3.

– Prima di tutto alcune discrepanze, cittadino. Dalla carta civica risultate nato a Boulogne, da altri documenti risultate nato a Bologna. Il che mi pare più probabile, dato che vi chiamate Leonida Modonesi, noto come Léo Modonnet. Ditemi dunque: Boulogne sul passo di Calais, Boulogne in Vandea o Bologna in Italia?

– Sono nato a Bologna.

Il funzionario registrò il dato senza mutare espressione.

– Siete voi una spia del papa?

– Un spia del papa? No, sono un attore, e di una certa notorietà, non mi sono mai occupato...

– ... che dell’arte, – fini la frase il funzionario. – Quello che hanno risposto tutti gli altri. Che vi dipingono come un esaltato e scaricano su di voi ogni responsabilità del tafferuglio scoppiato in teatro.

Léo sospirò. Era il momento di mostrarsi per quel che era: fondamentalmente non un pavido.

– Voi vi riferite al discorso in morte del cittadino Goldoni. Si, è stata una mia iniziativa, ma del tutto estemporanea, all’improvvisa, vecchio stile. La notizia ci è giunta durante la rappresentazione e io ho pensato bene... Ma non si tratta d’altro che di questo, cittadino: un compianto per la fine di un uomo nobile.

Nogaret elargì un sorriso amaro. Aveva una faccia triste, notò Léo, solcata da due rughe ai lati della bocca che lo facevano assomigliare a un cagnone.

– Ecco cosa implica l’occuparsi solo dell’arte, cittadino Modonnet. Sfuggono le implicazioni di ciò che si fa e si dice sul palco o sui banchi, per strada e nella vita. Il vostro ambiguo discorso ha eccitato gli animi e ha causato turbamento all’ordine repubblicano –. Consultò il rapporto che teneva sul tavolo. – Tutta l’enfasi sull'uomo nobile... Un re tra i suoi pari... Un uomo simile a un sole... Noi sudditi... Ebbene, è parsa a molti una chiara allusione alla caduta della monarchia. Il potere rivoluzionario rispetta la libertà d’opinione, ma attenzione a quel che si dice: se io vi trovassi colpevole di propaganda monarchica ne andrebbe della vostra libertà, se non della vita.

Léo rinunciò a rimarcare di non aver mai pronunciato la parola «Arte». Siccome l’aveva pensata, non poteva negarlo, credette giusto e utile proseguire su un registro sicuro.

– Colpevole non mi ritengo né sono, cittadino. Sono fedele alla Repubblica e ho gioito per la morte del tiranno.

Per un istante tornò alla gioia condivisa con Colette la mattina che avevano decapitato il Capeto, ma scacciò il ricordo, non era il momento adatto.

– Se acconsentite, vi racconterò i motivi profondi del discorso che ho tenuto e che hanno le loro premesse nella storia della mia vita.

Nogaret fece una smorfia. – Acconsento per quanto attiene le motivazioni del discorso, non certo per quanto riguarda la storia della vita. Non dico che mi manchi la voglia, ma il tempo certamente.

– Qualche ragguaglio dovrò ben fornirlo, – disse Léo, – altrimenti non si capirebbe il perché del discorso... Le motivazioni sentimentali, intendo dire. Vi basterà sapere che io conobbi Goldoni in tenerissima età (mia, non sua). Cadde malato quand’era ospite nella magione del marchese Albergati, suo buon amico, nella mia città. Io sono figlio d’arte, mio padre era il capocomico della compagnia che risiedeva presso il teatro nella villa del marchese, e così...

Il funzionario alzò una mano.

– Al dunque, cittadino Modonnet. Le ragioni sentimentali, per usare le vostre parole, del discorso e del suo tenore quantomeno ambiguo se non apertamente sedizioso.

Léo annuí.

– Per farla breve, signor... cioè, cittadino, quella grande anima, quel grande genio, novatore di tutta l’arte nostra mi prese sulle sue ginocchia quando ero bimbo. E quando lo incontrai di nuovo qui a Parigi mi rivolse parole che furono un’autentica lezione di vita.

– Capisco. Un padre spirituale, dunque.

– Ben detto, cittadino. Un padre e un maestro.

– Niente allusioni alla situazione politica, dunque.

– Nessuna allusione, cittadino.

– E che cosa vi disse Goldoni?

– Se non attiene al caso in esame preferirei tacerlo.

Nogaret scrollò le spalle.

– Si trattava di una curiosità, ma sappiate che potrei forzarvi, se lo ritenessi opportuno –. Fece una pausa, scorrendo il rapporto e il documento d’arresto. Prosegui: – Sentite: non è che la vostra prestazione qui di fronte a me sia stata così convincente. La Repubblica vive un momento cruciale e non può permettersi che i suoi cittadini abbiano certe disattenzioni. Ammesso e non concesso che non si tratti di malafede –. Alzò la mano per far tacere Léo, il quale aveva aperto la bocca per obiettare. – Tuttavia ritengo che quanto dite sia in buona misura vero. Quindi ve la caverete con poco. Ma attenzione, doppia e tripla attenzione: o sarò costretto, in futuro, a prendere misure più gravi.

Léo deglutì.

– Vi ringrazio, cittadino.

– E sbagliate, cittadino Modonnet. Non vi sto in alcun modo favorendo. Sto esercitando la giustizia. E già che ci siamo, attenzione anche a un’altra cosa. Chi era in sala mi riferisce che il discorso non fu gran che, e che Goldoni avrebbe meritato di meglio. Meno iperboli, più accenti sentiti e sinceri. Io vi ho veduto recitare in diverse occasioni, cittadino Modonnet, e sì, devo dire che voi tendete all’enfasi.

– Voi trovate? – disse freddamente Léo.

– Sì, Modonnet, – rispose il funzionario in tono rassegnato. – È la scuola italiana: tecnica, estro, mistificazione. Ora andate.

– Sono libero?

– Niente fretta, Modonnet. Per il momento tornerete alla casa d'arresto in attesa di un ordine di rilascio.

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