2.

Treignac udì il colpo del cannone d’allarme e capi che il tempo degli inviti alla calma era bell’e finito.

Le campane della chiesa dei Trovatelli, nel foborgo di Sant’Antonio, erano state le prime a smartellare, e i sanculotti del quartiere erano scesi in strada di gran carriera, con le armi in pugno, mentre nelle sezioni più ricche ancora si lamentavano per l’alzataccia, perché si sa che nemmeno nel sonno gli uomini sono uguali, e chi ha candele a mucchi discute e festeggia fino a tardi, mentre chi le deve risparmiare va a nanna appena è buio, si sveglia prima dell’alba, addenta un tozzo di pane, si sciacqua la bocca, e poi se può torna a dormire un paio d’ore, altrimenti si prepara per andare al lavoro.

Pertanto, quando Treignac udì il colpo del cannone d’allarme, i cittadini di Sant’Antonio erano già assembrati da almeno tre ore, di fronte alla casa del capitano di sezione, sotto il drappo tricolore, senza nemmeno conoscere il vero motivo della chiamata. O meglio: il motivo lo sapevano tutti. Proprio il giorno prima s’era diffusa la notizia di Lione, dove i partigiani di Brissot avevano cacciato dal comune i veri rivoluzionari e si temeva che lo stesso colpo l’avessero in canna pure a Parigi. Quel che nessuno sapeva era il da farsi spiccio, se cioè bisognava star li a difendere la sezione, oppure andare alle barriere per far scudo alla città, o magari filare dritti alla Convenzione a prendere per il collo i brissotini.

Mentre Treignac cercava di raccapezzarsi, senti uno strattone alla giacca. Era Bastien, trafelato.

– Al Colle dei Mulini si sono messi addosso le coccarde bianche del re e stanno chiusi con due cannoni nel Palazzo Egualità.

– Chi li ha visti?

– Lo dicono tutti.

Treignac si lasciò sfuggire un’imprecazione e si fece largo tra la folla insieme alla notizia. La sezione del Colle dei Mulini era un feudo di Brissot, e c’era già chi invocava una spedizione punitiva, «per piantargli nel culo le loro belle coccarde».

Treignac raggiunse il capitano Soyer.

– Chi ha portato la notizia? – domandò.

Soyer scrollò le spalle, come a domandarsi che importanza avesse davanti a quel trambusto.

– Il Palazzo Egualità è a due passi dalle Tegolerie, – disse. – Se quelli del Colle si stanno preparando per attaccare la Convenzione, bisogna fermarli subito.

Treignac fece qualche passo nervoso.

– Maledizione, – disse a mezza voce, mentre la smania intorno a lui aumentava.

Al che Soyer, senza por tempo in mezzo, sguainò la spada e la puntò al cielo.

– Cittadini di Sant’Antonio, – gridò. – Andiamo a vedere quelle coccarde bianche!

Mezz’ora dopo, Treignac scrutava l’immensa facciata del palazzo che era stato residenza di Filippo d’Orléans, o Filippo Egualità, come si era ribattezzato per lisciarsi la rivoluzione e salvarsi il collo.

Si scorgeva un’arma a ogni finestra.

Il comandante Soyer diede l’ordine di piazzare i cannoni. Poi si sgolò verso gli assediati.

– I buoni patrioti di Sant’Antonio vi ordinano di mollare le armi! Lasciate perdere o apriamo il fuoco e vi seppelliamo là dentro!

Per tutta risposta una testa sbucò da un abbaino.

– Qua non si arrende nessuno! Ritiratevi voi! – disse prima di sparire di nuovo come un topo nel suo buco.

Soyer gonfiò il petto. Sapeva che i suoi lo stavano guardando.

– Se allo scoccare dell’ora non deponete le armi, apriamo il fuoco!

