IX.

Ad un tratto, all’uscire da una specie di bosco, formato da alti steli sormontati da larghe ombrelle – veri funghi giganteschi – mandammo un grido.

— Komokokis! – gridammo.

— Sì, —disse il vecchio, e fe’ un lieve atto di devoto saluto verso la meravigliosa apparizione che aveva strappato il nostro grido.

Come una collinetta luminosa sorgeva davanti a noi: sormontata in alto da una cupoletta radiosa, un blocco di cristallo, fulgido come un diamante, sfolgorante come una stella.

Intorno ad essa, digradanti lievemente ad anfiteatro, erano cento altre luminose cupolette, sino al basso, ove un denso bosco di alte piante che parean velluto cingevan tutta la fantastica città come d’una corona di verde smeraldino.

E l’atmosfera, intorno alla meravigliosa collina, avea una bianca iridiscenza perlacea, con dei lievi guizzi di luce cilestrina, e di riflessi tremolanti di certe lontane stelle mattutine....

— Komokokis – ripetè la nostra guida, con accento profondo, – la città della pace perfetta. Lassù, in alto, riposa il nostro Capo e intorno ad esso sono i nostri fidi Maestri. Fra quelle cupole che forman il primo cerchio è il Sapiente a cui voi dovrete essere condotti.

—Noi saliremo dunque fin lassù? – chiese Edoardo.

— Sicuramente. Ora avviamoci.

E riprese lestamente il passo.

In breve fummo fin presso il bosco vellutato che cingeva la città la città della “pace perfetta”.

Appena entrati sotto le verdi ombrie luminose fui colpito dal soave senso di freschezza che parea discender su tutto il nostro essere da quelle vôlte vegetali, formate come da larghi festoni chiari, che avean come s’è detto, la morbidezza e l’apparenza del velluto.

Inoltre vagolava intorno un indefinito profumo che avea qualcosa di stranamente penetrante, qualcosa di dolce e di opprimente, nello stesso tempo, come l’olezzo di certi grandi fiori tropicali.

Camminavamo in silenzio sotto quelle vôlte vegetali deserte e silenziose, presi, nostro malgrado, dall’intensa sensazione di quel profumo che parea vaporare dalla terra sotto i nostri piedi.

Ad un tratto il bosco cessò.

Davanti a noi era la prima cinta delle cupolette.

Intorno ad esse eran uomini gravi occupati a strane faccende che non m’era dato comprendere. Qua e là fanciulli, altrove donne, bellissime tutte, ma serie e silenziose.

Sbocciavan da per tutto fiori di neve o leggermente rosei; la terra era cosparsa come da un sottile tappeto di lanugine bianca, che supposi essere tenuissimi muschi....

Noi andavano salendo, fra una cupoletta e l’altra.

Qua e là s’aprivan nella roccia piccoli getti d’acqua cristallina che saltellando, rompendosi in mille spruzzi fatti di gocciole luminose, andavan a formare de’ sottili ruscelli che scorrevan sotto i nostri piedi.

Salivamo sempre, e man mano che ascendavamo l’aria calda del bosco si faceva meno grave, più sottile, più confacente ai nostri polmoni di figliuoli della superficie del globo, imprigionati, non sapevamo ancora a quale profondità, nelle viscere terrestri.

E man mano che andavamo salendo verso la sommità della collinetta, come un senso di quiete solenne e di pace veniva a noi dal paesaggio circostante.

Sotto di noi si stendeva la valle tutta luminosa nella sua sottile nebbia siderea che copriva come d’un velo tutte le sinuosità del terreno; da una parte come una grande conca di luce più chiara emergeva più vivida: il lago.

In alto, sulle mostre teste, non era il nostro solito bel cielo azzurro: ma lo sguardo si perdeva nell’atmosfera luminosa che ci nascondeva la vôlta smisurata della immane caverna.

Davanti ad una costruzione bianca, un poco più grande delle solite, ma sormontata dalla solita cupola, la nostra guida si arrestò.

— Siamo giunti, – disse.

Ci fece cenno di attenderlo fuori, sollevò la tenda ed entrò.

Si trattenne alcun tempo dentro, indi sollevando la tenda ci fe’ cenno di entrar anche noi.

Lo ubbidimmo.

