4.

A Marie avevano dato un bastone, un grosso randello per il bestiame. Le altre esibivano spilloni da calza e manici di scopa. In cima al suo, Georgette aveva legato un coltellaccio da cucina. Sophie impugnava un forchettone da arrosto, più acuminato di una picca. La barricata l’avevano tirata su in fretta, accatastando masserizie e vecchi mobili dalle cantine che davano sulla via. Serviva a restringere il passaggio in modo che si potesse tenere il posto di blocco con facilità.

Dalle Tegolerie le notizie arrivavano sfilacciate, fatte a brandelli dalle bocche che le masticavano e le risputavano in strada. I deputati girondini erano stati portati dentro il palazzo scortati dalla guardia nazionale. I miliziani circondavano la Convenzione. All’ingresso erano scoppiati tafferugli. Anche Marie e le sue compagne avevano battagliato parecchio là sotto, quella mattina, ma quando le porte erano state sprangate avevano rinunciato e si erano messe di ronda come molti altri. Quando si erano stancate di girare, si erano scelte quel posto: l’imbocco di via della Giostra, che chiudeva lo slargo delle Tegolerie a nord.

Altre notizie giungevano dal resto della città. Le sezioni erano in seduta permanente, tutti gli uomini validi erano in adunata sotto i gonfaloni, in appoggio alla guardia nazionale. Da quando, due giorni prima, il cannone di Pontenuovo aveva sparato il colpo d’allarme, Marie non aveva quasi dormito. Aveva visto Bastien solo di sfuggita, e si consolava con l’idea che c’era Treignac a tenerlo al guinzaglio. È più al sicuro con lui che con me, si ripeteva per scacciare l’ansia. La sensazione di imminenza pervadeva tutti, la città intera. Cosa sarebbe successo? Cosa accadeva nei dipartimenti della Gironda e della Vandea? Gli Inglesi erano pronti a sbarcare a Calais? Le voci che correvano da un vicolo all’altro, trasportate dall’alito di Parigi, erano come legna secca per il fuoco.

– All’occhio!

La voce di Georgette risuonò forte. Si era voltata e guardava oltre le spalle delle compagne.

Si volsero tutte quante e scorsero un drappello che si avvicinava. In quel momento realizzarono di essersi preoccupate di chi voleva lasciare la Convenzione, non di chi avesse voluto raggiungerla.

Marciavano in fila per due, berretti frigi e coccarde, bastoni in spalla come fossero fucili, gli zoccoli che battevano il selciato. Solo quando chi era in testa alla colonna ordinò l’alt, e il rumore cessò di colpo, Marie potè osservare bene quelle facce e si accorse che erano donne. Non fu l’unica. La sorpresa venne sancita da un sonoro «Porca merda» che Armandine fece risuonare forte sulla barricata.

La donna che guidava il drappello si fece avanti. Era piuttosto alta, indossava pantaloni e giacca, alla cinta portava una sciabola da ufficiale. Da sotto il berretto uscivano riccioli castani.

– Voi siete le Streghe della Montagna.

Non era una domanda. Marie scambiò un’occhiata con Georgette.

– E voi chi sareste? – chiese di rimando.

L’amazzone rispose con voce stentorea.

– Le cittadine repubblicane rivoluzionarie.

– Mai sentite, – disse Georgette. – Per Brissot o per Robespierre?

La risposta risuonò ancora più limpida della prima.

– Per il popolo. Per le madri e le mogli di Francia.

Georgette fischiò tra i denti e si fece aria con la mano.

– Con tutti e con nessuno.

L’amazzone s’irrigidí. Marie la osservò meglio: occhi neri, corrucciata, una ruga le attraversava la fronte proprio in mezzo alle sopracciglia. Nondimeno, era innegabilmente bella.

– Il 10 agosto io ero all’assalto delle Tegolerie con il battaglione dei federati.

Georgette si rivolse alle altre con un ghigno.

– Il 10 agosto non mancava proprio nessuno, eh? E tutti in prima fila, nemmeno uno dietro.

La ruga divenne ancora più evidente.

Una seconda amazzone si fece avanti. Era più piccola, ma d’aspetto agguerrito.

– È la verità, – disse. – Lei c’era. E non era sola.

Per un po’ i due gruppi di donne si fronteggiarono in silenzio; le magliare da una parte, con le loro sottane dagli orli sporchi, le cuffie e in mano gli arnesi del mestiere; dall’altra le amazzoni, vestite da uomini, l’aria meno cattiva ma più marziale.

