Il dottor Orphée d’Amblanc, seduto allo scrittoio, attese che l’agente Chauvelin si rimettesse la giacca.
– Se riusciste a vincere le vostre resistenze, raggiungereste un sonnambulismo più profondo. La mente acquisirebbe una maggiore cognizione dello stato di salute generale, e potreste fornirmi più elementi per la terapia.
– Rassegnatevi, D’Amblanc. Le resistenze rimarranno.
Chauvelin si accomodò di fronte al dottore, dopo aver liberato la sedia dalla sua borsa di cuoio. Il mobilio non era composto da molto altro. Avanzavano un armadio, un piccolo comò pieno di fiale e, nella stanza attigua, un armadio e il letto.
– È una pratica benefica, – insistette l’altro, – ormai dovreste averlo capito.
Chauvelin terminò di armeggiare con i bottoni della giacca.
– Sono in parecchi a pensare il contrario. Il fatto che io mi fidi di voi non significa che tutti i magnetisti siano in buona fede.
D’Amblanc si alzò, versò due dita di liquore in un paio di bicchieri e ne porse uno all’agente di sicurezza.
– Non esistono i magnetisti, – lo incalzò, – esiste solo il magnetismo. Chiunque può servirsene, purché lo voglia. Si tratta soltanto di acquisire una tecnica e un certo abito mentale.
– È proprio questo che desta preoccupazione, – concluse Chauvelin.
La mano di D’Amblanc indicò la borsa che l’altro aveva portato con sé.
– Ho il presentimento che parte di tale preoccupazione si trovi li dentro.
Chauvelin incurvò gli angoli della bocca nell’imitazione di un sorriso.
– Questa è chiaroveggenza.
– Oh, nient’affatto, – si schermi D’Amblanc. – Finora non eravate mai venuto con nulla di più voluminoso di un tascapane. La novità mi ha spinto ad azzardare un’ipotesi.
Gli strilli di una giornalaia inquinarono il silenzio della stanza, nonostante la finestra chiusa. Chauvelin sorseggiò il liquore e si passò la lingua sulle labbra sottili. Quando il trambusto cessò, raccolse la borsa e depositò sullo scrittoio un volumetto. Sul frontespizio si leggeva:
Jacques-Pierre Brissot
SULLA CONTRORIVOLUZIONE DEI SONNAMBULISTI
Parigi, 1791
– Immagino conosciate il contenuto di questo pamphlet.
D’Amblanc annuí. Ricordava bene l’allarme lanciato da
Brissot. Visionari e madonne in lacrime erano un pericolo per la Nuova Francia. Un timore che si poteva anche condividere, se non fosse che Brissot aveva infilato nello stesso mazzo truffatori, mesmeristi, sonnambuli e invasati. Si era servito di un fenomeno inquietante per rinnegare il proprio passato di magnetista e ripulirsi l’abito in vista di una brillante carriera politica.
Chauvelin attese che il dottore terminasse di sfogliare l’opuscolo.
– Con quel che accade in Vandea, – riprese, – più di un deputato è convinto che Brissot avesse ragione. La ribellione monarchica è cominciata con le profezie di qualche papista che pretendeva di parlare con la Vergine Maria.
D’Amblanc scosse la testa con aria di sufficienza.
– Il magnetismo animale è una terapia. Serve a curare le persone, non a incontrare i santi.
Chauvelin infilò di nuovo la mano nella borsa e ne estrasse alcuni fascicoli. Sul primo foglio di ognuno campeggiava il timbro del comitato.
– Questi rapporti vengono dall’Alvernia. Riferiscono di casi... – l’agente di sicurezza cercò la parola adatta, – insoliti. Il sospetto dei miei superiori è che tali casi siano collegati all’azione di magnetisti e sonnambulisti –. Si strinse nelle spalle. – Potrebbe anche trattarsi di una mera congettura: io non sono in grado di valutarlo –. Puntò gli occhi in quelli del medico. – Forse potreste farlo voi.
– Io? – domandò D’Amblanc.
Il poliziotto inclinò appena la testa di lato, come per studiare l’interlocutore.
– Ciò che servirebbe è un’indagine sul campo, – disse. Segui un momento di silenzio, il tempo che D’Amblanc superasse lo stupore.
– Mi state chiedendo di andare in Alvernia per vostro conto?
– Per conto del comitato di sicurezza generale, – precisò l’altro.
– Ma io sono un medico, non un poliziotto.
– Voi padroneggiate la tecnica e avete un certo abito mentale, – ribattè Chauvelin giocandogli contro le sue stesse parole. – Chi meglio di voi...
– È una richiesta assurda! – insistette D’Amblanc.
– Assurda, dite? – Chauvelin inarcò un sopracciglio. – I dipartimenti dell’Alvernia sono tra i più turbolenti, refrattari e bigotti di tutta la Repubblica. Lo scorso febbraio, durante i sorteggi per la leva di massa, sono scoppiati disordini in ogni villaggio. Due seminaristi ne hanno approfittato per invitare i contadini ad arruolarsi nell’esercito di Dio e del re. La guardia nazionale ha dovuto assediare una cascina zeppa di villici infervorati e armati di forconi che si sono lasciati massacrare piuttosto che arrendersi. Il comitato teme lo scoppio di una seconda Vandea. Trovate assurdo che voglia escludere l’azione di agenti monarchici in grado di influenzare la popolazione con pratiche magnetiche?
Mentre esponeva gli argomenti, il tono di Chauvelin si era fatto via via più freddo. D’Amblanc cercò qualcosa per ribattere.
– Qui a Parigi ho i miei pazienti, – disse. – Non posso lasciarli all’improvviso. E poi, cosa pensate che possa mai scoprire laggiù?
L’agente di sicurezza fissò D’Amblanc da sopra il bicchiere.
– Tutto o niente. Detto fra noi, dottore, penso che non potreste avere occasione migliore per rassicurare chi guarda con sospetto alla dottrina del magnetismo animale e alle vostre pratiche sonnamboliche.