§ III. — Cura di varii mali.

58. Afte. — Le afte sono ulcerette superficiali che nascono nella bocca. Il rimedio più proprio a guarirle consiste nell’uso di gargarismi astersivi e alquanto rinforzati con spirito divino canforato. Quando siano disperse, si rendono questi gargarismi un po’ più ammollienti e addolcitivi. Il dottor Beerhaave raccomanda che si usi poi di qualche purgante che non debiliti, come il rabarbaro.

Swediaur prescrive contro le afte il seguente liquore: Piglia 6 denari di carbonato di soda; 12 denari di tintura alcoolica di mirra; 12 denari d’acqua rosa, e once 2 di mele rosato: mescola il tutto insieme, e imbevutone un piumacciuolo, toccherai con esso le ulcerette, le quali avrai cura dopo di nettare.

59. Angina. — Trattandosi d’una lieve angina, prendi un denaro d’allume, ed altrettanto di galla e di pepe, il tutto ben polverizzato. Mescola questi ingredienti con un poco di chiara d’uovo; e due o tre volte al giorno tocca l’ugola colla punta d’uno stecco guernita d’un po’ di cotone inzuppato in questo rimedio.

60. Annegati. — I soccorsi più efficaci da apprestarsi agli annegati, consistono: 1.° In spogliare sollecitamente l’annegato; coprirlo con una coperta di lana; coricarlo sul fianco destro sopra una materassa distesa sul pavimento in vicinanza di un buon fuoco: 2.° fargli delle fregagioni sulle diverse parti del corpo, prima con una semplice flanella, e poi con una flanella inzuppata in qualche liquore spiritoso; riscaldare il suo corpo, e mettergli sullo stomaco e sotto le piante de’ piedi un mattone ragionevolmente caldo e involtalo in una pezza di pannolino: 3.° versare, potendo, nella bocca dell’annegato, alcune goccie di vino caldo o di acquavite: 4.° procurare d’introdurre dell’aria nei polmoni, e il mezzo migliore per riuscirvi si è quello d’applicare il cannellino d’un soffietto in una narice, comprimendo l’altra con un dito: in mancanza di soffietto si può far uso d’un cannello qualunque, soffiandovi col nostro fiato: 5.° solleticare la superficie interna delle narici e della gola con una piuma, e cercare anche d’irritarla con fumo di tabacco od alcali volatile.

Dal momento che l’annegato comincierà a ricuperare la facoltà d’inghiottire, bisognerà approfittarne per fargli prendere qualche cucchiaio d’acqua di melissa, di vino caldo o d’acqua emetica. In oltre si devono fare all’annegato alcuni clisteri irritanti. Più volte si è fatto uso con buon esito del seguente: foglie di tabacco secche, mezz’oncia; sale comune, denari 9; si faccia bollire tutto per un quarto d’ora in sufficiente quantità d’acqua, e si coli intanto che si praticano gli altri soccorsi. Finalmente si avrà cura di premere dolcemente e replicatamente colla mano il basso ventre dell’annegato.

Tutti questi soccorsi devon’essere apprestati con perseveranza, imperocchè ordinariamente gli annegati tardano anche parecchie ore a ritornare in vita.

61. Apoplessia. — Si sciolgano tosto gli abiti alla persona colpita da apoplessia, e la si collochi sopra una sedia a bracciuoli o sopra un letto, avvertendo però che vi stia col tronco verticale e la testa alquanto all’indietro; indi le si bagnino le tempie con acqua fredda, e gli si tenga sotto il naso dell’ammoniaca o aceto spiritoso . Se il medico tarda, e se il viso del malato è acceso e gonfio, si applicheranno tosto delle mignatte alla nuca ed al collo, e senapismi ai piedi. (Vedi all’art. Balsamo antiapopletico, n. 150).

62. Asfissia. — Se l’asfissia è cagionata da carboni accesi in luogo chiuso, si esponga tosto l’asfissiato all’aria aperta, si spogli, si adagi sopra un letto, gli si faccia fare un salasso, e gli si somministri acqua con aceto. Intanto si pratichino sul corpo, e specialmente sulla faccia e sul petto, aspersioni d’acqua fredda, e fregagioni con pannolini bagnati in spirito canforato o in altro liquido spiritoso. Di quando in quando si somministrino dei clisteri composti di due terzi d’acqua fredda ed un terzo d’aceto. Sono pure utili i pediluvi in acqua bastantemente calda. Talvolta, dopo simili rimedii è forza ricorrere all’applicazione delle mignatte alle tempie.

L’asfissia cagionata da esalazioni di gas mefitici richiede quasi le medesime cure dell’altra prodotta dal fuoco; solo che qualche volta bisogna procurare d’irritare la membrana pituitaria solleticando con una piuma le narici dell’asfissiato, ovvero tenendogli sotto il naso una boccetta d’alcali volatile. Gioverà anche spingere dell’aria nei polmoni col mezzo da noi indicato all’articolo Annegati (num. 60).

All’asfissia prodotta dal freddo si rimedia coll’immergere il malato in acqua fredda di pozzo, nella quale si versa poi a poco a poco una quantità d’acqua calda, in modo che il bagno, dapprima freddo, diventi tiepidetto, indi tiepido, e finalmente un po’ caldo. Questo successivo aumento di calore si deve operare in circa tre quarti d’ora di tempo. Quando il malato possa inghiottire, sarà bene somministrargli qualche dose di bevanda tonica, come acqua di menta o di cannella. Del resto anche in questa sorta d’asfissia possono tornare utili i mezzi curativi prescritti più sopra per gli altri casi.