– Qual è il tuo sgobbo? – chiese Georgette alla prima che aveva parlato.

– Prima di venire a Parigi ero attrice.

– Ecco perché ti sei travestita, – sbottò Marie, scatenando le risate delle compagne.

Tra sé e sé, pensò che era proprio una bellezza da palcoscenico: tratti regolari, occhi grandi e bocca piccola a forma di cuore.

– E te cosa fai? – chiese Georgette a quell’altra.

– Commercio in cioccolata.

Georgette scosse la testa.

– Noi i commercianti li smerdiamo e le attrici le conciamo come quell’altra vostra amica, Annagioseffa culo-a-strisce.

– Allora è vero... – disse l’amazzone.

– Certo che è vero, vaglielo a chiedere se non ci credi, ché ancora non si può sedere quella là.

Marie ghignò con le compagne, ma avverti come una puntura in fondo allo stomaco, una sensazione che non avrebbe saputo descrivere, simile a quando si accorgeva di avere dimenticato qualcosa di importante. L’immagine delle chiappe bianche e rosse della saloppa di Brissot le tornò alla mente con prepotenza, insieme agli strilli da cornacchia, e provò rabbia. Una rabbia indistinta, senza direzione. Strinse i denti, come dovesse trattenere un conato di vomito.

L’amazzone piegò appena la testa di lato, senza smettere di fissare Georgette.

– In quante vi siete messe contro la Méricourt? Le voci dicono cinque contro una.

I sorrisi sparirono. Georgette tirò su col naso facendo più rumore possibile. Poi si prese il seno tra le mani.

– Bella, mi hai fatto andare via il latte, – disse. – Qui ci siamo noi e non si passa. Aria!

L’amazzone non sembrò affatto intimidita.

– Non vogliamo passare. Siamo qui per il vostro stesso motivo: arrestare i sospetti.

Georgette la guardò storto.

– Sbrisga. Lo sappiamo cosa volete voialtre: mettervi le brache e l’uniforme e andare con l’esercito.

– Vogliamo formare dei battaglioni femminili per combattere i nemici interni della Repubblica, chiunque siano e dovunque si annidino. Per le strade di Parigi come nei boschi della Vandea.

– Senti come la dice bene... – scherzò Armandine.

– Noi non possiamo fare i soldati, – disse Marie. – Noialtre abbiamo figli, i nostri uomini sono al fronte oppure morti.

– Il suo è disperso a Valmy, – disse Madeleine indicando l’amica.

L’amazzone annuí, come se sapesse di cosa le stavano parlando.

– Dovreste ricevere una pensione dalla Repubblica.

Non era la risposta che Marie si aspettava.

– E la Repubblica dove li trova i soldi? – chiese in tono scettico.

– Dove ci sono, – rispose l’altra. – Tassando i ricchi. È nel programma della nostra società.

Le magliare restarono interdette. Fu Georgette a tagliare corto.

– Ficcatevi in quelle testacce che questo è il posto nostro. Sciò! – Mostrò loro il lungo spillone che teneva in mano. – Sapete questo dove gliel’ho infilato alla vostra amica?

– Noi non siamo brissotine! – protestarono le donne alle spalle dell’amazzone.

– Ssshhh! – sibilò Marie, e indicò oltre la barricata. – C’è qualcheduno!

Le magliare si assieparono sulla strettoia.

Un gruppetto di cittadini si avvicinava. Due uomini e due donne.

– Altolà! – intimò Georgette esibendo l’arma che si era costruita. – Fuori le carte civiche.

Quelli obbedirono senza un fiato. Le magliare scrutarono le facce e lessero quello che c’era scritto nei documenti.

– Dove state andando? – chiese Georgette.

– Accompagniamo queste donne alla loro sezione. Sono rimaste tagliate fuori.

– Quale sezione?

– La ventunesima. San Dionigi.

Controllarono gli indirizzi e ai due uomini fecero ripetere nome, cognome e residenza. Le due donne se ne stavano rintanate sotto le cuffie e gli scialli senza dire un amen.

– Cosi voi sareste un maniscalco e voi un ciabattino.

Gli uomini annuirono. Marie si avvicinò all’orecchio di

Georgette e le suggerì di guardare le loro mani. Non avevano un callo, né un segno. Le unghie erano pulite.

