388. Chiarificazione dello zucchero. — Non debbesi adoperare che ottimo zucchero raffinato, in pezzi duri e sonanti; imperocchè questo si presta meglio alla chiarificazione, mentre lo zucchero non raffinato, per quanto bello sia, offre molte difficoltà nel chiarificarlo, e determina inoltre una perdita rilevante.
La chiarificazione dello zucchero si fa col mezzo d’un’acqua preparata con una mezza chiara d’uovo circa, sbattuta in mezzo bicchier d’acqua, per ogni libbra di zucchero.
Poni le chiare d’uova coi loro gusci infranti in una calderuola da confettiere, e aggiungivi acqua successivamente, sbattendo con un mazzetto di giunchi. Allorchè tutta l’acqua si è combinata colla chiara d’uovo, e il miscuglio è ben coperto di schiuma, mettivi dentro lo zucchero rotto in pezzi, e poni la calderuola sul fuoco, rimestando di tratto in tratto lo zucchero, affinchè non si attacchi al fondo della calderuola, e schiumando appena comincia l’ebullizione. Dopo alcuni bollori lo zucchero si solleverà tanto da esser lì per straboccare dal recipiente; allora aggiungivi un poco d’acqua fredda, e continua a schiumare. Osserva però di non toglier via la schiuma mentre lo zucchero bolle, ma aspetta che si gonfi, gittavi allora un po’ d’acqua, e schiuma tosto. Quando sia ben netto e ben chiaro non sale più agli orli del recipiente e non produce che una piccola schiuma leggiera e bianchiccia. Allora ritira la caldaja dal fuoco, prendi un tovagliolo, distendilo sopra altro recipiente di terra, e passavi lo zucchero, il quale troverai perfettamente chiarificato.
389. Cottura dello zucchero. — Chiarito che sia lo zucchero, bisogna dargli il grado di cottura che si richiede dalla preparazione che si vuoi fare con esso. I confettieri ne distinguono varj gradi, i più comuni de’ quali son quelli conosciuti sotto i seguenti nomi: a giulebbe, a perla, a vento, a piuma, a conserva, a caramella.
Si dice che lo zucchero è cotto a giulebbe allorchè, presane una goccia fra le dita, e poi distaccandole, se ne forma un filo: se questo filo è piccolo e quasi da non potersi vedere, allora dicesi che lo zucchero è cotto a piccolo giulebbe.
Proseguendo la cottura, se il filo si allunga molto senza rompersi, si dice che lo zucchero è cotto a perla; se non si allunga gran fatto si dice che è cotto a piccola perla. Questo grado di cottura si distingue anche da ciò, che i bollori formano come a dir tante perle, le quali pare che rotolino le une sopra le altre.
Spingendo ancora più oltre la bollitura e ritirando la schiumaruola dopo di averla scossa col batterla sull’orlo del recipiente, se, soffiando nei buchi, n’escono come tante bolle, si dice che lo zucchero è cotto a vento.
Se, continuando la cottura, invece delle perle si formano delle bolle, le quali appena innalzatesi, scoppino e mandino molto fumo, allora lo zucchero è vicino ad esser colto a piuma. Così essendo, s’immerge la schiumaruola nella massa e si ritira, scotendola fortemente in aria; se lo zucchero s’innalza a guisa d’una leggiera piuma, ma un poco larga, si dice cotto a piccola piuma. Continuando poi la bollitura e scotendo come prima la schiumaruola, se lo zucchero si forma in filamenti volanti, si dice cotto a gran piuma.
Lo zucchero si dice cotto a conserva allorchè, immergendovi le dita bagnate d’acqua fresca, e poi stropicciandole, lo zucchero che v’è attaccato si rompe producendo uno scricchiolìo, e posto sotto ai denti vi si attacca fortemente.
La cottura a caramella è quando, posto lo zucchero sotto a’ denti, si rompe senza che vi si attacchi. È però necessario farne spesso la prova, giacchè, per poco che s’indugi a ritirarlo dal fuoco, corre pericolo d’abbruciare.
È d’uopo notare che lo zucchero, nella cottura a conserva ed a caramella., sale nella calderuola, ricade e lascia la traccia sulle pareti. Onde impedire che il calore faccia prender fuoco a ciò che aderisce alle pareti della calderuola, e non guasti così il tutto, bisogna bagnare internamente le pareti stesse con un po’d’acqua fredda, ogni volta che lo zucchero sarà ricaduto al fondo.