63. Asma. — L’inspirazione del gas ossigeno ajutata da qualche rimedio tonico, guarisce perfettamente l’asma. (Veggasi più innanzi, all’articolo Siroppo contro l’asma, num. 151).

64. Bile. — Negli stravasamenti di bile, giova il seguente rimedio: togli un’oncia di radice di celidonia; se è fresca, tagliala in piccoli pezzetti, se è secca riducila in polvere; infondila in mezzo boccale di vin bianco, e bevine due once ogni mattina. È ancora utilissimo a’ biliosi l’uso della cicoria, del macerone e dell’indivia.

65. Calli. — Il miglior rimedio per i calli, e che vale anche a prevenirli, sono le calzature comode e morbide. Tuttavia, se il callo è vecchio vuol essere estirpato, il che si fa col mezzo d’un rasojo o temperino, dopo aver tenuto il piede in molle nell’acqua calda per qualche tempo, affine di rendere l’operazione più facile e senza dolore.

Si può estirpare un callo anche nel seguente modo : dopo che avrai ammollato i tuoi piedi nell’acqua calda, bagna un pezzetto di cartapecora; indi fa nel suo centro un foro della grandezza del callo; pesta alcuni spicchi d’aglio; adatta la cartapecora al callo in modo che questo sporga fuori del foro praticatovi, ed applicavi poi sopra l’aglio pesto. Replica questo rimedio per tre notti, e vedrai sparire il callo per una leggiera suppurazione che non suol durare più di 24 ore.

66. Co lica. — Le coliche di stomaco si calmano pigliando, nel momento dell’accesso, due once d’olio mescolato ad un bicchierino d’aceto. Si fa uso altresì di clisteri composti d’una manata di crusca, altrettanto tassobarbasso e due prese di linseme, il tutto fatto bollire in 2 libbre di acqua fino a diminuzione d’una terza parte: dopo colato l’infuso vi si devono stemperare due tuorli d’uova.

Le coliche dei bambini lattanti si possono vincere facendo loro pigliare una polvere composta di 20 grani d’iride fiorentina (giaggiuolo), 5 grani di croco e 10 grani di semi di finocchio, mischiato tutto insieme e ridotto in polvere. Questa dose si deve somministrare in due volte.

67. Colpi di sole. — È necessario il salasso, prima d’ogni cosa, poi si somministreranno bevande acide e rinfrescative, e si applicheranno alla testa pannolini inzuppati d’un miscuglio d’acquavite e di aceto.

68. Consunzioni e sputi di sangue. Per questi mali si suggerisce l’uso della seguente bevanda. Piglia 8 marroni de’ più belli, cotti nell’acqua e sgusciati; falli bollire leggermente in un bicchiere di latte; indi passa per staccio, ed avrai così una decozione che farai bollire un altra volta in un altro bicchier di latte: aggiugni allora un po’ di cannella ed un tantino di zucchero; fa spumeggiare il liquore, e bevilo cosi caldo.

Il siroppo d’edera terrestre e l’estratto di ginepro sono parimente raccomandati nelle consunzioni.

69. Contusioni. — Il seguente rimedio fu adoperato con buon esito in molti casi di contusioni. Piglia una mezza candela di sego, mezzo bicchiere d’aceto fortissimo ed un pugno di sale; fa bollire il tutto insieme, e ungine la parte offesa tre volte al giorno, servendoti di un pannolino, che lascierai poi applicato sulla parte stessa. Questo empiastro dev’essere adoperato più caldo che sia possibile; e se la contusione è ad un piede, sarà necessario di tener la gamba in perfetto riposo almeno per un giorno. In caso di contusioni leggiere basta bagnare la parte con acqua salata od aceto, e ricoprirla con un pannolino inzuppato nello stesso liquido.

70. Corpi estranei introdotti in qualche parte del corpo. — Avviene qualche volta che una parte del nostro corpo soffra dolore e corra pericolo per l’introduzione di qualche corpo straniero.

Per la bocca si possono introdurre insetti insieme coll’aria inspirata; possono fermarsi nell’esofago parti di cibi, o piccole schegge d’ossi, da che risulterebbe un’immediata infiammazione del condotto stesso. In simili casi si dovrà promuovere il vomito, sia solleticando l’ugola con una piuma intrisa d’olio, sia bevendo una pozione d’acqua emetizzata.

Se il corpo estraneo fosse penetrato nelle narici si promuoverà lo starnuto; il che spesso vale ad estrarnelo; altrimenti si dovrà ricorrere al chirurgo, il quale opera con più sicurtà, giovandosi de’ ferri dell’arte e dell’esperienza.

Quando entra qualcosa in un occhio, conviene sollevar la palpebra, far girare in verso opposto il globo dell’occhio, affine di scoprire il corpo estraneo, e, vedutolo, estrarlo col mezzo di un pezzetto di carta rotolato strettamente, o colla piega sottile di un pannolino. Se il corpo è metallico si può cavarlo dall’occhio avvicinandogli una calamità.

Nel caso che si introduca qualche corpo estraneo nell’orecchio, bisogna schizzettarlo con olio d’oliva ed ajutarsi, per estrarlo, con uno stuzzicatojo.

