Delle nuove leggi, e nuova giurisprudenza sotto Costantino, e suoi successori.
La nuova disposizione dell'Imperio di Costantino, siccome portò tante mutazioni nello stato civile delle sue province, così ancora all'antica giurisprudenza de' Romani fu cagione di varj cambiamenti. Cominciò quella a prender nuova forma e nuovi aspetti, dappoichè cominciaron da lui le nuove leggi, ponendo tutto il suo studio a cancellar l'antiche ed introdurre nuovi costumi nell'Imperio: quindi è, che Giuliano soleva chiamarlo Novatore e perturbatore dell'antiche leggi e costumi: ecco per lui mutati i giudizj, ed abolite l'antiche formole, e nuovi modi d'instruirgli introdotti. I Magistrati prendon altro nome, e se talora si ritiene l'antico, diversa però è la loro giurisdizione e vario l'impiego; s'introducono nuove dignità, e differenti veggonsi non pur gli Ufficiali del palazzo, ma della Milizia ancora: varie fra essi e nuove sono le precedenze; onde avvenne, che nuovi nomi e nuovi titoli attenenti alla loro giurisdizione ed autorità si leggano nel Codice di Teodosio.
Ma per niun'altra più potente cagione si recò alla giurisprudenza antica de' Romani tanto cambiamento, quanto che per la veneranda religione cristiana, che abbracciata con tanto ardore da Costantino, lo rendè tutto inchinato e desideroso di stabilir nuove leggi, le quali secondo le massime di questa nuova religione dovettero essere alquanto contrarie e difformi da quelle de' Gentili. Fu egli imprima tutto inteso a mutare i costumi de' Romani e la lor antica religione: a questo fine promulgò molti editti al Popolo romano indirizzati, ed a' Prefetti di quella città, ed in tutti que' quattr'anni, che dimorò in Roma, cioè dall'anno 319 fin all'anno 322 non ad altro attese: proibì in Roma, che fu la città più attaccata alle superstizioni dell'antica religione, che gli Aruspici potessero privatamente presagire de' futuri avvenimenti, ancorchè in pubblico il permettesse: che i padroni non potessero valersi della potestà, ch'aveano sopra i servi, se non moderatamente e con sommo ritegno; e ciò secondo le massime della nuova religione, e per quel ch'esageravano i Padri della Chiesa, fra i quali era Lattanzio, che non inculcava altro, se non che i servi, come fratelli dovessero trattarsi da' loro Signori. Nuovi modi di manumissioni introdusse nelle Chiese; perchè a costoro fosse più agevole, e pronto l'acquisto della libertà. Diede nuovo sistema a' repudj, agli sponsali, ed a' matrimonj; represse la leggerezza de' divorzj e stabilì con più tenace nodo la santità degli sponsali e delle nozze. Abolì le pene del celibato, e scosse altri pesanti gioghi, che l'antica legge romana su la cervice degli uomini avea imposto.
Seguendo i dettami di questa nuova religione, fu terribile co' rapitori delle vergini, e con coloro che disprezzando la santità delle nozze si dilettavano di Venere vaga; pose freno al concubinato, contro al quale già prima avea cotanto declamato e scritto Lattanzio. Vietò qualsivoglia opera nel dì di Domenica, e secondo il nuovo rito della Chiesa, rendè feriati altri giorni, che prima non erano. Volle che per qualunque formole o parole, che nelle chiese si facessero le manumissioni, s'acquistasse a' manumessi piena libertà. Concedè a tutti licenza, che liberamente potessero lasciare alle chiese per testamento ciò, ch'essi volessero: ed oltre di prender lodevolmente la cura e la protezione della Chiesa, e de' suoi canoni, volle anche intrigarsi, più di quel che forse comportava la dignità sua imperiale, nelle quistioni sorte fra i Padri d'essa: onde rendè perciò le contese più strepitose, e si diede maggior fomento alle discordie e contenzioni, che non si sarebbe fatto, se quelle dispute a coloro si fossero interamente lasciate, a' quali bene stavano: nè si sarebbe veduta la Chiesa poco dappoi ardere fra l'accese faci degli Arriani, che così la malmenarono; ma forse si sarebbe mantenuta con quella schiettezza e simplicità, colla quale si mantenne in que' tre primi secoli, e nella quale Cristo Redentor nostro l'avea lasciata.
