V. Piero della Francesca.

Emulo nello splendore della pittura, nella chiarezza dei suoi dipinti all'Angelico, dotto in tutto ciò che l'arte dava allora di più pratico e di più positivo, compositore di prim'ordine con una nota tutta sua propria è Piero della Francesca. A Firenze poco abbiamo di lui, tranne i due ritratti in profilo del duca e della duchessa d'Urbino che vediamo nella Galleria degli Uffizi e che al di dietro della tavola portano dei trionfi allegorici. Pur tuttavia questo piccolo esempio è talmente forte che basta a persuadere chiunque dell'eccellenza dell'artista. Piero della Francesca ha profilato le sue figure leggermente di tono su un'aria limpidissima e su un paese che si perde lontano lontano nell'orizzonte. Ora questa potenza di mettere di contro alla luce una figura, di farne vedere tutti i dettagli, non forzando oltre modo nè troppo caricando le tinte e nello stesso tempo facendola risaltare su un cielo immensamente chiaro, e in un paese chiarissimo, è opera precisamente di grande coloritore. Piero della Francesca ha lasciato il più bel testamento artistico che si possa mai immaginare nelle pareti del Coro del San Francesco in Arezzo, e io consiglio chiunque è amatore della buona pittura di non trascurare una gita ad Arezzo per vedere le pitture di Piero della Francesca.

La prima volta che io mi sono trovato costà davanti all'affresco rappresentante la regina di Saba che va a visitare Salomone (affresco nel quale abbiamo il re Salomone sotto una specie di peristilio a colonne bianche di marmo mentre la regina è dalla parte esterna di [287] questo peristilio e comparisce in un paese dove sono alberi verdi su un fondo ugualmente chiaro, in fondo al quale rosseggiano le tinte del tramonto) io mi sono trovato davanti a una pittura così luminosamente fresca, così brillantemente fatta che primo fra gli artisti m'è saltato in testa Domenico Morelli in certi suoi bianchi, in certi suoi effetti luminosissimi e violenti. Io vi dico questo non per dirvi una cosa rara, perchè io nè di cose belle, nè di cose rare fo mestiere, ma per dire una impressione che ho ricevuto; e se un pittore che nasce nella prima metà del secolo XV, se un pittore che nasce a quell'epoca lì, ha tanto in sè da rammentare di primo acchito uno dei più moderni nostri moderni, mi pare che sia sempre un bel gagliardo, e che viva d'una giovinezza assolutamente imperitura. Egli campò vecchissimo; uomo insigne in matematica e prospettico eccellente, scrisse anzi su questa materia dei dotti volumi, i quali forse furono la causa per la quale l'opera sua di pittore non è troppo abbondante. Dicesi che delle opere sue rimanesse erede, per così dire, un fra Luca Pacioli suo discepolo, che alla morte del maestro le dette per sue.

Questa pure è una accusa lanciata dal Vasari; Milanesi l'attenua e la nega in parte. Comunque sia, resta che Piero della Francesca è uno dei più insigni, dei più delicati pittori dell'epoca sua; il che non toglie che fosse al solito un gran maestro in matematica e prospettiva, uomo d'ingegno, e dei più colti dell'epoca nella quale viveva.

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