Allorchè ci pungiamo e che resta nella ferita il corpo che l’ha prodotta, come spina, punta d’ago, scheggia di legno, ecc., dal che consegue sempre un’infiammazione, devesi sollecitare la suppurazione, mantenendo la parte umida e calda col mezzo di empiastro composto di semi di lino o di mollica di pane cotta nel latte.

71. Costipazione. — I lavativi ed i purganti sono i migliori rimedii contro le costipazioni del ventre. Si consiglia ancora il seguente elettuario: piglia un’oncia di copparosa verde, e mettila innanzi al fuoco finchè diventi bianca; riducila in polvere; aggiungi un’oncia di polvere di scialappa, ed altrettanto così di sena come di cremore di tartaro; mischiavi insieme mezz’oncia di zenzero, 12 gocce d’olio essenziale di garofani, e siroppo di melarance quanto basta per dare al miscuglio una conveniente consistenza.

Ai bambini se ne somministra tanto quanto è grosso un pisello, alla mattina a digiuno, continuando sino a che si sia ottenuta la guarigione.

72. Crepature della cute. — Queste crepature, che avvengono specialmente alle mani, si possono far disparire mantenendo calde le mani stesse, e facendovi sopra delle unzioni con olio d’oliva, con burro, o con midollo di bove. Le crepature al capezzolo, a cui vanno soggette talvolta le donne che allattano, si curano con abluzioni ammollienti ripetute più volte, e coll’ungere la parte stessa, come abbiamo indicato più sopra per le mani.

73. Dentizione. — Allorchè ai bambini spuntano i denti, lo che appunto dicesi dentizione, essi vanno soggetti ordinariamente a dissenteria, febbre, nausea, vomito e sfinitezza. Contro questi malanni, gioverà una cura rinfrescante e astenere i bambini dall’umidità e dal freddo.

74. Diarrea. — Quando non è fatta vizio abituale, la diarrea può esser mezzo provvidenziale della natura per ristabilire l’ordine delle funzioni del corpo; ed allora non conviene porvi rimedio. Ove però provenga da soverchio mangiare, basterà la dieta, limitata ad una infusione di camomilla o di tiglio per ristabilire lo stomaco sconcertato. In generale poi gli astringenti hanno virtù di toglierci questo incomodo.

75. Dissenteria. —Alcuni medici vincono la dissenteria coll’acido solforico amministrato in modo da formare una leggier limonea, che si fa bere copiosamente a’ malati. Per renderla più grata si può addolcirla con un poco di zucchero.

In mancanza d’acido solforico, si faccia uso di un decotto di spighe di piantaggine, mischiato con ottimo vin rosso: una o due bottiglie devono sempre bastare per questa cura radicale.

76. Emicrania. — Questa malattia, che consiste in un dolore acuto con ispasimo in un punto fisso della testa e talvolta con eccitamento al vomito e febbre, si può guarire, nel più de’ casi, mercè l’applicazione d’un po’ d’oppio, disteso sopra un pezzettino di taffettà, a’ luoghi più dolenti.

L’uso di piumacciuoli inzuppati d’acqua di melissa o di tiglio, e applicati alla fronte; alcune gocce d’etere sopra un pezzetto di zucchero, o nell’acqua di menta raddolcita; ovvero un grano d’oppio, hanno bastato a dissipare quella specie di granchio che accompagna certe emicranie.

77. Emorragia. — L’emoraggia del naso, se è modica, non può esser funesta, che anzi nel più dei casi vale a scaricare la testa dal soprabbondante afflusso di sangue, e perciò previene una possibile infiammazione. Quando però avvenisse in persona debole, o che durasse troppo a lungo, allora conviene arrestarla coll’esporre il malato all’aria fredda, fargli conservare una posizione verticale, scoprirgli la testa ed il collo, e fargli aspirare dal naso dell’acqua fresca acidulata con aceto, o saturata d’allume, a fine di ristringere i vasi sanguigni.

L’emorragia dell’utero si rimedia trasportando la malata immediatamente in un luogo freddo, adagiandola sopra un letto, ma col capo molto basso, e avvertendo di coprirla con leggiera coperta. Le si farà osservare assoluta quiete, dieta strettissima, e non le si permetteranno che bevande fredde ed acidulate. Ove il male persista si ricorrerà alle fasce inzuppate di acqua fredda e acetata, applicate alle cosce ed al ventre, si dovrà schizzettare la parte con acqua gelata, ed infine applicare del ghiaccio sul basso ventre.

78. Emorroidi. — Questo genere di malattia spesse volte riesce un provvedimento della natura per la conservazione dell’individuo; e l’esperienza ci ha provato che alcune volte è pericoloso l’arrestare il flusso emorroidale. Tuttavia è necessario calmare i dolori che talvolta cagionano l’emorroidi, o con immergere la parte in un’acqua ammolliente, o con applicarvi de’ piumacciuoli inzuppati nel latte in cui sia bollito del cerfoglio, o del semprevivo, oppure sopra cui sia disteso dell’unguento populeo, od un cerotto incorporato con oppio gommoso.

Qualche volta, se l’emorroidi d’indole benefica scompaiono, conviene rivocarle sedendo sul vapore d’acqua calda, applicando mignatte all’ano e qualche lavativo con acqua di sapone.

