2.

Semisdraiata sul divano sfondato, Marie osservava il dipinto appoggiato sul pavimento, nel punto dove il soffitto era più basso. Era appartenuto a Ledere, che certo non aveva pensato di portarselo dietro, ingombrante com’era. Al centro della scena, la Francia, o la libertà, che è la medesima cosa, sembrava davvero imponente. Era vestita come una popolana, e lei sì, aveva il cappello frigio. Perché era un’idea, e rappresentava tutti, pensò Marie. Pensò anche a quando Jacques era ancora con lei. Le venne alla mente il pomeriggio di una lontana domenica di tre anni prima, quando a naso in su lei e Jacques avevano assistito all’ascensione di un pallone. Sulla navicella era appeso un tricolore. Il semplice fatto di tenere lo sguardo in cielo li aveva resi felici. Ricordava bene quel sentimento, così diverso da qualunque altro avesse mai provato prima: non essere più sola, sentirsi parte di qualcosa di grande insieme all’uomo che amava. Quel giorno erano tornati a casa e avevano fatto l’amore, rimanendo poi sdraiati l’uno a fianco all’altra, senza parlare, soltanto ascoltando il proprio respiro. Il pensiero scivolò sull’ultima volta che aveva stretto a sé il corpo di un uomo, quell’italiano, Léo Modonnet, lo Scaramouche di Sant’Antonio. Si chiese che fine avesse fatto, trascinato via dalla risacca degli eventi, finito in fondo alla sentina o ancora a galla con la forza della disperazione.

Marie si scosse e cercò intorno a sé, fino a incontrare la figura di Claire, di spalle, seduta allo scrittoio. Lei volse la testa e accennò un sorriso. Era bella anche con il viso smagrito.

– Pensi che potremmo tornare alla vita di prima?

Invece di rispondere, Claire si alzò dallo scrittoio. La veste da camera, sdrucita e lisa, ricadde fino alle caviglie. Marie notò che aveva piedi piccoli, come quelli di una ragazzina.

– Ho un ricordo di tanti anni fa. Doveva essere il 1775, di primavera. I forni di Lione erano stati assaltati da una folla di malcontenti, di agitatori, come li chiamavano allora, che protestavano per il prezzo del pane. Ne portarono due alla forca e il popolo li lasciò appendere senza dire né fare nulla. Mentre li mandavano al patibolo, ricordo che quei due gridavano: «Vigliacchi! Noi moriamo per voi!»

Claire fece una pausa e Marie riconobbe in lei l’attrice.

– Per molti anni non ho capito il senso delle loro parole. Intendevano dire che era colpa della folla se li avevano condannati? Oppure che la colpa della folla era consentire che la sentenza venisse eseguita?

Claire sedette di fianco a Marie.

– Ora so che non si lamentavano di pagare per tutti, ma di vedere la gente a capo chino, dopo un brevissimo fuoco. Il pane non era che un pretesto.

Marie scosse il capo.

– Il pane non è mai un pretesto.

– Certo, lo ammetto, in quei giorni non avevo ancora provato la fame vera... Voglio leggerti una cosa.

Si alzò dal divano, attraversò la stanza e prese uno dei libri allineati su una mensola.

– Ecco, – schiarì la voce. – «Il popolo è floscio, piccolo, nano; si vede bene, al primo colpo d’occhio, che non si tratta di repubblicani».

Marie si incupì, poi comprese.

– Quando l’hanno scritto il libro?

– Nel 1783. E senti che dice qui: «A Parigi, la plebaglia si disperde davanti alla canna di un fucile». E anche questa: «I parigini, giammai profondamente asserviti, giammai liberi».

Marie ponderò.

– Il libro è tutto sbagliato.

Claire lesse ancora.

– «Il popolaccio, liberato dal freno a cui è abituato, s’abbandonerebbe a violenze tanto più crudeli che non si saprebbe dove si fermerebbe».

– Questo è giusto, dico, – soggiunse Marie. – Non si sa dove si fermerà, il popolo.

Claire chiuse il libro e sbirciò fuori dalla finestra.

– Ricordo bene quegli anni. Ci si lamentava che nulla accadeva, e si pensava impossibile che qualcosa accadesse. Eravamo ciechi. E la cecità continua a ottenebrare gli occhi di molti. Chi guida il popolo, chi dovrebbe rappresentarlo, lo svia. Non so quanto tempo ci vorrà, Marie, perché noi si sia davvero libere. So solo che accadrà, prima o poi.

Marie annuí.

– Prima è meglio di poi. Che cosa faremo, Claire?

– Non lo so. Proveranno a farcela pagare in tutti i modi, Marie. In tutti i modi. Essere dentro le cose fino al collo accorcia la vista. Ci si lamentava che non accadeva nulla, in Francia, e si è messo il mondo sottosopra. A dispetto dei nostri casi, potrebbe essere prima, non poi.

Marie aveva alzato lo sguardo verso il soffitto.

– Mi piace qui, – disse.

Claire sorrise.

– Mi piace che tu sia qui, Marie.