Fummo dentro ad una semplice stanza, ornata di rame di fiori, di cespi di tutte le più delicate sfumature del bianco-roseo.

In mezzo, un alto vecchio, pallido e magro, dalla barba candida ma dagli occhi neri e penetranti, ci guardava fissamente....

La nostra guida era rimasta un pochino dietro noi, in atto di rispettosa attesa.

Allora il nuovo personaggio gli fe’ un cenno, ed egli si avvicinò.

Parlarono alcun tempo nel loro solito linguaggio, dolcissimo, pieno d’inflessioni lunghe e di vocali, poi il vecchio facendo un atto con ambo le mani che compresi essere un saluto, si avviò verso la tenda dell’uscita e scomparve.

Allora il vecchio Sapiente, o Maestro, come ce lo avea indicato la nostra guida, si volse a noi e porgendoci le mani perfettamente all’europea, ci disse:

— Dunque voi, cari signori, avete voluto venir a fare una scappatella fin quaggiù!... in questi regni sotterranei sì, ma non tenebrosi, come avete veduto, di cui sfido abbiate potuto trovar notizie negli atlanti del vostro caro mondo....

Il vecchio parlava perfettamente in francese e ci guardava sorridendo e assai amichevole.

— Ma.... – mormorai.

— Scommetto che siete parigini.... già voi, dannati touristes, dove non andreste.... pardon, a ficcare il naso.... Del resto, giacchè siete qua, siate anche i benvenuti!

— Grazie, risposi, – la vostra allegra cordialità, non lo neghiamo, ci rinfranca e solleva assai, credetelo pure, caro signor.... Sapiente! Tanto più che da quanto vediamo, se noi non c’inganniamo di grosso, voi siete un nostro collega.... terrestre. M’inganno?

— Voi avete perfettamente indovinato, – soggiunse il vecchio, – e giacchè ormai siamo, finalmente! e non soltanto per voi, fra gente.... non di questo, ma di quell’altro.... mondo, comincerò a fare una cosa che fra voi.... ossia fra noi gente terrestre.... non si oblìa mai. Voglio dire vi pregherò di accomodarvi: discorreremo meglio.

E ci accennò certi larghi cuscini bianchi ch’erano negli angoli della stanza.

Noi ci lasciammo cadere sopra quei soffici piccoli divani nei quali sprofondammo deliziosamente.

— Ed ora, prima di fare a me delle domande, che come immagino, ne morite dalla voglia, vi prego narrarmi le peripezie che v’hanno condotto dalla superficie della terra.... che vi posso assicurare essere parecchie leghe, ma parecchie davvero! lontana da noi.... a questo nostro quieto recesso dove non chiediamo che d’essere lasciati tranquillamente vivere in pace.... nella nostra luce eterna e in mezzo a tutte le altre belle cose che imparerete ben presto a conoscere!

Il vecchio aveva profferito le ultime sue parole con un vago senso di sottile malinconia, con le quali forse volle farci comprendere come, pur accogliendoci amichevolmente, la nostra visita, non certamente attesa, non era stato per lui fonte di soverchio entusiasmo....

— Avete ragione, – mormorò Edoardo, – avete diritto, prima voi, di sapere.... e il mio amico vi dirà in poche parole la breve, ma non priva di interesse, nostra odissea dal momento, in cui abbiamo lasciato la materna superficie terrestre per inabissarci nel suo seno, giù giù.... sino a voi.

Ed io in poche parole narrai quanto al lettore è già noto.

Il vecchio mi ascoltò in silenzio, poi disse:

— Potete chiamarvi fortunati davvero! Giacchè il viaggio che avete percorso in linea verticale, e con una volocità che non sarà mai certamente raggiunta, voglio credere, dai vostri mezzi di trasporto, è tutt’altro che scevro di pericoli.... Altri prima di voi, e saprete anche questo, han fatto, non so se volenti o nolenti, lo stesso viaggio, in epoche diverse, ma tutti ci sono giunti sotto forma di fredde e rigide salme.... Pochi hanno avuto la felicità di pervenire quaggiù senza troppo gravi conseguenze.... e fra questi bisogna annoverare, lo si vede, voi, o signori.... e il vostro amico qua presente.

— Voi.... – esclamai, – voi dunque.... venite dallo stesso nostro luogo....