79. Epilessia. — Gl’individui che vanno soggetti all’epilessia, o come diciamo comunemente mal caduco, devono astenersi dall’uso del prezzemolo, il quale è stato provato aver la facoltà di moltiplicare gli accessi. Il lavarsi di frequente piedi e mani con una decozione calda di navoni, è bastato molte volte ad impedire gli accessi epilettici.

Quando però si tratta di soccorrere un individuo assalito da questo male, il meglio da farsi si è d’accostargli al naso un vaso contenente dell’ammoniaca; avvertendo inoltre di tener l’ammalato supino possibilmente sopra un materasso, e lasciarlo dibattere, solo evitando che si faccia del male in qualche parte, e guardando di non somministrargli alcuna bevanda.

80. Febbre. — Havvi una quantità di febbri più o meno malefiche, e per le quali si richiedono varii metodi di cura, secondo la loro natura. Si distinguono le febbri intermittenti, la febbre maligna, la febbre putrida, la terzana, la quartana, ed altre, per le quali è indispensabile l’assistenza d’un medico. Tuttavia diamo qui alcune ricette per guarire le febbri più comuni e d’indole meno malefica.

Una decozione di grumoli di lattuga, presa negli intervalli della febbre, ed un bicchiere ogni due ore, può vincere talvolta una febbre, massime se ci esercitiamo contemporaneamente al moto, passeggiando per la stanza, ed anche fuori se il tempo è bello.

Un eccellente febbrifugo è il seguente: piglia due cucchiaiate di sugo di salvia pestata, ed altrettante d’aceto; mescola il tutto e fallo prendere al malato appena incominciano i brividi. Questo semplicissimo rimedio guarì molti febbricitanti. Lo stesso dicasi de’ due seguenti rimedii.

Piglia tre denari di china-china, e altrettanta iride fiorentina (giaggiuolo); mescola e bevi il miscuglio in un brodo lungo, al sopraggiungere de’ primi brividi.

Piglia 4 once d’acquavite pura, od anche meno, secondo la costituzione del malato; appiccavi fuoco e subito gettavi dentro un tuorlo d’uovo fresco; lascia bruciare il liquore, e bevi ciò che resta al primo apparire de’ brividi.

81. Ferite. Le ferite possono esser cagionate da armi da fuoco, da punta o da taglio, ovvero da cadute, percosse, morsicature, ecc. Tutte queste specie di ferite talvolta sono gravi, e tal’altra leggiere, secondo la loro profondità, la parte del corpo in cui si sono riportate ed anche secondo la qualità dell’arme o della materia che le ha prodotte. Ordinariamente le ferite alla testa, al petto ed al ventre sono le più pericolose; ed in tali casi è indispensabile la presenza di persona dell’arte.

In caso di ferita semplice devesi anzi tutto lavarla con acqua fresca, o meglio con vino; asciugarla bene, e procurare di unirne i margini, mantenendoli poi così uniti mediante qualche stricia di cerotto atto a cicatrizzare la ferita. Se si fosse aperta un’arteria o una vena, il che si conosce facilmente per la copia di sangue che ne sgorgherebbe, allora bisognerebbe fasciare bastantemente stretta la ferita per arrestare l’efflusso del sangue intanto che si manda pel medico.

82. Fiato cattivo. Si rimedia a questo incomodo col pigliare alla sera, prima d’andare in letto, un pezzetto di mirra, quanto è grossa una nocciuola, e lasciarla disciogliere in bocca. In difetto di mirra si può sostituire con buon successo un pezzetto d’iride fiorentina, o d’allume fuso prima in un cucchiaio, o un chiodo di garofano, un pochetto di cacciù, di macis, ecc.

83. Fignoli, o furoncoli. Si deve sollecitare la suppurazione con empiastri di farina di linseme oppure di pane cotto nel latte, che si rinnovano la sera e la mattina di ciascun giorno. Quando la suppurazione ha avuto luogo e che il furoncolo si sia liberato alquanto dalla materia, si può applicarvi sopra, invece dell’empiastro, un pezzetto di cerotto, il che tornerà di meno incomodo. Se il furoncolo venisse in qualche parte dove non si potesse applicare l’empiastro, si supplirà con un po’ d’unguento o di cerotto.

Finalmente, gli individui ne’ quali si riproducono spesso i furoncoli, ciò che indica infezione del sangue, troveranno giovamento in una cura interna di salsapariglia, oltre alle locali applicazioni dette di sopra.

84. Geloni. — L’allume è un potente rimedio contro i geloni o pedignoni: se ne fa sciogliere mezza libbra in due boccali d’acqua tiepida, e si tiene immersa in questa soluzione la parte malata. Facendo uso di questo rimedio due volte al giorno subito che appariscono i primi indizii di geloni, si arrestano i loro progressi in brevissimo tempo. Anche i suffumigi fatti abbruciando la crusca su carboni ardenti, guariscono perfettamente i geloni. Lo stesso dicasi dell’uso dell’alcali volatile, col quale taluni spalmano i loro geloni.

Per i geloni rotti o ulcerati si adopereranno gli empiastri ammollienti, e si faranno abluzioni d’acqua d’altea, coprendo poi le piaghe con filacce e cerotto.

