Tu soffri che questa orda atroce
di assassini e delinquenti
deturpi col fiato suo feroce
il territorio dei viventi.
Marie riconobbe la canzonaccia che aveva sentito intonare diverse volte al Caffè Chartres, quando elemosinava. Il risveglio del popolo, l’avevano chiamata. Strinse la mano di Jean e segui il dottor D’Amblanc, che camminava lungo il corteo. Risalirono controcorrente il flusso di persone, dalla testa con il trono del condannato fino alla coda con le peggio canaglie, quelli che manco fingevano di essere repubblicani, e anzi agitavano le pistole e spaventavano i curiosi, dicendo che se beccavano un giacobino, gli aprivano un buco in testa e ci cagavano dentro. Poi tornarono indietro, fermandosi ogni tanto a sollevare Jean in braccio, oppure D’Amblanc lo metteva in piedi su un paracarro, perché potesse sgranare i volti a uno a uno per riconoscere il capo dei sonnambuli, il cavaliere d’Yvers.
Intanto Marie teneva d’occhio anche la schiera di quanti non si univano al corteo, ma restavano in disparte a guardarlo passare, chi incitando e chi scuotendo il capo. Una giovane donna, abiti e modi da popolana, portò le mani ai lati della bocca.
– Venduti! – cominciò a gridare. – Venduti!
Forse immaginava che altri le avrebbero dato manforte, perché si fermò, come in attesa dell’intervento di un coro, ma l’unico intervento che.ottenne fu quello di tre muschiatini armati di bastone che le si piazzarono di fronte.
– Venduti? – domandò quello al centro con voce glaciale. – Che intendi di’e?
Un uomo con la giacca sudicia si fece avanti e sollevò una mano tra la donna e il manipolo.
– Lasciatela perdere, – disse, – È una del mio foborgo. Non ci sta con la testa: è la matta di San Marcello, vi dico...
– Venduti! – sgolò la donna con una smorfia malata, come a confermare le parole del paciere. – Quanto vi hanno pagato per questa bella commedia, eh? Quanto vi dànno per...
Un ceffone la raggiunse sulla guancia. L’uomo capi l’antifona e sgomberò il campo senza aggiungere verbo. La giovane donna sputò in faccia a chi l’aveva colpita.
I due muschiatini che erano rimasti zitti afferrarono le braccia della donna e gliele piegarono dietro la schiena. Quella provò a liberarsi, a urlare, ma i suoi sforzi erano vani e il terzo gecco la mise cheta con un pugno nello stomaco. Le afferrò la gonna e gliela strattonò giù fino alle caviglie, quindi fece lo stesso con i mutandoni.
Alla vista del culo nudo, il pubblico che intanto s’era radunato tutt’attorno, prese a gridare: – Frusta! Frusta! –finché un ramo spoglio e flessibile passò di mano in mano e raggiunse il centro della scena.
Il muschiatino lo levò in aria, lo fece sibilare, lo abbatté sulle chiappe bianco latte.
– E una! – gridarono gli spettatori soffocando lo sghignazzo.
Marie senti accapponarsi la pelle. Rivide Théroigne de Méricourt. Rivide sé stessa, prima come suppliziante e poi al posto di lei, potenziale suppliziata. Adesso non erano nemmeno più donne a infliggere la pena, ma uomini.
– E due!... E tre!...
La mano nella borsa strinse il guanto con gli artigli. Se l’era cucito poche notti prima, assicurando tre ferri da maglia sul dorso di un guanto in pelle, tagliato all’altezza dell’ultima falange, per lasciare agilità ai polpastrelli.
D’Amblanc le toccò il braccio e le disse:
– Portiamo via il ragazzino.
Marie si girò e vide Jean fissare la scena, pallido e atterrito.
– E quattro!
Marie segui D’Amblanc e il ragazzino lontano da li, con il cuore ridotto a una noce e la rabbia strozzata in gola.