V'è segnata, in principio, la data «13 dicembre 1821»; in fine, 11 gennaio 1822».
«V'appare», scrive il Bonghi, «in due strofe un processo di creazione poetica, che in Manzoni non è frequente: quello di formare in prosa il pensiero che vuol verseggiare e che alla prima i versi non gli rendono; p. es., la terza strofa è venuta da prima scritta così:
Quel Dio che udì tuoi gemiti,
Che il tuo dolor fe' santo,
Dal travagliato spirito
Non lo torrà fin tanto
Che dal consunto [solubil] cenere
Non ti rapisca in Sè.
«Il concetto, quantunque l'espressione ne sia tuttora imperfetta, non è men bello di quello che la quarta strofa esprime ora; ma questo è così accennato in margine: - “Il tuo destino quaggiù non era d'ottenere l'obblìo, ma di chiederlo„; - e sotto, qualcuno dei versi che sono rimasti:
Sempre un obblìo di chiedere
Che ti saria negato
................ascendere
Santa del tuo martir [dolor].
«Del pari, la strofa 18ª: Te collocò....., ha ai lati espresso così in parte il concetto che vi è verseggiato, ma pure non intero: - “La sventura ti ripone fra gli oppressi, ti fa concittadina dei vinti. Trapassa in pace. Nessuna imprecazione suonerà sul tuo sepolcro„.
«Le tre bellissime strofe 8, 9, 10 paiono uscite quasi di getto, soprattutto l'ultima; ma è a notare come, nell'ottava, il terzo e il quarto verso si leggono nel manoscritto così:
e l'assiduo
Redir de' veltri ansanti.
Vuol dire ch'egli ha compiuto il terzo più tardi nel modo che si legge ora: E lo sbandarsi e il rapido, e l'ha tenuto in mente, sino alla seconda copia. Così è accaduto di alcuni altri in questo Coro».
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