85. Gonfiezze. Se trattasi di gonfiezze al ventre, piglia delle radici d’ebulo e cuocile in sufficiente quantità di sugna fresca, formandone un empiastro, che applicherai sul ventre. In oltre farai bere al malato ogni mattina a digiuno un bicchiere di buon vino bianco in cui siansi infusi un pugno di radiche di finocchio pestate ed altrettante radiche di levistico, parimente pestate.

La gonfiezza ai piedi puoi guarirla con bagni caldi ai piedi stessi, servendoti d’una decozione di foglie di sambuco.

Per la gonfiezza della faccia si farà uso di fregagioni alla parte con un pannolino inzuppato in acqua, nella quale abbia bollito una piccola dose d’allume.

86. Gotta. Nel dicembre dell’anno 1812 fu pubblicato a Parigi nel Journal de l’Empire, per ordine del ministro dell’interno, il seguente specifico per guarire la gotta. Togli 20 denari di balsamo della Mecca, un’oncia di china-china rossa, mezz’oncia di zafferano, un’oncia di salsapariglia, un’oncia di salvia e 4 libbre di spirito di vino raffinato. Fa sciogliere a parte il balsamo in un terza parte dello spirito; lascia macerare nel resto le altre sostanze per ventiquattr’ore; feltra, e mescola i due liquori.

Per farne uso si mischia la tintura ottenuta con due o tre volte tanto d’acqua di calce, e si agita la bottiglia al momento di servirsene, a fine di mescolare il precipitato che si è formato.

Quando vuolsi adoperare questo rimedio, si prepara un cataplasma di farina di linseme, distendendolo ben caldo e per la grossezza di un dito circa sopra un tovagliolino; si ricopre con un pezzo di pannolino; vi si versa sopra 2 once del liquore preparato, spargendolo uniformemente da per tutto, senza che venga assorbito dal cataplasma, il quale a tal uopo dovrà essere assai viscoso, e finalmente si applica il tutto sulla parte dolente, quanto più caldo si possa dal malato sopportare, e avvertendo di coprirla interamente. Per conservar meglio il calore si avvolge una flanella o un taffettà gommato sopra il cataplasma e si ferma ogni cosa con fasce. Quest’operazione si rinnoverà ogni ventiquattr’ ore.

Vien suggerito ancora l’uso d’un cataplasma composto di 16 once di farina di riso, 4 once di lievito di birra e 2 once di sale comune, il tutto ridotto a pasta densa, che si applica alla pianta del piede, avvolgendolo poi con flanella come si è detto più sopra. D’ordinario questo rimedio, rinnovato ogni 12 ore, suol produrre la guarigione in pochi giorni. Allora bisogna lavare il piede del soggetto con un miscuglio di crusca, acquavite, acqua calda e sapone, e tenerlo ben coperto evitando il freddo.

87. Granchio. — Così dicesi una contrazione subitanea, involontaria e dolorosa di qualche muscolo, la quale avviene più di frequente alle gambe. Le cause di questo male possono essere traspirazione soppressa, cattiva digestione, secrezione arrestata, vermini, ecc. La maggior parte di coloro che ne sono tormentati, hanno vomiti violentissimi, ed una generale prostrazione di forze. I rimedii stimolanti sono i soli che valgono ad arrestare tal malattia: e quello che finora ha più d’ogni altro giovato, è senza dubbio l’alcali volatile. Se ne fanno pigliare 10 o 12 gocce in mezzo bicchiere d’acqua, e si prevoca il sudore con decozioni abbondanti e caldissime di salvia o di cannella, osservando un’esattissima dieta. È raro che il malato non guarisca nel medesimo giorno; ma dove succedesse il contrario, è d’uopo ricorrere ad una seconda dose d’alcali.

Per quei granchi passeggieri che ogni tanlo ci colgono alle gambe durante la notte, basta una fregagione col palmo della mano o con un pezzo di pannolino.

88. Idrofobia. — Chi sia morsicato da un cane che presenti indizii d’idrofobia, deve tosto lavarsi la ferita con alcali volatile ed acqua, o con acqua saponata, od anche con acqua semplice od orina, dopo però d’aver ben compressa in tutti i versi la ferita. Indi, arroventato un ferro, lo si dovrà applicare per un istante sulla ferita stessa. Se queste cure saranno apprestate da persona dell’arte, riusciranno forse più atte a prevenire le triste conseguenze dell’idrofobia.

I segni più sicuri per riconoscere un cane idrofobo sono questi: languidezza, tristezza, amore della solitudine, avversità agli alimenti e più alle bevande, l’occhio feroce, la bocca bavosa, la lingua pendente, la coda serrata, il pelo irsuto; finalmente un cane arrabbiato è ordinariamente barcollante, sfugge l’acqua e i colori vivaci, rigna continuamente e muore in un giorno o in due al più. Evita sempre un cane che presenti alcuni di questi sintomi, e così preverrai nel miglior modo gli atroci tormenti e la miseranda fine a cui vanno talora soggetti, malgrado tutte le cure, coloro che sono morsicati da un’animale idrofobo.

89. Idropisia. — Allorchè le noci sono ancor fresche, e la pellicola ond’è ricoperto il gheriglio se ne stacca facilmente, si prenda di queste pellicole in quantità sufficiente da formarne un buon pugno, e si lascino infondere per tre giorni in una bottiglia di vino bianco. Questo rimedio, preso la mattina e la sera, a un bicchiere per volta, è dato per infallibile.

