CAPITOLO XII.

Politia ecclesiastica di queste nostre province per tutto l'undecimo secolo, insino a Ruggiero I Re di Sicilia.

I Pontefici romani si videro in questo secolo in un maggior splendore, e la loro potenza grandemente cresciuta, così sopra il temporale, come sopra lo spirituale delle nostre Chiese; e si renderono molto più a' Popoli tremendi, ed a' Principi sospetti. La deposizione d'Errico Imperadore, le scomuniche che senza riguardo, anche sopra Principi coronati, erano frequentemente fulminate, le spedizioni per Terra Santa, l'introduzione delle Crociate, e 'l contrastare l'investiture a' Principi secolari, fece loro acquistare non minor ricchezza, che potenza sopra i maggiori Re della terra. Ed intorno a distendere la loro autorità spirituale sopra tutte le Chiese d'Occidente, non fu veduta la loro potenza più assoluta e maggiore che in questi tempi, particolarmente sotto il Ponteficato di Gregorio VII. Si mandavano Legati a latere in tutte le province di Europa: si mandavano da Roma i Vicarj: si chiamavano i Vescovi a Roma per render conto di lor condotta: si confermavano, o riprovavano le loro elezioni: si ricevevano le appellazioni delle loro sentenze, ammettevano le querele de' loro diocesani, o decidendole in Roma, ovvero assegnando Giudici a tutti i luoghi. In breve entravano a conoscere nelle particolarità di quanto succedeva nelle loro diocesi. Trassero perciò una infinità di cause in Roma, ovvero destinando Commessarj ne' luoghi da essi nominati, gli facevan operare colla loro autorità.

Si proccurarono introdurre nuove massime ed idee del Ponteficato romano, e stabilire quasi per articolo di fede, che il romano Pontefice abbia autorità di deporre i Re ed i Principi de' loro Regni e Dominj, se non ubbidivano a' suoi comandamenti, e sciorre i loro vassalli dall'ubbidienza: che il Papa non meno dello spirituale, che del temporale fosse Principe e Monarca; e che tutto l'Ordine ecclesiastico sia affatto libero ed immune da ogni potestà e giurisdizione di Principi secolari, anche nelle cose civili e temporali, e ciò per diritto non umano, ma divino. E poichè a questi tempi i soli Ecclesiastici e' Monaci, ma sopra gli altri quelli della Regola di S. Benedetto, possedevano lettere, ed il Popolo era in una profonda ignoranza, perciò tutto quello, che lor veniva da' Monaci e Preti dato ad intendere, come oracolo era ricevuto; quindi come narra Giovan Gersone, riputavasi il Papa esser un Dio, e che teneva ogni potestà sopra il Cielo, e sopra la terra.

La Chiesa greca, che in ciò non conveniva colla latina, e che perciò riputava il Pontefice romano, non Vescovo, ma Imperadore, venne in una più aperta divisione, separandosi affatto dalla latina, e perchè l'erano state tolte da' Normanni tutte le Chiese, che prima erano sottoposte al Trono costantinopolitano, e restituite al romano, non ebbe più che impacciarsi colle nostre Chiese. Quindi non ci sarà data da qui innanzi occasione di favellare più del Patriarca di Costantinopoli, la cui autorità, non meno che il greco Imperio, andava alla giornata scadendo. I nostri valorosi Normanni avendo discacciati affatto dalla Sicilia, e da queste nostre province i Greci, restituirono al Pontefice romano tutte le nostre Chiese; e perchè maggiormente si manifestasse quanto fosse grande il beneficio, che i nostri Principi aveano perciò reso alla Chiesa romana, Nilo Doxopatrio, che si trovava allora Archimandrita in Sicilia, scrisse un trattato delle cinque Sedi patriarcali, che a questo fino dedicò a Ruggiero I Re di Sicilia, nel quale, come fu narrato nel sesto libro di quest'Istoria, noverò le Chiese che erano state restituite al Trono romano da' Normanni, e tolte al costantinopolitano.

