4.

Nella casa stagnavano gli odori di cucina, il che, a memoria di D’Amblanc, non era mai accaduto prima.

La domestica lo accompagnò lungo il corridoio sovraccarico di suppellettili, quadri e arazzi. Giunta sulla soglia dello studio, la donna annunciò l’ospite.

La signora Girard stava in piedi, accanto a una finestra, e si volse accogliendo D’Amblanc con un sorriso lontano, distaccato.

La donna teneva un libro tra le mani, che posò – aperto –sulla scrivania. D’Amblanc avanzò di qualche passo, gettando uno sguardo sulle pagine. C’era un’illustrazione, doveva trattarsi di un erbario o qualcosa di simile.

La Girard congedò la serva e per la prima volta i due furono soli nella stanza.

– Dovrò cercare altri rimedi per trovare sollievo ai miei disturbi, – esordi la donna.

D’Amblanc fu preso alla sprovvista. Si era preparato un discorso di commiato. Improvvisò una risposta che suonò stonata.

– Sono diverse settimane che non avete più attacchi d’asma. I disturbi di cui soffrite si possono trattare in diversi modi.

– Nondimeno le sedute mi facevano del bene. Questo è un commiato, vero, dottore?

La voce era pigra, l’umore della donna vago, contrariato.

D’Amblanc si accorse di cercare il profumo di lei. Gelsomino, si, ne era certo. L’idea che non l’avrebbe più sentito gli causò una stretta allo stomaco.

– Faccende della massima importanza mi chiamano fuori Parigi. Un servizio alla Repubblica. Non so quando potrò fare ritorno.

La donna sedette e fece cenno a D’Amblanc di fare altrettanto. Sulle prime l’uomo rimase in piedi, bloccato in una postura rigida, quasi militaresca, poi decise di accettare.

– Vi arruolate, dunque?

– Non propriamente. Mi è stato offerto un incarico che non posso rifiutare.

– Quando sarete di ritorno, tutto potrebbe essere cambiato.

– La situazione sarà necessariamente molto diversa, forse più chiara, – rispose lui.

La donna prese a sfogliare l’erbario. A D’Amblanc sembrò una pausa calcolata ad arte. Lei posò di nuovo il libro.

– Pensate che la melissa potrà alleviarmi?

D’Amblanc decise di esporsi, in fondo era giunto fin li per quello.

– Ascoltate, vi prego. Voglio essere sincero. Io credo di avere suscitato in voi un qualche interesse verso la mia persona. Una forma di... attrazione. Voi siete una donna intelligente, portata all’analisi. Io sospetto di avere in qualche modo condizionato il vostro animo, attraverso la terapia. Non voglio partire senza avere sciolto questo dubbio.

Senti di dover aggiungere altre parole, ma la ricerca si arenò davanti al sorriso di piccoli denti bianchissimi.

– Voi mi state lasciando, – disse lei. – Forse per sempre. E mentre lo fate, cercate di attribuirmi i vostri sentimenti, e di incolparne la cura che avete condotto. Così avete la giustificazione migliore per interromperla e andarvene lontano da me, come un dottore premuroso. Soprattutto mi negate un sentimento genuino, mio. Mi rendete due volte malata.

D’Amblanc rimase impietrito, d’un tratto nudo, scoperto come un fante rimasto solo durante un assalto.

Per sua fortuna fu ancora lei a parlare.

– Forse è la condizione di dipendenza in cui mi trovo. Non soltanto dalla terapia, ma dalle circostanze, dal mio sterile matrimonio, dai tempi che incombono su tutti noi. Dal tempo stesso. Ho quasi esaurito la mia scorta di giovinezza.

Sorrise ancora, ma fu il sorriso più triste che D’Amblanc avesse mai visto.

– Forse, – riprese lei, – non siamo che una donna sola e un uomo tormentato separati dallo schermo delle convenienze. Lasciatemi i miei sentimenti, dottore, mentre mi lasciate al mio asma.

Versò un bicchierino di liquore da una bottiglia verde e lo porse all’uomo. Ne riempi un secondo per sé.

– Brindiamo al nostro addio e alla nostra salute.

Le labbra indugiarono sul vetro, traendo piccoli sorsi.

D’Amblanc trangugiò il liquore d’un fiato.

– Ora andate, – disse la donna. – La vostra compagnia mi aggrava, così come un tempo mi faceva del bene. Vi auguro ogni felicità.

D’Amblanc si alzò, il bicchiere in mano, e avrebbe voluto parlare, ma ogni parola sarebbe suonata superflua. Prima di rendersi ridicolo, salutò e prese congedo.

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