D’Amblanc assistette alla cerimonia nuziale dall’ultimo banco. Non era mai stato un frequentatore assiduo, se non da bambino. I rituali, le gestualità, le facce contrite lo mettevano in imbarazzo.
Gli sposi ascoltarono in reverente silenzio le parole di padre Clément, ma non fu a loro che D’Amblanc dedicò la propria attenzione. Si limitò a notare che la sposa appariva meno giovane del futuro consorte e aveva i tratti e il fisico tozzo delle contadine. Per il resto, si concentrò nell’osservazione di altri dettagli.
Uscí dalla chiesa prima della fine della cerimonia, con una stretta allo stomaco, non imputabile alla cena della sera prima. Fuori della chiesa, sull’uscio, incrociò lo sguardo del sergente Radoub. Il sottufficiale tendeva a seguirlo, preoccupato dell’incolumità del rappresentante del comitato. D’Amblanc però tirò diritto senza rivolgergli la parola. Una rabbia latente rischiava di offuscargli i pensieri, che invece doveva sforzarsi di mantenere lucidi, distaccati.
Percorse le poche decine di passi che separavano la chiesa dalla casa degli Chalaphy, tra i pochi che quella domenica non presenziavano alle nozze.
Venne ad aprire il padre di Noèle. Il suo viso era il ritratto della cupezza, ed era probabile che non fossero solo il lavoro e la fatica a farlo apparire più vecchio di quanto fosse.
D’Amblanc chiese di poter parlare con Noèle.
Lo fecero entrare, mentre la sua richiesta suscitava il confabulare della famiglia. La madre gli si parò davanti e domandò cosa volesse ancora l’autorità da sua figlia.
– Una semplice risposta.
La donna non seppe ribattere e fini per accompagnare D’Amblanc al cospetto della ragazza, sul retro della casa. Noèle stava cucendo sacchi per la farina e quando lo vide si immobilizzo con lo spillone in mano.
D’Amblanc la salutò e disse che avrebbe voluto chiederle una cosa. Non senza difficoltà convinse la madre, il padre e il fratello a rientrare in casa. Nondimeno, la madre rimase appostata dietro la finestra, un compromesso che D’Amblanc trovò accettabile.
Parlò a bassa voce, per essere certo che soltanto Noèle lo sentisse.
– Ho bisogno che siate sincera con me. Potete promettermelo?
La ragazza annuí senza guardarlo, ma aggiunse: – Io non me rimembro.
– Ciò che voglio chiedervi riguarda fatti avvenuti quando eravate sveglia. Voglio sapere se durante i vostri bagni al lago avete mai incontrato qualcuno.
Noèle arrossi e armeggiò nervosa con la tela. Impiegò un po’ a trovare il coraggio di rispondere.
– No.
– E non vi è mai sembrato di essere spiata da qualcuno?
– Solo ’na vé.
– Per caso costui si trovava tra i cespugli dietro la piccola ansa del lago, vicino al punto dove siete solita scendere a bagnarvi?
Noèle sgranò gli occhi, come se avesse appena ascoltato la sentenza di un indovino.
– I era un ome, si. Me e le autre fuimma sotto i arbi. No dmandé i nomi, ve pregio.
– Non lo farò, – la tranquillizzò D’Amblanc. – Da allora ci siete più tornata?
La ragazza scosse il capo, ma subito disse, di nuovo paonazza: – No da desviata...
– Si, so che vi hanno trovata li addormentata. Siete certa di non serbare nessun altro ricordo?
Vide i suoi occhi inumidirsi, il respiro farsi affannoso. Una lacrima silenziosa iniziò a scendere lungo una guancia, presto seguita dalle altre.
Noèle mosse le labbra in un «No» senza produrre alcun suono.
La collera premette per emergere, ma D’Amblanc la rimandò in fondo allo stomaco, che si strinse ancora. Non riuscì più a guardare la ragazza, finché non la senti parlare di nuovo.
– E1 lac l’è maladét. I sta el diavo li giù.
– Ve lo ha detto padre Ledoux?
– No, el pere Clément. El le dise sempar, la dumencha.
L’arrivo della madre ruppe l’imbarazzo di D’Amblanc, che si congedò in fretta. Appena ebbe lasciato la casa, il fratello di Noèle lo rincorse per la strada.
– Cittadino! Atendé. Vou sabei chi è la futida carugna?
D’Amblanc poteva leggere l’odio nella faccia del ragazzo.
– Se pensate che intenda dirvelo ora, vi sbagliate di grosso.
Il giovane parve deluso.
– Avante o dipoi el descuvrem, – disse. Lanciò un’occhiata cattiva in direzione del fantasma che gli agitava la mente.
D’Amblanc attese che fosse rientrato. Poi si preparò a un’attesa più lunga, come un cacciatore davanti alla tana dell’orso.