Boemondo travaglia gli Stati di suo fratello; Amalfi e Capua si sollevano; ed origine delle Crociate.
La morte di Gregorio portò disordini grandissimi alla Chiesa di Roma, poichè imbarazzati i Romani nell'elezione del successore, a cagion che l'Antipapa Gilberto s'era impadronito d'alcune chiese di Roma, e voleva farsi riconoscere per legittimo Papa: finalmente dopo un anno si determinarono eleggere per successore Desiderio celebre Abate Cassinense, secondo ciò che Ildebrando istesso avea consigliato che dovendosi ricercare per li bisogni della Chiesa un Papa, che avesse mano co' Principi del Mondo, non s'appartassero da Desiderio. Ma questi s'oppose in maniera, e con tal resistenza, che finalmente quasi per forza, e suo malgrado lo acclamarono Papa sotto il nome di Vittore III. Ma repugnando egli ostinatamente, fu di mestieri che si ragunasse in Capua un Concilio, ove furono anche invitati i Principi normanni, perchè s'impiegassero a far accettare il Ponteficato a Desiderio. Fu in quest'occasione l'opra di Ruggiero Duca di Puglia così efficace, che ridusselo ad accettare; e condottolo in Roma, tolsero a forza a Gilberto la chiesa di S. Pietro, e fecero ordinar Vittore. Ugone Vescovo di Die Legato di Gregorio VII e promosso all'Arcivescovado di Lione, pretendeva parimente il Ponteficato; e fu uno di coloro, che più fortemente si opposero all'ordinazion di Vittore. I Romani del partito di Gilberto si posero di nuovo in possesso della chiesa di S. Pietro, e dopo molti atti di ostilità, Vittore fu costretto a ritirarsi nel suo monastero di Monte Cassino, del quale uscì nel mese d'agosto per tenere un Concilio in Benevento, composto di Vescovi della Puglia e della Calabria, nel quale fece un discorso contro Gilberto, e di nuovo scomunicollo. Vi scomunicò parimente l'Arcivescovo di Lione, e 'l Vescovo di Marsiglia, e vi rinovò i divieti di ricevere le Investiture de' beneficj per le mani de' Laici. Ma nel tempo, in cui tenevasi questo Concilio, Vittore infermossi, il che l'obbligò a tornarsene in fretta a Monte Cassino, dove morì il dì 16 di settembre di questo anno 1087, dopo aver destinato Ottone Vescovo d'Ostia per suo successore.
Ricadde per tanto per la morte di Vittore di bel nuovo la Chiesa romana in angustie per l'elezione del successore; finalmente i Romani elessero per Papa Ottone, ch'era un Francese di Chastillon della diocesi di Rems, il quale tolto dal monastero di Clugnì per essere Cardinale, avea prestata una gran servitù a Gregorio VII, che l'avea inviato Legato in Alemagna contro Errico. Fu eletto in un'Adunanza di Cardinali e di Vescovi tenuta in Terracina, e nomato Urbano II.
Questo Papa sopra tutti gli altri fu il più ben affezionato a' Normanni; egli vedendo che Boemondo mal soffriva, che Ruggiero suo fratello si godesse tanti Stati in Italia, e che ritornato in Otranto avea mossa per ciò nuova guerra al fratello, si frappose fra loro, e gli accordò con queste condizioni, che Boemondo, oltre di quello che possedea, avrebbe di più la città di Maida e di Cosenza, ma da poi commutarono queste città, ed a Boemondo in cambio di Cosenza si diede Bari, rimanendo Cosenza al Duca Ruggiero. Portossi in quest'anno 1089 Papa Urbano in Melfi coll'occasione di celebrarvi un Concilio, ove espose il progetto della gran Crociata, e fu conclusa la lega contro gl'Infedeli: il Duca Ruggiero ivi andò ad onorarlo, e da Urbano fugli confermata l'Investitura, siccome i suoi predecessori aveano fatto a Roberto di lui padre.
Intanto essendogli ribellata Cosenza, il Duca ricorse al Conte di Sicilia suo zio, il quale tosto la ridusse; ed allora fu che Ruggiero, riconoscente di tanti beneficj ricevuti dal zio, gli donò la metà della città di Palermo, ove il Conte d'allora cominciò a farvi innalzare il castello, che oggi giorno s'appella il Palazzo regio. Così regnando l'uno Ruggiero in Sicilia, l'altro in Puglia, vennero a stabilirsi col volger degli anni questi due Regni, che fra lor divisi, ciascuno colle sue proprie leggi ed istituti, e co' proprj Ufficiali si governavano.
Il Conte Ruggiero, il quale, per la morte di due suoi figliuoli, Goffredo e Giordano, erasi renduto padre infelice al Mondo, ebbe, in quest'anno 1093, la gioja di veder nascere dalla Contessa Adelaida sua moglie un altro figliuolo, che Simone appellossi: ciò che lo mise in istato di poter passare più deliberatamente in Calabria per reprimere un nuovo tumulto, che cominciava a surgere nella sua famiglia.
