VII.

Sentii una dolce pressione stringersi sul mio seno. Era Kamelia che, silenziosa e tremante, si affidava in tal modo a me, tutta a me.

Compresi e palpitai.

Ormai ella non avea più altri che me: ella non avea più patria, non più parenti, non altri amici: non avea che me, suo sposo e amante, pel quale e patria e parenti abbandonava!...

La strinsi senza parlare al mio cuore, e quella stretta silenziosa, così, nelle tenebre fitte che ne circondavano, nella rapida corsa della nostra bizzarrissima barca, fu più eloquente di qualunque lunga dichiarazione.

Restammo alquanto in silenzio, trascinati dalla corrente, presi ciascuno dai tumultuosi nostri pensieri.

Ad un tratto sentii la voce di Edoardo nelle tenebre:

— Una cosa mi dice che veramente ci avviamo verso la nostra terra.

— Che cosa?

— Non la indovini?

— Ma non saprei....

— È semplicissimo. L’oscurità che ne circonda!

— Ma come?

— Siamo a poche centinaia di metri, senza dubbio, sotto la superficie terrestre. Non siamo più nell’assenza totale della luce solare, assenza che dà il mezzo alle roccie, come a Komokokis, di espandere la propria loro luce naturale.

— Sicchè queste tenebre sono imbevute di luce solare....

— Sembra un paradosso ma è pura realtà.

— Dev’essere proprio così.

La corrente continuava a trasportarci celermente.

Sentii ancora la voce di Edoardo rompere il silenzio:

— Tutto andrebbe benone, se disgraziatamente non avessimo dimenticato un’altra cosa....

— Che cosa?

— Che avvicinandosi verso la superficie terrestre c’è qualcuno che, a quanto sento, sta per riprendere le antiche abitudini....

— Chi mai?

— Perdinci! il nostro stomaco.

— In verità comincio a provare qualcosa di simile all’appetito.... cosa alla quale aveva perduto l’abitudine.

— Ebbene, non t’inquietare.

— Hai forse scovato qualche bistecca?

— Finora no.... ma ne mangeremo presto, non dubitare.

— Ma intanto?

— Intanto contentiamoci ancora della nostra solita razione.

— Ne hai con te?

— Sicuro. Me ne sono empito le tasche prima di partire.

— Sei un grand’uomo!

— Dovresti ormai esserne convinto – notai modestamente.

Cavai dalle tasche un pugno della preziosa erba che il lettore ormai ben conosce.

Fortunatamente essa non aveva perduto – malgrado la vicinanza della superficie terrestre, – la sua potenza preziosa.

Alcune foglie masticate ci donarono subito un novello vigore.

Ne porsi alcune anche a Kamelia, sempre stretta al mio fianco, ed anch’ella ne parve ristorata.

— Alla buon’ora! – esclamò Edoardo, – almeno non arriveremo in patria completamente digiuni.... o con l’aspetto di miserabili affamati.

— O no, certamente, – mormorai.

Continuammo ancora un bel pezzo in silenzio il nostra rapido viaggio nell’oscurità più profonda, quando ad un tratto la nostra imbarcazione subì come una scossa improvvisa.

Sentii Edoardo cadermi addosso per l’urto inatteso.

Kamelia, sempre stretta a me, mi si avviticchiò più tenacemente.

— Cos’è successo? – gridai.

La voce di Edoardo – che nel frattempo, s’era rialzato e s’era posto a spiare fuori de’ bordi della nostra barca – rispose:

— Una cosa che non ci attendevano.... siamo fermi.

— Fermi?

— Purtroppo, sì. Arenati, forse....

La cosa ci preoccupò.

— Purchè non si finisca per restar qua incastrati perennemente.... – notò ancora la voce di Edoardo.

— Speriamo di no, – mormorai.

Difatti la cosa presentava una prospettiva poco attraente.

— Proviamo a scandagliare l’acqua.... – mormorò Edoardo.