Per queste cagioni, e per altri segnalati servigi prestati da' Normanni alla Chiesa romana, oltre alla Monarchia fondata in Sicilia, a' nostri Principi, nel Regno di Puglia, furono serbate intatte le ragioni delle investiture, e che nell'elezione de' Prelati, senza la lor permissione ed assenso, da poichè erano stati dal Clero e dal Popolo eletti, non potesse alcuno ordinarsi. Onde la Glosa Canonica disse, che nel Regno di Puglia ciò costumavasi per facoltà, che n'aveano i Re dalla Sede Appostolica. Sia per questa ragione, sia per le molte altre rapportate da noi altrove ad altro proposito, egli è evidente, che nel Regno de' Normanni, nell'ordinazione di tutti i Vescovi e Prelati di queste nostre province, era riputato necessario l'assenso del Re, senza il quale era inutile ogni elezione. Così abbiam veduto, che il Duca Ruggiero, restituita la Chiesa di Rossano al Trono romano, e tolta al greco, nominò egli il Vescovo in luogo dell'ultimo, ch'era allora morto; ma perchè quegli era del rito latino, i Rossanesi, che erano assuefatti al rito greco, ripugnarono di rendersi al Duca, se prima non concedesse loro un Vescovo del rito greco, siccome gli compiacque. E nell'elezione d'Elia Arcivescovo di Bari seguita nell'anno 1089 questo medesimo Principe vi diede il suo assenso, dopo il quale fu consecrato in Bari da Papa Urbano II, siccome ancor fu praticato nell'elezione del Vescovo d'Avellino a tempo del Re Ruggiero, dandovi il suo assenso Roberto Gran Cancelliero di Sicilia in nome del Re. E vi è chi scrisse, che il Re Ruggiero fra l'altre cagioni, onde si disgustò con Papa Innocenzio II, ed aderì ad Anacleto, una si fu, che Innocenzio s'era offeso di lui, perchè s'abusasse troppo, ed audacemente di questa parte, che avea nell'elezioni de' Vescovi ed Abati, impedendo la libertà di quelle; ed il Cardinal Baronio rapporta ancora il mal uso, che faceva Ruggiero di questa potestà; e che una fiata a tre persone diverse avea per prezzo, secondo che gli veniva offerto, conceduta la Chiesa d'Avellino, e poi la diede al quarto, che non la pretendeva; ma il Baronio mal fu inteso di questo fatto, perchè non il Re, ma Roberto suo Gran Cancelliero fece escludere i tre come simoniaci, e volendo schernire la loro malvagità, pattuì con tutti e tre separatamente, e poi riscosso il denaro, gli deluse, e fece eleggere per Vescovo un povero Frate di buona e santa vita, e che punto a ciò non badava; come narra Giovanni di Salisburì Vescovo di Sciartres. Non meno i nostri Re normanni, che i Svevi ritennero questa prerogativa; onde avvenne, che stando Federico II sotto il Baliato d'Innocenzio III in tutte l'elezioni, il Papa stesso dava l'assenso, ma vice Regia, come Balio ch'egli era del giovanetto Principe; come diremo ne' seguenti libri.

Ritennero ancora i nostri Principi normanni la Regalia nelle nostre Chiese, non altramente che rimase in Francia; poichè dopo la morte de' Vescovi, fino che fosse creato il successore, essendo tutte le Chiese del Regno, e particolarmente quelle, che sono prive di Pastore, sotto la potestà regia, essi disponevano dell'entrate delle medesime, e perciò erasi introdotto costume che morto il Prelato, i Baglivi del Principe prendevano la cura e l'amministrazione dell'entrate delle medesime, insino che le Chiese fossero previste; siccome lo testifica l'istesso Re Ruggiero I in una sua Costituzione.

§. I. Monaci, e beni temporali.