Si abbracciarono. Marie senti il corpo smagrito dell’amica sotto la veste da camera, ne percepì l’odore.

– Che cosa faremo? – chiese di nuovo.

– Andremo via, – disse Claire. – Lontano. Dall’altra parte del mondo.

Marie restò pensosa. Il sorriso di Claire si spense un po’ alla volta e sfociò in un silenzio eloquente, che fu subito interrotto dal rumore di una raffica di tonfi sordi e di colpi più netti sulla porta.

Marie scattò in piedi. Anche Claire si alzò, ma tornò a sedere subito, come se le gambe cedessero. Marie la guardò, muta, mentre da fuori chiamavano Claire Lacombe per nome e cognome e intimavano di aprire. Lei inspirò, poi si alzò lisciando con le mani il tessuto della veste sul ventre. Andò alla porta e, con tutta semplicità, aprí.

Gli sbirri si erano presentati in forze. I volti erano tesi, eccitati. Un funzionario, diversi agenti, un intero manipolo della guardia nazionale.

Il funzionario guardò all’intorno, nella stanza, poi lesse a voce alta, con una inflessione non parigina, il mandato d’arresto per la cittadina Lacombe.

Claire, pallida ma presente a sé stessa, chiese che le concedessero il tempo di vestirsi. Il funzionario replicò che la donna era in stato d’arresto e, fino alla consegna alle autorità competenti, doveva essere tenuta sotto custodia. Quindi poteva vestirsi, ma non appartarsi e sottrarsi alla vista neanche per un istante. Alcuni degli sbirri ridacchiarono. Marie fu invasa da una rabbia cieca. Il funzionario se ne accorse e le intimò di fornire le generalità e di mostrare la carta civica.

– Mi chiamo Marie Nozière.

Passò la carta al poliziotto con un gesto brusco, sgraziato.

– Marie Nozière, eh? Il tuo nome non è sulla lista, cittadina, a differenza dei tuoi sodali Pauline Léon e quel mestatore di Ledere. Torna a casa, prima che sia troppo tardi, e ritieniti fortunata.

La ramanzina fece avvampare Marie.

– Voi state arrestando una patriota colpevole solo di agire per il bene di tutte le cittadine francesi!

Claire intervenne.

– Non serve che ti faccia arrestare anche tu.

Il funzionario avanzò verso Claire e la strattonò per un braccio.

– Appunto. Forza, vestiti!

Claire provò a sottrarsi alla presa e lo sbirro la tirò verso di sé, mentre un altro brandiva gli schiavettoni. I ferri produssero un rumore metallico, limpido. Marie si scagliò verso il funzionario che ancora teneva per il braccio Claire, ma prima che potesse raggiungerlo, un altro degli uomini della forza pubblica la spinse con un calcio nei glutei.

Marie rovinò a terra fra le risate degli sgherri.

Scoppiò a piangere per la rabbia e la frustrazione. Il funzionario alzò la voce.

– Cittadini, siamo qui nell’interesse del popolo e per rendere un servizio alla patria. Basta così, non c’è nulla da ridere nell’arresto di un nemico della Repubblica –. Indicò Claire.

– Questa donna è pericolosa, non c’è motivo di ilarità –. Poi si rivolse a Marie, ancora seduta a terra, in lacrime. – Bada a te e alle compagnie che frequenti.

Claire chiese e ottenne che almeno gli altri agenti volgessero lo sguardo alla parete. Il funzionario di polizia invece tenne gli occhi su di lei, ligio alle consegne.

Marie si alzò e aiutò Claire a vestirsi. Sembrò un tempo eterno. Dalla strada giungevano voci, andava formandosi un capannello di curiosi.

– Non piangere, – sussurrò Claire. – E ricordati: prima o poi.

– Silenzio! Sbrigatevi, – intimò il funzionario.

Marie si senti triste come in nessun altro momento della vita. La sua amica, la sua compagna, le veniva strappata. Fu certa che non l’avrebbe più rivista, le avrebbero fatto fare la stessa fine della De Gouges, e dovette fare uno sforzo immane per trattenere altre lacrime. Sistemò un foulard attorno al bel collo di Claire, come avrebbe fatto con una figlia. Claire aveva ripreso colore, e sembrava più decisa, ora, più serena.

– Eccomi pronta, cittadino, – disse allo sbirro. – È un abuso e un’ingiustizia, e tutti voi lo sapete. Fingere che non sia così è un danno che fate soprattutto a voi stessi.

Il funzionario fece un gesto come un breve applauso.

– Già. L’attrice Claire Lacombe. Vediamo come affronti il prossimo palcoscenico.

Claire uscí attorniata dalle guardie. La gente presente all’arresto seguì l’operazione in silenzio, a parte qualche commento l’uno all’orecchio dell’altro.

Il drappello e la prigioniera si avviarono. Marie li segui a qualche passo di distanza. Claire si voltò e le parlò a voce più alta.

– Prima o poi, Marie Nozière. Prima o poi.

Allora Marie si fermò, e si prese la testa fra le mani.

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