— Dal vecchio castellaccio di Saint-Malin? precisamente!

— Ma come?

— Semplicemente così: il vecchio libro che voi avete avuto nelle mani.... con la relativa annotazione.... è stato, prima che nelle vostre, nelle mie.... Giacchè io fui un tempo, padrone di quel vecchio dirupo....

— Ah! voi dunque.... siete stato padrone di Saint-Malin? – esclamò Edoardo.

E gridò, volto me:

— Ah – credo d’indovinare..... oh, bella! bella! sai chi deve essere, questo nostro caro signor Sapiente.... indovina un poco?

— Non saprei....

— Ma il famoso vecchione, – perdonatemi, vi prego! – il famoso mago.... il vecchio diavolo.... di cui quelle due guide ci hanno narrato vita, morte, e.... diavolerie!

—Ah! – esclamò il vecchio sorridendo ai tanti titoli di cui lo regalava il buon Edoardo, – c’è dunque ancora chi si ricorda di me..... lassù in quella vostra cara Terra, buona sì, ma pettegola come una delle vostre donnette?...

— Oh!... esclamò Edoardo, e in breve gli accennò, quanto di lui avean detto quelle due tali nostre guide.

— Ma, aspettate.... – diss’io ad un tratto, – c’è una cosa che non comprendo....

— Dite pure, – rispose il vecchio.

— Quanti anni sono dacchè avete abbandonato il nostro Saint- Malin?...

— Una buona ottantina dei vostri anni, senza dubbio.

— Ottant’anni! E, scusate, che età avevate.... quando avete cambiato.... mondo?

— Ero vicino ai novanta.

— Sicchè ora voi avete....

— Secondo il modo di computare nel vostro mondo, ne avrei cento settanta.... una bella età senza dubbio, non lo nego.

— Cento settant’anni! – esclamai, balzando in piedi.

— È proprio così, – riprese il vecchio molto tranquillamente. – Ma del resto, calmatevi, la cosa vi apparirà chiara e non vi stupirà più quando saprete.... tante cose che ci riguardano, quaggiù, e in questo momento voi non potete neppure immaginare.

— Noi aneliamo dunque di essere illuminati da voi! – esclamammo insieme.

— Ed io non ho nessuna difficoltà di.... illuminarvi, – rispose il buon vecchio, – sebbene, come avrete veduto, in questo nostro beato paese, non sia veramente la luce che manchi!

— No, certamente, – risposi. – Ma siccome in mezzo a tanta luce.... finora noi abbiamo finito per essere più al buio che in una delle nostre terrestri notti senza luna.... così noi vi imploriamo....

Il vecchio ci stese la mano:

— Ascoltatemi figliuolo miei. E lasciate che vi chiami così.... anzitutto perchè a centosettanta anni ne ho un pochino quasi il diritto.... inoltre poichè quaggiù, a tante leghe di profondità sotto la vostra materna superficie terrestre.... credetelo pure, io dovrò fare per voi veramente.... da buon papà. E avrete occasione di vederlo presto!

— Voi ci spaventate!

— Oh, non c’è di che. I miei fratelli di adozione sono la più pacifica e quieta gente del mondo.... sebbene perfettamente lontana da tutti i vostri usi e costumi e sopratutto dalla vostra tanto decantata civiltà.... Ma con tutto ciò, ripeto, vi trovereste molto imbarazzati, ve lo accerto io, in parecchie situazioni, senza il mio aiuto....

— Noi ci affidiamo mani e piedi a voi, – esclamammo.

— Ed io vi accetto.... come voi dite, mani e piedi, e vi prendo sotto la mia protezione. Ed ora ascoltatemi.