Non meno delle Chiese, che sopra i monasteri, che tuttavia andavansi di nuovo ergendo sotto altre Regole e nuove riforme, stendevano i nostri Principi normanni la loro potestà e protezione. La loro pietà e religione, siccome fu cagione che lo Stato monastico in questo secolo ricevesse grandi accrescimenti e ricchezze, così meritava, che avendone essi molti arricchiti, ed altri da' fondamenti eretti, che si conservassero sotto la loro cura e protezione. Le cotante ricchezze, ed il gran numero de' monasterj dell'Ordine di S. Benedetto, e le grandi facoltà, che furon a quelli date, introdussero nell'Ordine monastico un gran rilasciamento. I Monaci perderono assai della riputazione di santità, e si perdette affatto la disciplina ed osservanza regolare nei monasterj; poichè s'intromisero ne' negozi di Stato e di guerra, frequentavano le Corti, e s'intricavano grandemente nell'imprese de' Pontefici contro i Principi. Tanto rilasciamento spinse molti ad abbracciare una vita più austera, onde si diede principio allo stabilimento di nuovi Ordini, i quali tutti facevano professione di seguire la Regola di S. Benedetto, benchè avessero qualche usanza ed instituto particolare. In Italia, nel principio di questo secolo, Romualdo ritiratosi nelle solitudini si fermò, menando vita eremitica, nella campagna d'Arezzo, ove abitando in una casa d'un certo uomo chiamato Maldo, istituì una Congregazione di Monaci, che dal luogo ove prima abitarono, furono chiamati Camaldolesi . Si multiplicarono da poi in gran numero i monasteri di questo Ordine in tutta Italia, e penetrarono ancora in queste nostre province. Pier Damiano istituì parimente una Congregazione di Romiti del medesimo genere; e Giovanni Gualberto di Firenze avendo lasciato il suo monastero per abbracciare una vita più austera e regolare, si ritirò in Vallombrosa, e vi gittò i fondamenti di una nuova Congregazione. Ma furono maggiori i progressi appresso noi dell'Ordine de' Certosini istituito da S. Brunone nell'anno 1086. Brunone fu nativo di Colonia, e mentr'era Canonico di Rems, volle ritirarsi insieme con sei dei suoi compagni nella solitudine della Certosa, che lor fu assegnata da Ugone Vescovo di Grenoble. Nell'anno 1090 Urbano II lo chiamò in Italia, dove si ritirò in una solitudine della Calabria nominata la Torre. La fama della sua santità invogliò Ruggiero Gran Conte di Sicilia ad aver con lui stretta amicizia; ed essendosi sgravata la Contessa Adelaide sua moglie in Melito, e dato alla luce un figliuolo, lo fece battezzare per mano di Brunone: a sua intercessione ricevette dal Cielo Ruggiero maggiori favori, e segnalatissimo fu quello d'essere stato liberato da un tradimento, che il greco Sergio aveagli macchinato, perciò in Calabria si vide quest'Ordine essere stato presso noi prima stabilito, a cui i nostri Principi normanni concederono di grandi prerogative e ricchezze. I Re Angioini poi in Napoli arricchirono assai più un loro monastero fondato nel monte di S. Eramo sotto il nome di S. Martino, per una chiesetta, che eravi prima dedicata a questo Santo; ed in progresso di tempo crebbero le loro ricchezze in tanto eccesso, quanto ora si vede. Si videro ancora a questi tempi in Francia sorgere altre riforme sotto altre Regole, donde poi vennero a noi. Due Gentiluomini di Vienna, Gastone e Girondo, avendo votate le lor persone, e le lor facoltà al soccorso di coloro, ch'erano assaliti dall'infermità della risipola, ovvero fuoco sacro, che andavano ad implorare l'intercessione di S. Antonio in Vienna, diedero principio all'istituzione dell'Ordine di S. Antonio, composto da principio di alcuni laici, e poi di Religiosi, i quali fecero professione della Regola di S. Agostino. L'anno 1098 Roberto Abate di Molesmo si ritirò in Cistella nella diocesi di Scialen sopra Saona con alcuni Religiosi, in numero di ventuno; vi fondò un monastero, e vi lasciò alcuni Religiosi, i quali vi restarono da poi ch'e' fu ritornato in Molesmo. Questa riforma fu approvata nell'anno 1100 dal Papa; e Stefano Ardingo pose nell'anno 1100 la prima mano alla perfezione di quest'Ordine, che divenne floridissimo. Ma presso di noi rilusse assai più nel principio del seguente secolo intorno l'anno 1134 sotto Ruggiero I Re di Sicilia una nuova riforma dell'Ordine di San Benedetto, il cui autore fu Guglielmo da Vercelli. Questi fu il fondatore dell'Ordine de' Frati di Monte Vergine, il quale per la fama della santità