§ III. — Confezione delle frutta.

407. Istruzioni generali sulle confetture. Si chiamano confetture alcune preparazioni di frutta, sia intiere, sia divise, cotte più o meno con una quantità di zucchero eguale o quasi eguale in peso. Le migliori confetture sono quelle che, avendo cotto abbastanza per conservarsi, mantengono tutto il sapore, l’odore e il colore delle frutta. Il mezzo di ottenerle così perfette consiste nel prepararle con una quantità sufficiente di zucchero. Nel modo stesso che pei sciroppi, quando se ne ponga di troppo, si candiscono; ma quando non se ne ponga abbastanza, non solamente fermentano e si guastano nei vasi, ma ne risultano altri inconvenienti che meritano di essere posti ad esame.

In fatti bisogna cuocere le frutta abbastanza per portarle coll’evaporazione ad una consistenza convenevole, onde si possano conservare. Ora, questa cottura di troppo prolungata le annerisce e comunica loro un sapore amaro o più spiacevole ancora, e fa perdere l’odore del frutto.

Si dà dunque per norma, che le confetture meno cotte saranno le più gustose, purchè si possano conservare. Esse hanno altrettanto meno bisogno d’una lunga cottura, quanto più zucchero contengono. Tuttavia non devesi punto abusare di questa regola, poichè, come abbiam detto più sopra, esse si candirebbero quando ne contenessero di troppo. Non crediamo che se ne debba adoperare una quantità maggiore che il peso stesso delle frutta.

Il vaso che meglio conviene per cuocere le confetture, è una calderuola di rame non istagnata. I vasi di majolica, e molto più quelli di terra, le fanno ardere o comunicano loro un sapore spiacevole; la stagnatura altererebbe il colore di alcune. Allorchè non si ha una calderuola da confettiere, si può adoperare una caldaja ordinaria; ma non bisogna mai servirsene senza farla diligentemente pulire. Bisogna guardarsi dal dispensarsene, sotto pretesto che non vi si vede alcuna traccia di verderame; coll’aria sola si fa un’ossidazione alla superficie del rame, che lo appanna, e può, deponendosi sulla confettura, non già produrre avvelenamento, ma dare un odore di rame spiacevolissimo.

Per cuocere le confetture è necessario in generale un fuoco molto ardente, affinchè restino brevemente in ebollizione. Non bisogna che la calderuola sia troppo piena, perchè la cottura sarebbe difficile, nè che lo strato sia troppo sotti le, per tema che prenda fuoco. Per ovviare a questi inconvenienti debbesi rimestare continuamente con una spatola o cucchiajo di legno, distaccando ciò che venisse ad aderire agli orli per mezzo della bollitura. Man mano che la schiuma si mostra alla superficie, bisogna toglierla colla schiumarola.

La cozione delle confetture giudicasi pervenuta al suo termine quando, versandone una cucchiajata sur un piatto freddo, essa vi aderisce tosto. Allora bisogna ritirare subito la calderuola dal fuoco, avendo però gran cura di non lasciarvi raffreddare dentro il contenuto, prima di metterlo in vasi; poichè è noto che gli acidi delle frutta intaccano molto il rame quando sono freddi, e per conseguenza lasciando raffreddare le confetture nella calderuola vi si formerebbe infallantemente il verderame.

Quando si versano in vasi di majolica, non v’ha più alcun pericolo. In generale non si coprono i vasi se non dopo il raffreddamento. Si taglia un pezzo di carta dell’esatta grandezza dell’interno del vaso; la s’imbeve d’acquavite, e la si colloca sulla superficie delle frutta confezionate, indi si chiude il vaso; s’incolla sugli orli una striscia di carta, finalmente si applica sul coperchio un’altra carta, !a quale si lega in giro con spago.

408. Confettura di ribes in grappolo. Per confettare il ribes in grappolo, bisogna sceglierlo bello, rosso o bianco non importa, ma maturo. Ponilo nel sciroppo di zucchero chiarificato e cotto a gran piuma; la sciavelo per un giorno, indi estrailo. Fa ricuocere a perla il sciroppo, e versalo sul frutto, che avrai prima preparato in vasi. Bada di non coprirli che la dimane. Occorre una libbra di zucchero per ogni libbra di ribes.

409. Confettura di berbere. — Monda le berbere e falle ammollare nell’acqua in cui avrai posti due limoni tagliati a fette, i quali toglierai all’istante in cui getterai nell’acqua le berbere. Non lasciarvele se non il tempo necessario per toglier loro la troppa acidità che lo zucchero non può correggere. Falle sgocciolare bene sur uno staccio e ponile poscia nella calderuola con un peso eguale di zucchero chiarificato e cotto a vento. Falle bollire alcuni istanti, schiumale e versale in vasi.

