Era una giovane d’incarnato pallido, i capelli color paglia, il viso grazioso. Convocata alla presenza di D’Amblanc, teneva lo sguardo basso e le mani in grembo. Quando finalmente alzò gli occhi, si rivelarono di un azzurro intenso. Rispose alle domande soltanto sollecitata dai genitori, un po’ in un francese elementare e un po’ nella lingua alverniate. La madre, donna segaligna e severa, le teneva un braccio intorno alle spalle, atto protettivo che a D’Amblanc sembrava piuttosto una minaccia. Il padre non disse nulla. Al loro fianco sedeva il fratello Gilles, un ragazzo robusto, dall’aria sveglia, che descrisse le passeggiate notturne della sorella e gli inutili tentativi di risvegliarla. La ragazza continuava a camminare e a pronunciare frasi senza senso. Il mattino seguente, non ricordava cosa fosse successo.
D’Amblanc chiese quando fossero cominciati questi episodi. Da più di un anno, fu la risposta. In precedenza la ragazza aveva mai dato segnali che lasciassero sospettare qualche tipo di disturbo? Ci fu silenzio, e un’occhiata fugace tra i famigliari.
Fu la madre a rispondere, nell’intricata lingua del luogo.
Da bambina Noèle aveva sofferto di vuoti di memoria. Ma dopo, non aveva più avuto alcun problema. D’Amblanc chiese se anche allora l’avessero fatta esorcizzare. Per tutta risposta la donna scrollò le spalle e disse che no, all’epoca c’era ancora il cavaliere d’Yvers, un signorotto della zona che aveva curato Noèle per qualche tempo, prima di andarsene a Parigi per gli stati generali. Quando era con il cavaliere, Noèle ricordava tutto quello che aveva dimenticato, anzi, aveva la memoria anche più lunga.
Che tipo di cure?, domandò D’Amblanc. Un’altra scrollata di spalle. D’Amblanc si rivolse direttamente alla ragazza e le chiese se ricordasse in cosa consistevano le cure del cavaliere.
Noèle sollevò la testa e rispose: – Parlare.
D’Amblanc decise di passare oltre, per il momento. Chiese a Gilles di continuare il resoconto.
Il ragazzo parlò, interrotto spesso dalla madre che aggiungeva dettagli o forzava la chiusura di una frase. Alla fine fu lei stessa a prendere le redini del racconto e spiegò che, in una circostanza, la giovane era uscita di casa e aveva percorso due leghe prima che il padre la ritrovasse, in uno stato simile all’ubriachezza. In un’altra occasione si era arrampicata sul tetto della casa e li aveva camminato a lungo, in bilico sul cornicione, senza perdere l’equilibrio. A causa della ripidità del tetto, il buon Gilles aveva incontrato non poche difficoltà per raggiungerla e metterla in salvo. Simili stranezze avevano fatto nascere la diceria che Noèle fosse posseduta, dal diavolo o da un fantasma, perché nessuno si spiegava come una ragazza così minuta, dal fisico esile e di animo remissivo, potesse compiere simili imprese con tanta facilità.
D’Amblanc li interrogò sull’esorcismo che la ragazza aveva subito. Tacque sul fatto che essersi rivolti a un prete destituito dal governo repubblicano era stato un grave errore. Un reato, per meglio dire. Sarebbero potuti incorrere in accuse gravi, ma non era suo mandato formularle, né renderle punizioni effettive. Non gli interessava punire quella gente per la propria ignoranza.
Quando li congedò, il ragazzo, Gilles, rimase indietro. Lasciò che il resto della famiglia uscisse, quindi tornò sui suoi passi e si rivolse a D’Amblanc.
– Mousu, l’i è un fat che no ve dirno. L’està scorsa, quand i l’ha truà mi sora luàn de la magion, l’avea en la man un moccico che n’era el sò.
Il giovane fece una pausa, imbarazzato. D’Amblanc lo sollecitò a proseguire.
– L’era un moccico, – continuò il ragazzo, – lordo de sangue.
– Vuoi dire che Noèle ha incontrato qualcuno mentre non era in sé?
Il fratello annuí.