Treignac pensò che faceva una certa impressione vedere i cannoni puntati contro i ristoranti, i caffè alla moda, le botteghe degli orafi, le sale da gioco, e i postriboli che quel luogo ospitava oltre la facciata. Di norma quella, per la riccaglia, era «la capitale della capitale di Francia», dove andavano i visitatori che avevano denaro da spendere in ninnoli, giochi e saloppe.

Il tempo gocciolava via come un rivolo d’acqua da una grondaia bucata.

Chiamò Bastien.

– Sentimi bene, tu. Sai correre veloce?

Il ragazzo annuí.

Treignac gli strinse il braccio come per infondergli determinazione.

– Allora corri fino a via Sant’Anna. Chiedi della casa del cittadino Cordonniers. Lui mi conosce, eravamo sotto le armi insieme. Digli che ti mando io e che ho bisogno che venga subito qui: è un affare della massima urgenza. Chiaro?

– Si, Treignac.

Il poliziotto gli fece un gesto esplicito.

– Vola!

Il ragazzino parti come una scheggia.

Soyer si avvicinò a Treignac.

– Cosa avete intenzione di fare, sacrodio?

– Conosco uno dei montagnardi di questa sezione. È uno comecristocomanda. Bisogna che mi spieghi cos’è ’sta storia.

Soyer indicò la facciata del palazzo.

– Non è abbastanza chiaro? Minacciano in armi la Convenzione e la Repubblica. Maledetti brissotini. A Lione hanno fatto la stessa cosa.

Treignac non replicò. Si augurò che Bastien si sbrigasse, prima che qualcuno si facesse saltare la mosca al naso.

Soyer chiese in giro l’ora giusta e quando gliela dissero tornò a gonfiare il petto.

– Al tocco dò l’ordine di tirare.

Treignac occhieggiò all’intorno, sperando di vedere arrivare il ragazzino, poi fissò ancora il palazzo. Fu in quel momento che si udì lo sparo. Un colpo secco, sonoro, che riecheggiò nella piazza. Treignac vide il fumo sollevarsi da una delle finestre.

Non ebbe il tempo di chiedersi se fosse stato un colpo accidentale o una provocazione, perché lo investirono il trambusto e gli ordini sgolati di Soyer che faceva caricare i cannoni. Chi aveva un fucile lo spianò, ma spuntarono anche fionde e persino una balestra.

Treignac si senti tirare per la giacca. Bastien era li, sudato e col fiatone. Treignac lo afferrò per le spalle.

– Allora? L’hai trovato?

Il ragazzino fece segno di no con la testa, mentre cercava di riprendere fiato.

Treignac alzò gli occhi al cielo e invocò malamente un paio di santi.

– Ti hanno detto dov’è, almeno? – chiese senza speranza.

– Si, – riusci a dire Bastien.

Treignac vide il braccio magro del ragazzino sollevarsi e l’indice puntare proprio di fronte a loro.

– Porca merda! – imprecò Treignac. Corse davanti alle file e sollevò con le mani le canne dei fucili. – Fermi! – si mise di fronte alle bocche dei cannoni. – Fermi! Non sparate!

Soyer, già voglioso di dare l’ordine, lo affrontò rosso in faccia.

– Cavatevi da mezzo, Treignac! Io non sto a guardare mentre gli amici di Brissot e della Gironda ci sparano addosso.

– Non vi hanno sparato, allocchi! Era soltanto un colpo, non ne sono seguiti altri: è chiaro che è stato involontario.

La folla ringhiò contro il poliziotto e Soyer dovette metterla a tacere alzando la sciabola. Quando gli animi furono placati, si rivolse di nuovo a Treignac.

– Cosa intendete fare?

– Andare là dentro.

Un brusio attraversò l’assembramento.

– Da solo?

Treignac incontrò lo sguardo di Bastien e cercò il suo assenso.

– Mi porto il garzolo. Nessuno spara sui garzoli.

Qualcuno dalle file dietro disse che non ci avrebbe scommesso, ma tutti sentivano che l’iniziativa di Treignac meritava rispetto. Soyer colse il loro umore come un cane fiuta l’usta.