Il Duca Ruggiero suo nipote avea fatta un'illustre alleanza in isposandosi Adala nipote di Filippo I, Re di Francia, e figliuola di Roberto Marchese di Fiandra. Egli n'avea avuti due figliuoli, Guglielmo e Luigi, che doveano essere suoi successori. Ma essendosi il Duca non molto tempo da poi ammalato gravemente in Melfi, erasi sparso ancora rumore che fosse morto. Boemondo che allora dimorava in Calabria, non aspettò altri riscontri: immantenente prende le armi, ed invade le terre di suo fratello, protestando nientedimeno, che lo faceva in favore de' figliuoli del Duca, insino a che fossero in età di governare. Il Conte di Sicilia, che ebbe questo zelo per sospetto, e che si sdegnò perchè osasse di dar questi passi senza consigliarnelo, v'accorse con una potente armata, e subito che vi fu giunto, obbligò Boemondo a ritirarsi. Intanto il Duca essendosi riavuto con perfetta salute contro ogni speranza, Boemondo si portò incontanente in Melfi per dimostrargliene gioja, e per rimettergli tutto il paese, di cui erasi impadronito, giustificando quanto gli fu possibile la condotta, ch'egli avea tenuta.
Ma non finirono qui le turbolenze; un'altra assai più pericolosa se ne scoverse in Amalfi. Il Duca Ruggiero, fidando troppo de' Longobardi per la considerazione di Sigelgaita sua madre ch'era di questa Nazione, come quella che fu sorella dell'ultimo Principe di Salerno, non faceva difficoltà di commettere il governo delle sue Piazze a' Longobardi stessi, a' quali egli e suo padre l'avean tolte: fra l'altre diedero Amalfi in guardia de' Comandanti longobardi, i quali vollero ben tosto profittare de' disordini accaduti poco prima in Cosenza; poichè applicati il Duca ed il Conte suo zio a reprimere la fellonia de' Cosentini, essi cacciarono da Amalfi tutti i partegiani del Duca, e trapassando ad aperta ribellione, ricusarono di ricevere lui medesimo. Il Duca fortemente irato di tanta fellonia, per ridurre la città, pensò allettar Boemondo suo fratello, pregandolo a prestargli soccorso, siccome questo Principe lo fece con tutta la sua milizia, che dalla Puglia e dalla Calabria teneva raccolta: invitò il Duca anche Ruggiero Conte di Sicilia a soccorrerlo; ed in fatti in quest'anno 1096 venne il Conte con ventimila Saraceni, e con infinita moltitudine di altre Nazioni a porre l'assedio ad Amalfi. La Piazza fu investita da questi tre Principi con tutte le loro forze, e l'assedio fu così stretto, che se non fosse stata l'impresa attraversata da congiunture assai strane, certamente Amalfi si sarebbe resa.
Ciò che l'obbligò a scioglier l'assedio fu una nuova impresa che si offerse a Boemondo ed a' suoi soldati, i quali scordatisi dell'impegno nel quale erano, in un subito si voltarono altrove. Fu ciò la pubblicazione delle prime Crociate, l'invenzion delle quali devesi ad Urbano II primo lor autore. Questi nell'anno 1095 avendo ragunato in Francia nella città di Chiaramonte un Concilio, animò tutti i Principi d'Europa all'impresa di Terrasanta, e fu tanto l'ardore di questi Principi, stimolati anche dal solitario Pietro, che posero, per accingersi a sì gloriosa impresa, in iscompiglio tutta l'Europa; ma sopra tutte le altre province, l'Italia e la Francia abbondò di gente, che anelavano di farsi crocesignare, e di prender l'armi per quest'espedizione. S'armarono il Grande Ugone fratello di Filippo I, Re di Francia, Roberto Duca di Normannia. Goffredo Buglione Duca di Lorena, ed i Conti di Fiandra e di Tolosa. Ma fra i nostri Principi normanni, Boemondo col suo nipote Tancredi figliuolo del Duca Ruggiero natogli da Alberada sua prima moglie, come scrivono Pirri ed il Summonte (poichè Orderico Vitale, e l'Abate della Noce portano Tancredi figliuolo d'una sorella di Boemondo) furono i più accesi per quest'impresa. Boemondo, sia stato vero zelo o dolore di non essere abbastanza distinto in Italia, ovvero per disegno di continuare le conquiste che avea cominciato con suo padre in Oriente, immantenente lasciato l'assedio d'Amalfi, si mise la Croce rossa sopra i suoi abiti, e fattosi recare dei mantelli di porpora, con gran apparecchio in minuti pezzi dividendogli, ne segnò anche i suoi soldati. Il suo esemplo, e la cura