F. D. GUERRAZZI

CONFERENZA

DI

GIOVANNI MARRADI.

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Signore e Signori,

Nell'anno 1827 uscivano in luce, a poca distanza fra loro, I promessi sposi di Alessandro Manzoni e La battaglia di Benevento di Francesco Domenico Guerrazzi.

Il Manzoni aveva 42 anni, il Guerrazzi 22. I promessi sposi erano stati preceduti da una aspettazione grandissima, che nocque al loro immediato successo e che, sulle prime, li fece quasi parere una delusione agli ammiratori del grande poeta. La battaglia di Benevento, invece, non era stata precorsa da altro rumore che da quello dei formidabili fischi, onde già i Livornesi avevano accolta la rappresentazione d'un dramma del loro giovine concittadino; ma il romanzo trionfò e sbigottì con quella sua forza selvaggia e feroce, la quale, più che rivincita d'autore fischiato, sembrò vendetta di lioncello inasprito.

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E il romanzo guerrazziano, di cui si moltiplicarono subito le edizioni, fu contrapposto al romanzo manzoniano, come capolavoro si contrappone a capolavoro. E il Manzoni e il Guerrazzi furon considerati da molti come capi di due scuole e tendenze diversissime e opposte, ma ugualmente geniali e benefiche all'arte e alla patria: sopra tutto alla patria, che era allora, occulta o palese, la fiamma animatrice e la ragione suprema dell'arte.

Oggi I promessi sposi tengon di pieno diritto il primissimo posto nella letteratura italiana di tutto il gran secolo che tramonta, e La battaglia di Benevento non si legge ormai più, come non si legge più forse alcun libro di questo

..... re della terribil prosa

Ruggita in faccia ai prepotenti e ai vili.

A poterci rendere qualche ragione di un così rapido cambiamento avvenuto nei gusti del pubblico, riguardiamo un po' più da vicino quest'uomo e questo scrittore che ebbe fama di grande, e riguardiamolo specialmente nella sua opera letteraria, che esercitò su i contemporanei tanta potenza.

Della vita politica del Guerrazzi non è forse venuto ancora il momento di poter giudicare con illuminata imparzialità, senz'amore e senz'odio; e se pure ne fosse il momento,

Me degno a ciò nè io nè altri il crede;

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ond'io lascio ad altri, più competenti di me, il trattar di proposito questa parte dell'argomento, e vengo, senz'altro, al poeta.

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