IV.

Conosceva le maschere, sapeva il loro secreto. Della superbia prepotente, del lusso stolto e ingiusto, del mal costume, dell'ozio, della mollezza, onde i fortunati e gl'illustri erano guasti, e guastavano per gli esempii loro il popolo, la mala radice stava nella “nemica - d'ogni atto egregio vanità del core.„ Quella gente vecchia, e la nuova che le s'imbrancava, non aveva virtù di sentimento per cosa alcuna; vivacchiava di giorno in giorno, paga di sè mollemente, morbidamente, e perdeva le ragioni della vita per l'aborrimento d'ogni sforzo, d'ogni disagio, che la vita impone a chi quelle ragioni cerca, e le trova, nell'amore e nell'opera.

Non operavano, non amavano, e per ciò avvilivano e la fede e il lavoro. La scienza? qualche parola da farne sfoggio; l'arte? qualche diletto futile o qualche incitamento sensuale; la patria? qualche onore da vantarsene; la religione? qualche bell'apparato, qualche orazione fiorita, qualche comodità a ricambiare occhiate. I confessori nel dar la penitenza a que' peccatori eleganti offrivano confetti; in chiesa il cicisbeo non aveva maggior pensiero che di ben servire, con tanti occhi addosso, la dama, precedendola, sollevando [292] la portiera, porgendole le dita bagnate dell'acqua santa. E i predicatori di que' penitenti e di que' devoti è naturale che cominciassero a lodar Maria Vergine a questo modo: “Alla terra che mi sostiene, all'aria che mi circonda, al cielo che mi sovrasta, protesto, nè me ne dolgo, protesto, e me ne vanto, protesto al cielo, all'aria, alla terra, ch'io sono innamorato. S'io dico la verità, lo sapete voi, voi stessa il sapete, Vergine amabile ed amante, la quale m'innamoraste. Voi mi vedete il cuore, e vedete eziandio la piaga amorosa di che me lo avete graziosamente ferito. Lo ferirono quelle vostre guance più vermiglie della melagrana, quel vostro crine più lucente dell'oro, quelle vostre labbra più dolci del miele, quel vostro collo più bianco dell'avorio, etc., etc.„. L'eloquenza sacra non fu mai più profana d'allora. Ed è naturale che i poeti di quella gente fossero quali erano, ampollosamente retorici, arcadicamente grulli, sempre pronti a inneggiare per nascite, per monacazioni, per nozze, a lacrimare per morti illustri.

Udite il Parini, quando accenna al primogenito della dama cui serve il suo giovin signore:

Nè le muse devote, onde gran plauso

Venne l'altr'anno a gl'imenei felici,

Già si tacquero al parto. Anzi, qual suole

Là su la notte dell'ardente agosto

[293]

Turba di grilli, e più lontano ancora

Innumerabil popolo di rane

Sparger d'alto frastuono i prati e i laghi

Mentre cadon su lor fendendo il buio

Lucide strisce e le paludi accende

Fiamma improvvisa che lambisce e vola,

Tal sursero i cantori a schiera a schiera;

E tal piovve su lor foco febeo

Che di motti ventosi alta compagine

Fe' dividere in righe, o in simil suono

Uscir pomposamente. Altri scoperse

In que' vagiti Alcide, altri a Bizanzio

Minacciò lo sterminio. A tal clamore

Non ardì la mia musa unir sue voci:

Ma del parto divino al molle orecchio

Appressò non veduta; e molto in poco

Strinse dicendo: Tu sarai simìle

Al tuo gran genitore!..........

No; il Parini non poteva essere, se non a questo modo beffardo, il poeta di costoro, indegni della sua lirica ch'egli serbava a spronare i reggitori al risanamento della città; serbava a lodare chi o si facesse propagatore fra noi di utili rimedî o amministrasse la giustizia con indulgenza sapiente; a dare eletti consigli; a manifestare l'ammirazione per la bellezza; a darsi il nobile vanto d'una vita e d'un'arte incontaminate. Ma la sua satira non è veleno che voglia uccidere; è caustico che vuol bruciare le pustole e salvare le membra. Quell'aristocrazia, ch'egli vede putrefatta, non fu sempre così, non v'ha ragione perchè sia sempre così; dà invece [294] alcun segno di risanamento. Ecco eruditi ed economisti rompere ormai l'ozio, accordarsi tra loro in società proficue a tutta la cittadinanza, pronunziare, preparare essi medesimi tempi migliori. E il governo di Maria Teresa vede di buon occhio quel moto, lo incoraggia, lo affretta, lo seconda. Quello era il tempo di batter forte e sicuro. La satira, che fa sempre l'ufficio di piccone a rovinare le mura crollanti, fin che sia tolto di mezzo l'ingombro e il pericolo, venne dunque anche quella volta opportuna, sebbene alcuno di que' valenti cui dava mano gagliarda non si accorgesse lì per lì dell'aiuto e capisse male l'animo e l'intenzione del picconiere.

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