– Noèle l’era promessa. Fue propi el fiansà a retruarla e... dopo el fat del moccico l’ha pensà che cautun l’avea purfità d’ella damentre l’era indurmentà. L’ha consenti de no parlà con parsouna, ma l’ha rumpé el fiansament e l’ha desterminà de maridé ’n’autra.
Il giovane sospirò. Il sacco era vuotato.
D’Amblanc lo ringraziò per aver colmato le lacune materne.
Rimasto solo, annotò una sola parola sul suo taccuino, a mo’ di chiosa: «Sonnambulismo».
Il caso era decisamente interessante.
Jourdain Ledoux, il prete refrattario, era un uomo magro, arcigno, con un grosso naso adunco e radi capelli ai lati della testa. Aveva dovuto dismettere l’abito talare e il crocifisso al collo, ma del prete aveva ancora tutto il resto, dalla postura al tono di voce.
Quando era entrata in vigore la costituzione civile del clero, che trasformava gli uomini di chiesa in funzionari dello stato, gli attriti fra Ledoux e Clément avevano provocato scintille. D’Amblanc non faticava a capirli: Ledoux aveva ordinato per due decenni la vita spirituale della comunità.
I suoi compaesani avevano eletto Clément, ma non senza quelle che la Bibbia avrebbe definito «mormorazioni nel deserto». Questo spiegava la solerzia di Clément nel segnalare alle autorità dipartimentali l’attività clandestina del vecchio prete. D’Amblanc ricordava che nel settembre del ’92 molti preti refrattari erano stati messi a morte dalla volontà popolare, e tuttavia c’erano aree della Francia dove il clero papista resisteva, difeso dalla popolazione in armi. In Losera, al confine con rAlvernia, migliaia di uomini si erano arruolati nell’esercito cristiano del Mezzogiorno ed erano arrivati a conquistare il capoluogo del dipartimento.
Di fronte a certi eccessi, il giudizio di D’Amblanc era di ferma condanna: aveva rispetto per la devozione degli uomini di Dio a una fede sincera, ma disprezzava l’attaccamento al potere secolare della chiesa. Non poteva accettare l’idea di una divinità che compartiva con i re il sentimento della dominazione e creava l’uomo per opprimerlo con la propria onnipotenza. E quel che era peggio, per opprimerlo attraverso un prete.
Ledoux sedette di fronte a D’Amblanc e attese. Non c’era sfida nei suoi occhi, piuttosto una luce determinata, serena, che contraddiceva la severità di tutta la sua figura.
– Voi avete praticato un esorcismo a Noèle Chalaphy, – esordi D’Amblanc.
Ledoux non si scompose.
– E di questo che sono accusato?
– Non mi compete accusarvi di alcunché, cittadino. La mia è un’indagine conoscitiva. Dunque voi credete che la ragazza sia posseduta dal demonio...
– Da una particolare forma di allontanamento da Dio. Questo è il demonio.
Il francese colto di Ledoux era assai poco comune tra i curati di provincia.
– Immagino non vi sfiori il pensiero che possa trattarsi di un’affezione fisica o mentale. Gli episodi che hanno coinvolto la ragazza fanno pensare al sonnambulismo.
Il vecchio prete non batté ciglio.
– Potete chiamarlo come preferite. L’aiuto di Nostro Signore rimane indispensabile.
– Siete voi a renderlo tale. Ma assecondare credenze popolari non è la stessa cosa che diagnosticare una malattia.
Un mezzo sorriso sulla faccia di Ledoux bastò a storpiarne i tratti, facendolo assomigliare a un vecchio rapace.
– Non mi risulta che esista una cura per quello che voi chiamate sonnambulismo. Mentre esiste una cura per il male dell’anima, che aiuta a sopportare il fardello di una condanna terrena. L’esorcismo agisce a questo fine. A fin di bene.
D’Amblanc rimase in silenzio, rendendosi conto di avere di fronte un uomo assai più istruito sui fatti della vita e del mondo di quanto ci si potesse aspettare in quel luogo lontano.
Ledoux parlò di nuovo.
– L’umanità non è fatta di studiosi come voi o come me, ma di ignoranti, gente semplice come questa. È il gregge di cui devo prendermi cura.
D’Amblanc avrebbe aggiunto d’istinto un «dovevate», ma non lo fece. Disse invece:
– Ecco perché occorre dare a questa gente un’istruzione. La Repubblica prowederà. I vostri esorcismi non fanno che confermare l’isteria collettiva e trasformano in farsa un caso interessante.