Ecco un’altra ricetta: piglia un’oncia di foglie di tabacco di Virginia e 16 once d’acqua bollente; infondi per un’ora in un vaso chiuso e messo in bagnomaria; poi passa l’infusione per panno lano e tirane 14 once, a cui aggiungerai 2 once d’acquavite, affinchè il liquore si conservi senza alterarsi. La dose per un adulto è da 60 fino a 100 gocce, da pigliarsi due volte al giorno, cioè due ore prima del pranzo e la sera quando si va a letto. Queste gocce si mischiano a qualche bevanda adattata alla malattia, e che sia gradita all’ammalato. Nel caso di colica, si mette un’oncia della medesima infusione in un clistere.

90. Impetiggine. — Con questo nome si chiamano certi mali cutanei in forma di squame forforacee pruriginose, che bruttano più spesso la faccia. Quando le impetiggini non procedono da mali venerei, e sono d’un carattere semplice, si possono far scomparire lavandosi con acqua stillata di piantaggine e di rosmarino; ovvero con decozioni di cerfoglio e d’altea, che però non abbiano bollito e che non siano troppo viscose.

91 . Infiammazioni d’occhi. — Per guarire gli occhi travagliati da un’infiammazione accompagnata da copioso scolo d’acqua acre e salata, che produce uno straordinario prurito e gran rossore alle palpebre, piglia tre denari d’iride fiorentina in polvere, ed altrettanto vitriuolo bianco; metti queste sostanze entro tre mezzi boccali di acqua; dimena ben bene il tutto finchè il vitriuolo sia sciolto; indi lascia in infusione il mescuglio per 24 ore e feltra per servirtene all’occorrenza. A tale effetto, immergi in quest’acqua una pezza di tela, e con essa lava delicatamente gli occhi, due o tre volte al giorno; ed alla notte vi applicherai un piumacciuolo inzuppato nell’acqua medesima.

92. Indigestione. — Si rimedia facilmente a, questa irritazione dello stomaco, con uno o due giorni di dieta e di riposo, e promovendo l’evacuazione mediante bevande tiepide d’infusione di tiglio, di fiori di sambuco, di camomilla. Quando lo stomaco è leggermente imbarazzato, basta pren-dere un’oncia e mezzo d’olio di ricino, e bevere dopo un’ora una tazza di brodo.

Per un fanciullo può bastare mezz’oncia d’olio soltanto.

93. Infreddatura. —Gl’infusi di fiori di sambuco, di camomilla, di melissa o di menta, sono ottime bevande per impedire le conseguenze d’una infreddatura, e calmare le debolezze di stomaco, le sincopi e i catarri. In generale poi, trattandosi d’infreddature, bisogna osservare la maggior regolarità nel vitto, astenendosi da’ tutti i cibi troppo nutritivi, e massime da quelli riscaldanti.

Il dottor Tronchia faceva prendere sera e mattina un cucchiaino d’un elettuario, ch’egli componeva con questi ingredienti:

Manna in lagrime Once 1, 1/2
Cassia cotta » 1,
Siroppo d’altea » 1,
Burro di caccao Den. 18,
Olio di mandorle dolci » 18,
Acqua di fiori d’arancio » 12,
Chermes minerale Grani 4.

Dopo subito faceva bevere una tazza di leggiere infuso di fiori di malva, raddolcito con siroppo d’altea.

Questo rimedio, addolcitivo ed ammolliente, divide e attenua gli umori viscidi e pituitosi; mantiene libero il ventre, previene e guarisce le infreddature violente e infiammatorie, e garantisce dalle sinistre conseguenze delle infreddature trascurate.

94. Mal di denti. —Di tanti rimedii che si spacciano contro questo dolorosissimo male, pochi sono quelli che realmente raggiungano lo scopo; e noi ci troviamo imbarazzati a dettarne qui uno efficace. Tuttavia per non lasciare una lacuna in materia di tanta importanza suggeriamo una ricetta che ne’ più de’ casi ha valso a calmare fortissimi dolori di denti.

Lascia infondere per Io spazio di un mese in tre boccali di spirito di vino 4 once di laudano liquido , un’oncia di oppio, 6 denari di canfora, altrettanto di garofani, mezz’oncia di cannella, un’oncia di zafferano e 6 denari di coriandoli acciaccati. Indi feltra e serviti del liquore ad ogni occorrenza.

Allorchè il mal di denti è cagionato da un gran freddo o da un colpo d’aria, l’ottimo dei rimedii è d’applicare sulla guancia un pezzo di flanella, o d’altra stoffa di lana ben calda, assicurandocela con un fazzoletto legato sul capo, o come torna più comodo.

95. Panereccio. — Subito che si sente un dolor sordo con una leggiera pulsazione alla punta del dito, s’immerga il dito stesso in acqua tanto calda, quanto si possa sopportare; e il panereccio si dissiperà per virtù di questo bagno topico, il quale, aprendo i pori, rammollisce le callosità della pelle. In caso però che tal rimedio non abbia prevenuto il male, e che il panereccio si sia formato, si potrà curarlo come segue: piglia un pugno d’erba acetosa, e tanta sugna quanto è grosso un uovo; involgi queste cose in alcune foglie di bietola; e quindi il tutto in un foglio di carta, che legherai con refe: ciò fatto poni il tuo fagottino a cuocere sotto la cenere per una buon’ora, osservando che la carta non si abbruci. Togli allora questa carta e mescola ben bene insieme il rimanente. Copri con questo unguento che avrai ottenuto, tutta la parte malata, ed anche il dito intero: ed in capo a qualche giorno la pelle diventerà bianca nel luogo d’onde dee uscir la marcia: pungila allora con un temperino bene appuntato, senza spingerlo troppo addentro.

