IV.

Giuseppe Baretti e Giuseppe Parini attestano come fu rapido quel trapasso, e come efficace.

Nato a Torino nel 1719, il Baretti è, per qualche rispetto, un Alfieri in piccolo: anche lui, irrequieto; anche lui, scabro e impetuoso; anche lui, veridico sempre; anche lui, innamorato dell'Italia. Viaggia molto anche lui, e trova in Inghilterra la giustizia e la libertà negategli in [198] patria. Se da giovane aveva tradotto il più robusto de' tragici francesi, il Corneille, sente poi la potenza dello Shakespeare, e ne prende a viso aperto le difese contro il Voltaire. Frusta a sangue gli Arcadi: è uomo, sdegna gli eunuchi, vuole che gl'Italiani tutti sien uomini. Per ciò non più cortigianerie, non più ciance:

Son franco nel parlare,

La verità la dico molto forte:

Pensa come starei in una Corte!

La vuol far finita con le raccolte di rime in nascita, in vestizione, in morte, dove l'argomento suggerisce subito agli inetti, per lunga consuetudine e tradizione, le immaginette e le cadenze:

Muore un papa, e gli occhi molli

Per lo pianto ha già la Fede;

Anglia ride perchè vede

Di lui privi i Sette Colli.

Sen fa un altro: e l'irta chioma

Di bei fior si cinge il Tebro,

E di gioia pazzo ed ebro

Lo rimira tutta Roma....

Nasce a Praga un marchesino,

E più l'Asia alzar non osa

Gli occhi, e trista e sospirosa

Già bestemmia il suo destino.

E sì pien di tema ha il petto

Solimano un dì sì audace,

Che a colei che più gli piace

Più non gitta il fazzoletto....

[199]

Ben altrimenti gli sembrava che fosse da cantare. Ma l'arte italiana non era per lui l'arte tutta; e il Baretti ebbe l'occhio ai grandi d'ogni luogo, d'ogni tempo. Vi piace la bellezza greca? ammiratela: la francese? ammiratela. Se non che, Grecia e Francia son due terre sole; altre terre ha il mondo, e gli uomini vi son di così maschia barba come i Greci e i Francesi: il Metastasio è d'italiana bellezza, e il De Vega e il Calderon han bellezze spagnole; lo Shakespeare ha le inglesi. E chi sa che al Cairo, ad Hispahan, a Pechino, non sieno bellezze d'arte ignote a noi? Vediamo, sentiamo almeno quelle de' vicini, quanto più si può. Basterebbe questa pagina a far del Baretti un critico, pe' tempi suoi, meraviglioso. Sia pure che lo avessero preceduto il Gravina, il Conti, il Martelli, egli fu il primo critico delle lettere nostre moderne, e rimane insigne anche oggi per molte, se non per tutte, delle sue ammonizioni.

E a lui l'onore di volgere il Piemonte restío verso l'italianità nell'arte; a lui l'onore di aver voluto un'arte italiana, degna della Italia nuova. Piemontese, sì; da lagnarsi che, come si dice Guercino da Cento, Antonio da Correggio, Leonardo Aretino, Castruccio da Lucca, neppure un piemontese fosse detto da Torino o da Asti (provvide, di lì a non molto, l'Alfieri); ma italiano [200] anche più. Odiava i Gesuiti, per ragioni molte; principalissima questa, che insegnavano con metodo sì sciocco da far costare ai ragazzi sei o sette anni il solo apprendere la grammatica latina! Lamento onde si conferma la modernità di quella mente. Li odiava, ma quando Clemente XIV li soppresse, egli se ne adirò: “Il Papa è un principe italiano; e che un principe italiano sia violentato a far a modo delle Potenze oltremontane è un boccone che non lo potrò mai digerire. Se la Francia e la Spagna non dipendono da noi, perchè abbiam noi a dipendere da esse? che diritto hanno mai di farci fare a modo loro?„ Italiano, voleva che la lingua comune a tutta la penisola fosse detta, quale è nel fatto, toscana no, italiana; e italiano voleva lo stile, e si avrà solo, diceva, se si segua la natura, esprimendosi con schiettezza e semplicità. Ma stile buono non può essere dove non siano pensieri: l'intrinseco è quello che conta. Conviene smettere il vanto del primato, e imparare da chi sa più di noi: dire “noi fummo!„ non giova, quando gli altri rispondono “e noi siamo!„

Educate, ammoniva, educate con diligenza, con amore; fate corpi vigorosi, animi vigorosi, senza tante smorfie e dolcezze e fisime. “Quel tuo point d'honneur (scrisse a un fratello, parlandogli d'un nipote), che già scorgi germogliare [201] in esso, io non so cosa sia. È un termine francese che non so bene come sia definito dai signori Galli. Il mio point d'honneur consiste nel distinguermi dal volgo a forza di superiore notizia di cose, e a farmi giustamente reputare un uomo incapace di vizio per quanto porta la fragilità umana: consiste nel seguire tutto quello che credo mio o altrui bene, ed evitare tutto quello che credo mio o altrui male; consiste nel mostrar prudenza scompagnata da viltà, e fortezza d'animo disgiunta da un orgoglio mal inteso.... Giovanni mi fa ridere con quella sua promessa di rompere la testa ai figli suoi, se riusciranno ignoranti. Quando i figli riescono tali, è la testa del padre che anderebbe rotta, almeno novantanove volte su cento.„

Il Baretti, caldo encomiatore del Giorno, porge anche qui la mano al Parini educatore. Pensionato dal re d'Inghilterra, morì a Londra nell'89.

Il Parini è tal figura che richiederebbe un quadro a sè; non mi proverò nemmeno a disegnarlo. Egli è un plebeo che, più dignitosamente del Metastasio, si frammette all'aristocrazia; non la sfrutta, la studia, la rappresenta, la flagella; è un prete cristiano che della critica degli Enciclopedisti accetta quanto concorda col Vangelo; è un galantuomo che anche dell'arte si vale a far del bene; è un grande artista che, facendo [202] del bene, riesce a fare capolavori. Il sacerdote lombardo, messo di contro all'abate romano, potrebbe dirgli in faccia:

Me non nato a percuotere

Le dure illustri porte,

Nudo accorrà, ma libero,

Il regno della Morte.

Il pedagogo nelle case de' nobili, che ha offerto al giovinetto Imbonati l'ode sull'Educazione, potrebbe, sorridendo sarcastico, canticchiare al poeta cesareo:

Vero forse non è, ma un giorno, è fama

Che fûr gli uomini eguali, e ignoti nomi

Fûr Plebe e Nobiltade!

Onde i disdegni de' nobili che a lui Parini diedero perfino della canaglia letterata: ma si disdissero poi, quando nel Municipio di Milano conculcata da' Francesi lo videro talora insorgere pel buon dritto, e tal'altra, non valendo a rimediare, piangere.

Come il Baretti aveva salutato il Parini, così il Parini salutò Vittorio Alfieri sorgente. Essi due principalmente apprestarono il dono che l'aristocrazia piemontese ne faceva all'Italia; primo dono de' molti nobilissimi che le fe' poi e d'intelletti e di spade. Il Baretti aveva con la critica [203] sua aiutato a sgombrar via l'Arcadia e a trarre il Piemonte nella coltura italiana; il Parini aveva educata l'arte italiana a strumento di civiltà e di redenzione morale.

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