410. Confettura di ciriege. — Togli i gambi ed i noccioli a sei libbre di ciriege ben mature; aggiungivi due libbre di succo di ribes rosso preparato come per la gelatina di ribes (num. 424); poni il tutto nella calderuola ad un fuoco gagliardo; fa bollire e schiuma per una mezz’ora. Aggiungi 9 once di zucchero per ogni libbra di succo e di frutta; lascia bollire ancora per una mezz’ora; ritira il tutto dal fuoco, e poni la tua confettura in vasi senza lasciarla raffreddare.

411. Confettura di lamponi. — Prendi 4 libbre di lamponi ben mondi, di cui porrai a parte la metà, scegliendo i più belli. Pigia gli altri con una libbra di ribes bianco, comprimi il tutto in un pezzo di tela, e poni a cuocere il succo in una calderuola, con due libbre o poco più di zucchero. Schiuma, e dopo un buon quarto d’ora di cottura aggiungi i lamponi intieri. Fa bollire di nuovo per circa 10 minuti, e riponi la confettura in vasi appena la vedrai aderire sur un piatto asciutto.

412. Confettura d’uva moscata. — Piglia uva moscata, sganellala e togli agli acini i semi in modo da conservarne il succo e la forma. Fa bollire 5 o 6 libbre circa di altra uva e spremine il succo. Prendi 3 once di zucchero per ogni libbra d’uva e fanne un sciroppo in cui porrai a bollire i tuoi acini mondati d’uva moscata finchè abbiano perduto il loro colore verdognolo. Ritirali poi dal sciroppo con una schiumarola; riponi in questo sciroppo il succo che proviene dall’uva che avrai fatta bollire, e fallo cuocere sur un fuoco gagliardo, fino a che cominci a formarsi una gelatina. Allora poni in questo sciroppo i tuoi acini intieri, e fa bollire di nuovo finchè avrai ottenuto una gelatina perfetta, per il che bastano ordinariamente 7 o 8 minuti.

413. Altra confettura d’uva. — Sgranella uva qualunque, che non sia lugliatica, pigiala colle mani in un vaso di terra; spremila in un pannolino , e fa cuocere il succo, schiumando, come dicemmo del ribes (num. 408). Si adoperi una mezza libbra di zucchero per ogni libbra di succo , e facciasi la stessa operazione che per la gelatina di ribes (num. 424). Si badi soprattutto di non aggiungere neppure una sola goccia d’acqua, la quale impedirebbe alla confettura di raddensarsi.

414. Confettura d’agresto. — Prendi agresto che non sia nè troppo verde, nè troppo maturo, in modo che fendendolo se ne possano estrarre i semi. Gettalo man mano nell’acqua fresca, e poi fallo bollire alquanto nell’acqua stessa. Indi ritiralo appena rimonta sulla superficie dell’acqua; lascialo raffreddare nella sua acqua, e riponilo su ceneri calde per farlo rinverdire. Passalo ancora nell’acqua fresca, e dopo averlo fatto sgocciolare sur uno staccio, ponilo in un vaso di terra. Prendi altrettante libbre di zucchero quante libbre vi avranno di agresto, fallo cuocere a giulebbe, e gettalo caldo sul tuo agresto. Il giorno appresso fallo sgocciolare di nuovo e riponi a cuocere lo zucchero; poscia gettavi dentro l agresto, e fa bollire alquanto. Finalmente schiuma e riponi ne’ vasi.

415. Confettura di prugne. — Si raccoglie in sul principio dell’inverno una specie di prugne che chiamansi selvatiche. Esse non hanno un sapore molto squisito, ma servono a preparare un’ottima confettura. Bisogna aver cura di non adoperarle se non dopo che abbiano preso la brina. Dopo d’averne tolto i noccioli, ponile a cuocere in una calderuola per un quarto d’ora su fuoco moderato. Quando avranno acquistato un grado di cottura pressochè sufficiente, getta nella calderuola una libbra e mezzo o due di zucchero per ogni 12 o 15 libbre di prugne. Allorchè la tua confettura abbia preso una consistenza tale che la non si possa rimestare che a stento, toglila dal fuoco e versala in vasi di terra. Colloca questi vasi in forno nell’istante in cui se ne sarà ritirato il pane, e lasciaveli sino alla dimane; dopo di che ritirali e ponili in luogo asciutto. Questa confettura può conservarsi per lo meno per due anni. Quando vogliasi servire in tavola, se ne prende con un cucchiajo e si pone sur un piatto o in vasi di majolica.

416. Confettura di pere. Prendi pere ben mature, mondale e tagliale in quarti. Colla buccia ed i torsoli delle pere farai un sciroppo, pel quale occorre pochissimo zucchero, imperocchè le pere sono in generale molto zuccherose. Quando la buccia ed i torsoli saranno cotti, ritirali dal sciroppo, e per accrescere la quantità del sciroppo stesso, onde le pere possano starvi dentro, prendi 5 o 6 libbre d’uva e spremine il succo, il quale unirai al sciroppo insieme alle pere tagliate in quarti. Rimesta senza posa e lentamente, perchè si conservino intiere. Quando avranno preso un bel colore (il che è segno che sono bastantemente cotte), ritira dal fuoco le tue pere, e conservale in vasi.