Reputò a lui doversi appartenere il governo, e la politia esteriore della Chiesa: perciò molte leggi attinenti a questo furon da lui promulgate, vietando ai benestanti, ed a coloro ch'erano idonei per l'amministrazione de' pubblici Ufficj, di poter assumere il Chericato, permettendolo solamente ad uomini di tenue fortuna e di bassa condizione; e diede inoltre altri provvedimenti intorn'alle persone e beni delle chiese. Quindi avvenne, che gli altr'Imperadori a lui succeduti nell'Imperio e nella medesima religione, seguitando le stesse pedate, varie altre costituzioni aggiugnessero appartenenti alla politia esteriore della Chiesa, ed alle persone de' Vescovi e de' Cherici, ed all'amministrazione e governo de' loro beni. E quantunque di Valentiniano I. scriva Sozomeno, che poco s'impacciò di queste cose, niente imponendo a' Sacerdoti, nè fu studioso di mutar nulla di meglio, o di peggio nell'osservanze della Chiesa; contuttociò pur si leggono nel Codice di Teodosio alcune sue costituzioni riguardanti alla sua politia, e particolarmente intorno all'elezion de' Cherici, e degli altri Ministri della Chiesa. Ma moltissime altre costituzioni aggiunsero da poi tutti gli altri suoi successori, Valentiniano II, Teodosio, Graziano, Arcadio, Onorio, e gli altri: tantocchè nei tempi di Teodosio il Giovane, di queste leggi ne fu compilato un intero libro, ch'è l'ultimo di quel suo Codice: e si vide perciò la giurisprudenza romana per quella parte, che s'apparteneva alla ragion divina, e pontificia, tutta diversa da quel di prima, ed affatto nuova, e da quella difforme. Il qual istituto essendosi da poi continuato dagli altri Imperadori, e particolarmente dal nostro Giustiniano, cadde finalmente negli ultimi Imperadori d'Oriente, i quali abusando la loro potestà, ridussero negli ultimi secoli dell'Imperio la cosa in tale stato, che all'arbitrio del Principe sottomisero interamente la religione: per la qual cosa fu da valentuomini saviamente avvertito, esser error grave di coloro, che dalle costituzioni novelle di questi ultimi Imperadori vogliono prendere una sicura norma per porre i giusti confini fra il Sacerdozio e l'Imperio, e fra l'una e l'altra potestà: ma di ciò più diffusamente ci toccherà ragionare, quando della politia ecclesiastica di questi tempi tratteremo.
Il zelo adunque della nostra religione, direttamente opposta a quell'antica de Gentili, impresso nel cuore d'un Principe, a cui ubbidiva l'uno e l'altro Imperio, potè variare i costumi, le leggi, e gl'instituti degli uomini. Questo non solamente gli fece pensare alla costruttura di nuovi tempj, ed all'abbattimento degli antichi, ma ciò, che fra le leggi loro sembravagli o troppo superstizioso, o soverchio sottile, mutava egli e cancellava: di che chiarissima testimonianza ne danno le molte sue costituzioni, che a questo fine furon da lui promulgate, e che si leggono nel Codice di Teodosio. E Costanzo suo figliuolo, che all'Imperio gli succedè, tenne pure il medesimo ordine, e volle ancor egli in molte cose allontanarsi dagli antichi instituti, ed in cose di religione massimamente, com'è chiaro da molte sue costituzioni, che si leggon in quel Codice.
Dal che ne nacque, che Costantino lasciò di se varia e diversa fama appo i Cristiani, e presso a' Gentili. I nostri per questi fatti il cumularon d'eccelse lodi; e quindi prese argomento Nazario nell'Orazion panegirica, che nell'anno 321 gli fece, d'innalzar le sue lodi, con dire: Novae leges, regendis moribus, et frangendis vitiis constitutae, veterum calumniosae ambages recisae, captandae simplicitatis laqueos perdiderunt. Isidoro nel libro dell'Origini pur disse, che da Costantino cominciarono le nuove leggi: e Prospero Aquitanico chiamò Principi legittimi gli Autori di tali leggi, perchè da' Principi Cristiani furono promulgate.