Il vecchio si raccolse un istante poi cominciò:

— L’uomo che sulla superficie superbetta e vana della vostra Terra, ha creduto penetrare e comprendere tutti gl’infiniti misteri della Natura, quasi della potenza di Dio, e, già ai miei giorni credeva di sapere tutto, spiegar tutto, e.... ragionar su tutto (mi figuro ora che qualche passo innanzi deve aver fatto da que’ miei giorni!) invece è rimasto nella più grossolana e stolida ignoranza di mille infinite forze, di mille potenze, di mille disegni della gran Mente suprema, di mille sue opere che sfuggon alla percezione della sua angusta scienza, racchiusa in quattro regolette matematiche e in quattro formule fisse.... Dio è grande, e immenso, e infinite sono le sue opere, sconosciute alle misere grette menti degli uomini.... Dio ha posto la vita da per tutto! Come il granellino di sabbia forse rigurgita di Vita, come gli abissi del mare fervono d’inteso fremito di Vita, come ogni angolo del creato freme del grande palpito dell’esistenza, così egli ha posto anime e creature umane dove gli uomini altro non credono che tenebre e silenzio.... Sotto la crosta terrestre, voi lo vedete, si apre un altro mondo che altre leggi fisiche regolano, che altre manifestazioni vitali rinserrano. Io che tutta la mia vita – lassù, nel vostro mondo – ho trascorso a fantasticare, a scrutare ne’ misteri dell’incomprensibile, dell’ignoto, meritandomi dapprima il titolo di pazzo, in seguito, – come ora voi mi avete fatto sapere – di vecchio diavolo.... di stregone.... e di mago.... io, vi diceva, io intuiva come? perchè? dove? non lo so, ma intuiva che altra vita dovea agitarsi altrove, oltre la nostra comune di vermiciattoli striscianti sulla superficie della Terra. Ma era un sogno che forse vanamente sarebbe finito pel mio corpo (non per la mente) con la fine di esso, se un giorno, stanco della mia lunga esistenza – avea novant’anni, vi ho detto – noiato dall’indugio di quella Morte che non volea venire a me, non avessi stabilito di andarla a cercare io stesso, gettandomi nel nero bàratro che mi trovai aperto dinanzi, lassù in quella mia ultima romita dimora, come un fatale invito.... Dio non volle che la mia caduta segnasse la fine del mio corpo! Perdetti i sensi, durante la terribile discesa.... Quando rinvenni un torrente luminoso mi conduceva ne’ suoi gorghi rapidi ma non funesti. È da quel momento che venni a conoscenza di questo strano mondo.... di luce e di pace, così lontano e differente dal nostro.... e così migliore!

— Migliore?... – mormorai.

— Ah sì, lo esclamerete anche voi quando lo conoscerete.

— Ma, perdonate signor.... A proposito c’indicherete, se vi piacerà, un nome qualsiasi col quale chiamarvi....

— Il mio nome.... di lassù ormai è una inutile ombra svanita nella vana storia del tempo che fugge. E perciò non ve lo dirò. Il mio nome di quaggiù è Kalika, che vuol dire “colui che pensa”.

— Il nome, non lo potete negare, è lusinghiero e filosofico. Dunque, signor Kalika.... come avete potuto essere accolto, così facilmente, voi piovuto da un altro mondo, qui sconosciuto, e pervenire ad un posto tanto elevato qual è quello che occupate presso questa brava gente?

— Essi ignorano la mia discesa da lassù.... come dovranno (e calcò sopra questa parola) ignorare la vostra vita. Fui raccolto da un vecchio Sapiente che stava passeggiando sulla riva del fiume. Egli, ora, più che mio amico e Maestro, fratello – mi ristorò, m’offrì la sua ospitale capanna e m’iniziò (com’io ora sto facendo con voi) alle cose di questo mondo. Me ne apprese il linguaggio mistico, linguaggio pieno di mistero e di poesia, m’educò alle nuove massime che pel mio spirito inquieto di uomo della superficie terrestre, furon una vera e profonda rivelazione e m’introdusse tra i Maestri.... Ed ora tranne lui e il Sommo Capo tutti mi credon nato quaggiù, come essi, nel paese della luce eterna e fedele....

Noi ascoltavamo trasognati.

— Dunque voi c’inizierete.... – mormorai.

— Sì, ma come avrete compreso, ad una condizione....

— Cioè?

— Che voi non facciate, mai, in alcun modo comprendere ai nuovi fratelli fra’ quali vi troverete d’ora innanzi.... la vostra origine.

— Perchè mai?

— Ah! – disse Kalika profondamente, – per non turbare loro anime limpide con il pensiero.... con l’imagine.... forse, anche, con il desiderio d’un mondo così lontano, così differente.... così impuro, come quello da cui venite!