– E secondo voi noialtre siamo un branco di oche? – chiese Georgette.

L’uomo divenne rosso in viso.

– All’occhio, donne! – disse Georgette. – Questi fetono forte.

I due tizi si ritrovarono circondati dalle magliare con le zanne bene in vista e gli spiedi spianati.

– Li portiamo alla guardia nazionale? – chiese Sophie.

I due bofonchiarono una protesta poco convinta, mentre cercavano una via di fuga, ma dietro le magliare c’erano le altre, con le mazze in mano. Rinunciarono.

– No, – disse Georgette. – Ma li rimandiamo indietro.

– Lasciate almeno che queste cittadine tornino alle loro case, – disse uno dei due.

Georgette si strinse nelle spalle e fece un cenno alle due donne.

– Aria, voi due! Alle cucce!

Quelle transitarono svelte per il passaggio, ma quando furono alla sua altezza, Marie colse uno sguardo. D’istinto alzò una mano a fermarle.

– Un momento!

Si avvicinò e strappò la cuffia di una delle due, rivelando una capigliatura maschile e provocando una ridda di imprecazioni e bestemmie.

– Questo lo conosciamo, – disse Marie. – Ti ricordi, Georgette?

– Porca merda, è uno scaldasedie della Convenzione. Uno di quelli che volevano farci arrestare. Com’è che si chiama?

– Girard, – ricordò Marie.

L’uomo sbarrò gli occhi in preda al panico.

– Girard! Si, negoddio! – disse Georgette. – E magari quest’altra è la moglie...

Strappò anche l’altra cuffia, ma ne emerse un secondo uomo, più giovane, che per indonnirsi si era cosparso la faccia di cerone bianco.

– Siete tutti in arresto, razza di schifosi! – sentenziò Georgette.

– All’inferno! – sibilò Girard, prima di scagliarsi contro Marie con tutto il peso, scaraventandola a terra. Lei riuscì a non sbattere la testa e lo vide correre verso la strada, inseguito dalle urla delle donne. Fece solo pochi passi, prima di essere sgambettato e inchiodato a terra da una selva di bastoni. L’amazzone gli appoggiò un piede sul petto e si rivolse alle magliare con un sorriso di trionfo.

– Per poco il pesce più grosso non sfuggiva dalla rete.

Le amiche aiutarono Marie a rialzarsi. In quella si accorsero che i primi due uomini si erano dileguati, mentre l’altro travestito era in ginocchio che implorava d’essere risparmiato con una vocina chioccia che lo faceva sembrare più donna di una donna.

– Da non credere, – disse Georgette. – Uomini che per scappare si travestono da donne. E donne che per brancarli si travestono da uomini. Il mondo è a rovescio.

Questa volta ghignarono anche le amazzoni.

– Questo bel tomo va dritto fra le braccia della guardia nazionale, – decretò Georgette, puntando il coltello alla gola del prigioniero. – In piedi, cittadino Girard.

Il deputato si risollevò e cercò di ricomporsi, spazzandosi la polvere dalla sottana.

– Vi chiedo di lasciare libero il mio segretario, – disse cercando di darsi un tono formale. – Lui non ha colpe di questa pantomima. L’ho spinto io a prendervi parte.

– Avanti, tutti e due, – tagliò corto Georgette.

Gli uomini travestiti vennero circondati e spinti oltre la barricata. Georgette diede la voce alle amazzoni.

– Volevate rendervi utili voialtre? Non fate passare nessuno finché non torniamo.

Prima di seguire le compagne, Marie si fermò davanti all’attrice.

– Dov’è che si riunisce la vostra società?

– In via Sant’Onorio. Nella biblioteca del convento dei giacobini.

Silenzio.

– Allora conosci Robespierre.

L’altra sorrise.

– Non gli ho mai parlato. Ma a volte partecipiamo alle riunioni degli uomini. Perché non vieni?

– È troppo lontano. Sto a Sant’Antonio.

– Puoi dormire da noi.

– Non importa. Arrivederci.

– Se cambi idea chiedi di me. Mi chiamo Claire. Claire Lacombe.

Marie finse di non averla udita e tirò diritto, ma dopo pochi passi provò ancora quella sensazione di avere tralasciato qualcosa, di avere commesso un irrimediabile errore, e rispondendo all’istinto, si voltò.

– Io sono Marie Nozière. Addio.

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