– E va bene, negoddio. Dategli una bandiera bianca.

Legarono un fazzoletto bianco a un pezzo di legno e lo diedero a Treignac.

– Se fra dieci minuti non siete di nuovo qui, dò l’ordine di aprire il fuoco e non ci sono santi che tengano, – lo congedò Soyer.

Treignac non parve nemmeno sentirlo. Si incamminò con Bastien attraverso la piazza che portava al cancello del grande edificio.

Intorno alle due figure solitarie si era fatto il più assoluto silenzio, al punto che potevano sentire il rumore dei propri passi sul selciato.

– Se tua madre lo scopre mi taglia il naso, – disse Treignac.

– Non glielo diciamo mica, no? – rispose svelto il ragazzo, la voce strozzata da quell’idea.

Treignac alzò un dito sulla bocca.

– Mai.

Bastien sospirò di sollievo.

Avanzarono ancora un poco. Ormai potevano distinguere bene le figure in armi che li attendevano all’ingresso, sotto il colonnato.

– Hai paura? – chiese Treignac.

Bastien annuí.

– Anch’io, – aggiunse il poliziotto. – Se non l’avessimo saremmo due gecchi sprovvidi, non credi? Stammi vicino.

Giunti davanti agli uomini armati, Treignac si identificò e disse che chiedeva di parlare con il cittadino Cordonniers.

– Cordonniers? E perché mai? – lo apostrofò uno dei ceffi, ruvido di tono e di musta.

– Perché lo conosco e vorrei capire da lui che sta succedendo qui.

Consegnò al tizio la bandiera bianca e gli fece segno di fargli strada. Quello lo guardò strano, si consultò con i compari, e alla fine decisero di lasciarlo passare.

Treignac e Bastien entrarono scortati nel cortile interno. Le botteghe sotto il colonnato erano chiuse. Davanti a uno scalone c’era un secondo posto di guardia. Tre sanculotti armati e un tizio dalla faccia di teschio, vestito di nero, che se ne stava seduto, mentre quelli lo sfottevano.

Treignac notò che gli mancava il naso. Senti Bastien rabbrividire al suo fianco.

– Lasciatemi andare a casa, vi dico, non faccio niente di male! – protestava faccia-di-teschio. – Sono solo il custode.

– Sbrisga. Te resti qua dove ti possiamo tenere d’occhio. Non ci fidiamo di nessuno.

Il capannello si accorse dei nuovi arrivati.

– E questo da dove sbuca? – chiese quello con la faccia più arrogante.

– È il capocagnaccia di Sant’Antonio, – rispose uno della scorta. – Sta con quelli là fuori. Cerca Cordonniers. Portava questa.

La bandiera bianca passò di mano e le sentinelle la osservarono come fosse una cosa strana.

– A occhio e croce direi che mancano due colori! – sbottò uno.

Gli altri liquidarono Treignac con un’alzata di spalle.

– Cordonniers sta di sopra.

Treignac e Bastien furono condotti su per lo scalone, seguiti dallo sguardo di faccia–di–teschio che lasciò a entrambi una sensazione sgradevole, come quando qualcosa ti rimane appiccicato addosso e non riesci a liberartene.

In cima, si ritrovarono in una vasta sala da gioco, con tavoli per le carte, divani e sedie per gli spettatori, e grandi lampadari. Niente giocatori d’azzardo. L’ambiente era fitto di gente che caricava fucili, portava barilotti di polvere da sparo, ammucchiava mobili contro le finestre.

Treignac prese a guardarsi intorno in cerca della faccia che cercava. La scovò proprio accanto alla porta, intenta a farsi brutta–brutta per impressionare un giovincello che menava un arnese più grande di lui come fosse alla caccia al cinghiale.

– Cordonniers!

– Treignac? – L’uomo, un tizio segaligno con un codino di capelli arruffati che spuntava da sotto un berretto frigio tricolor–coccardato, strabuzzò gli occhi. – Mi cascassero in mano, che ci fai qui?