Ma presso a' Gentili, i quali mal volentieri soffrivano queste mutazioni, così lui come Costanzo suo figliuolo furon acerbamente biasimati e mal voluti. Perciò Gregorio, ed Ermogeniano Giureconsulti ambedue Gentili che fiorirono sotto Costantino e suoi figliuoli, dubitando, che per queste nuove costituzioni di Principi cristiani la giurisprudenza de' Gentili non venisse affatto a mancare, si diedero a compilare i loro Codici, ne' quali le leggi degl'Imperadori Gentili, cominciando da Adriano infino a Diocleziano, uniron insieme; perchè quanto più fosse possibile si ritenesse l'antica. E quindi avvenne, che assunto all'Imperio Giuliano nipote del G. Costantino, come quegli che nacque da Costanzo suo fratello, avendo pubblicamente rinunziata la religione cristiana, ed abbracciato il paganesimo, ingegnossi a tutto potere (ancorchè non gli paresse usare l'armi della crudeltà, come avean fatti gli altri Imperadori Gentili suoi predecessori) di ristabilire il culto dell'antica religione, e l'antiche leggi, per abbattere il Cristianesimo: onde fu tutto rivolto a cancellare ciò, che Costantino avea fatto, chiamandolo perciò, come narra Ammiano Marcellino, Novatore e perturbatore dell'antiche leggi, e degli antichi costumi: Julianum, memoriam Constantini, ut Novatoris, turbatorisque priscarum legum, et moris antiquitus recepti, vexasse; molte sue leggi perciò ancor ora nel Codice di Teodosio si leggono, per le quali è manifesto non avere avuto ad altro l'animo rivolto, che ad abolir le leggi di Costantino, e restituir l'antiche: ecco quali fossero le sue frequenti formole sopra di ciò: Amputata Constitutione Constantini patrui mei, etc. antiquum Jus, cum omni firmitate servetur ; ed altrove: Patrui mei Constantini Constitutionem jubemus aboleri, etc. Vetus igitur Jus revocamus. Ed avendo questo Principe secondo l'antica disciplina di molte costituzioni accresciuta la ragion civile, e sopra tutto invigilato alla spedizione delle liti, avendo anche in gran parte recise l'imposizioni, che tiravan i suoi predecessori, e dati chiari documenti della sua vigilanza, valor militare, e di molte altre virtù, fu che non pure presso a' Gentili acquistasse fama d'un Principe saggio e prudente, come Libanio per questo stesso l'innalza e lo magnifica nell'Orazion funebre, che gli fece; ma che ancor da Zonara riportasse questi encomj; e ciò che sembrerà strano, eziandio dai Scrittori di questi ultimi nostri tempi; fra quali tiene il primo luogo Michele di Montagna, il quale oltre a prender la di lui difesa dell'Apostasia, e d'altri misfatti, che comunemente se gl'imputano, di eccessive lodi lo cumula, e fin'al cielo l'estolle.
Ma perchè l'Imperio di questo Principe non durò più che due anni, essendo stato nel fiore della sua età ucciso da' Parti, non avendo che 31 anni; succeduto Valentiniano il Vecchio nell'Occidente, e Valente suo fratello nell'Oriente, Principi a' quali non era men a cuore la religione cristiana, di quello che fu a Costantino; riuscì perciò vano ogni sforzo di Giuliano contro di lei, la quale fu parimente dagli altri Principi successori ritenuta, avvegnacchè mal concia e depravata per la pestilente eresia d'Arrio, che attaccatasi ne' Capi dell'Imperio, si diffuse per tutto l'orbe cristiano, e penetrò ancora ne' petti delle Nazioni straniere; ed essendo da questi Principi state calcate le medesime orme di Costantino, ed alle costui leggi altre lor proprie aggiunte, si venne a dare alla giurisprudenza quell'aspetto e quella forma, che nel Codice di Teodosio ora ravvisiamo.