§ II. — Degli Avvelenamenti.

46. Avvelenamento con arsenico. — Se dopo poco tempo che il veleno è stato inghiottito non comparisce il vomito, bisogna provocarlo con farmaci emetici. Tre denari di magnesia calcinata sciolta in due boccali d’acqua tiepida, di cui si beva un bicchiere ogni due minuti, potrà servire all’uopo. Se poi il veleno di per sè stesso abbia già cominciato a far vomitare, allora basta fomentare questa eva cuazione con dare al malato ogni quarto d’ora un bicchiere d’acqua tiepida, a cui vuolsi aggiungere qualche goccia d’alcali volatile. In generale a questi rimedi i si aggiungeranno frequenti clisteri di latte, d’acqua saponata e di gomma arabica, i quali si moltiplicheranno quando i dolori si estendono al ventre. Invece della magnesia si potrà far uso anche di una soluzione di sapone in acqua.

Si riconosce la presenza dell’arsenico in qualunque sostanza, gettandone una piccola porzione sul fuoco, o sopra una pietra rovente: se vi è dell’arsenico n’esalerà un forte odore d’aglio.

47. Avvelenamento con sublimato corrosivo. Bisogna evacuare, più presto che sia possibile, il veleno; per mezzo d’un vomitatorio diluito in molt’acqua, continuando a far bere acqua tiepida in abbondanza.

Quando vi hanno segni d’infiammazione, e che la febbre si sia già manifestata, è necessario, oltre alle bevande tiepide, di cavar molto sangue al sofferente, e di somministrargli dei lavativi ammollienti, come acqua di malva, di linseme, ecc. Del resto, ciò che si prescrive per l’avvelenamento con arsenico, gioverà anche in questo caso.

48. Avvelenamento con verderame. Questo avvelenamento, che può essere cagionato dai vasi di cucina non bene stagnati, e nei quali siansi lasciate freddare sostanze grasse o acide, si può combatterlo con bibite d’acqua tiepida, in cui si sia stemperata della chiara d’uova.

Anche per questa specie d’avvelenamento, riescono vantaggiose le cure suggerite nei casi precedenti (num. 46, 47).

49. Avvelenamenti con l’acido nitrico, e coll’olio di vetriuolo. — Contro l’azione dell’acido nitrico, comunemente detto acqua forte, e contro l’olio di vetriuolo gioverà moltissimo l’uso di 3 denari di magnesia calcinata sciolta in un bicchier d’acqua. Nello stesso tempo si appresteranno bevande dolci, mucilagginose, provocando con esse il vomito, a cui si farà succedere l’amministrazione di altri 3 denari di magnesia.

Dopo un avvelenamento prodotto da corrosivi, sono sempre da temere i inali cronici che ne possono conseguire; laonde vuolsi prescrivere al malato il latte d’asina, il brodo di rane, l’acqua d’orzo o di riso.

50. Avvelenamento coll’estratto di saturno. Tale avvelenamento, non che quelli cagionati da altri preparati di piombo, si cureranno nel modo seguente: si comincia dall’amministrare un clistere fatto con una decozione di 6 denari di sena ed altrettanti di polpa di coloquintide, a cui si aggiunge un’oncia di benedicta laxativa e un’oncia o due di vino emetico: la forza di questo clistere va proporzionata alla robustezza ed all’età del malato, come anche all’intensità del dolore. Sei o sette ore dopo, si somministra un altro clistere fatto con 6 once di olio di noce ed altrettante di vin rosso. Il giorno seguente si prescrive l’emetico; se ne dà sino a 4 grani alle persone molto robuste. Quando il vomitatorio ha operato, si fa prendere al malato 6 denari di triaca con un grano d’oppio, e il terzo giorno si ritorna ai clisteri: da ultimo si purga il malato con qualche drastico.

51. Avvelenamento colla calce. — Quando non sia stata spenta in sufficiente quantità d’acqua, la calce può operare violentemente sull’uomo e sugli animali, facendoli ben anche morire, se arriva a cauterizzare le parti su cui venne applicata; e siccome l’umidità le è un incentivo, così essa abbrucia più rapidamente la bocca e la gola alle persone che ne hanno inghiottita.

Gli olii sono i migliori rimedii da usarsi; dopo i quali si ricorre alle bevande rinfrescanti, alle lattate ed a’ bagni alquanto freddi.

52. Avvelenamento con vetro. — Il vetro pestato produce sul corpo animale i più terribili effetti. Prima di tutto bisogna salassare il malato per arrestarne l’infiammazione; indi gli si deve far mangiare una quantità di cavoli bolliti per servire come d’inviluppo al vetro; poi bisogna ch’egli prenda 2 grani di tartaro stibiato in due bicchieri d’acqua, a fine di vomitare; finalmente farà uso di molto latte, di bagni, di clisteri ammollienti; e per compiere la guarigione, sarà bene ch’egli passi al latte d’asina.