– Vengo a chiederti la stessa cosa. Là fuori c’è metà del mio foborgo che vuole prendervi a cannonate.

L’uomo fece una smorfia d’incredulità.

– Siete voi di Sant’Antonio? E perché ci attaccate?

– Dimmelo tu, Cordonniers. Pare che vi siate appuntati le coccarde bianche del re.

La smorfia si fece più vistosa e sboccò in una risata.

– Mi prendi per i fondelli, Treignac?

Treignac si tolse il tricorno e si grattò la testa.

Cordonniers parve notare per la prima volta Bastien.

– Chi è? Tuo figlio?

Treignac toccò la spalla del ragazzo.

– No. È il mio aiutante.

Bastien si gonfiò d’orgoglio.

– Nessun amico dei girondini, qua dentro?

L’altro lo prese da parte e abbassò la voce.

– Non posso dirti che non ce ne siano. Però li teniamo d’occhio. E finché ci siamo noialtri montagnardi, la coccarda bianca non la mette nessuno.

– Ma allora... – attaccò Treignac e le parole gli si spensero in bocca.

– Allora stamattina, quand’è suonata la campana, ci è arrivata notizia che la nostra sezione stava per essere attaccata. Cosi abbiamo raccolto un po’ di schioppi e ci siamo asserragliati qua dentro. Sai, tanto per non farci trovare con le brache calate.

– E poi?

– Poi siete arrivati voi e abbiamo pensato che le voci sull’attacco erano vere.

I due uomini si fissarono a lungo, come se ciascuno volesse essere certo di avere capito l’enormità dell’equivoco.

– Le voci inverano sé stesse, – concluse Treignac. – E forse qualcheduno le mette in giro a bella posta.

– Che significa? – chiese l’altro.

– Che stavamo per spararci addosso per l’anima del zullo. Dammi il tuo berretto, per favore.

L’amico glielo porse. Treignac fece segno a Bastien di porgergli una delle picche che erano incrociate sulla parete e quando il ragazzino ebbe eseguito, mise sulla punta il berretto frigio coccardato. Quindi si fece largo nel salone e tutti si aprirono per farlo passare. Fece spuntare la picca dalla finestra e la sventolò, perché da fuori potessero vederla bene.

– Viva la Convenzione! – gridò.

E subito Cordonniers gli fece eco, seguito da tutti i presenti.

– Viva la Francia!

– Viva la Repubblica!

– Viva Robespierre!

Da fuori risposero con altrettanto ardore e battere di mani.

La delegazione di Sant’Antonio superò i cancelli, superò i portoni, percorse i corridoi, visitò le stanze gremite di armi e cittadini e coccarde tricolori e inni da patrioti.

Treignac fece spiegare tutto il malinteso una seconda volta, da capo e con calma, quindi accompagnò di sotto quelli che avrebbero spalancato cancelli e portoni, per permettere ai cittadini di Colle dei Mulini e a quelli di Sant’Antonio di scambiarsi un caloroso, fraterno, rivoluzionario abbraccio.

Talmente caloroso che qualcuno lo trasformò in ballo, qualcun altro ci aggiunse un bicchiere di vino, finché Cordonniers non si fece venire un brutto colpo di sangue, cascò per terra, e il medico della sezione dovette subito salassarlo alle braccia, per evitare che l’affetto dei sanculotti di Sant’Antonio facesse più danno dei loro cannoni.

In mezzo al trambusto festoso, Treignac riusci a mettere le mani su una bottiglia di vino e ne offrí un mezzo bicchiere a Bastien. Poi ne versò uno anche per sé.

– Bevi. Oggi ti sei comportato bene. Brindiamo al tuo coraggio.

Il ragazzino portò il liquido alle labbra e si sforzò di mandarlo giù. Treignac gli sorrise.

– E spera che tua madre non lo sappia mai.

Bastien mimò il gesto di cucirsi la bocca.

Share on Twitter Share on Facebook