VI. Benozzo Gozzoli, Alessandro Botticelli.

Benozzo, discepolo dell'Angelico, è più traverso, più quadrato. Egli non sente molto dell'insegnamento ascetico del maestro, e nelle grandi decorazioni murali del Camposanto di Pisa vi si distende dentro con quella giusta, serena ricerca della verità che io poc'anzi vi descriveva quale nota caratteristica dell'arte del 1400.

Io non posso attardarmi a descrivere l'opera del Gozzoli, opera importantissima e notevolissima, inquantochè troppo è necessario non dimenticare tra i massimi Alessandro Botticelli.

Alessandro Botticelli figlio di Mariano Filipepi nacque nel 1447; ricevette un'educazione abbastanza accurata e classica in un'epoca nella quale il classicismo fioriva rigoglioso. Inquieto di carattere, svegliato, pieno di ingegno, fu posto da suo padre presso l'orafo Botticelli a imparare l'arte dell'orefice. Poi diventò scolaro di fra Filippo Lippi, e alla morte di fra Filippo diventò il maestro al quale fu affidata l'educazione artistica di Filippino, di quel Filippino il quale ebbe a completare, ed è questo il maggior bene che si possa dire di un pittore, l'opera di Masaccio nella cappella Brancacci.

Il Botticelli anch'egli ha una nota sua particolare, ed è il primo che comincia a trasportare la pittura dai soggetti sacri ai soggetti profani.

Di fatti si sa di lui che illustrò un soggetto profano del Decamerone, ossia la storia di Anastasio degli Onesti che si vedeva in quattro tavole descritta nelle cose preziose della famiglia Pucci di Firenze e che ora non si sa più dove sia. Di lui è conosciutissima la nascita di [289] Venere, di lui è conosciutissimo il quadro allegorico che si ritiene fatto alla morte della bella Simonetta, come già vi accennava il nostro Ernesto Masi, secondo le induzioni dell'illustre storico dell'arte professor Camillo Jacopo Cavallucci.

Il Botticelli è pittore d'un'eleganza nuova nella forma, un'eleganza che certamente non è quella di Vatteau, o dei pittori fiamminghi del 1600, e nemmanco l'opulenza di Rubens. Egli nella nascita di Venere ci dipinge una Venere che non è neppure parente, neppure biscugina della Venere del Tiziano. Ha dei piedi grandemente sviluppati, delle mani altrettanto, ma se voi davanti ad un contorno di donna del Botticelli vi fissate su un punto qualunque della sagoma, e cominciate a andar su su e ricercarla tutta, voi vi sentite invadere da una delizia simile a quella che si prova se in una bella giornata d'inverno ci si mette a guardare un bell'albero spoglio delle sue fronde e se ne ricercano con l'occhio tutti gli eleganti contorni.

Io non saprei diversamente darvi ad intendere o spiegarmi meglio riguardo alle sensazioni che si provano davanti questo gentile pittore, che chiamato nel Vaticano a lavorare, per la vita disordinata che egli faceva in Roma finì i quattrini e dovette tornarsene a Firenze. Qua per l'amicizia che aveva con Lorenzo il Magnifico e per le cognizioni sue di letteratura e l'affinità che aveva coi grandi dotti dell'epoca si messe a illustrare e illustrò per il Landino la Divina Commedia. La edizione del Commento della Divina Commedia fatta dal Landino colle tavole del Botticelli si può vedere ancora da chi ne ha voglia nelle sale della Biblioteca Marucelliana.

Ma più che quelle illustrazioni che sono poche e, pei mezzi imperfetti del mestiere a quei tempi, abbastanza ordinarie, si può ammirare in quella Biblioteca la collezione [290] fotografica degli schizzi di tutta intiera l'illustrazione del divino poeta, comprata dal gabinetto di Berlino e della quale è stata fatta un'opera magnifica di riproduzione fedele. Sfogliando codeste tavole voi trovate al solito, nelle figure del Purgatorio e del Paradiso, una Beatrice con delle appendici abbastanza pronunziate che una signora d'oggi non amerebbe avere, ma tanta è la potenza di concetto sviluppato dall'artista, sia nell'esprimere i tormenti dei dannati, sia nell'esprimere le gioie del poeta condotto al cielo dalla sua divina fanciulla, che quel sentimento di attrazione e di delizia che ho detto provarsi quando si comincia ad andare su per un contorno del Botticelli, lo si prova egualmente davanti a quei potenti concetti svolti da questo grande in punta di penna. In lui è da notarsi come l'arte di già fa un passo in avanti ed entra ad illustrare un'opera descrittiva. Botticelli che aveva in quattro tavole illustrata e descritta la storia di Anastasio degli Onesti, finisce con una illustrazione completa della Divina Commedia e degna del poeta illustrato.

Dire di più di Alessandro Botticelli parrebbemi tempo perso, che l'ora mi dice di andarmene, nè io voglio lasciarvi senza avervi ancora parlato o per fas o per nefas, abusando della vostra pazienza, di un altro grande ed alto artista del quale tratterò nella Conferenza presente. Questo artista è Domenico Ghirlandaio.

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