53. Avvelenamento con liquori spiritosi. — Le persone malandate per l’abuso di liquori forti, debbono ricorrere ai brodi di rane, al latte d’asina, ai bagni e ad ogni altro mezzo lenitivo; in una parola, converrà loro una regola di vivere rinfrescativa, che dovranno osservare per molto e molto tempo, come unico mezzo di guarigione.

54. Avvelenamento con oppio. In caso d’avvelenamento prodotto da oppio o sue preparazioni, si dovrà promuovere il vomito con 3 o 4 grani di tartaro emetico in un bicchier d’acqua, il che si replicherà non succedendo il vomito dopo la prima pozione. Ottenuto questo, si amministrerà un clistere purgativo, e si faranno delle fregagioni sulle gambe e sulle coscie con una spazzola non troppo dura.

55. Avvelenamento cagionato dai funghi. — Le persone che hanno mangiato funghi velenosi, provano nausea, voglia di vomitare, conati senza vomito, svenimenti, ansietà, oppressione, sovente ardore con sete, dolore allo stomaco; talvolta vomiti frequenti, evacuazioni di ventre abbondanti, nerastre, sanguinolente, accompagnate da coliche, gonfiezza e tensione dolorosa del ventre. Altre volte, al contrario, vi ha ritenzione di tutte l’evacuazioni, e ritiramento dell’ombellico.

A questi primi sintomi si aggiungono ben presto le vertigini, il peso alla testa, il delirio, l’assopimento, il letargo, granchi dolorosi, convulsioni, freddo alle estremità e debolezza de’ polsi. Ordinariamente in due o tre giorni la morte pon fine a tanti tormenti.

Il corso e lo sviluppo de’ sintomi presentano qualche differenza, secondo la natura e la quantità dei funghi che si sono mangiati, e secondo la costituzione dell’individuo. Talvolta i sintomi sì manifestano poco dopo il pasto; ma per lò più ritardano dieci o dodici ore.

In ogni caso la principale importanza si è l’evacuazione dei funghi. Ecco dunque come si dovrà procedere. Si faccia sciogliere in una libbra e mezzo d’acqua calda, 4 grani di tartaro emetico con 6 o 8 denari di sale di Glauber, e si dia da bere all’ammalato questa soluzione così tiepida, un bicchiere per volta, con maggiore o minor frequenza, secondo i casi, e finchè abbiano luogo l’evacuazioni.

Ne’ primi momenti basta qualche volta il vomito ad espellere tutti i funghi ed a far cessare ogni sintomo; ma quando s’indugiano i necessarii soccorsi, e i sintomi non siansi manifestati che parecchie ore dopo il pasto, è da supporre che una parte de’ funghi malefici sia passata negli intestini: ed in tal caso si deve ricorrere a’ purganti ed ai clisteri fatti con cassia, sena e qualche sale neutro, a fine di promuovere evacuazioni pronte e copiose. Gioverà pure, come purgante, un miscuglio di olio di ricino e siroppo di fiori di pesco, al quale si dovranno aggiungere alcune gocce d’etere alcolizzato, e somministrarlo a cucchiaiate in più volte.

Dopo queste evacuazioni, che sono d’una necessità indispensabile, si dovrà rimediare a’ dolori ed alla irritazione prodotta dal veleno, ricorrendo all’uso delle bibite mucilagginose e addolcitive, unite a corroboranti; e perciò si prescriverà l’acqua di riso gommata, o un’infusione di fiori di sambuco allungata col latte, e aggiuntivi un pochetto d’acqua di fiori d’arancio e di menta, ed un siroppo.

In qualche caso bisognerà ricorrere a’ tonici ed alle pozioni canforate; e dove si trovi tensione dolorosa al ventre, converrà far uso de’ fomenti mollificativi, e talvolta ancora de’ bagni e delle cacciate di sangue.

Ma l’uso di tali rimedii vuol essere determinato dal medico, il quale li modifica secondo le circostanze.

56. Avvelenamento colle cantaridi. — Questi insetti, quando vengano inghiottiti, operano sui visceri alla stessa guisa che i veleni irritanti, ed inducono l’infiammazione alle vie orinarie, convulsioni e vomiti. Si può rimediare a questi pericolosi efletti, facendo uso per tempo di bevande mucilagginose, come l’acqua di malva, di linseme, d’orzo, e qualche volta ricorrendo anche al salasso, massime quando lo richieda l’in fiammazione.

57. Morsicatura di vipera. — Il veleno di questa serpe sta chiuso in certe vescichette ch’essa porta da ambe le parti laterali della testa, e che, venendo compresse per l’azione del mordere, lasciano passare il veleno stesso per un condotto al dente, e da questo, aperto all’estremità, lo insinuano nella ferita prodotta dal morso. Appena si rimane morsicati, bisogna fasciare alquanto stretto il membro offeso, un poco al disopra della ferita, sulla quale si verserà abbondante alcali volatile, onde cauterizzarla. Sarà poi necessario che la persona offesa si ponga in letto per provocare il sudore, al qual fine gioverà l’acqua di fiori di tiglio o di sambuco, a cui si deve aggiungere, ogni due ore, sei od otto gocce d’alcali volatile.

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