della sua vita fu molto caro al Re Ruggiero, ed a Giorgio d'Antiochia suo Grand'Ammiraglio, ed usando spesso nella Corte del Re per li bisogni de' suoi Frati, era da molti Cavalieri della Casa reale stimato e riverito per Santo. Ruggiero perciò favorì il suo Ordine, ed arricchì molto il monastero novellamente da lui fondato in Monte Vergine, non molto da Napoli lontano. Giovanni di Nusco Frate del suo Ordine, che visse a' suoi tempi, e che scrisse la vita del Santo, la quale secondo testifica Francesco Capecelatro, scritta in carta pecora con caratteri longobardi si conserva nell'Archivio del monastero di Monte Vergine, porta un privilegio spedito dal Re Ruggiero in Palermo alli 8 di dicembre dell'anno 1140, nel quale il Re per la salute dell'anima del Conte Ruggiero suo padre, per quella della Regina Adelaida sua madre, e di Albiria sua moglie, concede a' Frati di Monte Vergine la Chiesa di S. Maria di Buffiana, confermando loro parimente per la stessa scrittura, tutti i poderi e le rendite, che allor teneano, e tutte quelle che per l'avvenire fossero loro concedute; il qual privilegio è sottoscritto in nome del Re dal Principe Guglielmo suo figliuolo. Crebbe in decorso di tempo l'Ordine, e nella strada del Seggio di Nilo fu eretto un nuovo monastero con chiesa, la quale fu da poi ampliata dal famoso e celebrato Giureconsulto Bartolomeo di Capua, e dove al presente giacciono l'ossa dell'altro nostro famoso Giureconsulto Matteo degli Afflitti. Ma egli è ben da notare, che queste riforme dell'Ordine di S. Benedetto nacquero per lo rilasciamento della disciplina ed osservanza regolare cagionato dalle tante ricchezze, che corruppero ogni buono costume. Ma chi crederebbe, che queste istesse riforme fondate principalmente sopra il disprezzo de' beni mondani, fossero state cagioni di maggiori acquisti all'Ordine monastico di beni temporali? I creduli devoti edificati dalla vita austera de' primi fondatori, e presi dalla loro santità, e da' miracoli, che se ne contavano, non guari tardarono a profondere i loro beni, con farne amplissime donazioni alle Chiese, e a' nuovi monasterj, che s'andavan ergendo; tanto che in decorso di tempo si videro le loro ricchezze non inferiori a quelle de' primi come si vide chiaro ne' Certosini, ne' Frati di Monte Vergine e ne' Camaldolesi ancora; onde bisognava riformare la Riforma ed in cotal maniera rimasero i primi acquisti, e sempre più se ne facevano de' nuovi. E non senza stupore fu veduto ne' seguenti secoli, che sursero nuovi Ordini fondati cotanto in questo disprezzo de' beni mondani, che perciò presero il nome di Mendicanti, a tre voti aggiungendo il quarto di vivere in mendicità e d'elemosine; e pure scorgendosi, che questa austerità gli accreditava tanto presso i Popoli che gli invogliava maggiormente ad arricchirgli, per non mandar a voto i loro desiderj, si trovò modo di rendergli capaci di nuovi acquisti, onde in decorso di tempo le quattro Religioni Mendicanti si videro in tanta ricchezza, che cagionando rilasciamento, bisognò pensare a nuove riforme. Ma che pro? i Domenicani Riformati per qualche tempo si mantennero, ma dapoi tornarono a quel di prima. Da' Carmelitani ne surse negli ultimi secoli una più austera riforma di Carmelitani Scalzi, che ne' primi loro instituti non professavano altro che mendicità, ed un totale abborrimento de' beni temporali; ma dapoi si trovò modo di rendergli capaci di successione, d'eredità e d'ogn'altro acquisto, tanto che presso di noi crebbero le loro ricchezze in quel grado che oggi ognun vede. Ma quello che supera ogni credenza si è il vedere, che a' tempi del Pontefice Paolo IV surse un nuovo Ordine di Chierici Regolari chiamato ora de' Teatini, i quali non pure doveano vivere poveri e mendici, ma per loro istituto, quasi emulando gli altri Ordini fondati nella mendicità, ed aggiungendo maggiori rigori, fu loro proibito che non potessero nemmeno andar limosinando; ma considerando che i gigli del campo, e gli uccelli dell'aria, senza nè filare, nè in altro modo travagliarsi vivono e vestono, così essi dovessero totalmente abbandonarsi nella Divina Providenza, la quale siccome provede a quelli, avrebbe anco di loro presa cura e pensiero: e pure niente tutto ciò ha giovato; perchè non sono mancati chi correndo loro dietro, abbian voluto con larghe donazioni ed eredità arricchirgli quasi a lor dispetto; ma essi niente curandosi di quest'oltraggi, non han ricusato