Il Principato di Capua tolto a' Longobardi, passa sotto la dominazione de' Normanni d'Aversa.
Non meno de' Normanni di Puglia, que' che collocarono la lor Sede in Aversa distesero sopra i paesi contorni i loro confini. Riccardo Conte d'Aversa accresciuto di forze intraprende d'invadere il Principato di Capua a se vicino, ed aspirando a quel Soglio, di stretto assedio cinse questa città. Reggeva allora Capua Pandolfo V, il quale se bene per qualche tempo avesse colle sue forze potuto difendere la città, nulladimanco Riccardo vie più stringendola, bisognò per liberarsene che offerisse al nemico settemila scudi d'oro. Per questa somma Riccardo tolse l'assedio, ma per qualche tempo; poichè morto Pandolfo V nell'anno 1057, e succeduto Landolfo V, suo figliuolo, Riccardo invase di nuovo Capua, cingendola d'un più stretto assedio. I Capuani offerirono altra maggiore somma per liberarsi, ma Riccardo rifiutato ogni accordo, vuole che la città si renda nelle sue mani. Mal si possono indurre i Capuani; ma finalmente stretti per la fame, cedendo Landolfo, e lasciando il Principato, fu Riccardo ricevuto e per Principe salutato in quest'anno 1058.
Volle Riccardo, non altrimente che fece Arechi primo Principe di Benevento, farsi ungere coll'olio sacro, il qual costume ritennero ancora da poi tutti gli altri Principi normanni, che furono di Capua. E se bene i Capuani fra i patti della resa avessero ottenuto di ritenere per essi le porte e le torri della città, e di dover essere da loro guardate; nulladimanco dissimulando per allora il nuovo Principe Riccardo questo lor vantaggio, differì ad altro miglior tempo di privargli anche di questo. Intanto portatosi in Monte Cassino, ed ivi con molta solennità ricevuto da que' Monaci, fece ritorno nella campagna, la quale estendendosi insino al fiume Sele, tutta fra tre mesi la sottopose alla sua dominazione; indi a Capua tornato, avendo fatto ragunare tutta la Nobiltà, l'espose esser cosa molto ragionevole, che si consegnassero a lui le porte e le torri della città; ma costantemente avendo i Capuani ricusato di farlo, irato il Principe uscì dalla città, la cinse nuovamente di stretto assedio e la premè con dura fame.
I cittadini intanto mandarono il loro Arcivescovo oltre i monti a chieder aiuto all'Imperadore Errico: ma questo Principe, che non era in istato di pensare a queste nostre parti, lo rimandò indietro con offerte grandi e parole, ma senza alcun fatto ed utilità. I Capuani allora perduta ogni speranza, nè potendo più resistere, resero le torri, le porte, se stessi e tutte le loro sostanze alla discrezione e clemenza di Riccardo. Così in quest'anno 1062 dopo essersi i Capuani per dieci anni bravamente opposti agli sforzi de' nemici, passò il Principato di Capua da' Longobardi a' Normanni, prima sotto il Principe Riccardo del sangue d'Asclettino, poi sotto gli altri suoi successori del medesimo lignaggio, e finalmente passò sotto la dominazione di quegli altri valorosi Normanni della razza di Tancredi Conte d'Altavilla, come nel seguente libro vedremo. Per la qual cosa non è scusabile l'errore del Sigonio, il quale reputò questo Riccardo fratello di Roberto Guiscardo, quasi che fino da questo tempo il Principato di Capua fosse passato sotto la dominazione de' Normanni di Puglia a' figliuoli del Conte Tancredi.
Ecco il fine della dominazione de' Longobardi nel Principato di Capua, che da Atenulfo con non interrotta serie di tanti anni finalmente nella persona di Landulfo V s'estinse in questa Nazione. Principe infelicissimo, che oltre essere stato costretto d'abbandonar il suo Stato, donde ne fu scacciato, avendo generati più figliuoli, gli vide con suo dolore e cordoglio andar raminghi per que' medesimi luoghi, ove egli avea regnato. E narra l'Abate Desiderio nei suoi Dialoghi, aver egli nell'età sua veduti molti figliuoli di Landolfo di qua e di là esuli e raminghi, andar mendicando per sostenere la lor miserabile vita: il che egli attribuisce a castigo delle scelleratezze e crudeltà usate dal pessimo Principe Pandolfo IV, dal quale essi discendevano. Donde può ciascuno per se medesimo considerare, che il sangue di questi Principi longobardi non s'estinse affatto nel Principato di Capua; poichè oltre che vi rimasero alcuni Conti della razza di Atenulfo, de' quali per qualche tempo per li loro Feudi che possedevano si potè tener conto e mostrar la loro discendenza in alcune famiglie; vi restarono ancora i figliuoli di Landolfo, da' quali per la loro estrema miseria e povertà non sarebbe forse incredibile, che ne fossero nati ed artigiani e lavoratori di terra ed altra gente di braccia, e che forse anch'oggi ancorchè ignoti, infra di noi vi siano: documento delle cose mondane, e della loro incostanza e volubilità, e di non doversi molto insuperbire per la nobiltà del lignaggio sopra gli altri, i quali se bene non la potranno mostrare, forse saranno discesi da più illustre e generosa prosapia ch'essi non sono. Un simile successo narra Seneca al suo Lucilio, che essendo in battaglia stato sconfitto l'esercito di Mario, molti uomini nati di gran parentado e di sangue nobile, così Cavalieri, come Senatori, nella sconfitta della fazione Mariana furono dalla fortuna atterrati, ed alcuni di quelli fece pastori, alcuni altri lavoratori di zappa ed abitatori di capanne.
Così i valorosi Normanni, debellati i Greci nella Puglia e nella Calabria, debellati i Longobardi nel Principato di Capua, gli vedremo nel seguente libro (rimettendo ivi di narrar la politia ecclesiastica di questo undecimo secolo) tutti trionfanti sottoporsi le restanti province e stabilirsi un ben ampio e fortunato Regno.
FINE DEL LIBRO NONO.
STORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI