Atto V, sc. 7.ª

CARLO.

Ebben, tu il vedi:

Iddio percote il tuo figliuol, non io.

La vita io gli lasciava, e gliela toglie

Un più forte di noi.

DESIDERIO.

Come pesante

Sei tu discesa sul mio capo antico,

Mano di Dio! Mia sola gloria, Adelchi,

Sola dolcezza mia, cui vivo io mai

Dir non potea: tutto è perduto!, oh quanto

Sospirai di vederti; e in quale aspetto

Dinanzi or mi verrai! Tu, quel sì bello

E terribile Adelchi! Io questo giorno

[141]

Ti preparai, sordo ai tuoi detti; e Dio

Parlava in te! Cieco amator, per farti

Più bello il regno, io ti scavai la tomba!

Io cominciai la tua rovina; il cielo

A compir diella ad una man, creata

Certo a punir. Se ancora....

Questi versi, ritentati nel manoscritto più volte, si leggono ancora così:

Come pesante

Sei tu discesa sul mio capo antico,

Mano di Dio! Così mi rendi il figlio!

Figlio, mia sola gloria, io qui mi struggo

E tremo di vederti. E fra i perigli,

Fra i tradimenti e l'abbandono, a questo

Son io dunque vissuto? io che dovea

Esser pianto da te! Misero! ed io

Ti trassi a ciò: cieco amator, per farti

Più bello il soglio, io ti scavai la tomba!

..........................................

La tragedia terminava:

ADELCHI.

......................l'anima stanca

Accogli.

DESIDERIO.

Oh Dio! chè non mi pigli teco!...

colla variante scritta sotto:

perchè mi lasci in terra!

e poi: «Si abbandona presso il corpo del figlio agonizzante; CARLO parte; cade il sipario.

21 settembre 1821.»

[142]

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