Un’osservazione più generale, poichè applicasi a tutte le cotture dello zucchero, consiste a non mai lasciarvi la schiumaruola dopo la chiarificazione, nè dopo che si sarà tolta la schiuma. Bisogna anche aver cura di non rimestare, perchè lo zucchero diminuirebbe sensibilmente.
390. Chiarificazione del miele. — Se vuoi adoperare il miele invece dello zucchero, bisogna che tu abbia cura di chiarificarlo nel modo medesimo. Quando è bianco e puro, basta farlo sciogliere in un po’ d’acqua ad un lento calore, e indi schiumarlo. Se la schiuma prosegue a formarsi, bisogna aggiungervi altr’acqua e chiarificarlo colla chiara d’uovo come lo zucchero. Tuttavia non devesi dimenticare in queste operazioni, che più si fa cuocere il miele, e più esso perde del suo zucchero, diventa nero, amaro ed agro.
Quando è schiumato, sarebbe pur bene, invece di chiarificarlo colla chiara d’uovo, gittarvi dentro carboni accesi, ritirarli in capo a cinque minuti, e passare il miele allo staccio.
391. Dei sciroppi. — Quando si è fatto disciogliere lo zucchero in una certa quantità d’acqua, si è schiumato e chiarificato, e finalmente cotto fino a che il liquido abbia una consistenza tale che scoli lentamente, si è ottenuto il sciroppo più semplice, vale a dire il sciroppo di zucchero.
Invece di acqua pura, se si prende, per disciogliere lo zucchero, acqua saturata di certi principii, come succo di frutta e simili, si avrà il sciroppo della sostanza adoperata. Da ciò si vede che la preparazione dei sciroppi ha per iscopo di conservare l’odore, il sapore, e talvolta il colore delle sostanze che lo compongono.
Volendo adoperare un’infusione, una decozione o un succo bene chiarificato, basta sciogliervi zucchero bianchissimo al bagnomaria ed a lento calore, e il sciroppo sarà fatto senza cottura nè chiarificazione. Il più sovente però si fa cuocere dopo avere sbattuto nel liquido freddo una o due chiare d’uova, e poscia si schiuma durante la cottura. I sciroppi debbono rimanere meno tempo che sia possibile sul fuoco, perchè vi prendono colore.
Un sciroppo bene chiarificato, non solo è limpido e trasparente, ma l’acqua con cui venne fatto non debbe avere nulla di torbido. Il sciroppo di zucchero non raffinato porta spesso questo inconveniente; ma si candisce meno, in generale, che quello preparato con zucchero raffinato. I sciroppi troppo cotti sono quelli che vanno soggetti a candirsi più di frequente: vi si rimedia, per un certo tempo, facendoli scaldare, onde disciogliere di nuovo le porzioni cristallizzate. Senza questa precauzione, la parte del sciroppo rimasta liquida, non contenendo più abbastanza zucchero, fermenta e si deteriora. Sarà dunque sempre più utile non adoperare che ottimo zucchero, e farlo poco cuocere. Il sciroppo fermenta meno quando venne bene chiarificato, e le bottiglie non furono lasciate sceme: importa dunque conservarle esattamente piene, e soprattutto ben turate. Si può tutto al più arrestare per qualche tempo la fermentazione aggiungendovi una cucchiajata o due d’acquavite forte per ogni bottiglia, e riturandole esattamente dopo averne fatto uscire le bolle d’aria e la muffa che si forma alla superficie quando il sciroppo fermenta. Un mezzo che si adopera acciò questa muffa non si produca, consiste a tenere le bottiglie in un luogo asciutto.
I sciroppi si alterano così facilmente quando non sono abbastanza cotti, come quando lo sono di troppo. Bisogna dunque procurare di raggiungere il grado conveniente di cottura senza oltrepassarlo. Molti sono i segni che lo indicano; ma la consistenza è il più semplice. Versandolo dall’alto esso deve filare come un olio fino, cadere senza spruzzare, formarsi in goccie rotonde, le quali, collocate una presso all’altra in un piatto, non si ravvicinano che lentamente. Infine, soffiando sulla superficie, vi si deve formare una pellicola rugosa.
La regola da tenersi per la dose dello zucchero di cui si deve far uso in ciascun sciroppo, sarebbe di mettervene quanto può scioglierne il liquido che si adopera. I succhi acidi ne disciolgono circa 20 once per libbra; le decozioni e le infusioni alquanto di più: in generale però ve ne vuole un po’ meno del doppio in peso dei liquidi che si adoperano.