Il vecchio prete sollevò il mento, senza più l’ombra di un sorriso.
– Cosa ci trovate di interessante in questa disgrazia?
– È noto che il sonnambulismo indotto esalta le capacità intellettive, – rispose D’Amblanc. – In quello stato, uomini e donne hanno percezioni più profonde. Ma ancora non m’era capitato di imbattermi in uno sviluppo della forza e dell’abilità fisica, come sembra essere il caso di Noèle. Inoltre, nulla di tutto questo si è mai verificato in occasione di un sonnambulismo naturale. Dunque c’è da chiedersi se non vi sia qualcuno che ha mesmerizzato la ragazza.
– Mesmerizzato! – sbottò l’altro. – E questo voi lo chiamate «diagnosticare una patologia»? Mesmer era un demonio fornicatore e lussurioso, le sue cure non hanno mai guarito nessuno. Ci fu un tempo, prima che il mondo venisse messo sottosopra, in cui un nobile di queste terre, Dio lo perdoni, si lasciò conquistare da quella nefasta moda. Si era convinto di poter guarire le persone. Conosco bene la famiglia di Noèle, e di certo la ragazza non è stata sottoposta a certi squallidi trattamenti.
D’Amblanc lo guardò con freddezza.
– Eppure sua madre mi ha detto che da bambina è stata soggetta a non precisate «cure» del cavaliere d’Yvers. Pare che soffrisse di amnesie. Un disturbo molto simile a quello che si è ripresentato di recente. Non serbate ricordo di questo? All’epoca eravate già il parroco del paese, suppongo.
Ledoux fu colto di sorpresa.
– Mio Dio... Lo fecero senz’altro di nascosto da me.
D’Amblanc sospirò.
– Stavolta le conseguenze potrebbero essere più gravi. Ho motivo di credere che qualcuno abbia avvicinato la ragazza mentre era sonnambula. L’avete esaminata?
– Cosa intendete dire?
– Se avete esaminato la ragazza per scoprire se è ancora intatta.
Ledoux sgranò gli occhi.
– No, buon Dio, certo che no.
– Chiedete alla madre. Lei sa senz’altro qualcosa.
– Cosa ve lo fa credere?
– Le madri sanno sempre, – disse D’Amblanc. – E dall’atteggiamento della cittadina Chalaphy sono pronto a scommettere che la ragazza non è più illibata.
La preoccupazione del vecchio prete era del tutto sincera.
– Santo cielo. Ma chi potrebbe...
– Chiunque sia rimasto da solo con lei lontano da un altro paio d’occhi, – concluse D’Amblanc. – Persino voi.
Ledoux reagi al colpo basso drizzando la schiena.
– Quest’accusa è spregevole.
– Vi ho già detto, cittadino, che non sono un accusatore, – ribattè D’Amblanc. – Non mi interessa chi abbia defiorato la ragazza, voglio scoprire se costui ha indotto lo stato di sonnambulismo per approfittare di lei. Posso dirvi che in base alla mia esperienza non lo credo possibile. Tuttavia mi hanno mandato qui per indagare e intendo farlo.
– Mi dite che qualcuno potrebbe avere approfittato della ragazza mentre era sonnambula, e negate che ci sia lo zampino del demonio? Beata Vergine, aiutaci...
Il sospetto gettò il prete nell’incertezza, come se un velo fosse caduto all’improvviso davanti ai suoi occhi.
– Chissà che, dovendo appurare una verità terrena, voi e io non possiamo trovare un punto di convergenza, – disse D’Amblanc.
Nel silenzio che segui, Ledoux indagò il viso dell’uomo che aveva di fronte. Era evidente che nemmeno lui si era aspettato di trovarsi davanti uno come D’Amblanc.
– Parlate con la madre, – suggerì il dottore. – Ho il presentimento che a voi lo dirà.
Il vecchio prete si concesse ancora un istante, prima di rispondere.
– Lo farò nell’interesse di Noèle.
– Molto bene, – concluse D’Amblanc. – E se vi riesce, fatevi dare un fazzoletto che la ragazza ha trattenuto con sé. Gli Chalaphy sanno quale intendo, ma dubito che a me lo consegnerebbero.