riceverle; e si è trovato ancor modo di rendergli capaci di legati e di successioni, in guisa che le loro ricchezze sono giunte a segno, che presso noi hanno innalzati edificj cotanto magnifici e stupendi, che le loro abitazioni non sembrano più monasterj ma castelli, e s'han posto addietro i più superbi palagi ed edificj delle più illustri città del Mondo. Vi furono in questo secolo, e nel seguente molte altre occasioni, onde l'Ordine ecclesiastico fece grandi acquisti. La principale fu la Milizia di Terra Santa; fu veramente cosa da stupire il vedere, quanto fossero accesi gli animi, non pure delle persone volgari, ma de' Principi stessi per queste spedizioni: la divozion, che s'avea de' luoghi santi e sopra ogn'altro di que' di Gerusalemme, fu così intensa, che non curando nè disagi, nè pericoli, s'esponevan a viaggi lunghissimi, pieni d'aguati e di ladroni: le asprezze, li rigori e le astinenze che soffrivano, riuscivano loro di piacere; e narrasi, che Folco Conte di Angiò andò fino a Gerusalemme, per farsi quivi flagellare da due suoi servidori, con la fune al collo davanti al Sepolcro di Nostro Signore. Può ciascun immaginarsi da ciò, quanto fosse intenso il fervore di andare, o di contribuire all'acquisto di que' Santuarj, e vindicargli dalle mani degl'Infedeli. Non si teneva conto delle robe, delle mogli, e de' figliuoli; ma i mariti ed i padri, abbandonando ogni cosa, e vendendo quanto avevano, s'ascrivevano a questa milizia, e passavano il mare; nel che fra noi si distinsero sopra tutti li Pugliesi ed i Calabresi, i quali sotto Boemondo e Tancredi, abbandonando le loro case, gli seguirono; anzi le donne stesse, senz'aver riguardo a' proprj figliuoli, vendevano i beni lor rimasi, per sovvenire alla guerra. I Pontefici romani, ed i Vescovi delle città, per mezzo dei loro Brevi, ricevevano sotto la loro protezione le case ed i negozj de' Crocesignati, e questo apportò alle loro Chiese quell'accrescimento, che suol apportare l'esser Tutore, Curatore, o Proccuratore di vedove, pupilli e minori; nè il Magistrato secolare poteva più difendere alcuno per lo terrore delle scomuniche, che a questi tempi si adoperavano senza risparmio. S'aggiunse ancora, che Eugenio III costituì, che ogni uno potesse per questa pietosa impresa alienare eziandio i Feudi; e se il padrone diretto non voleva egli riceversegli, potessero, anche contro il voler suo, esser pigliati dalle Chiese, il che aprì la strada d'acquistare molto largamente. Avvenne anco, che li Pontefici romani si valsero delle armi preparate per Terra Santa a qualche impresa, con che augumentarono il temporale della Chiesa romana; ed anche li Legati ponteficj, e li Vescovi dei luoghi dove le suddette armi si congregavano per unirsi a far viaggio, sì valsero di esse per diversi aumenti della temporalità delle loro Chiese. Ma sopra ogni altro crebbero gli acquisti, perchè fu introdotto, che chi non poteva andar di persona alla sacra guerra, per disciogliersi forse dal voto fatto pagava in denari l'importar della spesa del viaggio, e con ciò non solo veniva sciolto dal voto fatto, ma ne otteneva anche indulgenze, ed altre concessioni, e s'avea come se personalmente vi fosse andato. Le offerte e raccolte, che perciò si facevano, importavan molta quantità di denari cavati da' fedeli, e più assai dalle donne, e da altri, ch'erano inetti a servire alla guerra in propria persona. Questo denaro non tutto si spendeva per la guerra; di qualche cosa ne partecipò senza dubbio qualche Principe; ma notabile parte ancora restò in mano de' Prelati, laonde le cose ecclesiastiche fecero molto aumento. Da ciò ne nacque una nuova spezie d'Ordini regolari, e furono questi gli Ordini militari; la qual cosa se ben nuova, vedendosi istituite religioni per sparger sangue, fu però ricevuta con tanto ardore, che in brevissimo tempo si videro in gran numero, ed acquistare grandi ricchezze. Il primo fu quello di S. Giovanni di Gerusalemme, ovvero degli Spedalieri, stabilito per ricevere i Pellegrini, che andavano in quella città. Il secondo fu quello de' Templarj istituito l'anno 1118, l'impiego de' quali era di provvedere alla sicurezza de' Pellegrini, combattendo contro coloro, che a' Pellegrini eran molesti. L'ultimo fu l'Ordine de' Teutonici, li quali facevano professione di soddisfare all'uno, e all'altro di questi impieghi; e quanto questi Ordini crescessero in ricchezza, e spezialmente gli Spedalieri, ed i