venne ad approdare in Otranto.
Per bramoso ch'e' si sentisse di marciare immantinente verso Roma, non potè farlo sì presto, e si contentò mandare al Papa una grossa somma di denaro, aspettando che fossero terminati nella Puglia gli affari, che richiedevano indispensabilmente la sua presenza; poichè alcune città, presa l'opportunità della sua lontananza, aveano proccurato sottrarsi dal suo dominio, e poco dopo la sua partenza da Otranto, gli abitanti di Troia e d'Ascoli, aveano incominciato i primi ad ammutinarsi, ricusando di pagar i tributi al suo figliuolo Ruggiero, ed alcune altre città, e molti Baroni aveano seguitato questo malvagio esempio, e nel tempo medesimo ch'egli sbarcava in Otranto, Goffredo Conte di Conversano andava ad assediare la città d'Oria. Ma appena vi giunse il Duca, che dissipò gli Assalitori, i quali abbandonando l'impresa si diedero alla fuga. Colla stessa facilità, colla quale fece togliere l'assedio d'Oria, punì la città di Canne, distruggendola interamente, per essersi ammutinata con più ostinazione dell'altre. Queste gloriose spedizioni acchetarono ne' suoi Stati tutti i movimenti sediziosi, che dianzi erano surti.
Nulla più avrebbe impedito d'andare a Roma, se non Giordano Principe di Capua. Questo Principe, avendo, come si disse, preso il partito d'Errico contro del Papa, signoreggiava la Campagna colle sue truppe, onde bisognava a Roberto, per passare in Roma, di toglier quest'ostacolo: ma questo valoroso Campione non solo fugò le nemiche truppe, ma portò l'assedio alla città d'Aversa per ridurla nelle sue mani. Giordano però difese la Piazza valorosamente; onde Roberto vedendo che non così presto poteva sperarsene la resa, sollecitando il Papa il soccorso, abbandonò l'assedio, ed in Roma portossi, ove trovò Gregorio strettamente assediato nel castello di S. Angelo, nell'istesso tempo che l'Imperadore e 'l suo Antipapa facevano tranquillo soggiorno nel Palagio di Laterano. Errico che si trovava in Roma con piccolo presidio, pensò uscir dalla città; Roberto all'incontro cinse Roma colla sua armata, e accostatosi sul bel mattino alla Porta di S. Lorenzo, che vide esser men guardata delle altre, fece appoggiar le scale alle mura, e montandovi sopra, aprì immantenente a tutta l'armata le porte. Ella passò senza difficoltà per le strade di Roma, e giunta al castel di S. Angelo, cavò fuori il Papa, e lo condusse onorevolmente al Palagio di Laterano.
I Romani del partito d'Errico restarono sorpresi d'una così valorosa azione; e quantunque da poi ripreso un poco di coraggio, avessero proccurato di ordire contro i Normanni una congiura, tosto Roberto v'accorse, e la ripresse in guisa, che i Romani costernati, risolvettero cercar pace al Papa, che loro la concedette.
Il famoso Guiscardo disbrigato da sì gloriosa impresa e sedati i tumulti, fece da poi uscir di Roma le sue truppe per ritornar in Puglia; ma Gregorio non fidandosi ancora de' Romani, e temendo d'esporsi un'altra volta a' loro insulti, risolvette di seguire l'armata de' Normanni ed il Duca Roberto. Partissi intanto egli da Roma seguitato da' Cardinali e da un gran numero di Vescovi, e fermatisi per alquanti giorni nel monastero di Monte Cassino, ove dall'Abate Desiderio furono splendidamente trattati, ritirossi in Salerno, senza voler giammai ritornar più in Roma, la cui fedeltà gli fu sempre sospetta.
I. Investitura data da Gregorio VII al Duca Roberto.
In questo viaggio, che fece il Papa col Duca Roberto, fu rinovata da Gregorio l'investitura, che questo Principe da Niccolò II, e da Alessandro suoi predecessori avea avuto del Ducato di Puglia e di Calabria e di Sicilia, la qual si legge nelle Epistole decretali di questo Pontefice, e porta la data di Cepperano, luogo, che si rendè poi celebre, per lo tradimento, che quivi il Conte di Caserta fece al Re Manfredi. In questa investitura è da ammirare la fortezza dell'animo, e intrepidezza d'Ildebrando, il quale non ostante i così segnalati e recenti beneficj, che avea ricevuti da Roberto, non volle però acconsentire, con tutto che si trovasse in mezzo dell'esercito de' Normanni, di ampliare l'investitura al Principato di Salerno, al Ducato d'Amalfi, e parte della Marca Firmana, che avea Roberto conquistato dopo l'investitura di Papa Niccolò, e che allora possedeva; ma solamente volle investirlo di ciò che i suoi predecessori Niccolò ed Alessandro aveanlo investito, lasciando sospesa l'investitura per quest'altri luoghi.
E perchè per quest'atto non s'inferisse pregiudicio alle pretensioni delle parti, ciascuna espressamente riserbossi le sue ragioni. Roberto nel giuramento di fedeltà, che diede a Gregorio, promettendo d'aiutare la Sede Appostolica, e di difendere la regalia e le terre di S. Pietro contro tutte le persone, nè invaderle, nè cercare d'acquistarle, ne eccettuò espressamente Salerno, Amalfi e parte della Marca Firmana, sopra le quali, com'e' dice, adhuc facta non est diffinitio. All'incontro Gregorio nell'investitura dichiarò solamente investirlo di ciò, che i suoi predecessori Niccolò ed Alessandro gli avean conceduto, soggiungendo, de illa autem terra, quam injuste tenes, sicut est Salernus, et Amalphia, et pars Marchiae Firmanae, nunc te patienter substineo in confidentia Dei omnipotentis, et tuae bonitatis, ut tu postea exinde ad honorem Dei, et Sancti Petri, ita te habeas, sicut et te agere, et me suscipere decet, sine periculo animae tuae, et meae. Ciò che mostra quanto fosse accorto questo Pontefice, il quale nell'istesso tempo, che lasciava in sospeso Roberto, volle tenerlo anche a freno, per lo bisogno nel quale lo lasciava di lui, e de' successori suoi per aver di questi luoghi l'investitura; e di vantaggio volle mostrare essere de' soli Pontefici romani dare e togliere gli Stati altrui, e di giustificare o riprovare le conquiste de' Principi secolari a lor voglia, riputandogli giusti o ingiusti a lor talento; trovando ancora un mezzo assai ingegnoso tra gli acquisti giusti ed ingiusti, cioè di sostenere gli ingiusti possessori in confidentia Dei omnipotentis, acciochè, siccome coloro si portavano colla Chiesa romana, così i Papi si regolassero di dichiarargli giusti o ingiusti Conquistatori.
E vedi intanto a ch'era giunta in questi tempi l'autorità de' romani Pontefici, e la stupidezza de' Principi del secolo, i quali per timore ch'essi aveano delle censure, per tema di non essere deposti, ed assoluti i loro vassalli da' giuramenti, non si curavano dipendere dal loro arbitrio, e riconoscere in essi tanta autorità, per non vedere in sedizioni e ruine sconvolti i loro Stati, atterriti dall'esempio pur troppo recente dell'Imperador Errico, che avea veduto ardere di crudel guerra la Germania, perch'ebbe poco amico Gregorio.