Quando senti bussare, il dottor Pinel interruppe la lettura.
– Avanti.
La faccia che comparve era quella di Pussin, ma sembrava invecchiata di anni.
– Cittadino, in cortile... Sta accadendo qualcosa.
Era il tono di chi ha appena assistito a un evento eccezionale e inspiegabile, come poteva essere un'eclissi per un uomo dei secoli bui, o un miraggio per un marinaio.
Pinel fu sul punto di chiedere spiegazioni, ma il volto terreo del governatore lo trattenne. Racchiudeva una richiesta d’aiuto essenziale, come a rimettere in ordine il cosmo.
Tolse dal naso le lenti a molla e le depose sul foglio. Si alzò e segui Pussin fuori dallo studio, nel corridoio, giù per le scale, fino al cortile. La scena che gli apparve dinanzi lo bloccò.
Gli inservienti erano schierati lungo il perimetro del cortile con in mano i bastoni.
I degenti allineati in file, a distanza di mezzo braccio l’uno dall’altro. Erano almeno una cinquantina e ognuno guardava davanti a sé.
II dottor Pinel capi di avere la stessa espressione di Pussin. In mezzo agli alienati sparsi per lo spiazzo in gruppi di tre o quattro, oppure smarriti nella propria follia, si stagliava con ordine marziale quella schiera di corpi, immobile come un cubo di granito.
– Cosa significa?
Pussin allargò le braccia.
– Sono usciti e si sono disposti così. Non so perché, nessuno ha detto niente, non sembra nemmeno che si siano parlati.
Il tono tradiva ansia, forse anche un accenno di paura sincera.
Pinel consultò gli inservienti in capo, che confermarono la risposta.
– Avete ordinato loro di rientrare? – chiese il dottore.
Il capoinserviente annuí ancora.
– Fate rientrare tutti gli altri.
Nel giro di pochi minuti, nel cortile erano rimasti soltanto gli uomini in file parallele. Pinel scese le scale senza timore e camminò davanti agli alienati. Erano le facce di sempre, quelle della miseria umana e della sofferenza, inespressive, spente. Ma gli occhi fissavano il vuoto.
Si fermò davanti a uno dei più emaciati.
– Vi ordino di rientrare immediatamente.
Non accadde nulla. Pinel lo toccò su una spalla e percepì una resistenza fisica inattesa, la forza d’inerzia di un corpo non disposto a muoversi di un passo.
Quegli uomini opponevano la loro presenza ordinata all’ordine dell’ospizio. Non appena questo pensiero ebbe attraversato la mente, Pinel si irrigidi. Una disposizione ordinata implica un ordine. E quell’ordine doveva provenire da qualcuno. Una volontà si era imposta sulle altre.
Sollevò lo sguardo verso una finestrella in alto, dietro la quale era certo si celasse un sorriso di compiacimento. Come quell’uomo avesse fatto, era una cosa che avrebbe scoperto in seguito, pensò Pinel. Il problema immediato era come uscire da quella situazione.
Uno scacco matto.
Gli inservienti non aspettavano altro che l’ordine di bastonare quegli infelici e trascinarli dentro con la forza. Il suo avversario avrebbe goduto per una soluzione del genere: vederlo ricorrere alla forza bruta contro il potere della mente – perché si trattava di quello, Pinel ne era certo –sarebbe stata la migliore affermazione.
D’altra parte, anche se li avesse lasciati li, a consumarsi sotto le intemperie, l’altro avrebbe comunque avuto partita vinta.
Dunque, che fare?
– Cosa facciamo? – domandò Pussin, come se avesse seguito il corso di quei pensieri.
Il dottore strinse i denti. Se era destinato a perdere, nemmeno il suo antagonista avrebbe vinto davvero.
– Riportateli dentro, – sentenziò.
Girò sui tacchi e si allontanò verso l’edificio principale, raggiunto dai suoni secchi delle bastonate, come gocce di pioggia che si fanno via via più fitte.
– Cittadino Pussin! – chiamò. Il governatore lo raggiunse affrettando il passo.
Pinel lo ricondusse nel suo ufficio. Sedette allo scrittoio e vergò alcune righe, in fondo alle quali appose il proprio timbro. Quindi consegnò il foglio a Pussin.
– Da questo momento il degente Auguste Laplace non è più un pensionante, ma un malato come gli altri. Deve essere rinchiuso e deve essergli negato il contatto con chiunque. Inservienti inclusi.
Pussin annuí e si affrettò a lasciare la stanza.
Rimasto solo, Pinel si alzò e raggiunse la finestra. Guardò di sotto, oltre il vetro. Gli inservienti erano alle prese con i ribelli. Non sembravano reagire alle bastonate. Alcuni, colpiti alla testa, sanguinavano, ma non facevano una piega. Qualcuno era a terra, privo di sensi, mentre chi riusciva a rimettersi in piedi guadagnava la posizione di prima, senza scomporsi. La fatica di Sisifo. Avrebbero dovuto sollevarli a uno a uno e portarli dentro di peso.
Pinel avverti un brivido dietro la nuca.