Bisogna por mente a preparare questa confettura sur un fuoco moderato, poichè altrimenti prenderebbe presto quel colore dorato, il quale trarrebbe in inganno sulla coltura, e il difetto di questa impedirebbe di conservare la confettura.

417. Fiori d’arancio confettati. — Pulisci una libbra di fiori d’arancio, gettandoli di mano in mano nell’acqua fresca; scottali nel sciroppo di zucchero; passa il liquido per istaccio; raccogli i fiori d’arancio che vi rimarranno sopra; spolverizzali con zucchero fino , e falli disseccare al forno leggermente caldo, o alla stufa.

418. Mandorle confettate. — Frega con una tela grossa e nuova una libbra di mandorle, per toglier loro la polvere che sta sopra la pelle: mettile poi in una calderuola con una libbra di zucchero e tre o quattro cucchiajate d’acqua; falle cuocere finchè non producono un frequente scoppiettìo. Ritira allora la calderuola dal fuoco e mescola bene con una spatola , finchè lo zucchero non sia ridotto in polvere e si distacchi dalle mandorle. Togli allora una porzione di questo zucchero; rimetti il recipiente sul fuoco, e seguita a rimestare colla spatola. Le mandorle non tarderanno molto a riprendere lo zucchero lasciato, allora aggiungi a poco a poco quello tolto, acciò si attacchi tutto alle mandorle, le quali saranno così confettate.

419. Cedri canditi. — Monda alcuni cedri di mediocre grossezza, chiari, lisci e freschi ; dalla parte del gambo, con un coltello, fa un buco del diametro d’una noce, e gettali di mano in mano in acqua fresca. Intanto fa bollire a parte altr’acqua; favvi lessare i tuoi cedri, e quando siano cotti in modo che vi si possa insinuare facilmente uno stecco appuntato, ritirali dal fuoco e mettili ancora in acqua fresca , lasciandoveli per due giorni. e rinnovando spesso l’acqua, ma sempre fredda. Indi ritirali dall’acqua, e col manico d’un cucchiajo, che introdurrai pel buco praticato nei cedri, li vuoterai della polpa e del succo che conterranno. Mettili nello zucchero cotto a perla e tiepido, e lasciaveli per otto giorni, avvertendo ogni giorno di ritirare i cedri, per cuocere di nuovo lo zucchero a perla, e di ri metterveli quando il sciroppo sia tornato tiepido. L’ottavo giorno farai nuovamente cuocere a perla il sciroppo, e vi getterai i tuoi cedri, facendoveli bollire lentamente, fino a che il sciroppo stesso, presone un poco, fattolo raffreddare e indi comprimendolo, si riduca come in farina. Allora, con tutta prestezza, ritira i cedri con una forchetta od altro; ponili sur una graticola adattata, acciò scolino e prendano aria da ogni lato, e finalmente, falli prosciugare alla stufa. Invece di lasciarli intieri, potrai tagliare i cedri a spicchi o come meglio ti piace prima di candirli.

Questi canditi dovrai conservarli in luogo asciutto.

420. Altre frutta candite. — Le pere, le mele, le sorbe, le zucche, ecc. si candiscono nella stessa guisa che i cedri; ma se queste frutta fossero troppo tenere, non debbonsi far bollire, e soltanto basterà tenerle in molle per alcune ore nell’acqua calda, in cui siasi sciolto un po’ d’allume.

Se le mele o le pere fossero di buccia molto dura, le si dovranno mondare prima di lessarle, ponendo nell’acqua, intanto che bolle, alquanto sugo di limone o d’agresto. Pel resto si opera come pe’ cedri (num. 419).

421. Albicocche candite. — Prendi alquante albicocche non troppo mature; fa loro un piccol taglio dalla parte opposta al gambo, e premendo con uno stecco dalla parte del gambo, fa uscire il nocciolo; scottale in un sciroppo di zucchero assai liquido; senza però farle bollire; ritirale, e aggiungi al sciroppo una quantità di zucchero sopraffino chiarificato e tirato a cottura. Fallo evaporare, e versalo caldo sopra le albicocche. Finalmente opera come pe’ cedri (num. 419); ma tre o quattro soli rinnovamenti di sciroppo ristretto sono sufficienti.

422. Susine candite. — Si candiscono come le albicocche (num. 421), ma non si toglie loro il nocciolo, e in luogo di tre o quattro operazioni, ne abbisognano cinque o sei, concentrando sempre il sciroppo. All’ultima cottura, quando il sciroppo è quasi a perla, vi si mettono le susine, facendo loro alzare il bollore; si lasciano quarant’otto ore nel sciroppo, procurando con qualunque mezzo che non si raffreddi totalmente, e in fine si levano e si fanno prosciugare alla stufa.

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