3.

Non si finisce di suonarle ad Austriachi e Alemanni che già si dichiara guerra agli Albioni. Mica una novità. Si è sempre in guerra con l'Anglaterra, nei secoli dei secoli, per terra o per mare, da questa o da quell’altra parte del mondo. L’ultima, dieci anni fa, la si sarebbe anche vinta, però è come persa, perché ci è costata la bancarotta. Che se uno chiede perché l’abbiamo fatta, perché Luigino ha dato tutta quella grana agli Inglesi americani contro quelli d’Anglaterra, be’, la risposta è liscia come il deretano della signora de Ladovie: per vendetta della guerra di prima, quando ci soffiarono il Canadà. Si va avanti così dai tempi di Marco Caco.

Adesso che si è spiccata la zucca a Luigi, gli Albioni si incazzano, manco fosse stato il loro re. Per quelli era un nemico, ma la volta che a fargli la festa siamo noialtri stracciaculi, una mucchia di aristocazzi milordoni ci restan male, poverelli. Loro che si tengono Giorgio il Matto anche se è talmente fuori di zucca che zulla la sua merda 'dosso ai ministri e ai maggiordomi come fossero tutti uguali. Uno scempio, a vederla da una certa altezza; uno spasso se la guardi da sotto (bastante da non trovarti sulla traiettoria, beninteso).

E così, rieccoci ai ferri corti talisqualis.

Com’è quella frase di Saint-Just? «Non sono gli uomini, ma gli stati a farsi la guerra». Sorbe! Cosi si parla! Pare un garzotto dal gran che è belloccio e giovenco, ma la lingua e la penna le usa come scimitarre, mica per pulire orelli a tariffa, a differenza di certi altri. Pure Robespierre non era punto perlaquale, dice che in guerra comandano i generali, non i cittadini. Ma c’è un ma: Brissot e i suoi amici della Gironda han detto che senza guerra non si tiene su la rivoluzione, che si deve srandellare o saremo srandellati. Pure Danton ha voluto la leva a sorte, trecentomila lanci di dadi. Fanno seicentomila braccia in meno a travagliare. E subito i più incazzosi, quelli come Hébert, han voluto sgolare ancora più alto: – Pena di morte per i renitenti!

Magari ci hanno ragione loro. Anche se di legna da fare ce n’è già tanta qui a casa, ché magari fosse bastato il capino di Capeto, invece sbrisga. Dice il saggio: «Perché giocare alla palla quando puoi giocare al biliardo?» E la canzone: «La testa del re | sempre una è. | Ma se sono un po’ di più | falle rotolare giù». E già te le immagini scendere ruzzoloni per i vicoli di Sant’Antonio fino al fiume, burubumburubum, fino a vedere la luce della Libertà, come direbbero gli scaldasedie alla Convenzione.

Qualche zucca bisognerebbe alzarla bene in alto, ché possa vederla meglio, la luce. Quelle dei monopolatori tanto per cominciare. Si riconoscerebbero dai capelli strappati e dagli occhi cavati dalle donne. Lo scempio che san fare le femmine, manco i corvi... Stasera te le ritrovi all’assemblea di sezione con certe muste che fai meglio a guardarti le unghie se non vuoi che te la grattino loro la rogna. Stanno tutte ingruppate, che paiono una cosa sola, un mostro bertoccuto e chioccio, con certe grinfie dritte e puntute come ferri da maglia. Mai fermi quegli spilloni, suegiù, suegiù, e quando ti fissano tutte quante in una volta ti viene da pensare che là sotto potrebbero esserci le tue budella, una bella sciarpa di trippa e il signore è servito. Parlottano, ribollono, petiscono. Propongono gli appelli agli scaldasedie della sezione, così quelli possono inoltrarli, presentarli, proporli, insomma farli votare alla Convenzione. Ma là dentro di buoni ce n’è pochini. S’era provato a eleggere il prete Roux, quello che dice che Dio ci ha fatti tutti uguali e non devono più esserci né aristocrassi né ricchi, ma non ne ha presi bastante di voti. In compenso lo si è eletto in comune, e almeno li azzanna niente male.

