V.

Le piccole mani abbandonate nelle mie, i grandi occhi spalancati ne’ miei, con un vago tremito che l’agitava tutta, Kamelia aveva ascoltato in silenzio tutte le mie parole.

Quando io ebbi finito, un lungo sospiro le sfuggì dal profondo del cuore.

Il suo volto bianco pareva di cera.

Tremai.

— Quanto ti ho detto, – mormorai, – ti spaventa forse?

— Ah, – mormorò ella, – no.... poichè, io, senza saperlo, indovinava, sentiva che tu non eri come i miei fratelli....

E finì come un soffio:

— E pur tuttavia ti ho amato lo stesso.

La strinsi fra le braccia.

— Adorata! – mormorai.

E continuai:

— E tu sarai mia, tu guadagnerai con me il mio mondo, comprendi? il mio bel mondo dove regna il sole e l’azzurro del cielo che tu non conosci, il mio mondo ove tra i fiori, i più meravigliosi colori e gli olezzi più soavi.... tu, fiore bellissimo e dolcissimo, passerai raggiante nella tua immortale bellezza, che tutte le donne del mio mondo t’invidieranno.... Tu bella, tu finissima, desterai ammirazione fra’ miei simili, mentre uno, uno solo, potrà dirti sua, sua intieramente e completamente: io, che ti amo e che ti strapperò da questo freddo angolo sotterraneo senza sole e senza azzurro di cielo.

Kamelia mi guardava, co’ grandi occhi aperti e smarriti.

Poi reclinò la testa e due grandi lagrime sgorgarono da’ suoi occhi.

— Kamelia, – mormorai, – ciò ti addolora, dunque?

— Ah, no, – susurrò dolcemente.

E, a bassa voce, disse ancora:

—Ho paura.

— Ma di che?

Ella non rispose.

Alzò su di me i begli occhi che una grande luce di amore animava, in silenzio.

Poi mi gettò, le braccia al collo.

Reclinò la bella testa sulla mia spalla, e ruppe in singhiozzi.

*

Dopo pochi istanti vedeva Edoardo.

Mi parve molto cupo e preoccupato.

— Cosa c’è di nuovo – gridai.

— Il vecchio Kalika ti cerca.... egli sospetta certo le tue intenzioni.... vuole vederti ad ogni costo....

— Troppo tardi, ormai.... Kamelia è pronta.... ella è decisa a seguirmi.... bisognerà affrettarsi, dunque....

— Ma....

— Tu sei indeciso?... preferisci restare?... padrone, abbandonami pure, partiremo da soli....

— Io non t’ho detto questo!... Non mi dai il tempo di parlare....

— Gli è che non c’è tempo da perdere.... bisogna far presto!... il tuo maledetto Kalika, con tutti i suoi altri degni compagni e fratelli, de’ quali, te lo dico senza complimenti, ne ho ormai fin sopra i capelli.... con tutto il loro Komokokis compreso.... il tuo vecchio Kalika, dicevo, con i mezzi di cui dispone, può far presto a metterci le mani addosso.... e allora tutto è bello e finito!... Perciò affrettati e decidi, amico mio; qui non è più il caso di titubare.... o con me o....

— Sono con te, – esclamò Edoardo.

— Allora bene, – gridai, – di corsa, dunque. Raggiungiamo Kamelia, la mia sposa ormai, che ci attende nel boschetto dei Kamsiki, e che è pronta alla partenza....

— Tu parli di partenza, e sta bene.... come se dovessimo prendere il diretto di Lione o di Marsiglia.... ma qui, tu lo sai meglio di me, Stephenson non è pervenuto, neppure in ispirito, ancora, e.... Insomma, in poche parole: partire, sta bene, ma per dove?

— Per la superficie terrestre!...

— Benissimo, ma e la strada per arrivarvi?...

— Non te ne curare, Kamelia la conosce.

— La conosce?

— Troppe chiacchiere, amico mio! tu ci fai perdere un tempo prezioso. Raccogli le tue forze, e vieni meco, di buon passo.

Edoardo parve comprendere e al mio fianco, quasi di corsa, seguì il mio cammino.

Dopo pochi istanti eravamo sotto il boschetto di Kamsiki, ove Kamelia, tutta tremante e smarrita, ci attendeva.

— Coraggio amore mio, – le sussurrai, – affidati a noi.

E ad Edoardo:

— Andiamo.

E ci avviammo.

Kamelia era in mezzo a noi.

Ci dirigemmo a passo lesto verso un sentiero in salita, che si allontanava dalle rive del lago, sulle cui sponde – scintillante nella diafana nebbia luminosa – sorgeva Komokokis, la Città della pace perfetta.

Mentre camminavamo spiegai ad Edoardo ciò che Kamelia mi aveva rivelato poche ore prima.

Presso i suoi fratelli era nota – e terribilmente nota – la via verso la quale noi eravamo in quel momento diretti.

Era quella strada ad essi severamente vietata.

Gravi castighi eran minacciati a chi ne avesse tentata l’ascesa.

Essa era detta la “via del male e delle tenebre”.

I pochi temerari che, in tempi lontani, avean osato avventurarsi su per i suoi aspri scaglioni, narravan cose orribili.

Ad un certo punto la luce veniva a mancare ai loro occhi. Ciechi, nelle tenebre più fitte, essi avean sentito ruggire abissi spaventosi, cateratte perdute nel buio, e altre cose paurose che non sapean precisare. E avean riguadagnato tremanti il cammino già fatto.

Quella strada portava in alto.

In alto!

Dunque....

Kemelia ripete ciò che, sin da piccina, le avea narrato il vecchio suo zio e tutore.

Alcuni audaci che avean osato avventurarsi lassù, contro il divieto dei vecchi Maestri, non s’eran più veduti tornare.

Molti anni dopo uno solo era stato riveduto: ma cadavere mummificato e corroso, portato giù da un improvviso rovescio d’acqua, come se ne scaricavan talvolta da quella strada vietata e maledetta.

Io al racconto di Kamelia aveva subito sentito che quella e non altra esser dovea la strada della nostra liberazione: quella che ci dovea sottrarre a fato crudele che regolava le creature viventi nel luminoso mondo di Kromokokis, la strada, in una parola, che dovea a me e ad Edoardo far rivedere il nostro sole, il nostro bel cielo e la nostra patria, e alla mia sposa far conoscere un nuovo mondo pieno di luce e d’incanti....

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