392. Sciroppo di ribes. — Prendi tre libbre di ribes che non sia intieramente giunto a maturazione; una libbra di ciriege di bella qualità, ed altrettanto di lamponi. Togli i noccioli e tutto ciò che v’ha di verde in queste frutta; spremine il succo in un vaso di terra; passalo indi per istaccio, e lascialo in riposo per quattro giorni in una cantina, od in altro luogo fresco. In capo a questo tempo comincia ad operare. Il profumo del lampone, essendo molto volatile, potrebbe accadere che il succo non ne resti che debolmente impregnato: in questo caso metti ad infondere, per lo spazio di 2 o 3 giorni in questo succo chiarificato, la metà circa del suo volume di lamponi ben maturi; versa il tutto sur uno staccio o sopra una tela distesa al disopra di un vaso qualunque, e lascia feltrare da sè il liquore, senza spremere i lamponi. Ad ogni libbra di questo liquore aggiungi 20 once di zucchero triturato. Poni il tutto in un vaso collocato al bagnomaria ad un fuoco moderato. Quando lo zucchero sarà intieramente disciolto, lascia spegnere il fuoco e raffreddare il vaso, dopo di che versa il sciroppo in bottiglie per conservarlo.
Il soggiorno del succo in cantina ha per iscopo di chiarificarlo col mezzo della fermentazione che vi si stabilisce, e fargli deporre le parti mucilagginose, che restano indi sul feltro. Si ottiene questo scopo più prontamente aggiungendo un po’ di crema o di latte, che l’acido del succo coagula, o chiara d’uovo, o infine sottoponendo il succo all’azione dell’acqua bollente, rinchiuso in un vaso ben turato.
Se il succo fu ben chiarificato, e lo zucchero raffinato, non si formerà schiuma alla superficie del sciroppo. Tuttavia, se si lasciasse vedere qualche bolla, bisognerebbe toglierla prima di ritirare il sciroppo dal fuoco.
Quanto abbiamo sin qui detto applicasi alla preparazione di qualunque sciroppo di frutta acide, dei quali parleremo assai più succintamente.
Le persone cui non piace il lampone, e che preferiscono il sciroppo di ribes semplice, potranno farlo nel modo medesimo; solo, come è naturale, omettendo i lamponi.
393. Sciroppo di ciriege. — Togli i gambi e i noccioli ad ottime ciriege, ben mature e sane; ponile sul fuoco con un po’ d’acqua, e dopo che avranno bollito alquanto, spremile un poco per estrarne tutto il succo. Allora poni il succo così ottenuto in una calderuola, e aggiungi per ogni libbra 20 o 22 once di zucchero triturato, ed un bicchier d’acqua, in cui avrai fatto infondere il giorno prima un po’ di cannella. Fa cuocere il tuo sciroppo per una mezz’ora, ponendo mente a bene schiumarlo. Appena sarà cotto a gran piuma, ritiralo dal fuoco e lascialo raffreddare, per indi riporlo nelle bottiglie destinate all’uso.
394. Sciroppo di more. — Prendi 2 libbre di more alquanto prima della perfetta maturazione, affinchè il sciroppo riesca un po’ acidetto. Riduci poscia in polvere due libbre di zucchero, che porrai insiem colle frutta in una calderuola, ma senza schiacciarle; giacchè il sciroppo ne riuscirebbe torbido. Poni la calderuola sopra un fuoco moderatissimo, e il calore farà tosto crepare le more, le quali, con questo mezzo, renderanno tutto il loro succo perfettamente limpido. Appena lo zucchero si sarà disciolto, basteranno alcuni minuti d’ebullizione perchè il sciroppo sia perfetto.
Bisognerà che tu lo passi per uno staccio di crine, senza pressione. Le more rimangono sullo staccio, e il sciroppo non ha bisogno d’essere chiarificato.
395. Sciroppo di berbere o crespine. — Questo sciroppo si può preparare come quello di ribes (num. 392), e si può pur anco preparare per decozione come segue. Fa bollire in una calderuola due boccali d’acqua, gittavi dentro una libbra di berbere ben mature e sgranellate, e dopo alcuni istanti d’ebullizione, lasciale infondere fino al giorno seguente. Allora fa chiarificare e cuocere alla perla due libbre di zucchero, riponi le berbere sul fuoco, e fattele alquanto bollire, passavi la decozione, che aggiungerai allo zucchero, e rimetti sul fuoco il tutto. Abbi cura di schiumare fino a che la cottura sia terminata, e versa il sciroppo in bottiglie. Questo sciroppo d’ordinario non fermenta.