96. Piaghe. — Si guariscono le piaghe alle gambe lavandole con un po’ di latte, nettandole ben bene da tutta la marcia, e applicandovi poi sopra la parte bianca d’un porro che sia stato in molle in latte tiepido. Bisogna però rinnovare il medicamento ogni giorno, sino a compiuta guarigione. Alcuni trovano giovamento lavando le loro piaghe col vino caldo.

In quanto alle piaghe cancrenose, è prudenza sottoporsi alle cure d’un bravo medico, il quale meglio d’ogni altro conosce, arresta ed anche previene le tristi conseguenze di questi malanni.

97. Porri. — Le foglie fresche di campanula ederacea, che trovasi ne’ luoghi ombrosi, pestate ed applicate più volte al giorno sui porri, li fanno cadere e sparire.

Un altro rimedio contro i porri consiste nei pigliare un pezzo di lavagna, farla calcinare al fuoco, ridurla in polvere, stemperarla in aceto forte e, ridottala in una specie di poltiglia, coprirne i porri.

Si può anche amputare i porri, il che è più pronto, legandoli e stringendoli con filo di seta finchè siano caduti, ovvero tagliandoli con forbici o rasojo, e poi medicare la ferita con diachilone gommoso.

98. Punture d’insetti. — Si calma il dolore clic cagionano le punture degli insetti, come a dire, le api, le vespe, i calabroni e certe formiche, coll’olio d’oliva, oppure con cataplasmi ammollienti. Talvolta riesce efficace l’alcali volatile versato sopra la puntura.

99. Raffreddore. — È malattia piuttosto incomoda che grave, la quale si guarisce facilmente col procurare di sudare, mantenersi caldo, e prendere qualche bibita calda.

100. Reumatismi. — Si fanno cessare i dolori reumatici con praticare alcune frizioni o fomente sulla parte dolente; il che si fa servendosi d’un pezzo di flanella inzuppata in una lisciva calda. Anche le bevande dolcificanti, come l’acqua d’orzo con latte, le infusioni di malva, ecc.. addolcite col siroppo di altea o di capelvenere, prese ai primo manifestarsi dei reumatismi, sono rimedii efficaci.

101. Rogna. — Un unguento atto a guarire in pochi giorni la rogna è il seguente. Piglia once 4 di zolfo sublimato lavato; once 2 di sal marino calcinato, ed once 16 di sugna. Polverizza il sale, mischialo collo zolfo, passando per istaccio, e incorpora il miscuglio colla sugna liquefatta.

Invece della sugna si può far uso di 10 once d’olio d’oliva, e 6 once di buon sego.

102. Scottature. —Una scottatura superficiale e leggiera si guarisce facilmente immergendo la parte scottata entro acqua fredda in cui sia infuso un poco di estratto di saturno (un’oncia per ogni due boccali d’acqua). Se non fosse possibile immergere la parte offesa nell’acqua, si dovrà inzupparvi un pannolino piegato in modo da formarne un piumacciuolo, e coprire con questo la scottatura, avvertendo di mantenerlo sempre bagnato. Anche l’inchiostro nero comune è un eccellente rimedio contro le scottature. Quando queste formano delle vescichette, è bene pungerle con uno spillo e premerle a fine di estrarne l’umore acqueo di cui sono piene; ma si dovrà fare attenzione di non staccarne la pellicola, giacchè altrimenti si darebbe causa a una piccola piaga, la quale, qualora si verificasse, converrà medicare con unguento.

Per le scottature profonde, o che abbiano dato luogo a forte infiammazione, la prudenza vuole che si ricorra tosto alle cure di persona dell’arte.

103. Sincopi. — Le sincopi (più comunemente svenimenti) possono essere cagionate da improvvise e violenti sensazioni. In simili casi devonsi prima di tutto slacciare le vesti a chi ne è colpito, a fine di rendere libero il respiro e la circolazione del sangue; poi si deve procurare di trasportare la persona presa dal deliquio in luogo dove l’aria abbia libero corso: finalmente le si spruzzerà il viso con acqua fredda e le si accosteranno al naso sostanze di odore acuto.

104. Slogature. — Il rimedio più sicuro e più speditivo consiste nell’immergere subito la parte in acqua freddissima, la quale riescirà più efficace se vi si aggiungeranno due once d’estratto di saturno e un po’ d’acquavite, avvertendo di rinnovare l’acqua di mano in mano che si fa tiepida, e continuare così per due o tre ore. Ciò fatto si fascia la parte stessa con bende inzuppate nella detta acqua, procurando inoltre di umettarle frequentemente, perchè non abbiano ad asciugarsi. Se il dolore persiste e si manifesti enfiagione, sarà d’uopo far uso di empiastri ammollienti, non troppo caldi. In ogni caso però il riposo assoluto della parte slogata è indispensabile.