Teutonici, è a tutti palese. A loro imitazione sursero poi quelli di S. Giacomo e di Calatrava, li quali furono istituiti in Ispagna per li pellegrinaggi a S. Giacomo di Galizia; e per occasion consimile si videro altri Ordini in altri paesi. Il fervore così intenso, che s'avea a questi tempi di questi nuovi Santuarj, intiepidirono alquanto la divozione, che prima s'avea più fervorosa, di quello di Monte Cassino, e dell'altro del Monte Gargano; ma crebbe però quello di S. Niccolò di Bari, per essere a questi tempi, come nuovo, più degli altri frequentato. Furono ancora a questi tempi scoverti altri modi per dar accrescimento assai notabile a' beni ecclesiastici. Il riveder bene la materia delle Decime; lo stabilire le Premizie, ed il diritto delle Sepolture; ed il ricever ogni cosa da qualunque sorta di persone. Le Decime da volontarie rendute già necessarie, quando non si pagavano, erano per via di censure con molta acerbità esatte: e fu stabilito, che si pagassero non solo le Prediali de' frutti della terra, ma le Miste ancora, cioè de' frutti degli animali; ed ancora le Personali, della industria e fatica umana. Ed in decorso di tempo Alessandro III determinò intorno l'anno 1170 che si procedesse con scomuniche per far pagare interamente le Decime de' molini, peschiere, fieno, lana, e delle api; e che la Decima fosse d'ogni cosa pagata prima, che fossero detratte le spese fatte nel raccogliere li frutti; e Celestino III nel 1195 statuì, che si procedesse con scomuniche per far pagar le Decime non solo del vino, grano, frutti degli alberi, delle pecore, degli orti, e delle mercanzie, ma anche dello stipendio de' soldati, della caccia, ed ancora dei molini a vento; e tutte queste cose sono espresse nelle Decretali de' Pontefici romani. Ma a' Canonisti ciò nemmen bastò, e passarono più oltre, dicendo che il povero è obbligato a pagar la Decima di quello, che accattando trova per elemosina alle Porte; e che la meretrice sia tenuta pagar la decima del guadagno meretricio, ed altre tali cose, che il Mondo non ha mai potuto ricevere in uso. Alle Decime aggiunsero le Primizie le quali furono primieramente instituite da Alessandro II, imitando in ciò la legge mosaica, nella quale furono comandate a quel Popolo: la quantità di esse da Mosè non fu stabilita, ma lasciata in arbitrio dell'offerente: li Rabbini da poi, come testifica S. Girolamo, determinarono, che non fosse minore della sessagesima, nè maggiore della quarantesima; il che fu ben imitato dai nostri nel più profittevol modo, avendo statuito la quarantesima, che si chiamò poi il Quartese. Non minori emolumenti si ritraevano dalle Sepolture, e dall'altre funzioni ecclesiastiche: prima le Decime erano pagate a' Curati per l'amministrazione dei Sacramenti, per le sepolture e per altre loro funzioni, onde per questi ministerj non si pagava cos'alcuna; ma poi qualche persona pia e ricca donava, se gli piaceva, per la sepoltura de' suoi qualche cosa, e passò così innanzi quest'uso, che la cortesia fu convertita in uso, e s'introdusse anche in consuetudine il quanto si dovesse pagare. Si venne poi alle controversie, negando li secolari di voler pagare cos'alcuna, perchè perciò pagavano le Decime, e gli Ecclesiastici negavano di voler far le funzioni, se non si dava loro quello, ch'era in usanza. Innocenzio III poi nell'anno 1200 stabilì, che gli Ecclesiastici facessero le funzioni, ma dopo quelle fossero i Secolari con censure forzati a servare la lodevole consuetudine di pagar quello, ch'era solito. Fu introdotta ancora un'altra novità contra i Canoni vecchi, la qual giovò molto per l'acquisto di maggiori ricchezze: era proibito per li Canoni di ricever cos'alcuna per donazione o per testamento dai pubblici peccatori, da' sacrileghi, da chi era in discordia col fratello, dalle meretrici, ed altre tali persone: furono levati affatto questi rispetti, e ricevuto indifferentemente da tutti; anzi appunto li maggiori e più frequenti legati e donazioni erano di meretrici, e di persone, che per disgusti co' suoi, lasciavano alle Chiese. In cotal guisa i Pontefici romani usavano ogni diligenza per ajutare gli acquisti, e di conservare l'acquistato; al che per proprio interesse tutto l'ordine ecclesiastico non solo acconsentiva, ma colla penna e con le prediche dava mano ed inculcava.

FINE DEL LIBRO DECIMO

STORIA CIVILE

DEL

REGNO DI NAPOLI

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