396. Sciroppo d’agresto. — Prendi agresto molto verde; pigialo in un vaso di terra; passa prima il succo allo staccio e poscia al feltro, fino a che sia ben chiarificato. Poi fa cuocere e chiarificare 3 libbre di zucchero, versalo nella calderuola, e su di esso gittavi una libbra di succo d’agresto. Fa bollire alquanto, e cuoci alla perla. Finalmente lascia raffreddare il tuo sciroppo e versalo in bottiglie.
397. Sciroppo di cotogne. — Scegli cotogne belle, sane e ben mature; grattale fino al torsolo e spremine il succo attraverso una tela. Ponilo a fermentare un giorno o due, e indi fallo feltrare come abbiam detto parlando del succo di ribes (num. 392). Fa cuocere a vento una libbra di zucchero per ogni 7 o 8 once di succo chiarificato, e mescola insieme il tutto, facendo bollire alquanto ad un fuoco moderato. Ritira il sciroppo dal fuoco e ponilo in bottiglie allorchè è quasi freddo.
398. Sciroppo di limoni. — Piglia 12 limoni freschi, togli la scorza a 2 o 3, tagliali indi tutti in due, e spremili fortemente per estrarne il succo, che verserai su questa scorza, lasciandovelo per un giorno. Passalo poi per un pezzo di tela, o se è troppo torbido, per un feltro di carta. In fine pesa il succo, e poni su di esso il doppio del suo peso di zucchero con un bicchier d’acqua. Chiarifica e schiuma finchè sia cotto a conserva. Allora ritiralo dal fuoco; aggiungivi il succo rimanente; mescola e riponi il tutto sul fuoco per farlo bollire pochi istanti. Se adoperi un vaso di rame non lasciarvi raffreddare il sciroppo.
399. Sciroppo d’aceto. — Prendi un vaso di vetro, ovvero di terra, ponivi quanti lamponi ben maturi e mondi vi posson capire, senza premere, e aggiungivi ottimo aceto onde coprirli intieramente. Dopo otto giorni d’infusione, versa tutto in una volta, i lamponi e l’aceto, sur uno staccio o un pezzo di tela, e comprimendo alquanto il frutto, spremine tutto il succo. Il tuo aceto, essendo perfettamente chiaro e bene impregnato dell’odore de’ lamponi, pesalo, e per ogni libbra di questo liquore, prendi 10 o 11 once di ottimo zucchero, che triturerai grossamente e lo porrai in un vaso di majolica, versandovi sopra l’aceto lamponato. Tura bene il vaso, e collocalo a bagnomaria a fuoco moderatissimo. Appena lo zucchero sarà disciolto, lascia estinguere da sè il fuoco, e dopo che il sciroppo si sarà perfettamente raffreddato, lo verserai in bottiglie.
400. Sciroppo di mele. — Prendi due belle mele, che monderai e taglierai a fette sottilissime; ponile in un vaso di majolica con una libbra e mezzo di zucchero in polvere e cinque cucchiajate d’acqua. Tura il vaso e ponilo al bagno-maria per lo spazio di due ore, mantenendo l’acqua in ebullizione. Abbi cura di rimestare a quando a quando il tuo vaso, senza farlo uscire dall’acqua, perchè sentendo il freddo potrebbe rompersi. Dopo queste due ore di cottura, lascia estinguere il fuoco e raffreddare il vaso, senza estrarlo dal bagnomaria. Quando il sciroppo sarà quasi freddo, lo aromatizzerai, spremendovi succo di limone e aggiungendovi una cucchiaiata di spirito di cedro o di cannella, o acqua di fior d’arancio, infine qualunque profumo più ti piaccia. Se vedi una specie di fecola precipitarsi al fondo, lascia il tutto in riposo durante alcune ore, dopo di che versa lentamente il tuo sciroppo in bottiglie.
401. Sciroppo d’orzata. — Piglia tre once di mandorle amare, ed una libbra e mezzo di mandorle dolci, e gittavi sopra acqua bollente. Dopo alcuni istanti, togli loro la pelle e ponile nell’acqua fredda; falle indi sgocciolare, e mettile in un mortajo di marmo. Pestale in modo che non si scorga alcun frammento di mandorle, e abbi in pronto due libbre e mezzo d’acqua e quattro libbre e mezzo di zucchero. Per pestare le mandorle, poni nel mortajo due o tre once di questo zucchero ed alcune goccie d’acqua. Lo zucchero si satura dell’olio delle mandorle, e quando la pasta è ben formata, si discioglie versandovi un po’ più che la metà dell’acqua. Passa la pasta così disciolta attraverso un pezzo di tela fina che torcerai fortemente per estrarne tutto il latte di mandorle. Riponi la feccia nel mortajo, pesta nuovamente, aggiungendovi un’oncia o due di zucchero, e poscia a poco a poco il resto dell’acqua che hai conservata. Passa di nuovo il miscuglio alla tela, e spremine tutto il liquido che potrà contenere. Unisci insieme questi due latti di mandorle; piglia il rimanente dello zucchero, che chiarificherai e farai cuocere a gran piuma, e versavi il tuo latte di mandorle, lasciando il miscuglio sul fuoco e rimestando fino a che incominci a bollire. Aggiungi un poco d’acqua di fior d’arancio, o alcune gocce d’olio essenziale di cedro, e finalmente versa questo sciroppo in vaso di terra per farvelo raffreddare, il che ottenuto, empine le tue bottiglie.