105. Sordità. — Quando l’orecchio è reso poco atto al suo ufficio dal soverchio ammollimento della membrana che lo riveste, si fa uso, per riparare a tale incomodo, di suffumigi aromatici di mirra, d’aloè, di benzoino, di tinture amare; ovvero d’injezioni emollienti, se la membrana fosse troppo indurita. In questo secondo caso si raccomanda specialmente l’olio di giglio ed il succo di cipolla bianca cotta sotto la cenere. Talvolta ancora, e in caso che sia otturata la tromba eustachiana, la perforazione del timpano, fatta a bella posta da abile professore, o succeduta accidentalmente, restituì in un subito l’udito a persone sorde da gran tempo.

Finalmente si rimedia, o meglio si prevengono i mali a cui va soggetto l’organo dell’udito, mediante una grande nettezza, e usando a tenervi dentro del cotone. (Vedi al num. 30 sull’igiene dell’udito).

106. Sudore de’ piedi. — Le persone che sudano abitualmente ai piedi, possono rimediare a tal incomodo, asciugandoseli con pannolino all’uscir dal letto, e mentre sono tuttavia in uno stato di madore, e poi aspergendoseli con qualche goccia d’acquavite. I pori assorbiscono questo spirito, il quale fortifica il sistema generale e lo rende atto ad assimilarsi un’evacuazione che suol riescire molesta. È questo tutto il segreto onde solea far uso Federico il grande.

107. Tagli. — Si preme la parte offesa per farne uscire il sangue, si lavano bene con acqua o vino i labbri del taglio, i quali si avvicinano con diligenza, e si tengono così uniti con due o tre piccole liste di taffettà inglese. (Vedi l’articolo Ferite, num. 81.)

108. Tigna. — Le semplici lozioni d’acqua tiepida in cui sia sciolto del sapone, bastano il più delle volte a toglier quell’icore che va rodendo le parti sane, deostruendo le glandule; indi la rigorosa nettezza, le lievi fregagioni con una spazzola alquanto morbida, e il tagliare spesso i capelli, sono i mezzi di guarigione più sicuri e insiem più facili, contro lo schifoso morbo che chiamiamo tigna.

Il dottor Hufeland fece uso con buon esito d’un unguento composto di parti uguali di calce e d’olio di mandorle dolci, ch’egli applicava esteriormente colla certezza di guarire la tigna più inveterata, senza verun pericolo per l’ammalato.

109. Tisichezza. — Quando la stagione non è nè troppo calda, nè troppo fredda, devesi mettere il malato in una stalla di bestie bovine, e farvelo dimorare per un certo tempo, in modo che vi passi giorno e notte senza uscirne per niuna cagione. Mille esempi evidentissimi sembrano accertare l’efficacia di questa cura.

Allorchè i bambini inclinano alla tisichezza, o che hanno fatto gravi cadute, giova il lavarli con vino caldo, o con acqua, pure calda, mescolata ad una quinta parte d’acquavite. Ciò vale a corroborare la loro costituzione e ad evitare qualunque sinistro.

110. Ubbriachezza. — Non solamente l’abuso del vino e de’ liquori, ma ben anco la varietà loro e la qualità insolita o non confacente a qualche stomaco possono produrre l’ubbriachezza. I soccorsi da prestarsi a chi ne fosse preso, sono i seguenti: per prima cosa si procuri di sbarazzargli lo stomaco, promuovendo il vomito con pozioni d’acqua calda, il che avvenuto, gli si somministreranno bevande acidulate con limone o con aceto, e si praticheranno su tutto il corpo fregagioni asciutte. Ove l’ubbriachezza fosse tanto forte da far temere l’apoplessia, si ricorrerà all’uso delle mignatte, dei bagni ai piedi, dei senapismi, alle aspersioni fredde ed ai lavativi irritanti.

111. Ulceri veneree. — Siccome la cura di questa specie d’ulceri richiede l’uso di medicamenti più o meno velenosi, la cui preparazione ed applicazione vuol essere consigliata e diretta dal medico, onde evitare le funeste conseguenze che potrebbero derivare da un errore, o da un’imprudenza commessa, così consigliamo coloro che si trovassero molestati da ulceri veneree, di ricorrere a persona dell’arte, prima che queste abbiano fatto maggior danno col loro progresso, che talvolta è assai rapido.

Trattandosi di ulceri semplici, basta soffregarle leggermente con un poco d’allume e lavarle con acqua di caprifoglio stillata.

112. Vermi. — Questa malattia, che s’incontra più di frequente ne’ bambini, è guaribile coll’uso di erbe amare, ed anche cogli alimenti tonici e stimolanti. Fra i vegetali che meglio valgono a distruggere i vermi si ha la santolina, che generalmente si adopera come vermifugo.

Contro il verme, cosi detto solitario si fa uso con buon successo del succo di mallo di noci, alla dose d’un cucchiaio preso per tre giorni consecutivi la mattina a digiuno in un bicchiere di vino bianco. Quando il verme è distrutto, bisogna purgare il malato.

113. Vesciche a’ piedi. — In una lunga marcia, il continuo sfregamento delle scarpe sulla stessa parte del piede, massime se esse scarpe sono troppo grandi e troppo dure, può indurre certe vescichette ai piedi, le quali riescono assai incomode e dolorose. L’unico mezzo per guarirne prontamente si è di pungerle con uno spillo, farne sortire tutto l’umore acqueo che contengono, ed ungerle finalmente con un poco di sego. Facendo quest’operazione la sera prima di coricarsi, la mattina successiva si trovano le vescichette quasi seccate.

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