che si prendeva a promovere questa sua divozione, fece sì che a lui ed a Tancredi si unisse un gran numero di gente per seguirgli in quest'impresa. Furon seguiti sopra tutti gli altri da molti Pugliesi, Calabresi, Siciliani, e d'altre regioni d'Italia, tanto che tosto ne fu composta una grossa armata, e fecegli giurare con esso lui sul campo di non fare niuna guerra contra de' Cristiani infino, che non si fosse conquistato il paese degl'Infedeli. Il Duca Ruggiero, il quale si vide così ad un tratto abbandonato in Amalfi, e che la nuova Crociata gli avea tolta la più bella parte delle sue truppe, fu necessitato con gran rammarico e indignazione contra Boemondo, col quale non valsero rimproveri nè scongiuri, coprendosi sotto il manto della religione, e del zelo, a togliere l'assedio per avanzato che si fosse. Il Conte Ruggiero vedutosi ancora abbandonato da' suoi, non potendogli impedirgli per un'espedizione così speziosa, s'ebbe pazienza, e pien di mestizia tornossene in Sicilia. All'incontro Boemondo e Tancredi messisi alla testa de' loro Pugliesi e Calabresi, e d'infinito numero d'altre Nazioni, imbarcatisi in Bari cominciarono a navigare verso Oriente. Il nostro incomparabile Torquato nel suo divino poema, valendosi di quella licenza a' Poeti concessa, fa Tancredi Capitano di ottocento uomini a cavallo, che finge aver seco condotti dalla Campagna felice presso Napoli; ma in questi tempi nè a Boemondo, nè a Tancredi ubbidiva questa regione; tanto è lontano che quindi avesse potuto raccorgli. La Campagna felice in gran sua parte allora era al Ducato napoletano sottoposta, che si reggeva da Sergio Duca e Console sotto l'Imperador Alessio Comneno. Solo Aversa nuova città era in potere de' Normanni, ma d'altro genere, come si è detto, non già della razza di Tancredi Conte d'Altavilla, di cui discendevano Boemondo e Ruggiero. E Capua in questo mentre trovavasi essersi già ribellata da' Principi normanni; poichè morto in Piperno nell'anno 1090 il Principe Giordano, ancorchè avesse lasciato Riccardo suo figliuolo di tenera età per successore al Principato, nulladimanco i Longobardi capuani, subito che furono avvisati della morte di Giordano, cospirarono contro Riccardo, e contro la Principessa sua madre; ed avendosi poste in mano le Fortezze della città, ne discacciarono tutti i Normanni; tanto che fu d'uopo a Riccardo, ed a sua madre per asilo ricovrarsi in Aversa, ove si trattennero insino che dal Duca di Puglia, e da Ruggiero Conte di Sicilia, non furono soccorsi, e restituiti in Capua.
Questo famoso Eroe dapoi che si levò dall'assedio di Amalfi, ritornato in Sicilia, non pensava ad altro, che di stabilire più fermo il dominio nella sua famiglia con illustri parentele. I più grandi Principi della Cristianità ricercavano a gara la sua amicizia e la sua alleanza. In fatti erano già quasi due anni, che la sua prima figliuola nell'anno 1093 era stata ricercata da Filippo I Re di Francia, e la seconda nell'anno 1094 fu sposata a Corrado figliuolo dell'Imperador Errico III. Questo Principe per le discordie di Errico suo padre con i romani Pontefici, fu da costoro stimolato a lasciare il partito di suo padre, e non bastandogli d'essersi attaccato al contrario, arrivò a tal estremità, che non fu punto difficile di movere apertamente contro il padre le armi; e portatosi in Italia, col favore del Pontefice, occupò molti luoghi, che dependevano dall'Imperio, e da lui sottratti ad Errico. Il Pontefice Urbano e la Contessa Matilda, non trovando miglior modo per mantenerlo, proccurarono farlo entrare nella famiglia del Conte di Sicilia, con fargli sposare la costui figliuola, perchè lo sostenesse contro gli sforzi di Errico.
Il Re d'Ungheria invidiandogli questa alleanza, due anni da poi mandò Ambasciadori al Conte a dimandargli un'altra figliuola per isposarla ad Alemanno suo figliuolo. Ruggiero non ricusò il partito, e con molta pompa e celebrità fu tosto nel 1097 condotta la Principessa al marito. Questa prosperità sì estraordinaria nella famiglia di Ruggiero, ed i successi tanto illustri del suo Regno gli meritarono il soprannome di Gran Conte, ed intorno a questo tempo cominciò ad usarlo ne' suoi titoli.
