Della commedia presso i greci, i latini e gl’italiani

Cesare Beccaria

DELLA COMMEDIAPRESSOI GRECI, I LATINI, E GL’ITALIANI

STUDII
DI
CESARE BECCARIA

ROMA TORINO FIRENZE

ERMANNO LOESCHER

1874

ILLUSTRISSIMI SIGNORI

SINDACO E CONSIGLIERI DEL COMUNE DI SARZANA

E dissi che al lor nome il mio desire
Apparecchiava grazioso loco.

Dante, Purg. xxvi, 137.

Come prima, Illustrissimi Signori, deliberai di pubblicare questa mia opericciuola, primo e tenue frutto de’ miei letterarii studii, mi corse alla mente ch’io avrei fatto cosa a Voi non discara, a me onorevole e carissima, s’io l’avessi a Voi dedicata, acciocchè sotto l’auspizio vostro, e dell’alta vostra protezione munita, più balda e più sicura uscisse alla luce. In su questo pensiero ve ne feci richiesta, e Voi, da que’cortesi e generosi favoreggiatori de’ buoni studii che siete, accolta benignamente la mia domanda, vi degnaste gradire l’omaggio ch’io intendeva prestarvi; onde di presente mi gode l’animo di porgervene pubblicamente le più vive e sentite grazie, e colle dovute laudi commendare e celebrare la grandezza dell’animo vostro.

E invero, chi ben considera, a niuno meglio che a Voi avrei io potuto questo piccolo lavoro dedicare, conciossiacchè dovesse per due ragioni principalmente a Voi intitolarsi, e dirsi al tutto vostro. E prima, l’essere io stato in questa illustre città, da Voi con tanto senno ed amor governata, graziosamente ricevuto ed ospitato oggimai da tre anni, e l’avervi riscontro persone non meno assennate e colte che benevoli e gentili, imponevano a me il dovere di corrispondere, com’io potessi il meglio, a tali benefizi, e d’ingegnarmi far palese quanto dentro dell’animo vivamente li sentissi e giustamente li apprezzassi, essendo offizio dell’uom dabbene non pure l’essere grato, ma la gratitudine altresì con esterni segni chiarire e provare, anzi, come Dante dice (Parad. viii, 57), mostrare dell’amore più oltre che le fronde; cosa la qual più acconciamente non mi sarebbe venuta fatta che col consecrare a Voi quello io avessi di meglio e di più caro. In secondo luogo, ponendo mente alla piccolezza e meschinità del mio lavoro, io dovevo, come padre accorto ed amorevole fa del figliuolo difettoso, trovargli protettori e tutori siffatti, che col nome loro illustrandolo gli dessero reputazione, e quella grazia presso le persone gli procacciassero, che in sè non avrebbe; ed anche qui non potevo far scelta più savia, che di uomini, quali Voi siete, di senno e valore sperimentati, d’animo ornato e colto, di cuore gentile e generoso; doti, le quali mi sono cagione a bene sperare, che per rispetto vostro molti all’opera mia faranno buon viso, e ch’io sarò, per valermi delle parole del Macchiavello, (Ded. dell’Istor. Fior. a Clem. VII) dalle armate legioni del vostro autorevole giudicio aiutato e difeso, se per avventura ad altri entrasse la voglia di mordermi e dir male del fatto mio.

Che se uom dicesse essere presunzione dedicare a sì nobile Consesso un libro pressochè da nulla, risponderei appartenere anzi agli uomini veramente grandi e degni il pigliar di buon animo la protezione e la tutela de’ piccoli e degli umili, e colla loro fortezza l’altrui debolezza avvalorare.

Adunque, Illustrissimi Signori, accogliete come cosa vostra, e con quel cuore con cui io ve l’offro e presento, questo mio qualsiasi dono, e sappiate che l’opera mia in tutto ed a Voi soli con me medesimo affido e raccomando.

Sarzana, 16 maggio 1874.

Vostro Devot mo Servo

Cesare Beccaria.

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