Si fa cuocere anche in altro modo. Poni il latte di mandorle in un vaso di majolica collo zucchero grossamente triturato, e metti il tutto a bagnomaria o su ceneri calde. Quando lo zucchero è disciolto, locchè si accelera rimestando di quando in quando, si ritira dal fuoco, e allorchè il sciroppo è raffreddato, si aromatizza. Si passa il tutto attraverso uno staccio, e si versa in bottiglie.
402. Sciroppo d’altea. — Prendi 4 once di radici d’altea fresca, che laverai più volte per mondarle intieramente della terra che vi aderisce. Togli loro la prima scorza, raschiandole leggermente; indi tagliale a pezzi, e ponile a bollire in 4 libbre d’acqua per lo spazio di 7 od 8 minuti soltanto, perchè la radice d’altea, bollendo più a lungo, formerebbe una mucilaggine capace di guastare il sciroppo. Passa questa decozione allo staccio, e favvi fondere 4 libbre di zucchero per ogni boccale di liquido. Chiarifica il miscuglio colla chiara d’uovo, schiumalo diligentemente, fallo cuocere a perla, e ritira prontamente dal fuoco il sciroppo, lasciandolo raffreddare. Finalmente versalo in bottiglie.
Preparato in questo modo, il tuo sciroppo avrà il sapore dell’altea, e ne avrà pure le qualità emollienti. Se in luogo delle radici adopererai i fiori d’allea, il sciroppo riescirà più gustoso.
403. Sciroppo di capelvenere. — Prendi due o tre once di capelvenere, il più odoroso, e ponilo in vaso di terra verniciato; versavi sopra 4 libbre d’acqua bollente e lascia durare l’infusione due ore, ricoprendo il vaso. Spremi e scola quest’infusione, in cui farai disciogliere 4 libbre di zucchero. Poni il tutto al fuoco in una calderuola; chiarifica colla chiara d’uova, e continua la cottura sino a che il sciroppo sia alla perla. Versalo tosto su nuovo capelvenere grossamente tritolato, che avrai posto sullo staccio, ed allorchè il sciroppo sarà passato, lascialo raffreddare e conservalo in bottiglie.
404. Sciroppo di fiori d’arancio. — Fa fondere 4 libbre di zucchero in altrettanta acqua; chiarificalo e fallo cuocere a giulebbe. Versalo bollente sur una libbra di fiori d’arancio raccolti di recente e mondati. Dopo che si sarà raffreddato, passa il sciroppo per istaccio, e ponilo in bottiglie, empiendole bene e turandole poi perfettamente.
Onde non perdere i fiori che rimangono sullo staccio, si possono spolverizzare di zucchero finissimo e farli prosciugare alla stufa (vedi num. 417). Essi servono di condimento alle creme e ad altri piatti dolci.
405. Sciroppo di scorze d’arance. — Dopo aver tolta tutta la parte bianca delle scorze d’arance ben mature e fresche, prendine 4 once, su cui verserai una libbra e mezzo d’acqua bollente. Copri bene il vaso, e lascia operare l’infusione per 6 ore sulla cenere calda. Passa allo staccio ed aggiungi 2 libbre di zucchero; riponi il tutto sul fuoco, fa cuocere e schiuma. Quando il sciroppo sarà raffreddato, aggiungi alcune gocce d’olio essenziale di scorze d’arance, e versa in bottiglie.
406. Sciroppo di punch. — Prendi due libbre di sciroppo di limoni (num. 398), aggiungivi, prima che sia intieramente raffreddato, venti o venticinque gocce d’olio essenziale di cedro e due bicchieri di buon rum, e ponilo in bottiglie per conservarlo.
Si prepara il punch ponendo questo sciroppo in una quantità tripla d’acqua bollente.