2.

I lumi che pendevano dalla volta lanciavano lingue di luce sul soffitto della sala, squarciando l’ombra che altrimenti avrebbe soffocato l’ambiente.

Marie non riconosceva nessuno. Un centinaio di donne, giovani e vecchie, erano intente ad ascoltare l’oratrice che parlava dalla tribuna e a commentare a bassa voce quanto diceva. Qualcuna portava un figlio al collo; qualcuna aveva le vesti listate a lutto, altre ancora sferruzzavano con gli occhi bassi e le orecchie tese. Tutte portavano la coccarda tricolore. Faceva caldo, e Marie si chiese perché le finestre non fossero spalancate. Guadagnò un sedile vicino all’ingresso, dove sarebbe stato più difficile notarla.

L’argomento della seduta era il plebiscito indetto per approvare la nuova costituzione.

Marie riconobbe nell’oratrice la giovane cioccolataia che aveva incontrato poche settimane prima. Stava invitando le cittadine ad attivarsi per far votare quanta più gente possibile. Di li a pochi giorni, le cittadine repubblicane rivoluzionarie dovevano presenziare ai seggi e manifestare l’appoggio delle donne alla nuova costituzione.

La proposta venne prima applaudita, poi messa ai voti e approvata all’unanimità.

Sali sul palco un’altra donna, più anziana. Parlò con l’aria che le sibilava tra i pochi denti, producendo un effetto comico che nessuna colse, o almeno così parve a Marie.

– Propongo che noialtre organizziamo i nostri seggi. Che votiamo a titolo simbolico.

Marie si chinò verso una donna seduta accanto a lei.

– Cosa vuol dire «a titolo simbolico»?

Quella le rifilò un’occhiata di striscio.

– Vuol dire per finta.

La sdentata stava dicendo che anche se quei voti non avrebbero fatto cumulo con quelli degli uomini, avrebbero comunque avuto un significato importante.

Anche il suo intervento ricevette l’applauso, ma prima che lo si mettesse ai voti, intervenne un’altra oratrice.

Era Claire Lacombe, Marie la riconobbe subito: gli occhi intensi, limpidi, la piccola bocca di un rosso acceso. E soprattutto la pelle. Rosa pallido, quasi bianca. Il viso e gli avambracci scoperti si stagliavano sul fondo scuro della loggia.

– Cittadine, – tuonò, – è giusto manifestare il nostro appoggio alla nuova costituzione repubblicana, ma io credo che non possiamo limitarci a questo. Dobbiamo chiedere che la costituzione venga messa in atto. Dobbiamo chiedere al popolo di vigilare, affinché ciò per cui è chiamato a votare non rimanga lettera morta. Soltanto il popolo può difendere sé stesso dai soprusi del governo.

In mezzo agli applausi si levò una voce acuta: – E come la metti con i soprusi degli accaparratori, Claire? I nostri figli hanno fame!

La Lacombe si protese sul palco.

– Gli accaparratori? – fece una pausa per darsi il tempo di individuare nella fila dei primi banchi la donna che l’aveva interpellata. – Io dico che per loro c’è Sorella Ghigliottina!

L’applauso scrosciò, ma ancora la voce della donna riusciva a sormontarlo, come un naviglio riesce a cavalcare l’onda.

– Dobbiamo chiedere una legge che istituisca la pena capitale per chi affama il popolo! Costoro non sono secondi ai tiranni e agli aristocratici nella loro scelleratezza. Il crimine è uguale se non addirittura più odioso. Se il popolo si sbarazzasse dei tiranni lasciando impuniti gli affamatori non avrebbe compiuto che metà dell’opera.

Marie si accorse che Claire Lacombe l’aveva riconosciuta nel cantuccio dove si era seduta e che le stava indirizzando un gesto di saluto.

– Vedo con piacere che c’è qui stasera una rappresentante delle donne di Sant’Antonio, la cittadina Marie Nozière. Non siete stati proprio voi di Sant’Antonio i primi a chiedere la pena capitale per gli accaparratori?

La donna seduta accanto a Marie si volse e la guardò con aria perplessa, come fosse convinta che l’oratrice avesse sbagliato persona.

Sulle prime Marie si limitò ad annuire col capo, ma Claire Lacombe le faceva segno di avvicinarsi al palco.

– Siamo onorate che siate venuta fin qui. Avanti, cittadina, portateci la vostra testimonianza.

Per Marie fu impossibile sottrarsi, anche se in quel frangente se lo sarebbe risparmiato.

Si alzò e percorse a lenti passi la navata, quindi salì i pochi gradini, mentre Claire Lacombe le lasciava il posto sul palco.

Da lassù poteva vederle tutte bene in faccia, almeno quelle delle prime file. Anche se non le aveva mai viste prima d’allora, erano donne come lei. Forse qualcuna era più istruita, qualcun’altra più anziana ed esperta, ma perché avrebbero dovuto avere in testa martelli diversi dai suoi? Erano concittadine, erano francesi, e se erano li credevano nella rivoluzione. Tanto bastava.

Si schiari la voce e quando parlò si accorse che le parole rimbombavano sotto la volta, come se a parlare non fosse una soltanto, ma molte di più, un coro di voci.

– È vero, noi di Sant’Antonio vogliamo la pena di morte per gli accaparratori. Vogliamo la legge Sentiva netta la presenza di Claire Lacombe al suo fianco, un gradino sotto, e questo la incoraggiò ad andare avanti. – Ma i tempi della Convenzione, si sa, sono quelli che sono. La gente ha fame adesso, se aspettiamo la Convenzione finiamo a mangiarci le gambe dei tavoli! Allora io dico che quello che non fa il governo bisogna che lo fa il popolo, cioè noi. E c’è una cosa che si può fare subito. Bloccare i carri. Si prendono le derrate quando arrivano dalla campagna e si distribuiscono ai mercati a un prezzo giusto.

Il brusio scatenato da quelle parole fu interrotto soltanto da una voce squillante, quella della prima oratrice, che sedeva tra i banchi.

– E chi dovrebbe stabilirli i prezzi? Voi di Sant’Antonio?

Marie rispose senza enfasi, come stesse dicendo la cosa più naturale del mondo.

– Il comune di Parigi. È della fame dei parigini che si parla, o no?

Ci fu un applauso, interrotto di nuovo da brusii e qualche imprecazione. Marie non attese oltre, scese dal palco e tornò al suo posto, ma prima che potesse sedersi senti prendere sottobraccio. Era Claire.

– Sono contenta che tu sia venuta. Hai detto una cosa importante. Vieni, – la sospinse al margine della sala. – Credo anch’io che sia ora di passare all’azione, ma molte di noi sono titubanti... – Si bloccò davanti alle sopracciglia aggrottate di Marie. – Hanno dei dubbi, hanno paura di come può andare a finire se forziamo la mano.

Marie fece segno che aveva capito.

– Anch’io ho paura, – disse. – Ma qualcosa bisogna pur fare.

Si avvicinò a loro la prima oratrice, la cioccolataia che Marie aveva già conosciuto davanti alle Tegolerie.

– Benvenuta nella società. Hai parlato bene. Io sono Pauline Léon.

Claire si mise in mezzo a loro due e prese entrambe sottobraccio.

– Stasera ti ospitiamo noi. À quest’ora non puoi certo tornartene al quartiere da sola.

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