VII. Il Ghirlandaio.

Egli nasce da Tommaso del Ghirlandaio della famiglia dei Bigordi nel 1449, ed arriva a tempo per riassumere i portati della scienza pittorica che si era precedentemente [291] sviluppata. Egli entra nell'arte come c'è entrato il Verrocchio, come c'è entrato il Pollaiuolo, per la via dell'oreficeria. Domenico Ghirlandaio è molteplice, splendido fra tutti i pittori dell'epoca sua; finissimo anch'egli per la potenza del chiaroscuro, finissimo anch'egli per la delicatezza della sua intonazione.

La tavola della Galleria delle Belle Arti nella quale si rappresenta l'adorazione dei pastori, e dove egli stesso ha ritratto la propria effigie, ha un indietro lontano, con una cavalcata di signori, forse i re Magi che vengono all'adorazione dell'infante Gesù, stupendo per prospettiva aerea, per delicatezza di sfondo, per serenità di ambiente. Il coro di Santa Maria Novella è là che parla; esso è un'opera smisurata, colossale. La cappella di Santa Fina a San Gemignano è un gioiello. Il Cenacolo che abbiamo qui in San Marco, è un'altra cosa stupenda come colore perchè il Ghirlandaio è potentissimo nel mettere bene le cose del primo piano, su dei fondi chiari ed ariosi. Nella cappella di Santa Fina in San Gemignano che è di un tono delicato ed argentino, nell'affresco del miracolo della Santa da una finestrella si vede la campagna lontana, a perdita d'occhio, luminosissimo è l'ambiente della stanza interna senza essere sfacciatamente colorito, più che luminoso, scintillante è il paese traveduto dalla finestrella. Tutte le tenuità, tutte le delicatezze, tutte le finezze di un grande artista il Ghirlandaio tiene con sè. Egli ha lavorato alla cappella Sassetti in Santa Trinità, cappella che veramente, sia per la disposizione della luce, o pel modo con cui è fatta, è molto oscura e poco decifrabile.

Ho però il piacere di potervi dare una bella notizia. Nei restauri che si sono fatti adesso in Santa Trinità s'è scoperto l'affresco della parete esterna della cappella, una grande pittura di dieci figure rappresentante la Sibilla tiburtina che indica il monogramma e predice la [292] venuta di Cristo all'Imperatore. La Sibilla colle sue ancelle da un lato accenna il monogramma; l'imperatore dall'altro lo guarda quasi abbacinato. Questa scoperta si deve alla pazienza di Cosimo Conti, il quale si offrì gratuitamente di cercare codesto affresco, e ora dopo avere saputo che l'affresco c'era, ed aver visto che era scoperto, finalmente, magna degnatione, il Ministero della Pubblica Istruzione s'è deciso a farlo restaurare e rimettere.

Se avessi voluto parlare di tutti i pittori fiorentini del 400, non solamente avrei seccato moltissimo, ma vi avrei fatto assolutamente addormentare; sono troppi, e troppo grandi, e troppo insufficiente io sono per il cómpito che mi ero proposto. Vi ho accennato dei principali o almeno di quelli che a me sembrano, fra i pari i più eminenti, quelli che maggiormente corrispondono al sentimento che dell'arte ognuno tiene in sè, e quindi al sentimento mio proprio.

Dopo il Ghirlandaio sorge una grande, una splendida figura, che riassume in sè tutte le glorie artistiche del 1400. Questa figura è quella di Leonardo da Vinci, ed io grazie a Dio, non devo occuparmi di lui, perchè nella prossima conferenza sentirete parlare degnamente di Leonardo da Vinci dall'amico Enrico Panzacchi.

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