Agostino Inveges, oltre a queste ragioni, rapporta, che fu mosso Ruggiero a chiamarsi Gran Conte, perchè egli avea creato Simone suo figliuolo Conte di Butera; e cominciandosi già in Sicilia ad introdursi l'uso de' Feudi e de' Contadi; ed essere decorati di questi titoli i figli, i nepoti e' vassalli del Conte, per distinguersi da costoro, cominciasse a sottoscriversi con questo nuovo titolo Magnus Comes Calabriae, et Siciliae.
Ma ciò che maggiormente fece rilucere la potenza di Ruggiero G. Conte di Sicilia, fu l'impresa di Capua. Riccardo figliuolo di Giordano, che discacciato da Capua, erasi ritirato in Aversa, non potendo per se solo ricuperar Capua, lo richiese di soccorso, e della sua protezione: promettendogli, in riconoscenza di questo importante aiuto, di farsi suo uom ligio, e fargli omaggio de' suoi Stati.
Ed aggiunge Malaterra, che Riccardo oltre la promessa fatta di prestargli omaggio, in ricompensa gli avesse anche offerta Napoli, la qual città dovea ancora conquistarsi. E molto a proposito avverte Inveges, che non si sa donde nascesse a Riccardo questa ragione di così disporre di Napoli, che in questi tempi si governava da' suoi propri Duchi in forma di Repubblica. Il Conte non fu insensibile a queste offerte; poichè tosto unendo una sua armata, venne verso Capua, ove il Duca di Puglia suo nipote, e Riccardo eransi già uniti per assediarla: egli prima di cominciar l'assedio fece predare tutta la vicina Campagna: da poi strinse la città minacciando agli abitanti la lor ruina se non si rendessero. In questo, avendo Urbano II inteso il pericolo de' Capuani, venne tosto al campo ov'erano questi Principi per ottenere da essi la pace, ed impedire la rovina di quella città. Egli fu ricevuto magnificamente da que' Principi, i quali consentirono di rimettere i loro interessi nelle sue mani, purchè i ribelli volessero far il medesimo, del che fu avvertito il Papa, che non farebbero punto. Con tutto ciò volle Urbano tentare di ridurgli, ed entrato nella città, ancorchè gli dessero parola di volerlo fare, quando si venne all'effetto, rifiutarono di voler rendere la città a chi si sia. Il Papa pentitosi d'essersi mosso per loro cagione, se ne ritornò indietro, niente curandosi di ciò avrebbe potuto di male accadergli. L'assedio si strinse per ciò più fortemente, ed Iddio in questo punto fece al Conte di Sicilia segnalatissimi favori; poichè la Contessa Adelaide sua sposa, che in quell'impresa avealo seguitato, vi divenne gravida. Si sgravò del parto in Melito di Calabria in decembre di quest'anno 1097, ovvero, come altri rapportano, in febbraio dell'anno seguente, e diè alla luce un figliuolo, il quale fu battezzato per mano di S. Brunone fondatore dell'Ordine de' Certosini, col quale il Conte, per la gran fama che teneva di santità, avea strettissima amicizia, ed egli fu il primo, che stabilì nella Calabria quell'Ordine nascente, di cui si mostrò sempre protettore.
Al fanciullo fu posto nome Ruggiero: quegli che per le famose sue gesta fu il I Re di Sicilia. Errano perciò il Fazello, che scrisse questo Eroe esser nato in Salerno; e Pirri, che anticipando due anni questa nascita, nel 1095 lo dice nato in Sicilia. Il secondo favore, che Ruggiero ricevette dal Cielo per l'intercessione di S. Brunone fu l'essere stato liberato d'un tradimento, che un Greco appellato Sergio, aveagli macchinato; ma l'aver il Conte ripressa questa congiura col sangue de' congiurati, intimorì in guisa gli assediati, che tosto la Piazza fu resa, e restituita al Principe Riccardo: usò gran clemenza co' medesimi secondo il consiglio che glie ne diede il Conte, talmente che si contentò d'eleggere il suo soggiorno in una delle torri più alte della cittadella, ove entrò trionfante; onde ristabilito nel Principato di Capua, riconoscendo quest'importante conquista da' due Ruggieri, fece loro in segno di gratitudine ogni onore, e come uomo ligio giurò loro omaggio.
Questi due Principi spediti da quest'impresa si ritirarono unitamente in Salerno ove si trattennero insieme per qualche tempo. Meditava il Duca di Puglia, sopra le altre città de' suoi dominj in Italia, trasciegliere Salerno per sua sede regia, siccome avea pensato anche Roberto Guiscardo, conquistata che l'ebbe, di costituirla città metropoli, non altramente, che per quello riguarda la politia ecclesiastica, avea fatto il Pontefice Giovanni XIII. Perciò la sua più lunga residenza la faceva in Salerno; il di cui esempio seguirono da poi i suoi successori. Quivi ospiziò il suo zio colla Contessa e col picciolo figliuolo poc'anzi natogli, il quale gli fu successore ne' suoi dominj.