Ché la detta Libertà mica te la regalano e se te la regalano ti chiedono in cambio qualcosa che vale pure di più. Se sei morto di fame che te ne fai della libertà? Da morti sarete liberi, dicevano i preti di prima. Li abbiamo cacciati. Il nostro Prete, Jacques Roux «il Rosso», lui dice che devi pure essere libero dalla fame e dalla miseria, altrimenti sei ancora schiavo. E quando qualcheduno riporta le sue parole in sezione, è tutto un pendolare di cuffie, perché le donne di Sant’Antonio son d’accordo, altroché. Anche se certe faccende non possono entrare nelle teste delle femmine, i pulcini nel nido coi becchi aperti ce li hanno loro... e neanche pochi. Si ringalluzzano l’una con l’altra, poi è Marie Nozière a parlare per tutte. Vedova di guerra, un marito disperso a Valmy che l’ha lasciata con un bamboccio in carico. Mica suo di lui, ma di chissachi, chissadove e chissaquando... senza esser figlio del mestiere, ben inteso, ché una volta un gecco sprovvido ha fatto dello spirito in merito e si è ritrovato a ululare con uno di quei ferri piantato in una chiappa. Di lei si sa che è arrivata dal Sud ancora garzotta, con il moccioso al collo e le pezze al culo, come tanti che scappano da una sorte anche più smerda di quella che ci tocca qui. S’è messa subito a smagliare e ha imparato bene e anche meglio. Ha pure preso su la parlata, ché ormai quasi non la distingui da chi al foborgo ci è nato e cacato.

Tutti i denti in bocca, Marie. Petto coccardato, fianchi forti. Ti fa pensare all’amor di patria che le faresti se riuscissi a valicare la trincea di ferraglia per scambiare con lei il bacio fraterno dei repubblicani. Chi ci ha provato è finito peggio di quell’altro, gli han dovuto riattaccare il naso con lo spago. E buona grazia che lei non l’aveva masticato prima di sputarlo.

Soquanti pensano che è stata la legge sul divorzio a fare increstare così le femmine, ché prima i mariti le battevano a piacere da ciucchi e da sobri, e loro mute sotto. Poi è arrivata la nuova legge e adesso non solo se batti la moglie puoi avere il benservito, ma Saint-Just dice che chi mena una donna dovrebbe essere mandato a ballare con la Camarde. E in verità più d’uno si tocca assieme collo e coglioni.

Com’è come non è, stasera in sezione c’è l’universo mondo. Stipati peggio del giorno della festa a Luigino, l’aria finisce subito e si rimane a respirare sudore, alito all’aglio e scuregge. Ma vale la pena, ché dopo la buriana dei giorni scorsi c’è da arrotare parole come baionette.

I due grand’uomini, Marat e Robespierre, han detto che non è colpa del popolo, che la nostra fame è legittima (troppo buoni!) e l’incazzo un dovere, ma gli eroi della Bastiglia non si dannano l’anima per un po’ di zucchero (facile a dirsi, quando ce l’hai). Tantomeno le eroine della marcia di Versailles. Insomma, tutta rabbia sprecata e gran cuccagna per i provocatori che smanticiano sulla brace, loschi figuri, foresti, agenti inglesi, oppure donne di altri quartieri, e forseforse nemmeno donne, ma maschi camuffati da femmine, per avere un aspetto maternale e innocenziale. Uno degli scaldasedie si sgargarozza rosso fino ai capelli, sguaiando che manco si sono presi la briga di radersi, gli infamoni travestiti e sobillatori, con certe barbacce ruvide e sdozze.

Soquanti si voltano verso le magliare, ché ce n’è diverse che sfoggiano bei mustacchi di natura e pure ciuffazzi villosi un bel po’ sotto le urecchie. E infatti la Nozière si fa subito sentire e rificca le parolone in bocca al deputato a una a una, strillando che a confondere gli infami con la fame è un bel gioco di prestigio, ma piluccata la polpa, resta il nocciolo duro: il massimale sui prezzi. Bisogna farlo per legge, altrimenti che li tengono a fare i loro bei culi sui seggi della Convenzione?

Uno della sezione salta su a dire che col zullo che sarebbe un affare! Se metti il maximum., i bottegai inguattano e incettano, si mettono a smerciare sottobanco e fanno il mercato nero.

– E tu quelli li devi mettere sulla carretta coi nobilardi, ché sono nemici del popolo tanto quanto! – si sgola la Nozière.

Le magliare acclamano le parole di Marie la Gagliarda, zullate come sassi in faccia al Deputato Gaglioffo. Tutti i sanculotti si spellano le mani.

Ed ecco che già prende la parola un altro, un vasaio della Porta:

– La cittadina Nozière ci ha pure ragione, mica la gente può mettersi a saccheggiare i negozi qua e là, bisogna che l’autorità stani i monopolatori controrivoluzionari e li punisca!

Un bel discorso liscio e tondo che convince tutti e chiama in causa chididovere: gran occhiare in giro per scovare il poliziotto finché non lo si trova vicino all’uscio (dove altro può stare la cagnaccia?) Appoggiato allo stipite, tricorno e coccarda, il nostro Treignac ascolta e pare proprio che fa di si con la testa, come un cavallo ammaestrato.

Marie Nozière però alza ancora la voce su tutto il brusicare della sala e dice: – Serve prima la legge. Fare la legge e farla applicare. La Repubblica non la fai con le ciance. Se i nostri uomini son buoni per morire al fronte, i nostri figli devono poter mangiare!

E ha tanta ragione da vendere che se gliela pagassero potrebbe smettere di smagliare hic-et-numquam.

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