— Ma come?

— Col solo mezzo che abbiamo a nostra disposizione.... ossia con le gambe.

Compresi.

Il mio amico voleva dire tuffandosi nell’acqua e tenendosi sempre attaccato ai margini della nostra barca di nuovo genere.

Difatti lo sentii scalzarsi e dire, dopo poco:

— Tiemmi per le braccia.... proverò a toccare il fondo del nostro corso d’acqua, pel momento trasformato, a quanto mi sembra, in un mar morto....

Trattenuto fortemente da me, Edoardo si calò nell’acqua.

Lo sentii affondare liberamente sin quasi alle spalle.

— L’acqua non ha fondo, – mormorò.

— O dunque?...

— Non riesco a comprendere questa strana immobilità.

— Ritorna dentro, – dissi.

— Sarà meglio.

Ed Edoardo ritornò vicino a noi.

— Siamo perfettamente immobili, – mormorai.

— Approfittiamone per fare una cosa, – disse l’amico, la cui calma non si smentì neppure in quel momento.

— Cioè?

— Approfittiamone per fare un bel sonno.... chissà che al nostro risveglio l’acqua, e con essa la nostra barca, non si decidan a rimettersi in moto?

— Hai ragione, del resto bisogna pure affidarci al destino!...

— Il quale del resto, bisogna pure riconoscerlo, finora non ha fatto che venirci in aiuto. In questo caso prendiamo il nostro arresto improvviso come un invito a riposare alquanto.... cosa della quale sentiamo, mi pare, bisogno tutti e tre.

— Oh sì, – mormorò Kamelia, – sono stranamente stanca!

Decidemmo dunque di mettere in azione il consiglio del buon Edoardo.

Ci allungammo sul fondo della barca – Kamelia sempre al mio fianco – e dopo pochi istanti il più benefico sonno calava sui nostri stanchi occhi.

*

Quanto durò il nostro sonno?

Non saprei precisarlo.

Ricordo che ad un certo punto apersi gli occhi. Le tenebre più fitte ne circondavano sempre: ma un’agitazione insolita che mi scuoteva tutto, e uno strano rombo mi avvertirono che la barca era di nuovo in movimento.

Svegliai i due compagni di viaggio, comunicando loro le mie impressioni.

— Perbacco! – esclamò Edoardo, – si corre a precipizio ora!

— Sono stanca, – mormorò al mio orecchio Kamelia con voce languida, – sono tanto stanca!

— Coraggio, amor mio, coraggio, – le mormorai, – sento che siamo vicini al termine della nostre peripezie.

E la strinsi teneramente al mio cuore.

E Kamelia si abbandonò nuovamente tutta a me.

In quel punto sentimmo un orrendo fracasso di acqua che pareva cadere dall’alto, un alito freddo e impetuoso e una miriade di sottili spruzzi ci colpirono.

Sentimmo la nostra imbarcazione agitarsi, fremere, rotare sotto di noi con moti pazzi e disordinati.

Il rumore assordante, lo scroscio impetuoso, si faceva sempre più vicino e minaccioso: e con esso una vera pioggia cominciò a cadere a dirotto sopra di noi.

Che avveniva mai?

Quale strano pericolo ci minacciava?

Feci per parlare: la mia voce si perdette nel frastuono orrendo.

Allungai la mano per afferrarmi ad Edoardo....

Non lo sentii più presso di me.

Preso da un cieco terrore strinsi forsennato a me Kamelia che abbandonata sul mio petto mi parve svenuta.

Ad un tratto la barca ebbe come un sussulto.

La vidi sollevarsi, spinta da una forza immane, librarsi come in alto, poi cadere, precipitare, rovinare in basso, poi risollevarsi ancora....

Le mie bracca strinsero vieppiù il caro peso che mi gravava addosso, caddi supino in avanti, battei della testa sul fondo della imbarcazione, e perdetti i sensi.

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