Rimanemmo un istante in silenzio, colpiti, presi da’ mille pensieri che le parole del vecchio avean suscitato in noi.

— Dunque è l’ignoranza il fondamento della vostra.... della loro felicita? – mormorò Edoardo.

— Tacete!... – gridò il vecchio (e una lieve fiamma passò nel suo guardo) – tacete!... Voi ora non potete ancor parlare, nè giudicare!... E quando voi avrete veduto e giudicato allor solo ripeterete, se la coscienza ve lo permetterà, ciò che ora avete detto!

Tacemmo.

— Siete voi molto potente, quaggiù?.... – chiesi.

— Oh! – e il vecchio sorrise. – Sentite: io vi ho accennato qual è, per ora, il solo vostro dovere da compiere: non parlar mai del vostro luogo di origine. Se voi mi disubbidiste.... io vi punirei con un modo semplice quanto per voi terribile, povere creature terrestri. Dissolverei il vostro essere, ad un mio cenno, in vapore.

— In vapore?... – gridammo dubbiosi.

— Sì, in un lieve pulviscolo aeriforme.... vi toglierei in tal maniera il modo di nuocere, con un mezzo facile ma non meno formidabile, che solo a noi Maestri è dato in potere.

Edoardo tese la mano al vecchio.

— Insomma, nostro venerabile amico, voi ci empite di maraviglia, come tutto del resto qua dentro, da che vi siamo, ci empie di stupore e ci fa trasecolare! E, tutto sommato, crediamo meglio conservarci la vostra benevolenza e.... ubbidire ciecamente ai vostri voleri, tutti, presenti e futuri.... – finì egli.

— Così va bene, – disse il vecchio, – ed io vi credo, figliuoli miei.

— Permettetemi però ancora due sole domande, – feci.

— Parlate.

— Prima di tutto: quel vecchio che ci ha condotti qui.... egli sa tutto, di noi.... poichè gli abbiano raccontato ogni cosa e...

— Egli non parlerà mai, di voi, ve ne rispondo io, – disse.

— Meglio così, – risposi, e continuai:

— L’altra domanda è questa: siano noi dunque.... destinati ormai a trascorrer tutto il resto della nostra vita quaggiù, nel vostro mondo?

— Sì.

— Per sempre?

— Per sempre.

— Eh!...

— Non vi sorride l’idea?... – mormorò il vecchio.

— Mah!... finora non lo sappiamo neppur bene neanche noi.

— Lo saprete ben presto.

— E se tentassimo sfuggire?

— Da dove?

— Uhm! chissà?... da un condotto qualsiasi! Come siamo discesi.... si potrebbe trovare anco il modo di risalire!...

— Impossibile....

— Chissà!...

— Impossibile, vi ripeto! In ogni modo....

— Ebbene?...

— Io ve lo impedirei.

— In che maniera?

— Ne ho mille mezzi.

— Siamo dunque prigionieri.... quaggiù?...

— No, semplicemente, ormai, appartenete ad un altro mondo... a Komokokis.

— Rassegnamoci, allora.

— Non ve ne pentirete.

— Speriamolo.

Il vecchio Kalika ci disse ancora:

— Or dunque voi vestirete il costume dei vostri nuovi fratelli. Poi io vi condurrò alla presenza del Sommo Capo. Egli vi parlerà e vi dirà i suoi voleri, ai quali voi sottostarete ciecamente. Poi.... vedrete il resto.

— Sta bene, – disse Edoardo, – non vedo l’ora di essere una buona volta unKomokokis perfetto anch’io, perchè, a dir la verità, comincio a morir dalla voglia di capirci un po’ qualcosa di questo benedetto paese sotterraneo, dove non si mangia, non si beve, non si fuma, non si paga nè gas nè luce elettrica.... e si arriva, senza tutto ciò, a centosettanta anni come se nulla fosse!...

E con questa scappata del mio buon amico Edoardo finì la nostra vita di uomini dell’altro mondo.... Poichè levatici gli ultimi intimi indumenti che ancor indossavamo della vita passata, e consegnatili al buon Kalika che assistè impassibile alla nostra definitiva svestizione, ne ricevemmo in cambio da lui di nuove fogge con i quali entrammo ufficialmente fra i.... Komokokis!...

Share on Twitter Share on Facebook