Capitolo III

PRIME GUERRE E PRIME RIFORME DEL COMUNE FIORENTINO

I

Dopo la morte di Matilde, i messi inviati dalla Germania a riassumere, in nome dell'Impero, il Margraviato di Toscana, si successero rapidamente gli uni agli altri. Furono quasi tutti uomini piú o meno incapaci, che seguirono una politica titubante, senza mai nulla concludere. Pigliavano l'autorità di margravî, ma erano ufficiali temporanei dell'Imperatore. Privi di forze, ignari del paese, s'appoggiavano ora agli uni, ora agli altri, senza distinguere gli amici dai nemici; ed intorno ad essi scoppiavano guerre continue, di cui non riuscivano mai a capir le ragioni. Un tale stato di cose, attissimo a favorire la comunale indipendenza, durò fino al 1162, quando Federico Barbarossa cominciò a far sentire la sua mano ferma, iniziando una politica piú chiara e determinata, sebbene neppure a lui riuscisse di ottenere grandi risultati.

I Fiorentini furono quelli che piú di tutti seppero profittare di questa debolezza dell'Impero. Nel 1129, s'impadronirono del castello di Vignale in Val d'Elsa; nel 1135 distrussero quello di Monteboni, da cui ebbero nome i Buondelmonti, che dovettero allora sottomettersi, con l'obbligo di servire in guerra il Comune, ed abitare alcuni mesi dell'anno in Città. Il Villani, a questo proposito, osserva che ora il Comune cominciò ad ingrandirsi «colla forza piú che con ragione...., sottomettendosi ogni nobile di contado e disfacendo le fortezze». Questa infatti fu la politica fiorentina, e da essa due conseguenze dovevano inevitabilmente venire. La prima era l'ingrandimento del territorio; la seconda, l'introduzione in Città d'un numero sempre maggiore di nobili, il che apparecchiava la formazione d'un partito aristocratico, avverso al popolo, e quindi le guerre civili e i futuri mutamenti di governo.

Nel giugno 1135 entrava in Firenze il messo imperiale Engelbert, che pareva le fosse amico. Egli andò subito verso Lucca, dove toccò una grave sconfitta. Fu piú tardi mandato Errico di Baviera, che venne con qualche forza, e pareva avverso ai Fiorentini; ma ben presto andò via, e gli successe Ulrico d'Attems, che si mostrò loro favorevole, anzi nel 1141 andò con essi a fare una scaramuccia contro Siena. Queste erano però meteore che apparivano e sparivano. La principale guerra dei Fiorentini incominciava adesso contro il conte Guido, soprannominato il Vecchio, che era divenuto loro nemico. Occasione della rottura era stata un'eredità contestata; ma la ragione vera bisogna trovarla nella sua cresciuta e minacciosa potenza. Coi suoi possedimenti egli circondava infatti da ogni lato la Repubblica: per se quasi civitas est et provincia, scriveva di lui il Sanzanome. E prima gli tolsero un castello presso Ponte a Sieve, poi assalirono quello di Monte di Croce. Ma il Conte, aiutato dalle vicine città, poté il 24 giugno 1146, dare ai Fiorentini una disfatta. Pure anche allora riuscirono ad ottenere patti vantaggiosi: una parte delle mura doveva essere demolita, e sul castello essere innalzata la bandiera fiorentina. Ciò fu fatto, e per qualche tempo si ebbe tregua, tanto piú che il Conte pare s'allontanasse per altre imprese. Ma piú tardi le mura furono ricostruite, ed i Fiorentini, dichiarando violati i patti, improvvisamente assalirono nel 1153 il castello, e lo demolirono. E cosí Mons Crucis est cruciatus, scriveva il Sanzanome. Tutto ciò non poteva di certo contribuire alla pace. Il conte Guido cedette una parte di Poggibonsi ai Senesi, con obbligo di fortificarlo e difenderlo contro i Fiorentini, i quali si apparecchiavano ad assalirlo. Accettando il dono, Siena s'impegnava quindi a prendere parte attiva alla guerra, che cosí s'allargava.

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